Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
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(Segnalazione degli avv.ti Maurizio Balletta e Rosella Razzano)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il dott. Alessandro Pepe, della 8a sezione civile del Tribunale di Napoli, in
funzione di giudice unico, ha emesso la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al N. 9996 del Ruolo Generale degli affari
contenziosi dell'anno 1999 avente ad oggetto: risarcimento danni
TRA
MINISTERO DELL'AMBIENTE E PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del
ministro e del presidente del consiglio pro tempore, domiciliati ex lege in
Napoli alla Via A. Diaz n. 11 presso l’avvocatura distrettuale di Stato dal
quale sono rappresentati e difesi ope legis
ATTORI
E
FONTANA BLEU S.P.A. in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede
in Aversa al P.co Coppola Grattacielo Bellorizzonte ed elettivamente domiciliata
in Napoli alla Via del Parco Margherita n. 8 presso lo studio dell’avv. Giuseppe
Olivieri dal quale è rappresentata e difesa insieme all’avv. Giovanni Pellegrino
giusta mandato a margine della comparsa di risposta
CONVENUTA
NONCHÈ
COMUNE DI CASTEL VOLTURNO, in persona del sindaco pro tempore, con sede presso
la Casa Comunale di Castelvolturno, elettivamente domiciliato in Napoli alla Via
Labriola P.co Fiorito presso lo studio dell’avv. Raffaele Anatriello e
rappresentato e difeso dall’avv. Vincenzo Colalillo giusta mandato a margine
della comparsa di risposta
CHIAMATO IN CAUSA
E
COMUNE DI POZZUOLI, in persona del Sindaco pro tempore, con sede presso la Casa
Comunale di Pozzuoli ed elettivamente domiciliato in Napoli alla Via Riviera di
Chiaia n. 207 presso lo studio degli avv. Giovanni Allodi e Domenico Romano dai
quali è rappresentato e difeso giusta mandato a margine della comparsa di
risposta
CHIAMATO IN CAUSA
E
SINDACO DEL COMUNE DI POZZUOLI quale commissario straordinario del Ministero per
la Protezione Civile, con sede presso la Casa Comunale di Pozzuoli
CHIAMATO IN CAUSA CONTUMACE
E
MINISTERO PER LA PROTEZIONE CIVILE. MINISTERO DEGLI INTERNI e MINISTERO DELLA
MARINA MERCANTILE, In persona dei rispettivi Ministri, domiciliati ex lege in
Napoli alla Via A. Diaz n. 11 presso l'avvocatura distrettuale di Stato dal
quale sono rappresentati e difesi ope legis
CHIAMATI IN CAUSA
E
ASSOCIAZIONE ITALIANA PER IL WORLD WIDE FUND (WWF lTALlA), Onlus, in persona del
legale rappresentante pro tempore con sede in Roma alla Via Po n. 25/c,
elettivamente domiciliata in Napoli alla Via Andrea da Salerno n. 13 presso la
sezione regionale WWF Campania e rappresentata e difesa dagli Rosella Razzano e
Maurizio Balletta giusta mandato in calce all’atto di intervento
INTERVENIENTE
CONCLUSIONI
PER IL MINISTERO DELL’AMBIENTE, LA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI E I
MINISTERI CHIAMATI IN CAUSA:
l’avvocato dello stato “conclude riportandosi alle domande, richieste e
difese in atti sia per gli attori che per gli intervenienti”.
PER LA SOCIETA' FONTANA BLEU: il difensore “conclude chiedendo l’accoglimento
di tutte le eccezioni, deduzioni, istanze e richieste contenute nella comparsa e
nell’atto di chiamata in causa, nonché l’accoglimento delle richieste,
eccezioni, deduzioni esposte nei verbali di causa (e in tutte le memorie
depositate), con particolare riferimento a quelle illustrate nella prima udienza
di trattazione e nelle memorie depositate a norma degli artt. 183, 5° comma e
184 c.p.c.. L’avv. Olivieri – senza che le successive precisazioni possano
intendersi quale rinuncia (tacita) a eccezioni, contestazioni o istanze già
formulate – chiede pertanto che l’adito Tribunale dichiari inammissibili e
comunque rigetti tutte le domande proposte dalle Amm.ni istanti e, in
conseguenza, quanto alla domanda n. 2 (dell’atto di citazione), come modificata
con la memoria depositata dalle Amm.ni il 16.11.2002 (a norma dell’art. 183, u.c.,
c.p.c.: a) ne dichiari l’inammissibilità, perchè domanda nuova; b) in via
subordinata, la rigetti per l’inesistenza dei presupposti (anche per essere i
fatti precedenti il 1986); ovvero dichiari cessata la materia del contendere per
le intervenute (non controverse) intese; ovvero la rigetti per essere il diritto
azionato estinto per intervenuta prescrizione; ovvero la rigetti per il difetto
di titolarità passiva della s.p.a. Fontana Bleu (costituita con atto del
5.8.1981); ovvero – ove si dovesse ritenere proposta la domanda a norma
dell’art. 2043 c.c. – la rigetti per tutte le ragioni ed eccezioni indicate e
comunque per il difetto di titolarità attiva delle Amm.ni istanti (Ministero
dell’Ambiente e Presidenza del Consiglio dei Ministri). In via subordinata,
chiede che il Tribunale detragga dalle somme (eventualmente) riconosciute alle
Amm.ni istanti il valore delle opere, realizzate dalla convenuta Fontana Bleu e
acquisite da dette Amm.ni, da calcolare in non meno di € 7.438.528,72
(£14.403.000.000). Chiede ancora che il Tribunale dichiari inammissibile, e
comunque rigetti, la domanda di cui al n. 3 dell’atto di citazione,
evidentemente infondata, mancando qualsiasi presupposto per il risarcimento del
danno non patrimoniale; in ogni caso, la rigetti per tutte le ragioni ed
eccezioni formulate in riferimento alla domanda n. 2, che si abbiano per
integralmente ripetute anche in riferimento a questa domanda. Dichiari
inammissibile – e comunque ne rigetti le richieste per infondatezza e per tutte
le ragioni ed eccezioni sollevate in riferimento alle domande delle Amm.ni
attrici – l’intervento volontario spiegato dal WWF. In via subordinata, accolga
le domande riconvenzionali e quelle contenute nell’atto di chiamata in causa. Il
tutto con vittoria di spese (compreso il rimborso forfetario).”
