AmbienteDiritto.it 

Legislazione  Giurisprudenza

 

 

Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso


   Copyright © Ambiente Diritto.it

 

 Massime della sentenza

(Segnalazione degli avv.ti Maurizio Balletta e Rosella Razzano)

  

 

TRIBUNALE DI NAPOLI Sez. VIII, 03 novembre 2004, (ud. 10.10.2004) Sentenza n. 11235
 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Il dott. Alessandro Pepe, della 8a sezione civile del Tribunale di Napoli, in funzione di giudice unico, ha emesso la seguente


SENTENZA


nella causa civile iscritta al N. 9996 del Ruolo Generale degli affari contenziosi dell'anno 1999 avente ad oggetto: risarcimento danni
 

TRA


MINISTERO DELL'AMBIENTE E PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del ministro e del presidente del consiglio pro tempore, domiciliati ex lege in Napoli alla Via A. Diaz n. 11 presso l’avvocatura distrettuale di Stato dal quale sono rappresentati e difesi ope legis


ATTORI


E


FONTANA BLEU S.P.A. in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede in Aversa al P.co Coppola Grattacielo Bellorizzonte ed elettivamente domiciliata in Napoli alla Via del Parco Margherita n. 8 presso lo studio dell’avv. Giuseppe Olivieri dal quale è rappresentata e difesa insieme all’avv. Giovanni Pellegrino giusta mandato a margine della comparsa di risposta


CONVENUTA


NONCHÈ


COMUNE DI CASTEL VOLTURNO, in persona del sindaco pro tempore, con sede presso la Casa Comunale di Castelvolturno, elettivamente domiciliato in Napoli alla Via Labriola P.co Fiorito presso lo studio dell’avv. Raffaele Anatriello e rappresentato e difeso dall’avv. Vincenzo Colalillo giusta mandato a margine della comparsa di risposta


CHIAMATO IN CAUSA


E


COMUNE DI POZZUOLI, in persona del Sindaco pro tempore, con sede presso la Casa Comunale di Pozzuoli ed elettivamente domiciliato in Napoli alla Via Riviera di Chiaia n. 207 presso lo studio degli avv. Giovanni Allodi e Domenico Romano dai quali è rappresentato e difeso giusta mandato a margine della comparsa di risposta


CHIAMATO IN CAUSA


E


SINDACO DEL COMUNE DI POZZUOLI quale commissario straordinario del Ministero per la Protezione Civile, con sede presso la Casa Comunale di Pozzuoli


CHIAMATO IN CAUSA CONTUMACE


E


MINISTERO PER LA PROTEZIONE CIVILE. MINISTERO DEGLI INTERNI e MINISTERO DELLA MARINA MERCANTILE, In persona dei rispettivi Ministri, domiciliati ex lege in Napoli alla Via A. Diaz n. 11 presso l'avvocatura distrettuale di Stato dal quale sono rappresentati e difesi ope legis


CHIAMATI IN CAUSA


E


ASSOCIAZIONE ITALIANA PER IL WORLD WIDE FUND (WWF lTALlA), Onlus, in persona del legale rappresentante pro tempore con sede in Roma alla Via Po n. 25/c, elettivamente domiciliata in Napoli alla Via Andrea da Salerno n. 13 presso la sezione regionale WWF Campania e rappresentata e difesa dagli Rosella Razzano e Maurizio Balletta giusta mandato in calce all’atto di intervento


INTERVENIENTE


CONCLUSIONI


PER IL MINISTERO DELL’AMBIENTE, LA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI E I MINISTERI CHIAMATI IN CAUSA:
l’avvocato dello stato “conclude riportandosi alle domande, richieste e difese in atti sia per gli attori che per gli intervenienti”.


PER LA SOCIETA' FONTANA BLEU: il difensore “conclude chiedendo l’accoglimento di tutte le eccezioni, deduzioni, istanze e richieste contenute nella comparsa e nell’atto di chiamata in causa, nonché l’accoglimento delle richieste, eccezioni, deduzioni esposte nei verbali di causa (e in tutte le memorie depositate), con particolare riferimento a quelle illustrate nella prima udienza di trattazione e nelle memorie depositate a norma degli artt. 183, 5° comma e 184 c.p.c.. L’avv. Olivieri – senza che le successive precisazioni possano intendersi quale rinuncia (tacita) a eccezioni, contestazioni o istanze già formulate – chiede pertanto che l’adito Tribunale dichiari inammissibili e comunque rigetti tutte le domande proposte dalle Amm.ni istanti e, in conseguenza, quanto alla domanda n. 2 (dell’atto di citazione), come modificata con la memoria depositata dalle Amm.ni il 16.11.2002 (a norma dell’art. 183, u.c., c.p.c.: a) ne dichiari l’inammissibilità, perchè domanda nuova; b) in via subordinata, la rigetti per l’inesistenza dei presupposti (anche per essere i fatti precedenti il 1986); ovvero dichiari cessata la materia del contendere per le intervenute (non controverse) intese; ovvero la rigetti per essere il diritto azionato estinto per intervenuta prescrizione; ovvero la rigetti per il difetto di titolarità passiva della s.p.a. Fontana Bleu (costituita con atto del 5.8.1981); ovvero – ove si dovesse ritenere proposta la domanda a norma dell’art. 2043 c.c. – la rigetti per tutte le ragioni ed eccezioni indicate e comunque per il difetto di titolarità attiva delle Amm.ni istanti (Ministero dell’Ambiente e Presidenza del Consiglio dei Ministri). In via subordinata, chiede che il Tribunale detragga dalle somme (eventualmente) riconosciute alle Amm.ni istanti il valore delle opere, realizzate dalla convenuta Fontana Bleu e acquisite da dette Amm.ni, da calcolare in non meno di € 7.438.528,72 (£14.403.000.000). Chiede ancora che il Tribunale dichiari inammissibile, e comunque rigetti, la domanda di cui al n. 3 dell’atto di citazione, evidentemente infondata, mancando qualsiasi presupposto per il risarcimento del danno non patrimoniale; in ogni caso, la rigetti per tutte le ragioni ed eccezioni formulate in riferimento alla domanda n. 2, che si abbiano per integralmente ripetute anche in riferimento a questa domanda. Dichiari inammissibile – e comunque ne rigetti le richieste per infondatezza e per tutte le ragioni ed eccezioni sollevate in riferimento alle domande delle Amm.ni attrici – l’intervento volontario spiegato dal WWF. In via subordinata, accolga le domande riconvenzionali e quelle contenute nell’atto di chiamata in causa. Il tutto con vittoria di spese (compreso il rimborso forfetario).”


PER IL COMUNE DI CASTEL VOLTURNO: il difensore "nel riportarsi a tutti gli atti, documenti e verbali pregressi chiede accogliersi le conclusioni rassegnate con il conseguente rigetto sia della domanda principale che della domanda di garanzia”.


PER IL COMUNE DI POZZUOLI: il difensore “conclude riportandosi alla propria comparsa di risposta ed alle conclusioni ivi formulate”.


PER IL WWF ITALIA: I difensori “concludono come da atto di intervento volontario del 21.02.03”


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


Con atto dI citazione notificato in data 15 settembre 1999 il Ministero dell’Ambiente e la Presidenza del Consiglio dei Ministri convenivano in giudizio dinanzi a questo Tribunale la società Fontana Bleu s.p.a accusandola di avere realizzato e gestito dal 1981 in poi varie opere abusive sulle particelle 2 o 3 deI foglio 49 del catasto del Comune di Castel Volturno, località Pìnetamare, invadendo ed occupando in modo arbitrario vastissimi terreni di proprietà dello Stato, in specie costituenti demanio forestale, e costruendo in particolare edifici per civili abitazioni, ovvero adibiti ad attività commerciale, a strutture alberghiere, attività scolastiche e di culto, a parcheggio auto, il tutto con relativo sbancamento di suolo e sottosuolo, formazione di rilevati e di cumuli temporanei, realizzazione di strade, opere permanenti, deviazioni di corsi d’acqua, interramenti di corpi idrici, scarichi idrici, uso di mezzi, utilizzazione di materiale proveniente da cave. Le amministrazioni attrici, oltre a dedurre l’inalienabilità e l’indisponibilità ai sensi dell’art. 822 c.c. delle zone demaniali interessate dall’abusiva opera di edificazione, assumevano che la zona di Castel Volturno era zona vincolata secondo la legge 1497/39 sulle bellezze naturali nonché secondo la successiva Legge Galasso 431/85, gli immobili costruiti erano stati adibiti a civili abitazioni in mancanza delle prescritte licenze di abitabilità, le attività alberghiere e, quindi, le opere di confezionamento, detenzione e deposito di sostanze alimentari venivano esercitate senza la prescritta autorizzazione ex L. 283/62, era stato violato il DM 13 luglio 1997 operando su territorio classificato a riserva naturale dello Stato. E la realizzazione e la gestione di tutte queste opere avevano irrimediabilmente compromesso l’ambiente, sia quello marino che quello terrestre, alterandolo, deteriorandolo e distruggendolo in parte e provocando pertando danni pari: a) alla spesa di ripristino da affrontare per ripristinare lo status quo ante; b) al profitto conseguito dalla soc. Fontana Bleu per l’uso, la gestione e la commercializzazione delle opere in questione; c) al pregiudizio derivante dall’alterazione dell’ambiente; al danno non patrimoniale ex art 2059 c.c. a fronte di una condotta dannosa costituente altresì illecito penale. Le parti attrici quantificavano le prime due voci di danno in £. 14.700.000.000 e £. 30.500.000.000 e commisuravano la terza voce di danno all'importo della prima, pervenendo ad un importo complessivo di £. 60.000.000.000, che individuavano anche come misura di danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c.. Su queste premesse, chiedevano che, dichiarata la responsabilità della soc. Fontana Bleu, quest'ultima venisse condannata al ripristino dello stato dei luoghi e, se ciò fosse stato ritenuto impossibile, al risarcimento dei danni come sopra determinati oltre interessi legali e rivalutazione monetaria, il tutto con richiesta subordinata di una diversa liquidazione equitativa del danno non patrimoniale ax art. 2059 c.c. e con rivalsa delle spese di lite.


