AmbienteDiritto.it                                                                                     Copyright © Ambiente Diritto.it

Legislazione  Giurisprudenza                                                      Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso


 

 Massime della sentenza

 

 

T.A.R UMBRIA, – 31 agosto 2004, n. 490

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


SENT. N. 490
Depositata il
31 Agosto 2004

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER L'UMBRIA PERUGIA

nelle persone dei Signori:

PIER GIORGIO LIGNANI Presidente
ANNIBALE FERRARI Cons.
PIERFRANCESCO UNGARI Cons. , relatore

ha pronunciato la seguente

SENTENZA



nella Camera di Consiglio del 07 Luglio 2004
Visto il ricorso 322/2004 proposto da:
VODAFONE OMNITEL N.V.
rappresentato e difeso da:
GRAZIANO CRISTIANA
DEURINGER ERICA
con domicilio eletto in PERUGIA
VIA M. FANTI, 6
presso
BARELLI URBANO
contro
COMUNE DI BEVAGNA
rappresentato e difeso da:
MARCHETTI MARCO
con domicilio eletto in PERUGIA
VIA MAZZINI,16
presso la sua sede;

per l'annullamento, previa sospensione dell'esecuzione,
- della nota del Responsabile dell'Ufficio Urbanistica del Comune di Bevagna, prot. 4529 del 30.3.2004, con la quale e' stato comunicato, a fronte della richiesta di Vodafone Omnitel N.V. di ottenere l'autorizzazione all'installazione di una stazione radio base per telefonia cellulare, sentita la Commissione Edilizia Comunale, “parere contrario per il rilascio del relativo permesso di costruire per le seguenti motivazioni: perchè l'intervento ricade in zona non compatibile art. 3 del Regolamento per l’'installazione, la modifica e l'adeguamento di impianti di telefonia cellulare adottato dal Consiglio Comunale con delibera n. 42 del 11.9 2003”
- in quanto richiamato nel predetto parere, dell'art. 3 del Regolamento del Comune di Bevagna, recante la "Disciplina per l'installazione, la modifica e l'adeguamento di impianti e sistemi di telefonia cellulare", con espressa riserva di proporre motivi aggiunti sulle restanti disposizioni regolamentari;
- nonché di tutti gli atti preordinati, consequenziali o comunque connessi, ancorchè non conosciuti, con espressa riserva di motivi aggiunti e con riserva di richiedere il risarcimento dei danni in separata sede.
Visti gli atti e i documenti depositati con il ricorso;
Vista la domanda di sospensione della esecuzione del provvedimento impugnato, presentata in via incidentale dal ricorrente;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di:
COMUNE DI BEVAGNA
Udito il relatore Cons. PIERFRANCESCO UNGARI e udite le parti come da verbale;
Visti gli artt. 19 e 21 della Legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e l'art. 36 del R.D. 17 agosto 1907, n. 642;
Ritenuto di poter definire immediatamente la controversia, come previsto dall’art. 26 della legge n. 1034/71, nel testo modificato dalla legge n. 205/2000;
 