PER IL COMUNE DI CASTEL VOLTURNO: il difensore "nel riportarsi a tutti gli
atti, documenti e verbali pregressi chiede accogliersi le conclusioni rassegnate
con il conseguente rigetto sia della domanda principale che della domanda di
garanzia”.
PER IL COMUNE DI POZZUOLI: il difensore “conclude riportandosi alla propria
comparsa di risposta ed alle conclusioni ivi formulate”.
PER IL WWF ITALIA: I difensori “concludono come da atto di intervento
volontario del 21.02.03”
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto dI citazione notificato in data 15 settembre 1999 il Ministero
dell’Ambiente e la Presidenza del Consiglio dei Ministri convenivano in giudizio
dinanzi a questo Tribunale la società Fontana Bleu s.p.a accusandola di avere
realizzato e gestito dal 1981 in poi varie opere abusive sulle particelle 2 o 3
deI foglio 49 del catasto del Comune di Castel Volturno, località Pìnetamare,
invadendo ed occupando in modo arbitrario vastissimi terreni di proprietà dello
Stato, in specie costituenti demanio forestale, e costruendo in particolare
edifici per civili abitazioni, ovvero adibiti ad attività commerciale, a
strutture alberghiere, attività scolastiche e di culto, a parcheggio auto, il
tutto con relativo sbancamento di suolo e sottosuolo, formazione di rilevati e
di cumuli temporanei, realizzazione di strade, opere permanenti, deviazioni di
corsi d’acqua, interramenti di corpi idrici, scarichi idrici, uso di mezzi,
utilizzazione di materiale proveniente da cave. Le amministrazioni attrici,
oltre a dedurre l’inalienabilità e l’indisponibilità ai sensi dell’art. 822 c.c.
delle zone demaniali interessate dall’abusiva opera di edificazione, assumevano
che la zona di Castel Volturno era zona vincolata secondo la legge 1497/39 sulle
bellezze naturali nonché secondo la successiva Legge Galasso 431/85, gli
immobili costruiti erano stati adibiti a civili abitazioni in mancanza delle
prescritte licenze di abitabilità, le attività alberghiere e, quindi, le opere
di confezionamento, detenzione e deposito di sostanze alimentari venivano
esercitate senza la prescritta autorizzazione ex L. 283/62, era stato violato il
DM 13 luglio 1997 operando su territorio classificato a riserva naturale dello
Stato. E la realizzazione e la gestione di tutte queste opere avevano
irrimediabilmente compromesso l’ambiente, sia quello marino che quello
terrestre, alterandolo, deteriorandolo e distruggendolo in parte e provocando
pertando danni pari: a) alla spesa di ripristino da affrontare per ripristinare
lo status quo ante; b) al profitto conseguito dalla soc. Fontana Bleu per l’uso,
la gestione e la commercializzazione delle opere in questione; c) al pregiudizio
derivante dall’alterazione dell’ambiente; al danno non patrimoniale ex art 2059
c.c. a fronte di una condotta dannosa costituente altresì illecito penale. Le
parti attrici quantificavano le prime due voci di danno in £. 14.700.000.000 e
£. 30.500.000.000 e commisuravano la terza voce di danno all'importo della
prima, pervenendo ad un importo complessivo di £. 60.000.000.000, che
individuavano anche come misura di danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c.. Su
queste premesse, chiedevano che, dichiarata la responsabilità della soc. Fontana
Bleu, quest'ultima venisse condannata al ripristino dello stato dei luoghi e, se
ciò fosse stato ritenuto impossibile, al risarcimento dei danni come sopra
determinati oltre interessi legali e rivalutazione monetaria, il tutto con
richiesta subordinata di una diversa liquidazione equitativa del danno non
patrimoniale ax art. 2059 c.c. e con rivalsa delle spese di lite.
La società convenuta si costituiva in giudizio ed impugnava le avverse domande,
formulando una serie di eccezioni a rilievi. In particolare, assumeva: - di
essere sorta a seguito dell'atto costitutivo del 5 agosto 1981, per cui non
poteva rispondere di presunti danni ricollegabili anteriori a tale data; - che
dinanzi al GOA dr. Aleviola pendeva un procedimento promosso dalla stessa
Fontana Bleu al fine di sentire accertare la piena titolarità di dette aree, in
ciò contrastata dalle amministrazioni convenute, che in via riconvenzionale
avevano chiesto il rilascio di dette aree, il ripristino dello stato dei luoghi
e il risarcimento dei danni da quantificare; - che molti degli immobili od
appartamenti realizzati erano stati alienati a terzi mentre altri immobili erano
stati fittati al Comune di Castel Volturno che li adibiva ad attività
scolastiche; - che il legislatore, con la L. 579/93 ed ancor prima con la L.