La società convenuta si costituiva in giudizio ed impugnava le avverse domande, formulando una serie di eccezioni a rilievi. In particolare, assumeva: - di essere sorta a seguito dell'atto costitutivo del 5 agosto 1981, per cui non poteva rispondere di presunti danni ricollegabili anteriori a tale data; - che dinanzi al GOA dr. Aleviola pendeva un procedimento promosso dalla stessa Fontana Bleu al fine di sentire accertare la piena titolarità di dette aree, in ciò contrastata dalle amministrazioni convenute, che in via riconvenzionale avevano chiesto il rilascio di dette aree, il ripristino dello stato dei luoghi e il risarcimento dei danni da quantificare; - che molti degli immobili od appartamenti realizzati erano stati alienati a terzi mentre altri immobili erano stati fittati al Comune di Castel Volturno che li adibiva ad attività scolastiche; - che il legislatore, con la L. 579/93 ed ancor prima con la L. 177/92, aveva inteso occuparsi di varie aree del Paese oggetto di interventi edilizi, tra cui l’area Pinetamare, ed aveva previsto una procedura di trasferimento dei beni ai comuni e poi agli attuali utilizzatori, con ciò dettando una disciplina speciale che, per sua natura e in quanto successiva alla legge del 1986 sul danno ambientale, escludeva l'antigiuridicità della condotta di edificazione e, di conseguenza, il danno ambientale dedotto ex adverso, legittimando per converso la pretesa di essa società Fontana Bleu, da decenni detentrice dei beni allocati nelle aree de qua, di essere riconosciuta proprietaria dei beni, giusta attuazione del procedimento di cui alla L. 579/93, con la precisazione che l’attuazione di tale procedimento era stata richiesta al Comune di Castel Volturno in data 4 febbraio 7004, il Comune con procedimento del 17 gennaio 1995 aveva rifiutato tale attivazione e tale rifiuto era stato riconosciuto illegittimo dal TAR Campania con sentenza 470/96; - che, comunque, la risarcibilità del danno ambientale era stata per la prima volta riconosciuta dalla L. 349/86, per cui l'opera di edificazione compiuta da essa società, conclusasi nel 1983 giusta perizia dell'ing. Race del18 novembre 1999, non era sanzionabile, e in ogni caso non sussisteva la legittimazione attiva dello Stato (Ministero dell’Ambiente) pur se in ipotesi la condotta potesse sussumersi nell'ambito dell'art. 2043 c.c.; - che, sotto altro profilo, un danno ambientale non era nemmeno configurabile perché nella specie l’opera di edificazione aveva addirittura migliorato le condizioni in cui versava la zona, in precedenza acquitrinosa e paludosa, come risultava dalla sentenza di assoluzione del Tribunale di S.M, Capua Vetere del 3 maggio 1974; - che tutte le costruzioni erano state realizzate previe regolari autorizzazioni e/o concessioni delle competenti autorità, alcune opere erano state requisite a seguito del fenomeno del bradisisma perché destinate a scopi di pubblica utilità, così come gli immobili adibiti a scuole; - che sul litorale limitrofo già esistevano vari lidi regolarmente autorizzati, per cui necessariamente dovevano esistere le opere di urbanizzazione, strade di accesso, illuminazione, impianti idrici e fognari, etc.; - che le opere erario tutte anteriori al 1983, laddove il limite di 300 metri dalla battigia e quello per i territori costieri coperti da boschi e foreste erano stati per la prima previsti dalla Legge Galasso 431/85; - che le attività di tipo strettamente urbanistico, come la costruzione di immobili, erano soggette a specifiche leggi di salvaguardia del territorio, sicchè la violazione di queste ultime poteva portare solo alle sanzioni specifiche ivi previste e non all'illecito di cui all’art. 18 della L. 349/86; - che, a fronte delle autorizzazioni ottenute dalle PA e dal vantaggio da queste ultime tratto da alcune opere, non sussisteva alcun illecito, sia sotto il profilo del danno ambientale che in base all'art. 2043 c.c., occorrendo la “condotta dolosa o colposa e, per la legge speciale, la violazione di disposizioni di legge o di provvedimento adottati in base a legge”; che, comunque, il presunto credito risarcitorio era prescritto per decorrenza del termine quinquennale di prescrizione dell’azione aquiliana, risalendo l’ultimazione delle opere aI 1983, il quale era il dies a quo da considerare rispetto ad un illecito istantaneo ad effetti permanenti come quello in esame o, in subordine, pur ipotizzando un illecito permanente, costituendo l’ultimazione dell’opera causa di cessazione della permanenza dell’illecito; - che, infine, qualora fosse stata ritenuta fondata la domanda, non poteva disconoscersi un concorso causale, ai sensi dell’art. 40 comma 2 c.p., delle vrie amministrazioni pubbliche, che con le loro autorizzazioni e/o concessioni e la loro condotta omissiva rispetto all’eventuale attività di repressione avevano contribuito alla produzione dei danni in misura quantomeno della metà. Su queste premesse la Fontana Bleu chiedeva: a) la riunione del gIudizio a quello pendente dinanzi al GOA dott. Aievola oppure la sua sospensione in attesa della definizione di quest'ultimo; b) in subordine, ordinare l'integrazione del contraddittorio nei confronti dei vari acquirenti delle unità immobiliari realIzzate nonché, se del caso, nei confronti delle varie pubbliche amministrazioni locatrici di alcuni immobili; c) in vIa ancora più gradata, dichiarare l'inammissibilità delle domande attoree; d) dichiarare il difetto di legittimazione attiva di essa Fontana Bleu, quanto meno in ordine al presunto danno ambientale; e) rigettarsi le domande per infondatezza e comunque per intervenuta prescrizione; f) in linea subordinata, in caso di accoglimento delle domando attoree, accertare che nella produzione dell'evento dannoso vi era stato un contributo causale pari almeno aI 50 % da parte del Comune di Castel Volturno, del Comune di Pozzuoli, del Sindaco del Comune di Pozzuoli quale Commissario straordinario del Ministero per la Protezione Civile, del Ministero per la Protezione Civile, del Ministero degli Interni e del Ministero della Marina Mercantile; g) in via ancora più subordinata condannare le predette amministrazioni, in via solidale o secondo la responsabilità responsabilità per ciascuna accertata,a rivalere essa società convenuta di quanto fosse stata eventualmente costretta a pagare alle amministrazioni attrici in misura pari alla loro individuale responsabilità e in misura comunque non inferiore al 50%. In ogni caso porre a carico delle PA attrici e chiamate in causa la spese di lite. Ai fini delle domande sub e), f) e g), la società convenuta chiedeva l'autorizzazione alla chiamata in causa delle PA ritenute corresponsabili, previo differimento dell’udienza di comparizione.


Ottenuto tale differimento, la Fontana Bleu provvedeva alle relative citazioni nel marzo 2000 e, prima dell’udienza di comparizione, si costituivano i Ministeri chiamati in causa, i quali contestavano sia la richiesta della convenuta di riunione o sospensione del giudizio per la pendenza del processo dinanzi al GOA dott. Aievola. sia la richiesta di ordinare l'integrazione del contraddittorio nei confronti degli acquirenti o delle PA locatarie degli immobili edificati in località Pinetamare; nel merito, deducevano il proprio erroneo coinvolgimento in causa, facendo in particolare rilevare, quanto all’Amministrazione della Marina Mercantile, che essa svolgeva attività gestoria ex art. 30 cod. nav. rispetto ai beni del demanio marittimo, laddove l'area oggetto di lite apparteneva al demanio forestale, ossia al patrimonio indisponibile ex art. 826 c.c.


Alla prima udienza si costituivano anche i due Comuni, impugnando entrambi le avverse domande.


In particolare, il Comune di Castel Volturno deduceva preliminarmente che di fatto era cessata la materia del contendere, perché in data 25 febbraio 2000 il Commissario del Governo e i rappresentanti della Fontana Bleu avevano sottoscritto un protocollo d’intesa costituente la base dell'accordo transattivo da sottoporre agli organi assembleari delle società private e alle autorità statali di Governo. Nel merito, il Comune eccepiva il proprio difetto di legittimazione passiva per essere amministrazione danneggiata dalle condotte poste in essere dalla Fontana Bleu e per non avere certo concorso a provocare l’evento dannoso oggetto di causa, essendosi solo limitata ad utilizzare, per indifferibili finalItà pubbliche e in assenza di altre strutture, alcuni immobili abusivamente realizzati dalla società convenuta; il Comune aderiva poi alle eccezioni di detta società relative alla non configurabilità di un danno ambientale per attività poste in essere prima del 1983 nonchè alla prescrizione dell'azione risarcitoria, contestando infine l'esosità e l'assenza dI qualsivoglia supporto documentale rispetto alla richiesta della società convenuta dI vedere dichiarato il contributo causale del Comune in ragione del 50 %.

Viceversa, il Comune di Pozzuoli eccepiva proprio difetto di legittimazione passiva, non avendo esso ente alcun potere di repressione rispetto alle condotte poste in essere dalla società convenuta ed essendo poi riferibili direttamente all'Amministrazione Statale l'attività compiuta dal Sindaco quale Ufficiale di Governo.


Il Sindaco citato in tale qualità non si costituiva.


La causa veniva più volte rinviata. In prosieguo di udienza di prima comparizione a fronte delle richieste delle parti che deducevano la pendenza di trattative di bonario componimento. Si giungeva così all'udienza deI 21 maggio 2002 ove lo scrivente si riservava sulle richieste preliminari della società convenuto di riunione e/o sospensione del giudizio e/o integrazione del contraddittorio, richieste che rigettava con ordinanza del 25 giugno 2002, rinviando contestualmente per la trattazione.


Prima di tale udienza il Comune di Pozzuoli depositava memoria con la quale integrava le difese della comparsa di risposta aderendo anch’esso alle eccezioni della Fontana Bleu circa la non configurabilità del danno ambientale a la prescrizione dell’azione risarcitoria proposta dalle amministrazioni attrici e circa l’esosità e carenza documentale rispetto alla richiesta della società convenuta di condanna del Comune in ragione del 50%.


Rinviata la causa per i provvedimenti di cui all’art. 184 c.p.c. e concessi i termini ex art. 183 ult. comma c.p.c., le amministrazioni attrici davano atto che le trattative tra le parti erano sfociate in un accordo transattivi, sottoscritto il 18 giugno 2002, con cui era stata definita ogni controversia dominicale e possessoria relativa alle aree oggetto di causa, col riconoscimento che tutte le opere realizzate, da non demolire, erano acquisite al patrimonio dello Stato, mentre restavano in piedi i profili di carattere edilizio, urbanistico, paesaggistico ed ambientale. Ciò posto, le amministrazioni attrici modificavano le conclusioni dell’atto di citazione, rinunciando alla domanda di riduzione in pristino e chiedendo la condanna della convenuta al risarcimento del danno patrimoniale all’ambiente quantificato, giusta le indicazionI dell'atto introduttivo, in € 60.000.000.000 pari ad € 30.987.413,94.; con la stessa memoria venivano precisate le violazioni di legge realizzate dalla Fontana Bleu e si specificava la fonte del diritto al risarcimento del danno era costituita dagli artt. 2, 3, 9, 32, 41 e 42 della Carta Costituzionale oltre che dalla norma generale dell’art. 2043 c.c. e dall’art. 18 L. 349/86, norma avente pertanto mera natura ricognitiva.


Anche il Comune di Castel Volturno depositava memorie ex art. 183 ult. comma c.p.c., in cui richiamava le proprie difese od eccezioni, in particolare insistendo per la declaratoria di cessazione della materia del contendere.