FATTO E DIRITTO


1. La società ricorrente è titolare di licenza individuale per la prestazione del servizio pubblico di comunicazioni mobili e personali in tecnologia GSM900, DCS1800 e UMTS e per l’installazione delle infrastrutture a tal fine necessarie sul territorio italiano.
In data 7 febbraio 2004 ha presentato un’istanza, ai sensi degli artt. 86 ss. del d.lgs. 259/2003, per la realizzazione di un impianto in località Madonna delle Grazie del Comune di Bevagna.
2. Il Comune, con provvedimento prot. 4529 in data 30 marzo 2004, ha espresso avviso contrario all’installazione, in quanto l’intervento ricade in zona non compatibile ai sensi dell’art. 3 del regolamento comunale per l’installazione, la modifica e l’adeguamento di impianti di telefonia cellulare, adottato con delibera consiliare n. 42/2003.
Secondo detta disposizione, in molte aree, considerate “zone non compatibili” (si tratta sostanzialmente delle aree nelle quali ricadono attrezzature od impianti di interesse collettivo, ospedali, scuole, asili nido, case di riposo o di cura, strutture ricettive, campeggi, aree verdi, parchi gioco, impianti sportivi o ricreativi; gli immiboi vincolati come beni culturali; le aree di particolare pregio ambientale, archeologico, paesaggistico e naturalistico; le zone residenziali (zone urbanistiche B e C); i centri abitati; le aree per insediamenti produttivi; i centri storici di valore monumentale, storico o ambientale; le aree boschive; le aree cimiteriali) , è preclusa l’installazione degli impianti di telefonia cellulare; nelle “zone compatibili”, viceversa, l’installazione può essere subordinata a prescrizioni e comunque deve osservare una distanza di rispetto di almeno 250 m dai fabbricati esistenti.
3. La ricorrente impugna il provvedimento negativo e la disposizione regolamentare presupposta, deducendo articolate censure di difetto di motivazione, violazione e falsa applicazione della legge quadro 36/2001 e degli artt. 86 ss. del d.lgs. 259/2003, incompetenza; eccesso di potere sotto vari profili.
4. Il ricorso è fondato, nei sensi appresso indicati.
4.1. Dopo l’annullamento delle disposizioni del d.lgs. 198/2002 ad opera della sentenza della Corte Costituzionale n. 303/2003, e la riproposizione di gran parte di dette disposizioni nel d.lgs. 259/2003 – Codice delle comunicazioni elettroniche-, occorre chiedersi quale spazio residui per l’individuazione, da parte di regioni e comuni, di limiti e prescrizioni idonee ad orientare il procedimento autorizzatorio relativo agli impianti disciplinati dal Codice.
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 307/2003, per valutare la legittimità delle disposizioni regionali (tra cui quelle della l.r. Umbria 9/2002), emanate in attuazione della legge quadro sulla protezione dai campi elettromagnetici 36/2001, che individuano aree sensibili ed introducono divieti limitatamente ad alcune selezionate aree, ha valorizzato il concetto di “criterio di localizzazione”; la determinazione di simili criteri, sia pure formulati in negativo, a norma dell’art. 3, comma 1, lettera d), numero 1), e dell’art. 8, comma 1, lettera e), della legge quadro, spetta infatti alle Regioni; al contrario, quando la genericità ed eterogeneità delle previsioni (ad esempio, riferite a categorie di aree e di edifici rispetto a cui viene previsto un vincolo di distanza minima), configurano non già un quadro di prescrizioni o standard urbanistici, bensì un potere amministrativo in contrasto con il principio di legalità sostanziale e tale da poter pregiudicare l’interesse, protetto dalla legislazione nazionale, alla realizzazione delle reti di telecomunicazione, si è in presenza non di un “criterio di localizzazione”, bensì di una “limitazione alla localizzazione”, che rende in concreto impossibile, o comunque estremamente difficile, la realizzazione di una rete completa di infrastrutture per le telecomunicazioni, così da risultare illegittima.
Devono ritenersi pertanto tuttora applicabili le disposizioni della l.r. 9/2002 non colpite dalla pronuncia di incostituzionalità (che ha annullato gli artt. 1, comma 2, in parte qua, 2, 12, comma 1, 13 e 16) e che rispettano il criterio suindicato.