177/92, aveva inteso occuparsi di varie aree del Paese oggetto di interventi
edilizi, tra cui l’area Pinetamare, ed aveva previsto una procedura di
trasferimento dei beni ai comuni e poi agli attuali utilizzatori, con ciò
dettando una disciplina speciale che, per sua natura e in quanto successiva alla
legge del 1986 sul danno ambientale, escludeva l'antigiuridicità della condotta
di edificazione e, di conseguenza, il danno ambientale dedotto ex adverso,
legittimando per converso la pretesa di essa società Fontana Bleu, da decenni
detentrice dei beni allocati nelle aree de qua, di essere riconosciuta
proprietaria dei beni, giusta attuazione del procedimento di cui alla L. 579/93,
con la precisazione che l’attuazione di tale procedimento era stata richiesta al
Comune di Castel Volturno in data 4 febbraio 7004, il Comune con procedimento
del 17 gennaio 1995 aveva rifiutato tale attivazione e tale rifiuto era stato
riconosciuto illegittimo dal TAR Campania con sentenza 470/96; - che, comunque,
la risarcibilità del danno ambientale era stata per la prima volta riconosciuta
dalla L. 349/86, per cui l'opera di edificazione compiuta da essa società,
conclusasi nel 1983 giusta perizia dell'ing. Race del18 novembre 1999, non era
sanzionabile, e in ogni caso non sussisteva la legittimazione attiva dello Stato
(Ministero dell’Ambiente) pur se in ipotesi la condotta potesse sussumersi
nell'ambito dell'art. 2043 c.c.; - che, sotto altro profilo, un danno ambientale
non era nemmeno configurabile perché nella specie l’opera di edificazione aveva
addirittura migliorato le condizioni in cui versava la zona, in precedenza
acquitrinosa e paludosa, come risultava dalla sentenza di assoluzione del
Tribunale di S.M, Capua Vetere del 3 maggio 1974; - che tutte le costruzioni
erano state realizzate previe regolari autorizzazioni e/o concessioni delle
competenti autorità, alcune opere erano state requisite a seguito del fenomeno
del bradisisma perché destinate a scopi di pubblica utilità, così come gli
immobili adibiti a scuole; - che sul litorale limitrofo già esistevano vari lidi
regolarmente autorizzati, per cui necessariamente dovevano esistere le opere di
urbanizzazione, strade di accesso, illuminazione, impianti idrici e fognari, etc.;
- che le opere erario tutte anteriori al 1983, laddove il limite di 300 metri
dalla battigia e quello per i territori costieri coperti da boschi e foreste
erano stati per la prima previsti dalla Legge Galasso 431/85; - che le attività
di tipo strettamente urbanistico, come la costruzione di immobili, erano
soggette a specifiche leggi di salvaguardia del territorio, sicchè la violazione
di queste ultime poteva portare solo alle sanzioni specifiche ivi previste e non
all'illecito di cui all’art. 18 della L. 349/86; - che, a fronte delle
autorizzazioni ottenute dalle PA e dal vantaggio da queste ultime tratto da
alcune opere, non sussisteva alcun illecito, sia sotto il profilo del danno
ambientale che in base all'art. 2043 c.c., occorrendo la “condotta dolosa o
colposa e, per la legge speciale, la violazione di disposizioni di legge o di
provvedimento adottati in base a legge”; che, comunque, il presunto credito
risarcitorio era prescritto per decorrenza del termine quinquennale di
prescrizione dell’azione aquiliana, risalendo l’ultimazione delle opere aI 1983,
il quale era il dies a quo da considerare rispetto ad un illecito istantaneo ad
effetti permanenti come quello in esame o, in subordine, pur ipotizzando un
illecito permanente, costituendo l’ultimazione dell’opera causa di cessazione
della permanenza dell’illecito; - che, infine, qualora fosse stata ritenuta
fondata la domanda, non poteva disconoscersi un concorso causale, ai sensi
dell’art. 40 comma 2 c.p., delle vrie amministrazioni pubbliche, che con le loro
autorizzazioni e/o concessioni e la loro condotta omissiva rispetto
all’eventuale attività di repressione avevano contribuito alla produzione dei
danni in misura quantomeno della metà. Su queste premesse la Fontana Bleu
chiedeva: a) la riunione del gIudizio a quello pendente dinanzi al GOA dott.
Aievola oppure la sua sospensione in attesa della definizione di quest'ultimo;
b) in subordine, ordinare l'integrazione del contraddittorio nei confronti dei
vari acquirenti delle unità immobiliari realIzzate nonché, se del caso, nei
confronti delle varie pubbliche amministrazioni locatrici di alcuni immobili; c)
in vIa ancora più gradata, dichiarare l'inammissibilità delle domande attoree;
d) dichiarare il difetto di legittimazione attiva di essa Fontana Bleu, quanto
meno in ordine al presunto danno ambientale; e) rigettarsi le domande per
infondatezza e comunque per intervenuta prescrizione; f) in linea subordinata,
in caso di accoglimento delle domando attoree, accertare che nella produzione
dell'evento dannoso vi era stato un contributo causale pari almeno aI 50 % da
parte del Comune di Castel Volturno, del Comune di Pozzuoli, del Sindaco del
Comune di Pozzuoli quale Commissario straordinario del Ministero per la
Protezione Civile, del Ministero per la Protezione Civile, del Ministero degli
Interni e del Ministero della Marina Mercantile; g) in via ancora più
subordinata condannare le predette amministrazioni, in via solidale o secondo la
responsabilità responsabilità per ciascuna accertata,a rivalere essa società
convenuta di quanto fosse stata eventualmente costretta a pagare alle
amministrazioni attrici in misura pari alla loro individuale responsabilità e in
misura comunque non inferiore al 50%. In ogni caso porre a carico delle PA
attrici e chiamate in causa la spese di lite. Ai fini delle domande sub e), f) e
g), la società convenuta chiedeva l'autorizzazione alla chiamata in causa delle
PA ritenute corresponsabili, previo differimento dell’udienza di comparizione.