Nella memorie di replica la soc. Fontana Bleu deduceva la novità della domanda articolata dalle parti attrici, mentre in subordine eccepiva l’avvenuta cessazione della materia del contendere a fronte dell'accordo transattivo deI 18 giugno 2002 ed invocava comunque la decurtazione della liquidazione del danno del controvalore economico delle aree acquisite dallo Stato, per reiterare infine tutte le eccezioni già formulate.


All'udienza successiva tutte le parti costituite chiedevano concedersi i termini ex art. 184 c.p.c., mentre la società convenuta si opponeva. Nella stessa data si costituiva in cancelleria il WWF Italia, spiegando intervento volontario di adesione alle domande formulate dalle Amministrazioni attrici.


Con ordinanza riservata del 27 febbraio 2003 i termini ex art. 184 c.p.c. venivano concessi, ma tale ordinanza veniva tardivamente comunicata alle AmministrazIoni statali e al Comune di Castel Volturno, che chiedevano pertanto la rimessione in termini così come per il Comune di Castel Volturno; tali richieste venivano accolto con ordinanza riservata del 31 luglio 2003, successivamente integrata e corretta all'udienza del 25 novembre 2003 con l'indicazione precisa dei nuovi termini e l'indicazione esatta del Comune di Castel Volturno.


Depositate le note ex art. 184 e 184 bis c.p.c., lo scrivente si riservava nuovamente e con ordinanza del 3 febbraio 2004 disattendeva le istanze istruttorie delle parti attrici e rinviava per la precisazione delle conclusioni.


Quindi, all'udienza dell’11 maggio 2004, formulate le conclusioni di cui in epigrafe, la causa veniva assegnata a sentenza, previa concessione dei termini di legge per il deposito degli atti difensivi finali.


MOTIVI DELLA DECISIONE


Va, innanzitutto, dichiarata la contumacia del Sindaco del Comune di Pozzuoli quale commissario straordinario del Ministero della Protezione Civile, regolarmente citato in tale qualità e non costituitosi.


Quanto al Comune di Pozzuoli, la mancanza in atti della comparsa di risposta, contenente anche la procura alle liti, non ha alcun rilievo pratico, giacché l’avvenuto deposito di tale comparsa col relativo mandato risulta espressamente dal verbale di prima udienza del 9 maggio 2000 (in cui si dà atto anche delle contestazioni delle controparti in ordine alla costituzione del Comune), mentre il contenuto di detta comparsa si evince per relationem dal confronto tra la memoria difensiva del 26/27 settembre 2002 e la comparsa conclusionale (in quest’ultima sono presenti tutte le difese del Comune, laddove nella prima memoria, oltre a formularsi nuove eccezioni, è richiamata quella preliminare, evidentemente svolta nel primo atto difensivo, di difetto di legittimazione passiva).


Venendo al merito, l’esame dello stesso deve partire dall’esatta individuazione del thema decidendum.


Le amministrazioni attrici, invero, nella memoria ex art 183 ult. comma c.p.c. hanno dato atto della stipula in data 18 giugno 2002 di un protocollo d'intesa volto a definire le questioni dominicali con la Fontana Bleu ed hanno rinunciato alla domanda di rimessione in pristino formulata al punto 2 delle conclusioni dell’atto di citazione, richiedendo, ferme le conclusioni di cui ai punti 1, 3 e 4, la condanna della Fontana Bleu al risarcimento del danno patrimoniale all’ambiente per l’importo di £. 60.000.000.000 ossia € 30.987.413,94 oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dal fatto al soddisfo.


La società Fontana Bleu deduce l’inammissibilità di tale domanda, a suo dire concretante una domanda nuova e non una mera emendatio libelli consentita dal citato art. 183 ult. comma. Ma tale eccezione va rigettata, posto che già in origine il punto 2 delle conclusioni dell'atto di citazione conteneva la domanda di risarcimento del danno patrimoniale all’ambiente per £. 60.000.000.000, col solo distinguo che tale domanda, fermi i presupposti fattuali (realizzazione ed uso di opere e pregiudizio all’ambiente) e le basi di calcolo (profitto conseguito, spese di riduzione in pristino, alterazione all’ambiente), era formulata in via subordinata, nel caso di ritenuta impossibilità dì riduzione in pristino. Aver rinunciato alla domanda principale od aver reso la domanda subordinata l'unica domanda (nell'ambito del capo 2) non ha certo mutato il petitum e/o la causa pretendi, non potendo rinvenirsi tale mutamento nel semplice fatto che la pretesa risarcitoria ha perso il suo collegamento con l'eventuale “impossibilità” della domanda dl riduzione in pristino per divenire dopo la firma del protocollo d’intesa, l’unica pretesa sottoposta al giudicante: la pretesa risarcitoria non si caratterizzavano certo per il mero carattere subordinato di tale domanda, ma piuttosto per il contenuto di tale domanda (appunto risarcimento dei danni all’ambiente) e per i presupposti di fatto e le basi di calcolo della stessa (vedi supra). Né si può sostenere che le amministrazioni attrici con la memoria ex art. 183 ult. comma abbiano immutato la causa pretendi sostituendo all’azione ex art. 18 L. 349/86 quella generale aquiliana fondata sull’art. 2043 c.c., per la semplice ragione che solo con tale memoria sono state richiamate queste norme, oltre che i generali precetti costituzionali degli artt. 2, 3, 9, 32, 41 e 42 Cost., mentre in citazione nessuna di questa norma era stata individuata, con la conseguenza che la subordinazione tra domanda di riduzIone in pristino e domanda di risarcimento per equivalente, pur in assenza di la subordinazione tra domanda di riduzione in pristino e domanda di risarcimento per equivalente, pur in assenza di precisazioni, bene avrebbe potuto essere agganciata alle regole generali dell’illecito aquiliano piuttosto che al meccanismo fissato dall’art. 18 L. 349/86. A tutto ciò si aggiunga che la domanda di risarcimento in forma specifica, ossia di riduzione in pristino contiene in sé la domanda di risarcimento per equivalente, che costituisce un minus della prima (vedi ad esempio Cass. 00/13468 e Cass. 98/2402), per cui perde ancora più consistenza l’asserito profilo fondato sulla persistenza della sola seconda domanda.


Per la verità, nella comparsa conclusionale delle Amministrazioni attrici, prima si ribadiscono le conclusioni di cui alla memoria ex art. 183 ult. comma c.p.c., escludendosi l’eccepita novità della domanda di risarcimento per equivalente (pag. 24), e poi si ipotizza la legittimità di una eventuale condanna alla demolizione delle opere, assumendosi che la scelta tra riduzione in pristino e risarcimento per equivalente non sarebbe rimessa alla scelta della parte ma imposta dalla legge, previa verifica della “possibilità” o meno della prima ai sensi dell'art. 18 L 349/86 (pag. 25 della comparsa conclusionale); si tratta di una posizione contraddittoria non idonea a porre nel nulla la scelta operata nel corso del processo, non solo per la sua equivocità, ma soprattutto per i limiti della comparsa conclusionale, atto avente solo valore riassuntivo e illustrativo delle domande, eccezioni e difese svolte.


L'avvenuta rinuncia alla domanda di riduzione in pristino ha anche risvolti processuali, neutralizzando ab origine l’eccezione preliminare della Fontana Bleu volta ad ottenere l’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i successivi acquirenti e/o dei locatari dei beni edificati alla località Pinetamare; questi ultimi, invero, erano ritenutI litisconsorti necessari rispetto alla domanda di demolizione formulata dalle Amministrazioni istanti, sicché il venir meno di tale domanda fa cessare ogni questione sul punto (diventano così superflue le argomentazioni in base alle quali, prima di tale rinuncia, non è stata disposta la chiesta integrazione del contraddittorio: vedi ordinanza riservata deI 25 giugno 2002).


Risvolti processuali ha anche il motivo di fondo di tale rinuncia, ossia l’avvenuta stipula del protocollo d'intesa del 18 giugno 2002. E' pacifico tra le parti che tale protocollo d’intesa abbia definito ogni controversia dominicale tra parti, appunto affermando la piena demanialità della area della località Pinetamare interessate dall’opera di speculazione edilizia, con impegno da parte delle società del gruppo Coppola, tra cui la Fontana Bleu: - di trasferire allo Stato una parte dei beni ivi costruiti oltre altri beni di loro proprietà; - di eseguire una serie di opere di miglioramenti della zona; - di pagare le indennità di occupazione relative agli immobili costruiti su quelle aree pubbliche da trasferire previa sdemanializzazione alle società del Gruppo Coppola. E’ vero che tale accordo, sottoscritto dal commissario straordinario del Governo per la gestione delle aree di Castel Volturno, era - e sembrerebbe esserlo ancora - sottoposto alla firma ed approvazione dei superiori e competenti organi statali (artt. 1, 12 o 15), ma ai fini che interessano quel che rileva è che esso contengo il definitivo riconoscimento della demanialità delle aree della località Pinetamare e che, dopo tale atto, sia venuta meno ogni controversia sul profilo dominicale, sia da parte delle amministrazioni attrici (che su questa premessa hanno rinunciato alla domanda di riduzione in pristino - vedi supra -, evidenziando inoltre l'efficacia ricognitiva e probatoria delle dichiarazioni contenute in tale atto - vedi pag. 13 della comparsa conclusionale), sia da parte della Fontana Bleu (che non ha più obiettato sul punto e, anzi, facendo leva sull'intervenuto accordo, ha dedotto l'intervenuta cessazione della materia del contendere anche sulla domanda risarcitoria - pag. 9 della comparsa conclusionale).


La conseguenza di tutto questo è che, come del resto riconosciuto dalla stessa difesa della convenuta, che anche su questo aspetto non ha più insistito, non vi è oggi alcuna ragione che imponga la riunione del presente giudizio, volto al risarcimento del danno ambientale, con quello RG 2361/91 pendente dinanzi Al GOA doti. Alevola, che riguarda profili meramente dominicali, così come non vi sono motivi di pregiudizialità che impongano una pronuncia di sospensione in attesa della definizione di detto processo; piuttosto, è l’avvenuta definizione negoziale dell’aspetto dominicale che si ripercuote su tale ultimo processo (anche in questo caso appaiono superflue le argomentazioni in base alla quali non sono state accolte, prima del protocollo d'intesa, le richieste di riunione e/o sospensione: vedi ordinanza riservata del 25 giugno 2002).