In particolare, per quanto riguarda il potere regolamentare dei comuni, espressamente previsto dall'art. 8, comma 6, della legge 36/2001 (“I comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici”), ma desumibile anche in base alle disposizioni previgenti, ed esercitatile anche prima che lo Stato e le regioni pongano in essere gli adempimenti di rispettiva competenza, previsti dagli artt. 4 e 8 della legge (cfr. sentt. TAR Umbria n. 423/2001, n. 702/2001 e n. 333/2003), può sottolinearsi che, ai sensi della l.r. 9/2002:
- i comuni provvedono (art. 7, comma 1, lettera d), alla “individuazione dei siti di installazione per gli impianti di cui al punto a), (vale a dire, gli impianti “radioelettrici, di telefonia mobile e di radiodiffusione”) tenuto conto dei relativi piani di rete e di programmi di sviluppo, fatte salve le competenze dello Stato e delle autorità indipendenti”.
- i comuni provvedono (art. 7, comma 1, lettera b), alla “individuazione, d’intesa con la provincia competente per territorio, delle aree sensibili di cui all’art. 4” (vale a dire le aree nelle quali, in considerazione dell’alta densità abitativa o della presenza di strutture di tipo assistenziale, sanitario, educativo, devono essere rispettati gli obiettivi di qualità di cui all’art. 3, comma 1, lettera d), della legge 36/2001, e nelle quali i comuni stessi (art. 4, comma 1, lettera b), “… possono prescrivere modificazioni, adeguamenti e la delocalizzazione di … impianti radioelettrici … al fine di garantire la massima tutela ambientale dell’area stessa “ (disposizione, quest’ultima, che ha superato il vaglio di costituzionalità effettuato con la sentenza n. 307/2003).
- i comuni (art. 4, comma 4) “Possono altresì individuare beni culturali e ambientali, tutelati ai sensi del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, ovvero dalla pianificazione territoriale e urbanistica, nei quali la installazione degli impianti oggetto della presente legge può essere preclusa”.
4.2. Quanto all’esercizio in concreto di detti poteri comunali, la giurisprudenza di questo Tribunale, prima delle pronunce della Corte Costituzionale citate, aveva già individuato modalità e condizioni c.d. interne (cfr. sentt. citt.).
Tale orientamento, ad avviso del Collegio, merita di essere confermato, in quanto l’impostazione logica che lo sostiene ha trovato una autorevole conferma nelle suddette pronunce.
In sintesi, è sufficiente ribadire che :
a) detto potere regolamentare dei comuni non può riguardare la tutela igienico-sanitaria, esaurientemente assicurata dalla fissazione, ad opera dello Stato, di livelli massimi di esposizione inderogabili; può invece, in quanto riconducibile al generale potere di pianificazione delle utilizzazioni del territorio, essere rivolto (cfr. art. 8, comma 6, cit.) ad assicurare il corretto insediamento urbanistico e terri¬toriale degli impianti, e precipuamente a conseguire fini di tutela sia paesaggistica, che ambientale, questi ultimi consistenti nella minimizzazione delle esposizioni ai campi elettromagnetici sull'intero territorio comunale;
b) l'esercizio dei poteri di pianificazione urbanistica suindicati, ed in particolar modo la localizzazione dei siti di installazione degli impianti di radiotelefonia mobile, alla luce della qualificazione giuridica e delle caratteristiche delle reti di tale servizio pubblico, non può avvenire con le tecniche tradizionali, ma richiede (in applicazione di un principio desumibile dall'art. 9 della legge 36/2001) la previa valutazione di compatibilità con le esigenze operative del servizio, attraverso un confronto dialettico con i gestori delle reti (i quali sono in possesso delle informazioni e conoscenze tecniche necessarie) e la loro partecipazione propositiva al procedimento. Occorre infatti tener conto che le reti infrastrutturali del servizio pubblico di telefonia mobile presentano caratte¬ristiche funzionali di relativa infungibilità per quanto riguarda la localizzazione degli impianti (numerose stazioni ricestrasmittenti a bassa potenza -le stazioni radio base, appunto- da collocare secondo una struttura reticolare/cellulare che tenga conto delle specifiche caratteristiche demografiche, orografiche, infrastrutturali del territorio); cosicché, in assenza di adeguati elementi conoscitivi al riguardo, il comune è tenuto (pena l'illegittimità della disciplina per difetto di istruttoria e di motivazione) a mettere i gestori del servizio di telefonia mobile in condizione di partecipare al procedimento formativo del regolamento, ed