Ottenuto tale differimento, la Fontana Bleu provvedeva alle relative citazioni
nel marzo 2000 e, prima dell’udienza di comparizione, si costituivano i
Ministeri chiamati in causa, i quali contestavano sia la richiesta della
convenuta di riunione o sospensione del giudizio per la pendenza del processo
dinanzi al GOA dott. Aievola. sia la richiesta di ordinare l'integrazione del
contraddittorio nei confronti degli acquirenti o delle PA locatarie degli
immobili edificati in località Pinetamare; nel merito, deducevano il proprio
erroneo coinvolgimento in causa, facendo in particolare rilevare, quanto
all’Amministrazione della Marina Mercantile, che essa svolgeva attività gestoria
ex art. 30 cod. nav. rispetto ai beni del demanio marittimo, laddove l'area
oggetto di lite apparteneva al demanio forestale, ossia al patrimonio
indisponibile ex art. 826 c.c.
Alla prima udienza si costituivano anche i due Comuni, impugnando entrambi le
avverse domande.
In particolare, il Comune di Castel Volturno deduceva preliminarmente che di
fatto era cessata la materia del contendere, perché in data 25 febbraio 2000 il
Commissario del Governo e i rappresentanti della Fontana Bleu avevano
sottoscritto un protocollo d’intesa costituente la base dell'accordo transattivo
da sottoporre agli organi assembleari delle società private e alle autorità
statali di Governo. Nel merito, il Comune eccepiva il proprio difetto di
legittimazione passiva per essere amministrazione danneggiata dalle condotte
poste in essere dalla Fontana Bleu e per non avere certo concorso a provocare
l’evento dannoso oggetto di causa, essendosi solo limitata ad utilizzare, per
indifferibili finalItà pubbliche e in assenza di altre strutture, alcuni
immobili abusivamente realizzati dalla società convenuta; il Comune aderiva poi
alle eccezioni di detta società relative alla non configurabilità di un danno
ambientale per attività poste in essere prima del 1983 nonchè alla prescrizione
dell'azione risarcitoria, contestando infine l'esosità e l'assenza dI
qualsivoglia supporto documentale rispetto alla richiesta della società
convenuta dI vedere dichiarato il contributo causale del Comune in ragione del
50 %.
Viceversa, il Comune di Pozzuoli eccepiva proprio difetto di legittimazione
passiva, non avendo esso ente alcun potere di repressione rispetto alle condotte
poste in essere dalla società convenuta ed essendo poi riferibili direttamente
all'Amministrazione Statale l'attività compiuta dal Sindaco quale Ufficiale di
Governo.
Il Sindaco citato in tale qualità non si costituiva.
La causa veniva più volte rinviata. In prosieguo di udienza di prima
comparizione a fronte delle richieste delle parti che deducevano la pendenza di
trattative di bonario componimento. Si giungeva così all'udienza deI 21 maggio
2002 ove lo scrivente si riservava sulle richieste preliminari della società
convenuto di riunione e/o sospensione del giudizio e/o integrazione del
contraddittorio, richieste che rigettava con ordinanza del 25 giugno 2002,
rinviando contestualmente per la trattazione.
Prima di tale udienza il Comune di Pozzuoli depositava memoria con la quale
integrava le difese della comparsa di risposta aderendo anch’esso alle eccezioni
della Fontana Bleu circa la non configurabilità del danno ambientale a la
prescrizione dell’azione risarcitoria proposta dalle amministrazioni attrici e
circa l’esosità e carenza documentale rispetto alla richiesta della società
convenuta di condanna del Comune in ragione del 50%.
Rinviata la causa per i provvedimenti di cui all’art. 184 c.p.c. e concessi i
termini ex art. 183 ult. comma c.p.c., le amministrazioni attrici davano atto
che le trattative tra le parti erano sfociate in un accordo transattivi,
sottoscritto il 18 giugno 2002, con cui era stata definita ogni controversia
dominicale e possessoria relativa alle aree oggetto di causa, col riconoscimento
che tutte le opere realizzate, da non demolire, erano acquisite al patrimonio
dello Stato, mentre restavano in piedi i profili di carattere edilizio,
urbanistico, paesaggistico ed ambientale. Ciò posto, le amministrazioni attrici
modificavano le conclusioni dell’atto di citazione, rinunciando alla domanda di
riduzione in pristino e chiedendo la condanna della convenuta al risarcimento
del danno patrimoniale all’ambiente quantificato, giusta le indicazionI
dell'atto introduttivo, in € 60.000.000.000 pari ad € 30.987.413,94.; con la
stessa memoria venivano precisate le violazioni di legge realizzate dalla
Fontana Bleu e si specificava la fonte del diritto al risarcimento del danno era
costituita dagli artt. 2, 3, 9, 32, 41 e 42 della Carta Costituzionale oltre che
dalla norma generale dell’art. 2043 c.c. e dall’art. 18 L. 349/86, norma avente
pertanto mera natura ricognitiva.
Anche il Comune di Castel Volturno depositava memorie ex art. 183 ult. comma
c.p.c., in cui richiamava le proprie difese od eccezioni, in particolare
insistendo per la declaratoria di cessazione della materia del contendere.
Nella memorie di replica la soc. Fontana Bleu deduceva la novità della domanda
articolata dalle parti attrici, mentre in subordine eccepiva l’avvenuta
cessazione della materia del contendere a fronte dell'accordo transattivo deI 18
giugno 2002 ed invocava comunque la decurtazione della liquidazione del danno
del controvalore economico delle aree acquisite dallo Stato, per reiterare
infine tutte le eccezioni già formulate.
All'udienza successiva tutte le parti costituite chiedevano concedersi i termini
ex art. 184 c.p.c., mentre la società convenuta si opponeva. Nella stessa data
si costituiva in cancelleria il WWF Italia, spiegando intervento volontario di
adesione alle domande formulate dalle Amministrazioni attrici.