Il protocollo d'intesa, peraltro, ha solo questo ridotto valore in termini di riduzione del thema disputandurn, senza che per converso lo si possa invocare per inferirne un'integrale cessazione della materia del contendere, anche in relazione al profilo, centrale, del danno ambientale. Tale interpretazione, proposta dalla soc. Fontana Bleu, non tiene conto del tenore letterale dell'art. 1 del protocollo, ove l'accordo transattivo è “espressamente limitato agli aspetti patrimoniali e dominicali della vertenza, e non comprende i profili di carattere edilizio, urbanistico, paesaggistico e ambientale”. Né si può sostenere che la transazione riguardando anche gli aspetti “patrimoniali”, coprisse anche il danno patrimoniale all’ambiente, appunto richiesto al punto 2 delle conclusioni dell'atto di citazione (come modificato), in quanto un simile ampliamento della portata dell'accordo transattivo appare in contrasto con l'affermata salvezza dei profili di natura "paesaggistica e ambientale", laddove il riferimento agli aspetti patrimoniali ha un senso logico, riguardando l'efficacia dell'accordo transattivo anche in relazione ai "danni materiali e morali per la loro occupazione" (ossia degli immobili abusivamente edificati su terreno demaniale).


Tutto ciò premesso, costituisce circostanza incontrovertibile, documentata nello stesso protocollo ed infine ammessa dalla stessa Fontana Bleu, le partecipazione di quest'ultima, quale società del gruppo Coppola, all'abusiva opera di edificazione sul territorio demaniale sito alla località Pinetamare, in particolare sulle particelle 2 e 3 del foglio 49 del Catasto del Comune di Castel Volturno, nella parte denominata Riviera Fontana Bleu. Così come costituisce circostanza incontrovertibile, ammessa dalla stessa società convenuta (vedi in particolare la comparsa di risposta e la ivi richiamata relazione tecnica dell’ing. Race), l'intestazione a detta società, in via originaria o per trasferimento dalla Coppola Pinetemare s.n.c.(vedi punto 5 della citata relazione dell’Ing. Race), di tutti gli immobili indicati nell'atto introduttivo, tra cui quelli adibiti a civili abitazioni comprendenti unità immobiliari successivamente alienate a terzi (vedi anche il prospetto B allegato sempre dalla soc. Fontana Bleu).


La società convenuta contesta la propria responsabilità in ordine alle opere edilizie compiute prima del 5 agosto 1981, epoca di costituzione della società stessa, e in effetti non solo non esistono elementi che confermino che l'attività edificatoria sia avvenuta solo dopo il 1981, ma anzi dalla (già citata) relazione dell'ing. Race emergono dati che attestanti un'attività di edificazione iniziata almeno in parte ben prima del 1981. Ma, al di là del fatto che in citazione sono contestate condotte edificatorie e di utilizzazione compiute dopo il 1981 (punto i della premessa), l'eventuale parziale inizio della speculazione edilizia in tempi progressi, prima della stessa nascita della soc. Fontana Bleu, non rileva perché comunque detta società ha usufruito di tale Attività percependone altresì i frutti con le relative vendite e/o la gestione dei complessi alberghieri, centri commerciali, parchi giochi, etc..


E già la sola attività di utilizzo con profitti economici di opere edilizie può costituire fonte di danno ambientale, perché, se quest'ultimo si identifica nella lesione dell’interesse, costituzionalmente protetto, alla “conservazione, … razionale gestione e … miglioramento delle condizioni naturali (aria, acqua, suolo e territorio), l’esistenza e la preservazione dei patrimoni genetici terrestri o marini, di tutte le specie animali o vegetali che in esse vivono allo stato naturale ed in definitiva della persona umana in tutte le sue estrinsecazioni” (Corte Cost. 87/210), è evidente la sussistenza di tale tipo di danno anche in relazione al mero sfruttamento del territorio abusivamente trasformato, in quanto anche tale sfruttamento esclude la “razionale gestione e il miglioramento delle condizioni naturali” nonché “l’esistenza e la preservazione dei patrimoni genetici terrestri o marini”. D’altra parte, lo stesso fatto che l'art. 18 L. 349/86, prevedente una disciplina specifica per il danno ambientale, al comma 6 individui tra i criteri di liquidazione del danno “il profitto conseguito dal trasgressore” (vedi infra) sta a significare che l'utilizzazione economica dei territorio integra l’illecito civile.


A ciò si aggiunga che, per ammissione della stessa Fontana Bleu (vedi supra), quest'ultima ha partecipato alle attività edificatorie successive al 1981, subentrando alle altre società della famiglia Coppola o coadiuvando le stesse; unendo tale contributo al successivo sfruttamento economico delle opere realizzate, pare innegabile attribuire alla Fontane Bleu un ruolo rilevante, sotto il profilo causale, al danno complessivo, rappresentato dall’unico evento dannoso derivato dalla trasformazione ed utilizzazione del territorio.


In questa ottica, la convenuta può anche ritenersi responsabile in solido con i Coppola e/o le altre società del gruppo, né sussiste un profilo di novità di una eventuale condanna fondata su tale solidarietà, in quanto il dato della solidarietà appare neutro rispetto all’individuazione della domanda, che è e resta quella di condanna della Fontana Bleu al risarcimento dell'intero danno per i fatti contestati in citazione.


D'altro canto, come si vedrà meglio in seguito, la pretesa risarcitoria è stata determinata sulla baso dei criteri dell’art. 18 comma 6 L. 349/86, per cui essa tiene in particolare conto di quanto addebitabile alla società convenuta quale fruitrice e formale intestataria del beni abusivamente realizzati; ossia il “costo necessario per il ripristino” del territorio e il “profitto conseguito” dalla gestione di tali beni. Questo significa che, seppure in teoria sì volesse ragionare in termini di una mera responsabilità pro quota della società convenuta, la domanda risarcitoria non appare sbilanciata rispetto alla partecipazione di tale società alla speculazione edilizia oggetto di causa.


Riassumendo, alla Fontana Bleu va ascritta, in via esclusiva, solidale o parziale (comunque sempre senza conseguenze sull'entità della pretesa risarcitoria), la seguente attività dannosa: trasformazione edIlizia e successiva gestione a fini di profitto economico di un tratto demaniale del litorale domizio, quello oggi denominato “Riviera Fontana Bleu”, dove un tempo, per circostanza pacifica, vi erano solo pinete sino alla spiaggia.

 

Omissis


Qualche precisazione si impone per il rapporto tra art. 18 l 349/86 ed art. 2043 c.c., dal momento che la società convenuta fa leva sull’anteriorità dell’ultimazione delle opere rispetto alla L. 349/86 e da questo inferisce l’impossibilità di esercitare l'azione risarcitoria da parte delle Amministrazioni attrici e il difetto di legittimazione attiva del Ministero dell'Ambiente.


Come accennato appena sopra, la tutela dell’ambiente trova fondamento, prima che nella L. 349/86, nelle norme costituzionali che indicano l’ambiente come bene e valore essenziale, oggetto di un diritto assoluto innanzitutto spettante allo Stato-comunità e che, così come quello alla salute, trova la sua tutela indifferibile nella norma generale dell’art. 2043 c.c.. Calzante è, in proposito, una sentenza del S.C., ove si legge: “L'ambiente in senso giuridico, quale bene unitario ma anche immateriale …, rappresenta … un insieme che, pur comprendendo vari beni o valori, si distingue ontologicamente da questi e si identifica in una realtà, priva di consistenza materiale, ma espressione di un autonomo valore collettivo, specifico oggetto, come tale, di tutela da parte dell'ordinamento, rispetto ad illeciti la cui idoneità lesiva va valutata con riguardo a siffatto valore e indipendentemente dalla particolare incidenza verificatasi su una o più delle dette singole componenti, secondo un concetto di pregiudizio che, sebbene riconducibile a quello di danno patrimoniale, si connota tuttavia per una più ampia accezione di danno svincolata da una concezione aritmetico-contabile” ed ancora, “…, la configurabilità dell’ambiente come bene giuridico non trova la sua fonte genetica nella cit. legge del 1986 (che si occupa piuttosto della ripartizione della tutela tra Stato, enti territoriali e associazioni protezionistiche) ma direttamente nella Costituzione, considerata dinamicamente, come diritto vigente e vivente, attraverso il combinato disposto di quelle disposizioni (artt. 2, 3, 9, 41 e 42) che concernono l’individuo e la collettività nel suo “habitat” economico, sociale, ambientale. Tali disposizioni primarie elevano l'ambiente ad interesso pubblico fondamentale, primario e assoluto, imponendo allo Stato un’adeguata predisposizione di mezzi di tutela, per le vie legali, amministrative e giudiziarie, pertanto anche prima della legge cit. la Costituzione e la norma generale dell’art. 2043 c.c. apprestavano all’ambiente … una tutela organica e piena, di cui era già allora espressione la legittimazione attiva degli enti territoriali direttamente danneggiati, rappresentativi della collettività organizzata leso in un suo bene primario ed assoluto” (così Cass. 98/1087; vedi anche Corte Cost. 87/641 e il citato parere CdS n. 426/01, oltre a Cass. 96/5850, Cass. 95/9211 e Cass. 92/4362).


Attesa la natura meramente ricognitivo dell’art. 18 cit., diventa irrilevante il dato temporale della conclusione dell’opera di edificazione, perché tale attività, ove pregiudizievole all’ambiente, resta sanzionata dall’art. 2043 c.c..


Ma nella specie vi è di più. Queste considerazioni, infatti, presuppongono la limitazione dell'area dell'illecito ambientale alla mera attività di trasformazione del territorio, senza considerare la sanzionabilità, sopra evidenziata, della successiva attività di gestione e sfruttamento del territorio; il tutto senza poi considerare quella continuità tra edificazione e gestione che invece, come detto, appare inconfutabile e porta ad inquadrare in termini unitari l’intero danno ambientale subito dalla collettività in relazione alla trasformazione del territorio oggi occupato dalla Riviera Fontana Bleu.


La valenza meramente ricognitivo dell’art. 18 L. 349/86 incide sul tema della legittimazione ad agire, nel senso che deve ritenersi che anche prima di tale legge i soggetti abilitati ai sensi dell'art, 18, ovvero Stato ed enti locali, potessero agire in forza dell’art. 2043 c.c.


D’altra parte, se il danno ambientale in esame deve essere ricondotto in via unitaria all’opera di edificazione e di gestione delle opere abusive, ecco che l’illecito oggetto di causa, perdurando nel tempo, finisce per rientrare, anche sotto il profilo temporale, nell’ambito di applicabilità della L. 349/86.


Ciò posto, nel caso in esame la domanda risulta essere stata presentata dal Ministero dell’Ambiente e dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, ossia dallo Stato e non dagli enti locali (come invece nel caso oggetto della sentenza del S.C. 98/1087). Ora, mentre l’assenza di un ente locale rende inutile discutere sul tipo di legittimazione attribuita in materia agli enti locali, se concorrente o sostitutiva, rispetto allo Stato (comunque, la tesi prevalente in giurisprudenza è quella della legittimazione concorrente, indirettamente confermata dello Stesso legislatore laddove, con l’art. 9 comma 3 TU 267/00, ha previsto il diritto delle associazioni ambientaliste di agire a tutela dei danno ambientale ottenendo un risarcimento “liquidato in favore dell’ente sostituito”), la proposizione dell'azione da parte sia del Ministero dell’Ambiente che della PCM impone di accertare la legittimazione dell’uno e/o dell’altra.


