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Legislazione Giurisprudenza Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
T.A.R. UMBRIA, Sezione I - 8 aprile 2004, sentenza n. 168
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale dell'Umbria ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 392/2003, proposto da Italo CILIEGI, rappresentato e
difeso dall’avv. Ubaldo Minelli, anche domiciliatario in Perugia, alla Via XIV
Settembre n. 3;
contro
- il Comune di Gubbio, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e
difeso dall’avv. Ilenia Filippetti ed elettivamente domiciliato in Perugia
presso l’Avvocatura della Provincia di Perugia, alla Piazza Italia, n. 11;
- il dirigente pro-tempore del Settore Servizi pubblici manutentivi ed ambiente
– Unità organizzativa Servizio ambientale - del Comune di Gubbio, nonché l’A.R.P.A.
Umbria, non costituiti in giudizio;
per l’annullamento
della ordinanza sindacale prot. 20657 n. 8858 in data 13 giugno 2003, nonché
della presupposta nota dell’ARPA - Distretto di Gubbio - prot.
AG/215/ARPA/Sezione Territoriale, in data 12 marzo 2003;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Gubbio;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Data per letta alla pubblica udienza dell’11 febbraio 2004 la relazione del
dott. Pierfrancesco Ungari, uditi i difensori delle parti come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:
FATTO E DIRITTO
1. Il ricorrente ha svolto per anni attività di rottamazione di autovetture in
località San Lazzaro del Comune di Gubbio.
Con le ordinanze sindacali n. 7150/1999 e n. 7201/1999 era stata imposta al
ricorrente la bonifica dell’area.
Con ordinanza sindacale n. 7916/2001, stante la non piena ottemperanza del
ricorrente, il quale aveva rimosso i rifiuti giacenti sul terreno, senza
provvedere all’asportazione dello strato di terreno (“… presumibilmente
inquinato per effetto della giacenza, per lungo tempo, di carcasse di
autoveicoli, batterie per auto, ed altro, con assorimento di oli combustibili,
lubrificanti e materiali che normalmente accompagnano tale tipo di rifiuti” -
cfr. documento istruttorio recepito dall’ordinanza), il Comune di Gubbio ha
stabilito effettuare gli opportuni accertamenti tecnici ed amministrativi ed ha
prorogato al 31 dicembre 2001 il termine per procedere alla bonifica d’ufficio
del sito.
L’A.R.P.A., incaricata della campionatura del terreno, con nota prot. AG/215 in
data 12 marzo 2003, ha trasmesso referti analitici che evidenziano, con
riferimento ai siti ad uso verde pubblico, privato e residenziale, di cui alla
tabella 1, allegato 1, del D.M. 471/1999, il superamento dei limiti di
concentrazione nel suolo previsti per i parametri: cadmio, piombo, zinco,
idrocarburi totali.
Sulla base di detto accertamento, con ordinanza sindacale n. 8858 in data 13
giugno 2003, è stato ordinato al ricorrente, ai sensi dell’art. 17 del d.lgs.
22/1997, di provvedere agli interventi di messa in sicurezza, bonifica e
ripristino ambientale dell’area (a cominciare dalla presentazione del relativo
progetto entro 45 giorni dalla notifica del provvedimento).
2. Avverso l’ordinanza n. 8858/2003 (e l’accertamento presupposto) il ricorrente
deduce censure così sintetizzabili:
- violazione dell’art. 7 della legge 241/1990, per omissione della comunicazione
di avvio del procedimento;
- violazione dell’art. 3 della legge 241/1990, in quanto né il provvedimento né
la nota dell’A.R.P.A. indicano puntualmente l’entità dei valori che si assumono
superiori ai limiti consentiti;
- violazione dell’art. 1 della legge 689/1981 e del principio di legalità, posto
che si tratta di zona agricola per la quale il D.M. 471/1999 non prevede limiti
di accettabilità della contaminazione dei suoli, di modo che l’applicazione dei
limiti previsti per le aree destinate a verde pubblico costituisce un
applicazione analogica in malam partem, viceversa da escludersi in materia
sanzionatoria;
- violazione del principio di ragionevolezza dell’attività amministrativa, in
quanto, dopo la cessazione dell’attività e la rimozione dei materiali ferrosi da
parte del ricorrente, il Comune si è disinteressato per anni della bonifica del
sito e soltanto dopo cinque anni impone l’intervento postulando il pericolo
legato all’inquinamento delle falde acquifere o alla coltivazione del terreno,
fatti che tuttavia non si sono verificati.