Con ordinanza riservata del 27 febbraio 2003 i termini ex art. 184 c.p.c.
venivano concessi, ma tale ordinanza veniva tardivamente comunicata alle
AmministrazIoni statali e al Comune di Castel Volturno, che chiedevano pertanto
la rimessione in termini così come per il Comune di Castel Volturno; tali
richieste venivano accolto con ordinanza riservata del 31 luglio 2003,
successivamente integrata e corretta all'udienza del 25 novembre 2003 con
l'indicazione precisa dei nuovi termini e l'indicazione esatta del Comune di
Castel Volturno.
Depositate le note ex art. 184 e 184 bis c.p.c., lo scrivente si riservava
nuovamente e con ordinanza del 3 febbraio 2004 disattendeva le istanze
istruttorie delle parti attrici e rinviava per la precisazione delle
conclusioni.
Quindi, all'udienza dell’11 maggio 2004, formulate le conclusioni di cui in
epigrafe, la causa veniva assegnata a sentenza, previa concessione dei termini
di legge per il deposito degli atti difensivi finali.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va, innanzitutto, dichiarata la contumacia del Sindaco del Comune di Pozzuoli
quale commissario straordinario del Ministero della Protezione Civile,
regolarmente citato in tale qualità e non costituitosi.
Quanto al Comune di Pozzuoli, la mancanza in atti della comparsa di risposta,
contenente anche la procura alle liti, non ha alcun rilievo pratico, giacché
l’avvenuto deposito di tale comparsa col relativo mandato risulta espressamente
dal verbale di prima udienza del 9 maggio 2000 (in cui si dà atto anche delle
contestazioni delle controparti in ordine alla costituzione del Comune), mentre
il contenuto di detta comparsa si evince per relationem dal confronto tra la
memoria difensiva del 26/27 settembre 2002 e la comparsa conclusionale (in
quest’ultima sono presenti tutte le difese del Comune, laddove nella prima
memoria, oltre a formularsi nuove eccezioni, è richiamata quella preliminare,
evidentemente svolta nel primo atto difensivo, di difetto di legittimazione
passiva).
Venendo al merito, l’esame dello stesso deve partire dall’esatta individuazione
del thema decidendum.
Le amministrazioni attrici, invero, nella memoria ex art 183 ult. comma c.p.c.
hanno dato atto della stipula in data 18 giugno 2002 di un protocollo d'intesa
volto a definire le questioni dominicali con la Fontana Bleu ed hanno rinunciato
alla domanda di rimessione in pristino formulata al punto 2 delle conclusioni
dell’atto di citazione, richiedendo, ferme le conclusioni di cui ai punti 1, 3 e
4, la condanna della Fontana Bleu al risarcimento del danno patrimoniale
all’ambiente per l’importo di £. 60.000.000.000 ossia € 30.987.413,94 oltre
interessi legali e rivalutazione monetaria dal fatto al soddisfo.
La società Fontana Bleu deduce l’inammissibilità di tale domanda, a suo dire
concretante una domanda nuova e non una mera emendatio libelli consentita dal
citato art. 183 ult. comma. Ma tale eccezione va rigettata, posto che già in
origine il punto 2 delle conclusioni dell'atto di citazione conteneva la domanda
di risarcimento del danno patrimoniale all’ambiente per £. 60.000.000.000, col
solo distinguo che tale domanda, fermi i presupposti fattuali (realizzazione ed
uso di opere e pregiudizio all’ambiente) e le basi di calcolo (profitto
conseguito, spese di riduzione in pristino, alterazione all’ambiente), era
formulata in via subordinata, nel caso di ritenuta impossibilità dì riduzione in
pristino. Aver rinunciato alla domanda principale od aver reso la domanda
subordinata l'unica domanda (nell'ambito del capo 2) non ha certo mutato il
petitum e/o la causa pretendi, non potendo rinvenirsi tale mutamento nel
semplice fatto che la pretesa risarcitoria ha perso il suo collegamento con
l'eventuale “impossibilità” della domanda dl riduzione in pristino per divenire
dopo la firma del protocollo d’intesa, l’unica pretesa sottoposta al giudicante:
la pretesa risarcitoria non si caratterizzavano certo per il mero carattere
subordinato di tale domanda, ma piuttosto per il contenuto di tale domanda
(appunto risarcimento dei danni all’ambiente) e per i presupposti di fatto e le
basi di calcolo della stessa (vedi supra). Né si può sostenere che le
amministrazioni attrici con la memoria ex art. 183 ult. comma abbiano immutato
la causa pretendi sostituendo all’azione ex art. 18 L. 349/86 quella generale
aquiliana fondata sull’art. 2043 c.c., per la semplice ragione che solo con tale
memoria sono state richiamate queste norme, oltre che i generali precetti
costituzionali degli artt. 2, 3, 9, 32, 41 e 42 Cost., mentre in citazione
nessuna di questa norma era stata individuata, con la conseguenza che la
subordinazione tra domanda di riduzIone in pristino e domanda di risarcimento
per equivalente, pur in assenza di la subordinazione tra domanda di riduzione in
pristino e domanda di risarcimento per equivalente, pur in assenza di
precisazioni, bene avrebbe potuto essere agganciata alle regole generali
dell’illecito aquiliano piuttosto che al meccanismo fissato dall’art. 18 L.
349/86. A tutto ciò si aggiunga che la domanda di risarcimento in forma
specifica, ossia di riduzione in pristino contiene in sé la domanda di
risarcimento per equivalente, che costituisce un minus della prima (vedi ad
esempio Cass. 00/13468 e Cass. 98/2402), per cui perde ancora più consistenza
l’asserito profilo fondato sulla persistenza della sola seconda domanda.