E la conclusione deve partire dal rilievo che, seppure è vero che la PCM rappresenta lo Stato nella sua unitarietà, è nondimeno vero che il Ministero dell’Ambiente è la specifica articolazione dello Stato avente competenza nella materia in esame, è la branca dell’amministrazione statale istituita, appunto con la citata L. 349/86, per una più articolata e completa protezione dell’ambiente; dal che ne deriva che l’azione per il risarcimento del danno ambientale spetta, oggi, al Ministero dell’Ambiente; in tal senso depongono anche delle peculiari disposizioni normative, visto che, in base all’art. 58 D. Lgvo 258/00, è al Ministero che va data “prontamente notizia dell’erogazione delle sanzioni amministrative” in tema di inquinamento di acque “al fine del recupero del danno ambientale”, e visto che, secondo i commi 9 bis e ter dell’art. 8 L. 349/86 quali aggiunti dalla L. 388/00, presso il Ministero dell’Ambiente è stato istituito un fondo di rotazione con le somme derivanti dalla riscossione dei crediti in favore dello Stato per il risarcimento del danno ambientale (per queste osservazioni, vedi la deliberazione della Corte dei Conti n. 1/2003, in Foro It. 2003, I, pag. 633).


Altra eccezione preliminare della società convenuta è quella secondo cui l’azione risarcitoria proposta ex adverso, formulata solo nel 1999, si sarebbe prescritta per decorso del quinquennio previsto dall’art. 2947 comma 1 c.c., essendosi l’opera di edificazione conclusa nel 1983 e decorrendo da tale data il dies a quo di prescrizione dell’azione risarcitoria.


Anche tale eccezione deve essere rigettata, e ciò nonostante l’infondatezza della tesi della difesa erariale dell’imprescrittibilità del diritto al risarcimento del danno ambientale ex art. 2943, comma 2 c.c., tesi che si basa sulla indebita confusione tra il diritto tutelato, quello alla protezione dell’ambiente, diritto sicuramente imprescrittibile, e l’azione di risarcimento per equivalente, che viceversa resta sottoposto alle generali regole fissate per l’azione aquiliana, ivi inclusa la prescrizione quinquennale (cfr. parere CdS n. 426/01, in Foro it. 2003, I, pag. 634).


Il motivo di tale rigetto, piuttosto, sta in quanto evidenziato in precedenza circa la natura dell’illecito oggetto di causa, che, se si identifica unitariamente nell’attività di edificazione e gestione del territorio e se, comunque, perdura sino a che persistano le opere abusive, assume la veste ma di un “illecito permanente”, il quale, a differenza dell’“illecito istantaneo ad effetti permanenti”, è risarcibile mediante un’azione il cui dies a quo decorre dalla cessazione della permanenza. Trattasi di una conclusione in linea coi principi della giurisprudenza di legittimità, posto che le sezioni civili della Corte di Cassazione ritengono che “l’esecuzione di una costruzione in violazione di norma di edilizia dia luogo ad un illecito permanente, con la conseguenza che la prescrizione del diritto al risarcimento del danno non decorre dalla data di realizzazione della costruzione ma da quello di cessazione della permanenza, e cioè dal momento in cui la costruzione viene demolita, ovvero dal momento in cui essa viene resa legittima mediante rinuncia dell’amministrazione, che irroghi una sanzione pecuniaria, ad ordinarne la demolizione, ovvero dal decorso del termine utile per l'usucapione del diritto reale di mantenere la costruzione nelle condizioni in cui si trova” (così Cass. 90/594; conf. Cass. 97/6967 e Cass. 80/1624; vedi anche CdS 00/). Viceversa, la giurisprudenza richiamata dalla Fontana Bleu riguarda i reati in materia di protezione delle bellezze naturali, ove la cessazione della permanenza è collegata alla conclusione dell'attività edificatoria (ad esempio Cass. 03/26338 imp. Grilli e Cass. 94/9983 imp. Sale ed altri), ma in questi casi la diversa conclusione, avente risvolti in tema di prescrizione, si spiega nel fatto che la condotta sanzionata è solo e soltanto quella di costruzione.


Primo di discutere del quantum debeatur, qualche breve considerazione su un’altra eccezione formulata da parte convenuta nella comparsa di risposta, eccezione peraltro non riproposta in sede di comparsa conclusionale (probabilmente per la presa d’atto della sua infondatezza).


Secondo la Fontana Bleu, la zona di Castel Volturno oggetto dell'attività di edificazione rientrava nell'ambito di applicabilità delle L. 579/93 e 177/92, prevedenti un procedimento volto ad eliminare lo preesistenti situazioni di incertezza sulla titolarità delle aree, legittimando le attività di trasformazione dei territorio e disponendo il trasferimento dei beni realizzati prima ai comuni, fra cui quello di Castel Volturno, e poi ai privati utilizzatori; solo l'inerzia e, anzi, il rifiuto dell’amministrazione di Castel Volturno avrebbero impedito la conclusione dI tale procedimento, la cui previsione proprio per il territorio della località Pinetamare escludeva ogni eventuale illiceità ai sensi dell'art. 18 L. 349/86 e dell'art. 2043 c.c,.


Ma l'assunto muove dall'erroneo presupposto di una cessione “automatica” o “imposta” dei beni, laddove la L. 177/92, prevedente all’art. 1 tale “cessione automatica” (con successivo trasferimento ai privati ex art. 2), non riguarda il territorio di Castel Volturno, mentre la L. 597/93 contempla un trasferimento dei beni la cui realizzazione non è obbligata ma dipende dalla scelte discrezionali dei comuni (cfr. sul punto Cass. III sez. penale 96/865, nonché TAR Campania 98/2032, confermata da CdS 027783); e il Comune di Castel Volturno non ha inteso attivare tale procedimento (come risulta dalle due sentenze da ultimo citate), per cui le L. 177/92 e 597/93 non hanno trovato attuazione, non si è realizzata le sanatoria ed è persistita la situazione di illegittima occupazione di aree del demanio forestale, situazione definita sotto il profilo dominicale - e solo e soltanto su questo punto - col più volte citato protocollo del 18 giugno 2002.


Venendo al quantum debeatur, si è detto dell’attività dannosa svolta sui territorio della località Pinetamare, si è detto dalla responsabilità della società Fontana Bleu, si è detto dei criteri di liquidazione fissati dall’art. 18 comma 6 L. 349/86 e si è detto della congruità di tali criteri rispetto alla misura della responsabilità da riconoscersi in capo alla società convenuta, pur considerandola autonomamente rispetto alle altre società del gruppo Coppola nell’ambito del progetto di speculazione edilizia compiuto alla località Pinetamare nella parte oggi denominata "Riviera Fontana Bleu". Con riguardo al comma 6 dell’art. 18, va poi aggiunto che tale norma, nei casi come quello in esame, in cui “non sia possibile una precisa quantificazione del danno”, indica “la gravità della colpa individuale” quale ulteriore o, soprattutto, imprescindibile (secondo il capoverso il giudice procede alla liquidazione equitativa “tenendo comunque conto …”) parametro di liquidazione del danno oltre ai già citati criteri "del costo necessario per il ripristino e del profitto conseguito dal trasgressore in conseguenza del suo comportamento lesivo dei beni ambientali".


Orbene, le Amministrazioni istanti sin dall'atto di citazione hanno quantificato le voci di danno “spese di ripristino” e “profitto conseguito”, con una quantificazione mai specificamente contestata dalla società convenuta, nemmeno dopo la produzione ex adverso (in data 3 aprile 2003) di un'apposita cartella intitolata “Profitto conseguito e spese di ripristino" e contenente appunto alcuni documenti (prezziario generale delle opere edili '90, alcuni contratti di compravendita ed indagini di mercato) utili per la relativa liquidazione. In particolare, la Fontana Bleu si è limitata (in comparsa conclusionale, a pag. 15) a suggerire un diverso criterio di quantificazione dei danno, agganciato alle indennità previste dal DM 26 settembre 1997 per le opere realizzate in zone sottoposte a vincolo, proponendo in tal modo un’interpretazione che non tiene conto del fatto che l’art. 18 L. 349/86 preveda una specifica disciplina di tutela del danno ambientale, individuando al comma 6 specifici parametri di determinazione di detto danno; e questo rafforza il convincimento che le indennità ex settembre 1997 assolvono una funzione del tutto diversa, costituendo mere sanzioni amministrative (cosi CdS 0371729).


Ciò precisato e fermo che i criteri normativi dell’art. 18 comma 6, a prescindere dall'immediata applicabilità della L. 349/86, appaiono congrui anche con riferimento ad un'azione fondata sul principio generale dell’art. 2043 c.c., ritiene il giudicante che la proposta quantificazione in £. 14.700.000.000 e in £. 30.500.000.000 delle voci “spese di ripristino” e “profitto conseguito” vada accolta.


Infatti, l'importo di £. 14.700.000.000, pari ad € 7.591.916,41, discende dalla moltiplicazione delle spese di demolizione e trasporto rifiuti per il numero dei metri cubi occupati, il tutto sulla base di dati (voci della tariffa opere pubbliche e metri cubi occupati dagli edifici) entrambi presenti nella citata cartella “profitto conseguito e spese di ripristino”.


A sua volta, l’importo di £. 30.500.000.000, pari ad € 15.751.935,42, discende dalla sommatoria di £ 25.000.000.000 con £. 5.500.000.000: la prima cifra indicante il profitto per la vendita delle case e calcolata moltiplicando il prezzo di vendita al mq. delle unità abitative quale determinato sulla base delle indagini di mercato e dei prezzi di cui ai contratti allegati per il numero delle unità abitative quale risultante dai dati della cartella oltre che dal prospetto B allegato alla comparsa di risposta della convenuta, la seconda cifra indicante il profitto dei tre alberghi "Residence Costa Bleu”, “Residence Fontana Bleu" ed "Hotel Acacia” e determinata tenendo conto delle caratteristiche e della ricettività delle tre strutture, ossia dei dati riportati nella prodotta attestazione dell’EPT di Caserta del 3 agosto 1996 (vedi sempre i documenti della citata cartella), e calcolando poi una ricettività media nei vari periodi e detraendo le spose di costruzione, gestione e manutenzione (per questi conteggi vedi pagg. 11 e 12 dell'atto di citazione).


L'importo di € 23.343.851,83, risultante dalla conversione in euro della sommatoria di £. 14.700.000.000 con £ 30.500.000.000 (£. 45.200.000.000), deve essere poi aumentato ad € 30.000.000,00 individuando nello scarto di € 6.656.148,16 (30.000.000,00 - 23.343.851,83) la maggiorazione dovuta per la “grave colpa individuale” della Fontana Bleu, responsabile o, comunque, corresponsabile della completa trasformazione di un tratto di costa un tempo disabitato ed avente le tipiche caratteristiche della “macchia mediterranea”, trasformazione cui ha fatto seguito un'intensa e continuativa attività di gestione delle opere a fini di profitto economico.