a valutare, alla luce delle finalità suindicate, prima dell'approvazione del regolamento, le osservazioni e proposte da essi prospettate e concretizzanti possibili ipotesi di installazione alternative per siti o caratteristiche degli impianti, con i correlati livelli di esposizione conseguibili. Vi è, ancora, l’esigenza di garantire la parità di condizioni fra i diversi gestori, a tutela dela concorrenza. Va considerato, al riguardo, che la “copertura” del territorio è uno dei principali fattori di concorrenzialità, in quanto l’utente tenderà generalmente a preferire il gestore che assicura la maggior “copertura”, e ciò per ovvie ragioni legate alla natura stessa del servizio “de quo”. Peraltro, i vari gestori si sono immessi sul mercato in tempi diversi, sicchè una politica restrittiva dell’istallazione di nuove antenne si risolve – se non attuata mediante strumenti di pianificazione che tengano conto anche di tali esigenze – in un indebito privilegio per chi ha per primo provveduto alla installazione e nel correlativo pregiudizio per i nuovi operatori;
In concreto, pertanto:
- non può legittimamente introdursi un divieto generalizzato all'installa¬zione di impianti sul territorio comunale, perchè ciò equivarrebbe alla negazione dell'esercizio del servizio pubblico;
- divieti di localizzazioni con riferimento a zone omogenee, previsioni di distanze minime (dai centri abitati, dagli insediamenti produttivi), previsioni di ca¬rat¬teristiche strutturali (altezze massime) o funzionali (potenze massime) degli impianti, possono essere legittimamente introdotti soltanto se ed in quanto: 1) finalizzati ad un corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti (venendo in questo caso in rilievo l'apprezzamento di interessi più propriamente paesaggistici, vale a dire di natura culturale); 2) finalizzati alla minimizzazione delle esposizioni ai campi elettromagnetici sul territorio comunale, sulla base di una concreta rilevazione dei livelli di esposizione presenti nelle diverse aree; 3) compatibili (in entrambi i casi predetti), con una adeguata funzionalità del servizio pubblico di telefonia radiomobile, a parità di condizioni fra i gestori;
- nei limiti della strumentalità al conseguimento di dette finalità, deve essere valutata anche la legittimità di eventuali previsioni di oneri aggiuntivi (oneri informativi, certificativi, manutentivi relativi agli impianti) posti in capo al gestore dell'impianto.
Può aggiungersi che la stessa sentenza n. 307/2003, citata, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 2 della l.r. 9/2002, che, sotto la rubrica “Principio di giustificazione”, stabilisce che nella pianificazione della localizzazione di nuovi impianti e in sede di rilascio delle autorizzazioni i gestori e i concessionari (salvo che per gli “impianti di competenza del Piano di assegnazione delle frequenze di cui alla legge 31 luglio 1997, n. 249”) sono “tenuti a dimostrare le ragioni obiettive della indispensabilità degli impianti stessi ai fini dell’operatività del servizio”; ciò in quanto la Corte ha ritenuto che richiedere una condizione ulteriore di tenore generico, come la dimostrazione della “indispensabilità” dell’impianto ai fini della operatività del servizio, significa attribuire all’amministrazione autorizzante un largo e indeterminato potere discrezionale che può finire per configurarsi come arbitrio. Pertanto, alla luce di tale insegnamento, il Collegio ritiene di poter ulteriormente precisare il proprio orientamento nel senso che:
- la suddetta individuazione dei siti e delle caratteristiche degli impianti, scegliendo tra le alternative possibili, deve avvenire nel pieno rispetto del principio di leale cooperazione tra Comune e gestori; il criterio ordinatore del confronto tra di essi non può risiedere nella suddetta dimostrazione di “indispensabilità funzionale”;