Per la verità, nella comparsa conclusionale delle Amministrazioni attrici, prima
si ribadiscono le conclusioni di cui alla memoria ex art. 183 ult. comma c.p.c.,
escludendosi l’eccepita novità della domanda di risarcimento per equivalente
(pag. 24), e poi si ipotizza la legittimità di una eventuale condanna alla
demolizione delle opere, assumendosi che la scelta tra riduzione in pristino e
risarcimento per equivalente non sarebbe rimessa alla scelta della parte ma
imposta dalla legge, previa verifica della “possibilità” o meno della prima ai
sensi dell'art. 18 L 349/86 (pag. 25 della comparsa conclusionale); si tratta di
una posizione contraddittoria non idonea a porre nel nulla la scelta operata nel
corso del processo, non solo per la sua equivocità, ma soprattutto per i limiti
della comparsa conclusionale, atto avente solo valore riassuntivo e illustrativo
delle domande, eccezioni e difese svolte.
L'avvenuta rinuncia alla domanda di riduzione in pristino ha anche risvolti
processuali, neutralizzando ab origine l’eccezione preliminare della Fontana
Bleu volta ad ottenere l’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti
i successivi acquirenti e/o dei locatari dei beni edificati alla località
Pinetamare; questi ultimi, invero, erano ritenutI litisconsorti necessari
rispetto alla domanda di demolizione formulata dalle Amministrazioni istanti,
sicché il venir meno di tale domanda fa cessare ogni questione sul punto
(diventano così superflue le argomentazioni in base alle quali, prima di tale
rinuncia, non è stata disposta la chiesta integrazione del contraddittorio: vedi
ordinanza riservata deI 25 giugno 2002).
Risvolti processuali ha anche il motivo di fondo di tale rinuncia, ossia
l’avvenuta stipula del protocollo d'intesa del 18 giugno 2002. E' pacifico tra
le parti che tale protocollo d’intesa abbia definito ogni controversia
dominicale tra parti, appunto affermando la piena demanialità della area della
località Pinetamare interessate dall’opera di speculazione edilizia, con impegno
da parte delle società del gruppo Coppola, tra cui la Fontana Bleu: - di
trasferire allo Stato una parte dei beni ivi costruiti oltre altri beni di loro
proprietà; - di eseguire una serie di opere di miglioramenti della zona; - di
pagare le indennità di occupazione relative agli immobili costruiti su quelle
aree pubbliche da trasferire previa sdemanializzazione alle società del Gruppo
Coppola. E’ vero che tale accordo, sottoscritto dal commissario straordinario
del Governo per la gestione delle aree di Castel Volturno, era - e sembrerebbe
esserlo ancora - sottoposto alla firma ed approvazione dei superiori e
competenti organi statali (artt. 1, 12 o 15), ma ai fini che interessano quel
che rileva è che esso contengo il definitivo riconoscimento della demanialità
delle aree della località Pinetamare e che, dopo tale atto, sia venuta meno ogni
controversia sul profilo dominicale, sia da parte delle amministrazioni attrici
(che su questa premessa hanno rinunciato alla domanda di riduzione in pristino -
vedi supra -, evidenziando inoltre l'efficacia ricognitiva e probatoria delle
dichiarazioni contenute in tale atto - vedi pag. 13 della comparsa
conclusionale), sia da parte della Fontana Bleu (che non ha più obiettato sul
punto e, anzi, facendo leva sull'intervenuto accordo, ha dedotto l'intervenuta
cessazione della materia del contendere anche sulla domanda risarcitoria - pag.
9 della comparsa conclusionale).
La conseguenza di tutto questo è che, come del resto riconosciuto dalla stessa
difesa della convenuta, che anche su questo aspetto non ha più insistito, non vi
è oggi alcuna ragione che imponga la riunione del presente giudizio, volto al
risarcimento del danno ambientale, con quello RG 2361/91 pendente dinanzi Al GOA
doti. Alevola, che riguarda profili meramente dominicali, così come non vi sono
motivi di pregiudizialità che impongano una pronuncia di sospensione in attesa
della definizione di detto processo; piuttosto, è l’avvenuta definizione
negoziale dell’aspetto dominicale che si ripercuote su tale ultimo processo
(anche in questo caso appaiono superflue le argomentazioni in base alla quali
non sono state accolte, prima del protocollo d'intesa, le richieste di riunione
e/o sospensione: vedi ordinanza riservata del 25 giugno 2002).
Il protocollo d'intesa, peraltro, ha solo questo ridotto valore in termini di
riduzione del thema disputandurn, senza che per converso lo si possa invocare
per inferirne un'integrale cessazione della materia del contendere, anche in
relazione al profilo, centrale, del danno ambientale. Tale interpretazione,
proposta dalla soc. Fontana Bleu, non tiene conto del tenore letterale dell'art.
1 del protocollo, ove l'accordo transattivo è “espressamente limitato agli
aspetti patrimoniali e dominicali della vertenza, e non comprende i profili di
carattere edilizio, urbanistico, paesaggistico e ambientale”. Né si può
sostenere che la transazione riguardando anche gli aspetti “patrimoniali”,
coprisse anche il danno patrimoniale all’ambiente, appunto richiesto al punto 2
delle conclusioni dell'atto di citazione (come modificato), in quanto un simile
ampliamento della portata dell'accordo transattivo appare in contrasto con
l'affermata salvezza dei profili di natura "paesaggistica e ambientale", laddove
il riferimento agli aspetti patrimoniali ha un senso logico, riguardando
l'efficacia dell'accordo transattivo anche in relazione ai "danni materiali e
morali per la loro occupazione" (ossia degli immobili abusivamente edificati su
terreno demaniale).