Simile danno patrimoniale non va rivalutato siccome già quantificato all'attualità né va integrato con gli interessi compensativi da mancato godimento del controvalore economico del danno, in quanto tale voce di danno può ritenersi già compresa nella liquidazione equitativa e forfetaria del danno in € 30.000.000,00.


Per altro verso, tale importo non può di certo essere decurtato dal valore dei beni che la società convenuta, col protocollo del 18 giugno 2002, si è impegnata a trasferire allo Stato, riconoscendo la demanialità delle aree oggetto d’edificazione; al di là del fatto che, nella transazione, a tale riconoscimento sì è contrapposta la cessione di altre aree demaniali in favore delle società del gruppo Coppola (art 2), va nuovamente evidenziato come la transazione abbia avuto ad oggetto solo i risvolti dominicali della controversia Stato-Fontana Bleu, restando invece espressamente esclusi gli aspetti di natura “paesaggistica ed ambientale”; con la conseguenza che ove si considerasse, ai fini della riduzione del danno ambientale, il valore economico del beni attribuiti allo Stato, si finirebbero ingiustamente per oltrepassare i limiti espliciti dell'accordo transattivo, confondendo gli aspetti della proprietà con quelli, diversi, della tutela ambientale.


Sinora si è parlato del danno patrimoniale all'ambiente, al quale le Amministrazioni attrici aggiungono il danno non patrimoniale all'ambiente, chiedendo per esso un risarcimento identico (punto 4 dello conclusioni dell'atto di citazione).


Orbene, se è vero che il danno prima riconosciuto, liquidato - anche - ai sensi dell’art. 18 L. 349186, ha valenza patrimoniale, non può sottacersi che trattasi di un danno derivante dalla lesione di un bene immateriale, di un valore collettivo di non immediata e facile determinazione monetaria. Già prima, nel definire il danno ambientale, si è fatta questa affermazione, citando quella giurisprudenza secondo cui “l’ambiente in senso giuridico, quale bene unitario ma anche immateriale ...., rappresenta .... un insieme che, pur comprendendo vari beni o valori, si distingue ontologicamente da questi e si identifica in una realtà, priva di consistenza materiale, ma espressione di un autonomo valore collettivo, specifico oggetto, come tale, di tutela da parte dell'ordinamento, rispetto ad illeciti, la cui idoneità lesiva va valutata con riguardo a siffatto valore e indipendentemente dalla particolare incidenza verificatasi su una o più della dette singole componenti, secondo un concetto di pregiudizio che, sebbene riconducibile a quello di danno patrimoniale, si connota tuttavia per una più ampia accezione di danno svincolata da una concezione aritmetico-contabile” (Cass. 98/1087; vedi anche Corte Cost. 87/641 e il citato parere CdS n. 426/01, oltre a Cass. 98/5650, Cass. 95/9211 e Cass. 92/4362).


Ma, se così stanno le cose, se il danno ambientale costituisce un surplus rispetto al danno alle singole componenti materiali dell'ambiente, pare davvero impossibile individuare una forma di danno non patrimoniale non già risarcita nell'ottica “pseudo-patrimoniale” appena evidenziata. Qui non si discute dell'esistenza ed autonoma risarcibilità ex art. 2059 c.c. dei danni non patrimoniali, figura più ampia del mero danno morale, inteso come dolore, mera sofferenza psichica (vedi ad esempio Cass. 04/10482, Cass. 03/19057, Cass. 03/8827 e 03/8828), ma si nega la lesione di interessi non già risarciti ai sensi dell'art. 2043 c.c. ed art. 18 L. 349/86.


Quanto poi al danno morale, a differenza di quanto ritenuto dalla società Fontana Bleu, l'ostacolo non è dato dall’asserita asserita genericità della domanda, in quanto le Amministrazioni attrici hanno dedotto una serie di illeciti penali, imputandoli implicitamente ai legali rappresentanti o, comunque, ai dipendenti delle società. Né si può fare leva sull’irrisarcibilità di tale danno da parte delle persone giuridiche, visto che quest’ultime, sebbene delinquere non possunt, in forza del principio di immedesimazione organica sono civilmente responsabili della condotta dolosa o colposa dei propri dipendenti o rappresentanti (cfr. per tutte Cass. 00/12719).


Viceversa, è la qualifica di persona giuridica della parte danneggiata, lo Stato, che esclude di per sè l’esistenza di un danno morale, non essendo configurabile in capo ad una persona giuridica una sofferenza psichica, un patema d'animo (Cass. 04/12110, Cass. 03/5664 e Cass. 02/11600).


In conclusione. la Fontana Bleu va condannata a pagare sì Ministero dell'Ambiente, a titolo di risarcimento danni, la somma di £ 30.000.000,00, cui vanno poi aggiunti gli interessi legali dal dì della sentenza al soddisfo, tenuto conto dell'effetto della conversione dei debiti di valore in debiti di valuta collegato all'emanazione della sentenza di condanna.


La società convenuta, quale ultima argomentazione difensiva, sostiene che la condanna in favore delle attrici dovrebbe essere posta non solo a proprio carico ma, almeno in ragione dei 50%, a carico dei Comune di Castel Volturno, del Comune di Pozzuoli, del Sindaco dei Comune di Pozzuoli quale commissario straordinario del Ministero per la Protezione Civile del Ministero per la Protezione Civile, del Ministero degli Interni e del Ministero della Marina Mercantile, deducendone la corresponsabilità nell’evento dannoso oggetto di causa in particolare per avere utilizzato una parte delle opere abusive e pur non aver eseguito il dovuto controllo repressivo in relazione all’attività edilizia posta in essere presso la località Pinetamare. In questi sensi è la domanda sub f delle conclusioni della comparsa di risposta e dell'atto di chiamata in causa, domanda cui segue quella sub g, volta ad ottenere, nella denegata ipotesi di mancata condanna diretta di dette amministrazioni in favore del Ministero dell'Ambiente, la condanna di dette amministrazioni a rivalere essa società convenuta, almeno per il 50%, di quanto eventualmente costretta a pagare in accoglimento delle domande attoree.


Iniziando dal Comune di Castel Volturno, l'accusa di avere utilizzato - e di utilizzare tuttora - una serie di immobili siti alla “Riviera Fontana Bleu”, adibendoli a scuole, finisce per identificare l'illecito cui è collegato il danno ambientale a tale utilizzazione, peraltro collegata ad esigenze pubblicistiche (appunto la destinazione degli immobili), quando invece l’illecito, come si è visto in precedenza, discende dalla trasformazione del territorio e dalla gestione dello stesso e delle opere ivi realizzate a fini di profitto economico.


Quanto alla seconda accusa rivolta al Comune di Castel Volturno, quella di non avere diligentemente esercitato i propri poteri repressivi in materia edilizia, consentendo in tal modo la speculazione oggetto di causa, essa non appare adeguatamente supportata sotto il profilo delle allegazioni di fatto e probatorie. Anzi, la stessa società convenuta risulta aver depositato, contestualmente alla memoria ex art. 184 c.p.c, la sentenza del Tribunale di S.M. Capua Vetere del 2 luglio 1975 relativa ad un procedimento penale per abusi edilizi a carico di Vincenzo Coppola, e nello svolgimento del processo da un lato si dà atto della notizia di reato proveniente dai vigili urbani del Comune di Castel Volturno, con successiva ordinanza di sospensione del lavori emessa dal Sindaco e successivo nuovo intervento dei vigili, dall'altro si fa riferimento ad un provvedimento sindacale di revoca di licenze edilizie precedentemente rilasciate al Coppola.


Ad ogni modo, il risultato non sarebbe mutato nemmeno in caso di accertamento di un’effettiva responsabilità omissiva del Comune, ritenuto corresponsabile nella produzione dei danno ambientale per avere violato il principio del “neminem laedere”, e cioè per non avere osservato quel limite esterno che tocca anche l’attività discrezionale della PA ed è rappresentato dal rispetto dei principi di legalità, imparzialità e buona amministrazione (vedi in proposito Cass. 01/12672, Cass. SU 98/7339, Cass. 96/3939 e Cass. SU 96/1030, tutte favorevoli alla tesi della responsabilità ex art. 2043 c.c. della PA per omissioni traducentesi in violazione dei limiti esterni di cui sopra).


Infatti, in assenza di una domanda di condanna proveniente dal Ministero dell'Ambiente, appare inconcepibile la condanna diretta del Comune di Castel Volturno, senza che si possa fare leva sulla richiesta di estensione formulata dalla società convenuta (conclusioni sub f della comparsa di risposta e dell'atto di chiamata in causa), appunto perché la domanda contro un condebitore solidale postula sempre la domanda dei danneggiato.


Né tale ipotetica corresponsabilità avrebbe potuto legittimare l’azione di regresso proposta, evidentemente ai sensi dell'art. 2055 c.c., dalla Fontana Bleu nei confronti di detto Comune (domanda sub g delle conclusioni della comparsa di risposta). Ciò per la ragione pregiudiziale che, ove si ammettesse simile regresso, si finirebbe col consentire a chi compie un’attività illecita di alleggerirsi di una parte delle conseguenze dannose derivanti dalla sua attività ponendole pro quota a carico di colui che col suo comportamento omissivo ha consentito la perpetrazione dell'illecito: l'autore dell'illecito, dunque, sarebbe due volte avvantaggiato dall’altrui omissione, prima compiendo l’azione e poi scaricandone una parte delle conseguenze su chi non ha esercitato il dovuto controllo. Il caso è analogo a quello di un ladro che, per difendersi dall’azione risarcitoria del danneggiato, invochi un ristoro parziale nei confronti dello Stato deducendo che un poliziotto presente sul posto doveva e poteva evitare il fatto: in queste ipotesi sembra assurdo consentire un eventuale regresso, che permetterebbe un arricchimento, seppur parziale (nella parte appunto oggetto di regresso), del ladro.


In punto di diritto, l'ostacolo a tale forma di regresso sta proprio nella contrarietà dell’ordinamento a ogni forma di “abuso del diritto”, divieto questo implicito nel sistema al di là di specifiche esplicazioni normative (come l’art. 833 c.c. sul divieto degli atti emulativi o l’art. 96 c.p.c. in tema di responsabilità processuale aggravata) e secondo il quale un diritto o un'azione possono essere utilmente esercitati nei limiti in cui vi sia in concreto, e sia legittimamente tutelabile, l'interesse sostanziale in funzione del quale il diritto o l'azione stessa sono riconosciuti dall'ordinamento: e non pare certo legittimamente tutelabile l'interessa fatto valere dall'autore di un illecito che, nei modi di cui sopra, intenda arricchirsi sottraendosi in parte alle conseguenze del proprio comportamento contra ius.