3. Il Comune di Gubbio si è costituito in giudizio, controdeducendo
puntualmente.
Non si è costituita l’A.R.P.A., pure intimata.
4. Occorre premettere che, ai sensi dell’art. 17, comma 2, del d.lgs. 22/1997,
“Chiunque cagiona, anche in maniera accidentale, il superamento dei limiti di
cui al comma 1, lettera a), ovvero determina un pericolo concreto ed attuale di
superamento dei limiti medesimi, è tenuto a procedere a proprie spese agli
interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale delle
aree inquinate e degli impianti dai quali deriva il pericolo di inquinamento
(…)”.
Ai sensi del successivo comma 9, “Qualora i responsabili non provvedano ovvero
non siano individuabili, gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di
ripristino ambientale sono realizzati d'ufficio dal Comune territorialmente
competente e ove questo non provveda dalla Regione, che si avvale anche di altri
enti pubblici (…)”.
I menzionati limiti (limiti di accettabilità della contaminazione dei suoli,
delle acque superficiali e delle acque sotterranee in relazione alla specifica
destinazione d'uso dei siti), unitamente alle procedure di riferimento per il
prelievo e l'analisi dei campioni ed ai criteri generali per la messa in
sicurezza, la bonifica ed il ripristino ambientale dei siti inquinati, nonché
per la redazione dei progetti di bonifica, sono stati poi definiti, ai sensi del
predetto articolo 17, comma 1, dal D.M. 471/1999.
Il ricorso, è bene sottolinearlo, non mette in discussione il fatto che
l’inquinamento del sito sia riconducibile all’attività di autorottamazione che
il ricorrente vi ha esercitato, né contesta in via di principio l’applicabilità
delle disposizioni sopra richiamate.
L’accertamento della responsabilità del ricorrente, d’altro canto, costituisce
il presupposto delle ordinanze sindacali n. 7150/1999 e n. 7201/1999 (nonché di
precedenti ordinanze, come appresso precisato), che non risultano impugnate.
5. Ciò premesso, va disattesa l’eccezione di inammissibilità per omessa
impugnazione delle ordinanze sindacali n. 7150/1999, n. 7201/1999 e n.
7916/2001.
E’ ipotizzabile che il Comune avrebbe potuto già in passato attuare l’esecuzione
d’ufficio della bonifica, stante la non (piena) ottemperanza del ricorrente a
quanto ordinatogli.
Tuttavia, anche tenendo conto della sopravvenienza del D.M. 471/1999, che ha
dettato la disciplina regolamentare attuativa dell’art. 17 del d.lgs. 22/1997
(indicando, in particolare, sia i limiti di concentrazione degli inquinanti al
cui superamento consegue l’obbligo di bonificare il sito contaminato, sia le
modalità procedimentali della bonifica), il Comune ha ritenuto opportuno
acquisire le analisi sull’inquinamento del terreno, e percorrere poi, sulla base
delle risultanze degli accertamenti, la via del rinnovo dell’ingiunzione nei
confronti del soggetto che, pacificamente, risulta responsabile
dell’inquinamento.
In altri termini, ha ritenuto di accertare puntualmente l’inquinamento del
terreno, che con l’ordinanza sindacale n. 7916/2001 veniva soltanto presunto.
Così facendo, il Comune ha implicitamente riaperto il procedimento previsto
dall’art. 17, per quanto riguarda l’individuazione della effettiva consistenza
dell’inquinamento da rimuovere, con la conseguenza che l’impugnazione non
incontra alcuna preclusione per effetto dell’inoppugnabilità dei provvedimenti
adottati nelle precedenti fasi procedimentali.
Del resto, si evince dagli atti che una vicenda simile si era già verificata,
con la fattiva partecipazione del ricorrente. Infatti, nonostante l’ordinanza n.
6113/1997 comportasse (in esito all’inottemperanza delle ordinanze n. 3661/1992
e n. 4921/1996) l’esecuzione d’ufficio della bonifica del sito, con ordinanza n.