Tutto ciò premesso, costituisce circostanza incontrovertibile, documentata nello
stesso protocollo ed infine ammessa dalla stessa Fontana Bleu, le partecipazione
di quest'ultima, quale società del gruppo Coppola, all'abusiva opera di
edificazione sul territorio demaniale sito alla località Pinetamare, in
particolare sulle particelle 2 e 3 del foglio 49 del Catasto del Comune di
Castel Volturno, nella parte denominata Riviera Fontana Bleu. Così come
costituisce circostanza incontrovertibile, ammessa dalla stessa società
convenuta (vedi in particolare la comparsa di risposta e la ivi richiamata
relazione tecnica dell’ing. Race), l'intestazione a detta società, in via
originaria o per trasferimento dalla Coppola Pinetemare s.n.c.(vedi punto 5
della citata relazione dell’Ing. Race), di tutti gli immobili indicati nell'atto
introduttivo, tra cui quelli adibiti a civili abitazioni comprendenti unità
immobiliari successivamente alienate a terzi (vedi anche il prospetto B allegato
sempre dalla soc. Fontana Bleu).
La società convenuta contesta la propria responsabilità in ordine alle opere
edilizie compiute prima del 5 agosto 1981, epoca di costituzione della società
stessa, e in effetti non solo non esistono elementi che confermino che
l'attività edificatoria sia avvenuta solo dopo il 1981, ma anzi dalla (già
citata) relazione dell'ing. Race emergono dati che attestanti un'attività di
edificazione iniziata almeno in parte ben prima del 1981. Ma, al di là del fatto
che in citazione sono contestate condotte edificatorie e di utilizzazione
compiute dopo il 1981 (punto i della premessa), l'eventuale parziale inizio
della speculazione edilizia in tempi progressi, prima della stessa nascita della
soc. Fontana Bleu, non rileva perché comunque detta società ha usufruito di tale
Attività percependone altresì i frutti con le relative vendite e/o la gestione
dei complessi alberghieri, centri commerciali, parchi giochi, etc..
E già la sola attività di utilizzo con profitti economici di opere edilizie può
costituire fonte di danno ambientale, perché, se quest'ultimo si identifica
nella lesione dell’interesse, costituzionalmente protetto, alla “conservazione,
… razionale gestione e … miglioramento delle condizioni naturali (aria, acqua,
suolo e territorio), l’esistenza e la preservazione dei patrimoni genetici
terrestri o marini, di tutte le specie animali o vegetali che in esse vivono
allo stato naturale ed in definitiva della persona umana in tutte le sue
estrinsecazioni” (Corte Cost. 87/210), è evidente la sussistenza di tale tipo di
danno anche in relazione al mero sfruttamento del territorio abusivamente
trasformato, in quanto anche tale sfruttamento esclude la “razionale gestione e
il miglioramento delle condizioni naturali” nonché “l’esistenza e la
preservazione dei patrimoni genetici terrestri o marini”. D’altra parte, lo
stesso fatto che l'art. 18 L. 349/86, prevedente una disciplina specifica per il
danno ambientale, al comma 6 individui tra i criteri di liquidazione del danno
“il profitto conseguito dal trasgressore” (vedi infra) sta a significare che
l'utilizzazione economica dei territorio integra l’illecito civile.
A ciò si aggiunga che, per ammissione della stessa Fontana Bleu (vedi supra),
quest'ultima ha partecipato alle attività edificatorie successive al 1981,
subentrando alle altre società della famiglia Coppola o coadiuvando le stesse;
unendo tale contributo al successivo sfruttamento economico delle opere
realizzate, pare innegabile attribuire alla Fontane Bleu un ruolo rilevante,
sotto il profilo causale, al danno complessivo, rappresentato dall’unico evento
dannoso derivato dalla trasformazione ed utilizzazione del territorio.
In questa ottica, la convenuta può anche ritenersi responsabile in solido con i
Coppola e/o le altre società del gruppo, né sussiste un profilo di novità di una
eventuale condanna fondata su tale solidarietà, in quanto il dato della
solidarietà appare neutro rispetto all’individuazione della domanda, che è e
resta quella di condanna della Fontana Bleu al risarcimento dell'intero danno
per i fatti contestati in citazione.
D'altro canto, come si vedrà meglio in seguito, la pretesa risarcitoria è stata
determinata sulla baso dei criteri dell’art. 18 comma 6 L. 349/86, per cui essa
tiene in particolare conto di quanto addebitabile alla società convenuta quale
fruitrice e formale intestataria del beni abusivamente realizzati; ossia il
“costo necessario per il ripristino” del territorio e il “profitto conseguito”
dalla gestione di tali beni. Questo significa che, seppure in teoria sì volesse
ragionare in termini di una mera responsabilità pro quota della società
convenuta, la domanda risarcitoria non appare sbilanciata rispetto alla
partecipazione di tale società alla speculazione edilizia oggetto di causa.
Riassumendo, alla Fontana Bleu va ascritta, in via esclusiva, solidale o
parziale (comunque sempre senza conseguenze sull'entità della pretesa
risarcitoria), la seguente attività dannosa: trasformazione edIlizia e
successiva gestione a fini di profitto economico di un tratto demaniale del
litorale domizio, quello oggi denominato “Riviera Fontana Bleu”, dove un tempo,
per circostanza pacifica, vi erano solo pinete sino alla spiaggia.
Omissis
Qualche precisazione si impone per il rapporto tra art. 18 l 349/86 ed art. 2043
c.c., dal momento che la società convenuta fa leva sull’anteriorità
dell’ultimazione delle opere rispetto alla L. 349/86 e da questo inferisce
l’impossibilità di esercitare l'azione risarcitoria da parte delle
Amministrazioni attrici e il difetto di legittimazione attiva del Ministero
dell'Ambiente.