- i gestori, tuttavia, hanno pur sempre l’onere di fornire, nell’ambito del procedimento di elaborazione dei regolamenti in questione, le informazioni sulla funzionalità e sulle esigenze del servizio in suo possesso (altrimenti, difficilmente accessibili dal comune); tale onere va inteso come onere della prova contraria rispetto all’adeguatezza delle proposte del Comune, ovvero come dimostrazione adeguata della infungibilità funzionale (apprezzabile minor efficacia sotto il profilo tecnico) di un possibile sito, o di un possibile impianto, rispetto alle alternative ipotizzate dal Comune; con la conseguenza che, laddove tali alternative localizzative o realizzative, che consentano di minimizzare i livelli di esposizione sul territorio comunale, presentino un’adeguata efficacia funzionale, quest’ultime, ancorché comportino costi diretti o indiretti maggiori (purché si tratti di tecnologie aziendalmente disponibili – argomentando alla luce dei principi della disciplina comunitaria della tutela ambientale, a partire dalla Direttiva 96/61/CEE, I.P.P.C.), possono legittimamente essere imposte dal Comune mediante lo strumento regolamentare previsto dalla legge.
4.3. Ciò premesso, è evidente la illegittimità dell’art. 3 del regolamento comunale impugnato.
In applicazione degli artt. 4 e 7 della l.r. 9/2002, i Comuni hanno la possibilità di individuare aree sensibili, soggette ad un potere conformativo delle installazioni, e siti alternativi preferenziali.
Ma, per quanto esposto, tale potere, al fine di non invadere la sfera di competenza statale e pregiudicare interessi - al corretto funzionamento delle reti di telefonia mobile e del mercato degli operatori di tale settore – necessariamente tutelati a livello nazionale, deve avvenire nel rispetto delle condizioni sopraricordate. In questa prospettiva, il Comune di Bevagna, ha omesso di effettuare:
- la ricognizione sul territorio dei livelli di esposizione esistenti e di quelli riconnessi alle diverse localizzazioni della ulteriore sorgente inquinante, necessaria a giustificare ogni misura precauzionale volta a minimizzare le esposizioni;
- la previa individuazione, attraverso il confronto con gli operatori, di siti idonei e compatibili con le esigenze della funzionalità del servizio di telefonia mobile.
In sintesi, non è stata posta in essere quella pianificazione consapevole e partecipata che, secondo l’interpretazione data dal Tribunale alla suindicata normativa statale e regionale, rappresenta l’unico modo di perseguire una composizione razionale della contrapposizione degli interessi pubblici sottesi alle localizzazioni degli impianti, sottraendo le relative decisioni alla mera alternativa tra la prevalenza assoluta dell’uno o dell’altro interesse e dando nel contempo un contenuto concreto ai poteri attribuiti ai comuni in materia.
In assenza di detta pianificazione, il divieto pressoche generalizzato e le misure imposte per le zone non soggette a divieto, previsti dall’art. 3, impugnato, finiscono col costituire delle “limitazioni alla localizzazione”, e col risultare del tutto equivalenti, quanto alla struttura logica (di limite-divieto) ed agli effetti sperati, ai “limiti di esposizione”, ai “valori di attenzione” o ai “valori di campo più restrittivi”, che sono riservati alla competenza statale.
Di più, occorre ribadire che divieti e prescrizioni decontestualizzate, come quelle previste dall’art. 3, appaiono frutto di una scelta aprioristica, apodittica e non razionale: una previsione di distanze minime generalizzata, che non considera in alcun modo i beni tutelati ed i livelli di esposizione ai campi elettromagnetici esistenti e quelli conseguibili con l'applicazione del criterio della distanza minima, tradisce la convinzione che il mero allontanamento degli impianti dagli insediamenti abitativi sia idoneo a risolvere ogni problematica connessa ai campi elettromagnetici. Ma, si ripete, così facendo, viene inibita o compressa incisivamente la possibilità di installare impianti senza che sia stata dimostrata la rispondenza delle limitazioni a concrete esigenze di tutela, nonché compiuta alcuna verifica di compatibilità o alcun tentativo di contemperazione con le esigenze di funzionamento del servizio di telefonia mobile.
Quanto alle spese di giudizio, se ne può disporre l’integrale compensazione tra le parti.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale dell’Umbria, definendo immediatamente la controversia, come previsto dall’art. 26 della legge n. 1034/71, nel testo modificato dalla legge n. 205/2000, accoglie il ricorso n. 322/2004 in epigrafe e, per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati.
Spese compensate.
La presente sentenza sarà eseguita dalla Amministrazione ed è depositata presso la Segreteria del Tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Così deciso in Perugia, il 7 Luglio 2004