6166 in data 25 novembre 1997 era stata accolta l’istanza (presentata in pari
data) del ricorrente volta ad ottenere la proroga del termine per provvedere
direttamente ai lavori.
Può dunque senz’altro convenirsi con la difesa del ricorrente che la spiegazione
di tali inconcludenti reiterazioni stia nel fatto che “la bonifica del terreno
comporta costi molto elevati, che l’Amministrazione Comunale ha sempre cercato
di evitare, sperando che gli stessi fossero sopportati in primis dal ricorrente,
anche se ciò ha significato rimandare di anno in anno l’esecuzione d’ufficio e
la bonifica di un terreno, asseritamene molto inquinato” (pag. 7 della memoria
conclusiva).
Ciò, tuttavia, se evidenzia un’inerzia amministrativa (insieme, comunque, alla
natura oggettiva delle difficoltà che notoriamente si incontrano nella
progettazione ed esecuzione delle operazioni di bonifica), non fa certo venir
meno l’obbligo del ricorrente di bonificare il sito a sue spese.
6. Nel merito, il ricorso è infondato e dev’essere respinto.
6.1. In presenza di un obbligo di facere (e tale era indubbiamente la situazione
del ricorrente, a seguito delle ordinanze n. 7150/1999 e n. 7201/1999), la
verifica dell’ottemperanza costituisce una fase procedimentale indefettibile,
tanto che potrebbe dubitarsi della necessità di un’ulteriore comunicazione di
avvio del procedimento.
In ogni caso, l’A.R.P.A., con nota prot. 42333 in data 6 dicembre 2002, ha
provveduto a comunicare al ricorrente l’accesso al terreno in data 16 dicembre
2002 per effettuare carotazioni e campionamenti “al fine ulteriore di completare
l’opera di bonifica”.
A tali operazioni ha presenziato il ricorrente (cfr. nota A.R.P.A. prot.
AG/215/2003).
La circostanza che, a seguito dei campionamenti, il Comune abbia rinnovato
l’ordinanza nei confronti del ricorrente, anziché procedere subito nella
direzione dell’esecuzione d’ufficio della bonifica, non toglie efficacia alla
predetta comunicazione di avvio del procedimento. Il ricorrente, infatti, non
avrebbe avuto alcun vantaggio ad essere tenuto a rimborsare i costi della
bonifica subito, rispetto all’esservi tenuto soltanto quando, a seguito della
verifica dell’inottemperanza all’ordinanza impugnata, il Comune si fosse
finalmente determinato ad avviare d’ufficio le procedure di bonifica (né,
peraltro, nel ricorso viene sostenuto il contrario); senza contare che il
provvedimento impugnato ha offerto al ricorrente un ulteriore possibilità di
scegliere, qualora lo ritenesse opportuno, di bonificare l’area direttamente,
svolgendo un ruolo propositivo nella progettazione dei tempi, delle modalità e
degli strumenti di esecuzione dell’intervento (con evidente incidenza sui costi
connessi).
Se si considera poi l’annosità della vicenda, il ruolo avuto dal ricorrente (il
quale, va ribadito, prima dell’impugnazione oggetto del presente giudizio, aveva
chiesto ed ottenuto proroghe dei termini stabiliti per i propri adempimenti),
occorre concludere che le esigenze partecipative sono state pienamente
rispettate.
6.2. Al superamento dei limiti di concentrazione indicati nella tabella 1,
allegato 1, del D.M. 471/1999, consegue l’obbligo di bonifica a cura e spese del
responsabile o, qualora questi, ovvero il proprietario dell’area o qualsiasi
altro soggetto interessato non adempia, l’intervento in danno da parte
dell’Amministrazione competente (nel caso in esame, trattandosi di bonifica di
interesse locale, il Comune).
Ciò che può variare, a seconda della gravità e pericolosità dell’inquinamento in
atto e della concreta fattibilità degli interventi, sono gli obiettivi, le
modalità ed i tempi (secondo una graduazione, sotto il profilo dell’efficacia
disinquinante, che prevede tre tipologie di interventi: bonifica e ripristino
ambientale, bonifica con misure di sicurezza e ripristino ambientale, messa in
sicurezza permanente e ripristino ambientale: cfr. artt. 4, 5 e 6, D.M.