Del resto, è opinione pressoché pacifica che il divieto dell’abuso del diritto si riaggancia ad altre clausole generali quali il dovere di “buona fede” e di “correttezza”, che trovano concreta applicazione nei codice civile (artt. 1175, 1337, 1366 e 1375), ed anche in questa diversa prospettiva appare “scorretta” un'azione di regresso come quella proposta dalla Fontana Bleu, attese le ricadute di una simile azione. Nè va dimenticato che anche l’ordinamento italiano conosce, con un'applicazione concreta nell’art. 2035 c.c., il principio espresso nei noti brocardi latini in pari causa turpitudinis potior est condicio possidentis, ovvero nemo auditur turpitudinem suam allegans, o ancora nemo venire contra factum proprium potest; si tratta, come è evidente, di brocardi applicati ed applicabili al fine di paralizzare azioni che appaiono sostanzialmente irricevibili per ragioni etiche e morali, queste ultime viste alla stregua di limiti di “ordine pubblico”, e il sembra perfettamente attagliarsi anche all'ipotesi dell’autore dell’illecito che prima commette il fatto e ne gode i frutti grazie all’omissione di chi era tenuto ai controllo e poi scarica su quest’ultimo una parte delle conseguenze dannose subite dalla vittima dell'illecito, finendo così per arricchirsi.


Queste ultime considerazioni - si ripete compiute in via ipotetica - non possono in alcun modo riguardare le altre amministrazioni chiamate in causa nonché il Sindaco del Comune di Pozzuoli quale ufficiale di governo. Per tali parti, infatti, non si può in alcun modo configurare un concorso di colpa nella produzione del danno.


Rispetto al Sindaco, basta far riferimento alla sua qualità di commissario straordinario, agente in nome e per conto del Ministero della Protezione Civile, per escluderne ogni responsabilità personale. Ma questo non significa responsabilità di detto Ministero, poiché allo stesso è imputata l'utilizzazione, in occasione del noto fenomeno del bradisisma di Pozzuoli, di alcuni immobili localizzati presso la “Riviera Fontana Bleu”: al di là che si è trattato di interventi del tutto legittimi, attuati sulla base dei poteri contingibili ed urgenti, anche extra ordinem, riconosciuti nella specie dal legislatore (vedi DL 829/82 convertito nella L 938782 e l'ordinanza ministeriale n. 21/FPC), va ripetuto quanto dello sopra con riferimento alle occupazioni compiute dal Comune di Castel Volturno, ossia che il danno ambientale non è certo scaturito da tali occupazioni, non avente fini di lucro, ma dalla precedente trasformazione dei territorio e dalla gestione a fini di profitto economico delle opere ivi realizzate.


Ancora più estraneo - se possibile - ai fatti di causa appare il Comune di Pozzuoli, visto che il Sindaco, laddove ha agito, lo ha fatto in nome o per conto del Ministero della Protezione Civile, mentre l'ente locale è stato solo Indirettamente beneficiato dai provvedimenti contingibili ed urgenti di occupazione di immobili alla località Pinetamare nella misura in cui è stato consentito il ricovero provvisorio dei cittadini di quel Comune.


Così come estranei alla vicenda appaiono i Ministeri dell'Interno e della Marina Mercantile, non muniti di compiti repressivi, nemmeno quali eventuali proprietari delle aree demaniali interessate dall'opera di edificazione oggetto di causa. Infatti, come risulta dall'atto per notar Provitera dal 24 gennaio 1955 (all. 2 della produzione delle amministrazioni centrali chiamate in causa) dette aree, denominate oggi “Riviera Fontana Bleu”, non appartengono al demanio marittimo, e quindi ex art. 30 cod. nav. al Ministero della Marina Mercantile, poi assorbito nel Ministero dei Trasporti, bensì al demanio forestale e, dunque, ai Ministero dell’Agricoltura e Foreste (tanto è vero che il Corpo Forestale dello Stato risulta essere stato reimmesso formalmente nel possesso dei terreni con verbale del 22 agosto 1995: all. 3 della citata produzione di parte).


E’ appena il caso, poi, di precisare che, pur se citato in giudizio, nessuna responsabilità avrebbe potuto essere ascritta al Ministero dell'Agricoltura, che, come proprietario delle aree, non era obbligato ad intervenire e a chiedere la demolizione delle opere, ben potendo limitarsi ad invocarne l’acquisizione per affetto dell'accessione (e in questo senso si è definita le questione col più volte menzionato protocollo d’intesa del 18 giugno 2002). Nè avrebbe potuto imputarsi all’amministrazione proprietaria un’inerzia nel tutelare propri interessi dominicali, essendovi stati più procedimenti penali per invasione di terreno (oltre alle chiare indicazioni del protocollo, vedi i verbali d’udienza dinanzi al tribunale di S. M. Capua Vetere allegati dalla difesa erariale nonché la sentenza del 24 aprile 1974 del medesimo tribunale prodotta dalla Fontana Bleu) ed essendovi state anche nel passato più cause civili volte ad accertare la titolarità delle aree coi relativi provvedimenti demolitori e risarcitori, tra cui la causa definita con la prodotta sentenza n. 2352/84 della 1^ sezione civile della Cassazione e il giudizio n. 2361/91 pendente dinanzi al GOA dott. Alevola.


In conclusione, se va dichiarata inammissibile la domanda della convenuta (sub f della comparsa di risposta) volta ad estendere, nei confronti di tutti i chiamati in causa, le domande attore, viceversa deve essere respinta nel merito la domanda della convenuta (sub g della comparsa di risposta) diretta alla rivalsa parziale nei riguardi dei chiamati in causa delle eventuali conseguenze economiche dell’accoglimento delle domande attoree.


In virtù del principio di soccombenza, la società Fontana Bleu va condannata a rifondere al Ministero dell'Ambiente e a tutte le parti chiamate in causa costituite le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo sulla base di tutte le circostanze del caso (esborsi effettivi, natura. complessità della controversia e valore della stessa in relazione all’importo della condanna ex art. 6 della tariffa; attività espletate; tariffe vigenti nel tempo) e da integrare poi con le spese forfettarie ex art. 12 dell'ultima tariffa professionale e con gli accessori di legge dell’IVA e della CPA se dovuti. Peraltro, le spese sostenute dai Ministeri chiamati in causa possono essere liquidate congiuntamente, attesa l'unitarietà degli atti di costituzione e di difesa compiuti per tali amministrazioni dall’avvocatura dello stato.


Nulla in Ordine alle spese di lite relative al rapporto processuale instaurato dalla convenuta nei confronti del Sindaco del Comune di Pozzuoli quale commissario straordinario per la Protezione Civile, stante la contumacia di questi.


Vanno, infine, dichiarate irripetibili le spese sostenute dal WWF Campania, che ha deciso autonomamente di intervenire nel giudizio.


A norma dell’art. 282 c.p.c. nuovo testo, la presente sentenza è provvisoriamente esecutiva ex lege. Tuttavia, poichè tale provvisoria esecutorietà promana direttamente dalla legge, non è necessario fare espressa menzione di ciò nel dispositivo.


P.Q.M.


Il dott. Alessandro Pepe, giudice unico del Tribunale di Napoli, pronunciando sulla presente controversia RG 9996/99, così provvede:
A) dichiara rinunciata la domanda sub 2 delle conclusioni dell’atto di citazione;
B) accoglie per quanto di ragione le domande sub 1 e 3 delle conclusioni della citazione, dichiarando - con le precisazioni di cui in motivazione - la responsabilità della Fontana Bleu s.p.a. per la trasformazione edilizia e lla successiva gestione a fini di profitto economico del tratto demaniale del litorale domizio oggi denominato “Riviera Fontana Bleu” e condannando detta società a pagare al Ministero dell’Ambiente, a titolo di risarcimento del danno patrimoniale all'ambiente, la somma di € 30.000.000,00 oltre interessi legali dalla data di pubblicazione dalla presente sentenza sino al soddisfo;
C) rigetta ogni domanda proposta dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri;
D) dichiara inammissibile la domanda della società convenuta volta ad estendere, nei confronti di tutti i chiamati in causa, le domando attoree;
E) rigetta la domanda della società convenuta diretta rivalsa parziale nei riguardi dei chiamati in causa delle eventuali conseguenze economiche dell'accoglimento delle domande attoree;
O) condanna la Fontana Bleu s.p.a. a rifondere al Ministero dell'Ambiente le spese del giudizio, liquidate in € 170,00 per esborsi, in € 5.698,00 e in € 900.000,00 per onorari, oltre spese forfettarie ex art. 12 dell'ultima tariffa professionale ed IVA e CPA se dovute;
D) condanna la Fontana Bleu s.p.a. a rifondere al Comune di Castel Voltuno le spese dei giudizio, liquidate in € 70,00 per esborsi, in € 4.860,00 e in € 70.000,00 per diritti ed onorari, oltre spese forfettarie ex art. 12 dell’ultima tariffa professionale ed IVA e CPA se dovute;
E) condanna la Fontana Bleu s.p.a. a rifondere al Comune di Pozzuoli le spese del giudizio, liquidate in € 70,00 per esborsi, in € 4.660,00 per diritti e in € 70.000,00 onorari, oltre spese forfettarie ex art. 12 dell’ultima tariffa professionale ed IVA e CPA se dovute;
F) condanna la Fontana Bleu s.p.a. a rifondere al Ministero per la Protezione Civile, Ministero degli Interni e Ministero della Marina Mercantile le spese del giudizio liquidate in € 120,00 per esborsi, in € 5.120,00 per diritti ed € 80.000,000 per onorari, oltre spese forfetarie ex art. 12 dell’ultima tariffa professionale ed IVA e CPA se dovute;
G) nulla in ordine alle spese nei riguardi del Sindaco del Comune di Pozzuoli quale commissario straordinario del Ministero per la Protezione Civile;
H) dichiara irripetibili le spese sostenute del WWF Italia Onlus.