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
F.to Pierfrancesco Ungari F.to Pier Giorgio Lignani

IL SEGRETARIO
F.to Francesca Bianconi
 

M A S S I M E

 

Sentenza per esteso

 

1) Inquinamento elettromagnetico – Comune – Potere regolamentare – Tutela igienico sanitaria – Non rientra – Corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti – Rientra. In materia di inquinamento elettromagnetico, il potere regolamentare dei comuni non può riguardare la tutela igienico-sanitaria, esaurientemente assicurata dalla fissazione, ad opera dello Stato, di livelli massimi di esposizione inderogabili; può invece, in quanto riconducibile al generale potere di pianificazione delle utilizzazioni del territorio, essere rivolto ad assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti, e precipuamente a conseguire fini di tutela sia paesaggistica, che ambientale, questi ultimi consistenti nella minimizzazione delle esposizioni ai campi elettromagnetici sull'intero territorio comunale. Pres. Lignani, Est. Ungari – V.O. (Avv.ti Graziano e Deuringer) c. Comune di Bevagna (Avv. Marchetti) - T.A.R. UMBRIA – 31 agosto 2004, n. 490

2) Inquinamento elettromagnetico – Comune – Esercizio dei poteri di pianificazione urbanistica – Previa valutazione di compatibilità con le esigenze operative del servizio – Necessità – Gestori – Partecipazione al procedimento – Deve essere assicurata – Tutela della concorrenza – Alternative localizzative compatibili con la funzionalità delle reti – Possono legittimamente essere imposte. L'esercizio dei poteri di pianificazione urbanistica, ed in particolar modo la localizzazione dei siti di installazione degli impianti di radiotelefonia mobile richiede (in applicazione di un principio desumibile dall'art. 9 della legge 36/2001) la previa valutazione di compatibilità con le esigenze operative del servizio, attraverso un confronto dialettico con i gestori delle reti e la loro partecipazione propositiva al procedimento, al fine di garantire la parità di condizioni fra i diversi gestori e a tutela della concorrenza, uno dei cui principali fattori è costituito dalla “copertura” del territorio. Alla luce della sentenza Corte Cost. n. 307/2003, i gestori non sono tenuti a dimostrare l’“indispensabilità funzionale”: laddove le alternative localizzative o realizzative, che consentano di minimizzare i livelli di esposizione sul territorio comunale, presentino un’adeguata efficacia funzionale, quest’ultime, ancorché comportino costi diretti o indiretti maggiori possono legittimamente essere imposte dal Comune mediante lo strumento regolamentare previsto dalla legge. Pres. Lignani, Est. Ungari – V.O. (Avv.ti Graziano e Deuringer) c. Comune di Bevagna (Avv. Marchetti) - T.A.R. UMBRIA – 31 agosto 2004, n. 490

3) Inquinamento elettromagnetico – Comune – Divieto generalizzato all’installazione di impianti sul territorio comunale – Illegittimità – Divieti di localizzazione con riferimento a zone omogenee – Compatibilità con adeguata funzionalità del servizio di telefonia radiomobile – Legittimità. Il Comune non può legittimamente introdurre un divieto generalizzato all'installazione di impianti sul territorio comunale, perchè ciò equivarrebbe alla negazione dell'esercizio del servizio pubblico; può invece legittimamente introdurre divieti di localizzazioni con riferimento a zone omogenee, previsioni di distanze minime, di caratteristiche strutturali o funzionali degli impianti, se finalizzati ad un corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti; se finalizzati alla minimizzazione delle esposizioni ai campi elettromagnetici sul territorio comunale, sulla base di una concreta rilevazione dei livelli di esposizione presenti nelle diverse aree; se compatibili, con una adeguata funzionalità del servizio pubblico di telefonia radiomobile, a parità di condizioni fra i gestori. Pres. Lignani, Est. Ungari – V.O. (Avv.ti Graziano e Deuringer) c. Comune di Bevagna (Avv. Marchetti) - T.A.R. UMBRIA – 31 agosto 2004, n. 490

Per ulteriori approfondimenti ed altre massime vedi il canale:  Giurisprudenza