471/1999).
In particolare, la circostanza che non sussista – come sostiene, peraltro
apoditticamente, il ricorrente - un pericolo imminente legato all’inquinamento
delle falde acquifere o alla coltivazione del terreno, potrebbe comportare una
dilazione dei tempi di intervento, o anche una maggior scelta tra gli interventi
adottabili, con possibilità di scegliere quelli meno costosi. Non può però
condurre ad escludere l’obbligo di intervenire sul sito. Le censure del
ricorrente indirizzate in tal senso non colgono perciò nel segno.
La nota A.R.P.A. prot. AG/215/2003, indica puntualmente i punti di campionamento
(cfr. allegato 2) ed i valori di concentrazione limite accettabili nel suolo per
siti ad uso verde pubblico, privato e residenziale, di cui alla tabella 1,
allegato 1, del D.M. 471/1999, che risultano superati con riferimento ai
parametri cadmio, piombo, zinco, idrocarburi totali (allegato 3).
Detta nota viene richiamata e recepita dall’ordinanza impugnata.
Non sussiste, quindi, neanche sotto tale profilo il lamentato difetto di
motivazione.
6.3. La predetta tabella 1, nel considerare i valori di concentrazione limite
accettabili nel suolo, nel sottosuolo e nelle acque sotterranee in relazione
alla specifica destinazione d'uso dei siti, distingue tra:
- i valori di concentrazione limite accettabili per le sostanze presenti nel
suolo e sottosuolo di siti a destinazione d'uso “verde pubblico, verde privato,
residenziale”, indicati nella colonna A;
- i valori di concentrazione limite accettabili per le sostanze presenti nel
suolo e sottosuolo di siti a destinazione d'uso “industriale e commerciale”
indicati nella colonna B.
Peraltro, secondo l’art. 17, comma 15, del d.lgs. 22/1997 “I limiti, le
procedure, i criteri generali di cui al comma 1 ed i progetti di cui al comma 14
relativi ad aree destinate alla produzione agricola e all’allevamento sono
definiti ed approvati di concerto con il Ministero delle risorse agricole,
alimentari e forestali”. Tale previsione non è stata ancora attuata.
Tuttavia, può condividersi l’avviso dell Istituto Superiore di Sanità (cfr. nota
prot. 051899 in data 6 novembre 2003), nel senso che, in attesa di una revisione
del D.M. 471/1999 che consideri espressamente anche gli standard di qualità per
i suoli agricoli, per questi ultimi trovano applicazione i valori della colonna
A, tenuto conto che “i valori di concentrazione per i parametri ivi citati
possono essere considerati sufficientemente cautelativi anche in relazione a
scenari multipli di esposizione umana (ingestione, inalazione e contatto
dermico) sia di tipo diretto che indiretto”.
Una diversa interpretazione condurrebbe a ritenere, nella maggior parte dei
casi, non operativa la normativa sulle bonifiche, senza apprezzabili ragioni di
tutela di interessi pubblici o privati.
Soprattutto, occorre considerare che:
- a ben vedere, nel sistema di tutela delineato dalle disposizioni dell’art. 17,
la bipartizione su cui è incentrata la tabella 1, allegato 1, del D.M. 471/1999,
può intendersi come una semplificazione comprensiva dell’intera gamma delle
possibili destinazioni urbanistiche dei siti contaminati, alle quali vanno
raccordati i risultati dell’intervento di bonifica;
- d’altra parte, una destinazione urbanistica a verde agricolo, può
legittimamente comportare utilizzazioni che nulla hanno a che vedere con la
coltivazione e l’allevamento e svolgere, in particolare, la funzione di
assicurare il mantenimento di spazi tra le zone edificate, anche a fini di
tutela ambientale e paesaggistica (ciò spesso avviene proprio per le aree
periurbane, dove si trova la gran parte dei siti industriali dimessi da
bonificare);
- la menzione, al citato comma 15, delle aree destinate alla produzione agricola
ed all’allevamento, introduce una specificazione nell’ambito delle aree
destinate a “verde”, legata non tanto alla destinazione urbanistica, quanto alle
caratteristiche dell’utilizzazione che delle aree verrà fatta in concreto.