Così deciso in Napoli il 10 ottobre 2004

Il Giudice
Alessandro Pepe


La presente sentenza è stata depositata in cancelleria oggi 3 nov 2004


Il cancelliere C2
Dott.ssa M. Coneglia Ruggero

 

M A S S I M E

Sentenza per esteso

 

1) Danno ambientale - Domanda di risarcimento in forma specifica - Domanda di risarcimento per equivalente - Rinuncia alla domanda principale - Domanda subordinata - Mutatio Ed Emendatio Libelli. Aver rinuncia alla domanda principale e aver reso la domanda subordinata l’unica domanda non muta il petitum e/o la causa petendi, non potendo rinvenirsi tale mutamento nel semplice fatto che la pretesa risarcitoria ha perso il suo collegamento con l’eventuale impossibilità della domanda di riduzione in pristino per il divenire. In specie, la domanda di risarcimento in forma specifica, ossia di riduzione in pristino, conteneva in se la domanda di risarcimento per equivalente che costituiva un minus della prima, (Cass. 00/13468 e Cass. 98/2402) per cui perde ancora più consistenza l’asserito rapporto di novità fondato sulla persistenza della sola seconda domanda. Presidenza del Consiglio dei Ministri e Ministero dell’Ambiente (Avv. M. Gerardo Avv. Dist.Stato di Napoli) c. Fontana Blue spa ( avv.ti. G. Olivieri e G. Pellegrino) nonché Comune di Castelvolturno (avv. V.Colalillo), Sindaco di Pozzuoli quale commissario straordinario del Ministero della Protezione Civile n.c., Ministero della Protezione Civile , Ministero dell’Interno e Ministero della Marina Mercantile (Avv. M. Gerardo Avv. Dist.Stato di Napoli), Associazione italiana per il World Wide Fund for Nature (WWF ITALIA) Onlus (avv. R. Razzano e M. Balletta). TRIBUNALE DI NAPOLI Sezione VIII, 03 novembre 2004, (ud. 10.10.2004) Sentenza n. 11235

2) Danno ambientale - Risarcimento - Identificazione della lesione dell’interesse costituzionalmente protetto - Mero sfruttamento del territorio abusivamente trasformato - Utilizzazione economica del territorio - Illecito civile - Sussiste. La sola attività di utilizzo con profitti economici di opere edilizie può costituire fonte di danno ambientale perché se quest'ultimo si identifica nella lesione dell’interesse, costituzionalmente protetto, alla “conservazione, … razionale gestione e … miglioramento delle condizioni naturali (aria, acqua, suolo e territorio), l’esistenza e la preservazione dei patrimoni genetici terrestri o marini, di tutte le specie animali o vegetali che in esse vivono allo stato naturale ed in definitiva della persona umana in tutte le sue estrinsecazioni” (Corte Cost. 87/210), è evidente la sussistenza di tale tipo di danno anche in relazione al mero sfruttamento del territorio abusivamente trasformato, in quanto anche tale sfruttamento esclude la “razionale gestione e il miglioramento delle condizioni naturali” nonché “l’esistenza e la preservazione dei patrimoni genetici terrestri o marini”. D’altra parte, lo stesso fatto che l'art. 18 L. 349/86, prevedente una disciplina specifica per il danno ambientale, al comma 6 individui tra i criteri di liquidazione del danno “il profitto conseguito dal trasgressore” sta a significare che l'utilizzazione economica dei territorio integra l’illecito civile. P.C.M. e Min. dell’Amb. (Avv. Gerardo Avv. Dist. Stato di Napoli) c. Fontana Blue spa (avv.ti. Olivieri e Pellegrino) nonché (WWF ITALIA) Onlus (avv. Razzano e Balletta) e altri. TRIBUNALE DI NAPOLI Sezione VIII, 03 novembre 2004, (ud. 10.10.2004) Sentenza n. 11235

3) Tutela dell’ambiente - Norme costituzionali - Fondamento - Norma generale - Tutela indifferibile - L. 349/86 - art. 2043 c.c.. La tutela dell’ambiente trova fondamento, prima che nella L. 349/86, nelle norme costituzionali che indicano l’ambiente come bene e valore essenziale, oggetto di un diritto assoluto innanzitutto spettante allo Stato-comunità e che, così come quello alla salute, trova la sua tutela indifferibile nella norma generale dell’art. 2043 c.c.. P.C.M. e Min. dell’Amb. (Avv. Gerardo Avv. Dist. Stato di Napoli) c. Fontana Blue spa (avv.ti. Olivieri e Pellegrino) nonché (WWF ITALIA) Onlus (avv. Razzano e Balletta) e altri. TRIBUNALE DI NAPOLI Sezione VIII, 03 novembre 2004, (ud. 10.10.2004) Sentenza n. 11235

4) Danno ambientale - Opera pregiudizievole all’ambiente - Attività di trasformazione del territorio - Risarcimento per opere realizzate ante art. 18 l. 349/86 ma gestite ed utilizzate anche successivamente - Sussiste - Art. 2043 c.c.. L'edificazione abusiva, ove pregiudizievole all'ambiente, era assoggettata alla disciplina risarcitoria di cui all'art. 2043 anche ante L. 349/86. Attesa la natura meramente ricognitiva dell'art. 18 legge 349/86 cit., diventa pertanto irrilevante il dato temporale della conclusione dell'opera di edificazione. Peraltro, ove si consideri che il danno ambientale non è limitato alla mera attività di trasformazione del territorio, ma è riconducibile alla continuità tra l'edificazione e la gestione delle opere abusive, la permanenza dell'illecito fa sì che esso rientri, anche sotto il profilo temporale, nell'ambito di applicabilità della L. 349/86. P.C.M. e Min. dell’Amb. (Avv. Gerardo Avv. Dist. Stato di Napoli) c. Fontana Blue spa (avv.ti. Olivieri e Pellegrino) nonché (WWF ITALIA) Onlus (avv. Razzano e Balletta) e altri. TRIBUNALE DI NAPOLI Sezione VIII, 03 novembre 2004, (ud. 10.10.2004) Sentenza n. 11235

5) Danno ambientale - Legittimazione ad agire - Risarcimento per opere realizzate ante art. 18 l. 349/86 ed utilizzate economicamente anche post 1986 - Ministero dell’Ambiente - Competenza. La valenza meramente ricognitiva dell’art. 18 L. 349/86 incide anche sul tema della legittimazione ad agire, nel senso che deve ritenersi che anche prima di tale legge i soggetti abilitati ai sensi dell’art. 18, ovvero lo Stato ed enti locali, potessero agire in forza dell’art. 2043 c.c.. Nella specie, il danno ambientale può essere ricondotto in via unitaria all’opera di edificazione e di gestione delle opere abusive e l’illecito, perdurando nel tempo, finisce per rientrare, anche sotto il profilo temporale, nell’ambito di applicabilità della L. 349/86. L’azione per il risarcimento del danno ambientale spetta, al Ministero dell’Ambiente, specifica articolazione dello Stato avente competenza nella materia in esame. P.C.M. e Min. dell’Amb. (Avv. Gerardo Avv. Dist. Stato di Napoli) c. Fontana Blue spa (avv.ti. Olivieri e Pellegrino) nonché (WWF ITALIA) Onlus (avv. Razzano e Balletta) e altri. TRIBUNALE DI NAPOLI Sezione VIII, 03 novembre 2004, (ud. 10.10.2004) Sentenza n. 11235

6) Danno ambientale - Attività di edificazione e gestione abusiva del territorio - Illecito permanente - Diritto al risarcimento del danno - Decorrenza. L’Attività di edificazione e gestione abusiva del territorio assume la veste di “illecito permanente”, il quale, a differenza dell’“illecito istantaneo ad effetti permanenti”, è risarcibile mediante un’azione il cui dies a quo decorre dalla cessazione della permanenza. (Confrontare Cass. 90/594; conf. Cass. 97/6967 e Cass. 80/1624: “l’esecuzione di una costruzione in violazione di norma di edilizia dia luogo ad un illecito permanente, con la conseguenza che la prescrizione del diritto al risarcimento del danno non decorre dalla data di realizzazione della costruzione ma da quello di cessazione della permanenza, e cioè dal momento in cui la costruzione viene demolita, ovvero dal momento in cui essa viene resa legittima mediante rinuncia dell’amministrazione, che irroghi una sanzione pecuniaria, ad ordinarne la demolizione, ovvero dal decorso del termine utile per l'usucapione del diritto reale di mantenere la costruzione nelle condizioni in cui si trova”). P.C.M. e Min. dell’Amb. (Avv. Gerardo Avv. Dist. Stato di Napoli) c. Fontana Blue spa (avv.ti. Olivieri e Pellegrino) nonché (WWF ITALIA) Onlus (avv. Razzano e Balletta) e altri. TRIBUNALE DI NAPOLI Sezione VIII, 03 novembre 2004, (ud. 10.10.2004) Sentenza n. 11235

 

7) Danno ambientale - Danno morale - Esclusione - Fondamento - Art. 2059 c.c.. La qualifica di persona giuridica della parte danneggiata, (nella specie lo Stato), esclude di per sè l’esistenza di un danno morale, non essendo configurabile in capo ad una persona giuridica una sofferenza psichica, un patema d'animo (Cass. 04/12110, Cass. 03/5664 e Cass. 02/11600). P.C.M. e Min. dell’Amb. (Avv. Gerardo Avv. Dist. Stato di Napoli) c. Fontana Blue spa (avv.ti. Olivieri e Pellegrino) nonché (WWF ITALIA) Onlus (avv. Razzano e Balletta) e altri. TRIBUNALE DI NAPOLI Sezione VIII, 03 novembre 2004, (ud. 10.10.2004) Sentenza n. 11235

8) Danno ambientale - L’ambiente in senso giuridico - Accezione di danno svincolata da una concezione aritmetico-contabile - Fondamento. Il danno ambientale costituisce un surplus rispetto al danno alle singole componenti materiali dell'ambiente. Infatti, l’ambiente in senso giuridico, quale bene unitario ma anche immateriale ...., rappresenta .... un insieme che, pur comprendendo vari beni o valori, si distingue ontologicamente da questi e si identifica in una realtà, priva di consistenza materiale, ma espressione di un autonomo valore collettivo, specifico oggetto, come tale, di tutela da parte dell'ordinamento, rispetto ad illeciti, la cui idoneità lesiva va valutata con riguardo a siffatto valore e indipendentemente dalla particolare incidenza verificatasi su una o più della dette singole componenti, secondo un concetto di pregiudizio che, sebbene riconducibile a quello di danno patrimoniale, si connota tuttavia per una più ampia accezione di danno svincolata da una concezione aritmetico-contabile” (Cass. 98/1087; vedi anche Corte Cost. 87/641 e il citato parere CdS n. 426/01, oltre a Cass. 98/5650, Cass. 95/9211 e Cass. 92/4362). P.C.M. e Min. dell’Amb. (Avv. Gerardo Avv. Dist. Stato di Napoli) c. Fontana Blue spa (avv.ti. Olivieri e Pellegrino) nonché (WWF ITALIA) Onlus (avv. Razzano e Balletta) e altri. TRIBUNALE DI NAPOLI Sezione VIII, 03 novembre 2004, (ud. 10.10.2004) Sentenza n. 11235

 

9) Danno ambientale - Risarcimento - Ente - Omessa vigilanza sull'attività edilizia - Ininfluenza. Ai fini del risarcimento del danno ambientale, l'autore dell'illecito non può esercitare l'azione di regresso avverso il Comune sul presupposto della omessa vigilanza sull'attività edilizia. P.C.M. e Min. dell’Amb. (Avv. Gerardo Avv. Dist. Stato di Napoli) c. Fontana Blue spa (avv.ti. Olivieri e Pellegrino) nonché (WWF ITALIA) Onlus (avv. Razzano e Balletta) e altri. TRIBUNALE DI NAPOLI Sezione VIII, 03 novembre 2004, (ud. 10.10.2004) Sentenza n. 11235

Per ulteriori approfondimenti ed altre massime vedi il canale:  Giurisprudenza