In questa prospettiva, anche tenendo conto delle sostanziali esigenze di tutela,
i valori della colonna A, più restrittivi di quelli della colonna B, possono
ritenersi validi per tutte le utilizzazioni delle aree che, ancorché diverse da
quelle direttamente evocate dalle destinazioni urbanistiche tipiche menzionate
nella tabella 1, appaiano tuttavia tali da comportare un pericolo potenziale per
l’ambiente e la salute umana analogo o addirittura superiore.
Sembra quindi ragionevole ritenere (conformemente all’avviso dell’I.S.S., sopra
riportato) che la coltivazione connessa alla destinazione agricola, permettendo
alle sostanze inquinanti di essere assimilate nei prodotti destinati
all’alimentazione, richieda limiti di concentrazione non meno cautelativi di
quelli ritenuti adeguati per il verde (urbano).
In conclusione, in attesa di specificazioni regolamentari, i limiti riferiti alle destinazioni a verde (urbano), pubblico o privato, valgono anche per il verde agricolo.
Pertanto, anche sotto quest’ultimo aspetto le censure dedotte si dimostrano infondate.
7. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo dell'Umbria, definitivamente pronunciando sul
ricorso in epigrafe, lo respinge.
Condanna il ricorrente al pagamento in favore del Comune di Gubbio della somma
di Euro 2.000 (duemila) per spese di giudizio.
La presente sentenza sarà eseguita dall'Amministrazione ed è depositata presso
la Segreteria di questo Tribunale che provvederà a darne comunicazione alle
parti.
Così deciso in Perugia, nella camera di consiglio del giorno 11 febbraio 2004,
con l'intervento dei magistrati:
Avv. Pier Giorgio Lignani Presidente
Avv. Annibale Ferrari Consigliere
Dott. Pierfrancesco Ungari Consigliere, estensore.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
F.to Pierfrancesco Ungari F.to Pier Giorgio Lignani
IL SEGRETARIO
F.to Francesca Bianconi
1) Inquinamento – D.M. 471/1999, tab. 1 All. 1 – Superamento dei limiti di concentrazione – Obbligo di bonifica a spese del responsabile – Inadempimento – Intervento in danno da parte dell’amministrazione competente. Al superamento dei limiti di concentrazione indicati nella tabella 1, allegato 1, del D.M. 471/1999, consegue l’obbligo di bonifica a cura e spese del responsabile o, qualora questi, ovvero il proprietario dell’area o qualsiasi altro soggetto interessato non adempia, l’intervento in danno da parte dell’Amministrazione competente. Pres. Lignani, Est. Ungari – Ciliegi (Avv. Minelli) c. Comune di Gubbio (Avv. Filippetti) e altri (n.c.) - T.A.R. UMBRIA, 8 aprile 2004, sentenza n.168
2) Inquinamento – D.M. 471/1999 – Superamento dei valori di concentrazione limite – Suoli agricoli – Valori di riferimento – Sono quelli di cui alla Tab. 1, All. 1, previsti per il verde urbano. In tema di bonifica e ripristino ambientale, in attesa di una revisione del D.M. 471/1999 che consideri espressamente i valori di concentrazione limite accettabili per i suoli agricoli, per questi ultimi trovano applicazione i valori della colonna A, tabella 1, allegato 1 (previsti per i siti a destinazione d’uso “verde pubblico, verde privato, residenziale”)(*). I valori della colonna A, più restrittivi di quelli della colonna B, possono ritenersi validi per tutte le utilizzazioni delle aree che, ancorché diverse da quelle direttamente evocate dalle destinazioni urbanistiche tipiche menzionate nella tabella 1, appaiano tuttavia tali da comportare un pericolo potenziale per l’ambiente e la salute umana analogo o superiore. La coltivazione connessa alla destinazione agricola, permettendo alle sostanze inquinanti di essere assimilate nei prodotti destinati all’alimentazione, richiede limiti di concentrazione non meno cautelativi di quelli ritenuti adeguati per il verde urbano. (*) cfr. parere I.S.S. prot. 051899 del 6.11.2003 Pres. Lignani, Est. Ungari – Ciliegi (Avv. Minelli) c. Comune di Gubbio (Avv. Filippetti) e altri (n.c.) - T.A.R. UMBRIA, 8 aprile 2004, n.168
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