Come accennato appena sopra, la tutela dell’ambiente trova fondamento, prima che
nella L. 349/86, nelle norme costituzionali che indicano l’ambiente come bene e
valore essenziale, oggetto di un diritto assoluto innanzitutto spettante allo
Stato-comunità e che, così come quello alla salute, trova la sua tutela
indifferibile nella norma generale dell’art. 2043 c.c.. Calzante è, in
proposito, una sentenza del S.C., ove si legge: “L'ambiente in senso giuridico,
quale bene unitario ma anche immateriale …, rappresenta … un insieme che, pur
comprendendo vari beni o valori, si distingue ontologicamente da questi e si
identifica in una realtà, priva di consistenza materiale, ma espressione di un
autonomo valore collettivo, specifico oggetto, come tale, di tutela da parte
dell'ordinamento, rispetto ad illeciti la cui idoneità lesiva va valutata con
riguardo a siffatto valore e indipendentemente dalla particolare incidenza
verificatasi su una o più delle dette singole componenti, secondo un concetto di
pregiudizio che, sebbene riconducibile a quello di danno patrimoniale, si
connota tuttavia per una più ampia accezione di danno svincolata da una
concezione aritmetico-contabile” ed ancora, “…, la configurabilità dell’ambiente
come bene giuridico non trova la sua fonte genetica nella cit. legge del 1986
(che si occupa piuttosto della ripartizione della tutela tra Stato, enti
territoriali e associazioni protezionistiche) ma direttamente nella
Costituzione, considerata dinamicamente, come diritto vigente e vivente,
attraverso il combinato disposto di quelle disposizioni (artt. 2, 3, 9, 41 e 42)
che concernono l’individuo e la collettività nel suo “habitat” economico,
sociale, ambientale. Tali disposizioni primarie elevano l'ambiente ad interesso
pubblico fondamentale, primario e assoluto, imponendo allo Stato un’adeguata
predisposizione di mezzi di tutela, per le vie legali, amministrative e
giudiziarie, pertanto anche prima della legge cit. la Costituzione e la norma
generale dell’art. 2043 c.c. apprestavano all’ambiente … una tutela organica e
piena, di cui era già allora espressione la legittimazione attiva degli enti
territoriali direttamente danneggiati, rappresentativi della collettività
organizzata leso in un suo bene primario ed assoluto” (così Cass. 98/1087; vedi
anche Corte Cost. 87/641 e il citato parere CdS n. 426/01, oltre a Cass.
96/5850, Cass. 95/9211 e Cass. 92/4362).
Attesa la natura meramente ricognitivo dell’art. 18 cit., diventa irrilevante il
dato temporale della conclusione dell’opera di edificazione, perché tale
attività, ove pregiudizievole all’ambiente, resta sanzionata dall’art. 2043 c.c..
Ma nella specie vi è di più. Queste considerazioni, infatti, presuppongono la
limitazione dell'area dell'illecito ambientale alla mera attività di
trasformazione del territorio, senza considerare la sanzionabilità, sopra
evidenziata, della successiva attività di gestione e sfruttamento del
territorio; il tutto senza poi considerare quella continuità tra edificazione e
gestione che invece, come detto, appare inconfutabile e porta ad inquadrare in
termini unitari l’intero danno ambientale subito dalla collettività in relazione
alla trasformazione del territorio oggi occupato dalla Riviera Fontana Bleu.
La valenza meramente ricognitivo dell’art. 18 L. 349/86 incide sul tema della
legittimazione ad agire, nel senso che deve ritenersi che anche prima di tale
legge i soggetti abilitati ai sensi dell'art, 18, ovvero Stato ed enti locali,
potessero agire in forza dell’art. 2043 c.c.
D’altra parte, se il danno ambientale in esame deve essere ricondotto in via
unitaria all’opera di edificazione e di gestione delle opere abusive, ecco che
l’illecito oggetto di causa, perdurando nel tempo, finisce per rientrare, anche
sotto il profilo temporale, nell’ambito di applicabilità della L. 349/86.
Ciò posto, nel caso in esame la domanda risulta essere stata presentata dal
Ministero dell’Ambiente e dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, ossia
dallo Stato e non dagli enti locali (come invece nel caso oggetto della sentenza
del S.C. 98/1087). Ora, mentre l’assenza di un ente locale rende inutile
discutere sul tipo di legittimazione attribuita in materia agli enti locali, se
concorrente o sostitutiva, rispetto allo Stato (comunque, la tesi prevalente in
giurisprudenza è quella della legittimazione concorrente, indirettamente
confermata dello Stesso legislatore laddove, con l’art. 9 comma 3 TU 267/00, ha
previsto il diritto delle associazioni ambientaliste di agire a tutela dei danno
ambientale ottenendo un risarcimento “liquidato in favore dell’ente
sostituito”), la proposizione dell'azione da parte sia del Ministero
dell’Ambiente che della PCM impone di accertare la legittimazione dell’uno e/o
dell’altra.
E la conclusione deve partire dal rilievo che, seppure è vero che la PCM
rappresenta lo Stato nella sua unitarietà, è nondimeno vero che il Ministero
dell’Ambiente è la specifica articolazione dello Stato avente competenza nella
materia in esame, è la branca dell’amministrazione statale istituita, appunto
con la citata L. 349/86, per una più articolata e completa protezione
dell’ambiente; dal che ne deriva che l’azione per il risarcimento del danno
ambientale spetta, oggi, al Ministero dell’Ambiente; in tal senso depongono
anche delle peculiari disposizioni normative, visto che, in base all’art. 58 D.
Lgvo 258/00, è al Ministero che va data “prontamente notizia dell’erogazione
delle sanzioni amministrative” in tema di inquinamento di acque “al fine del
recupero del danno ambientale”, e visto che, secondo i commi 9 bis e ter
dell’art. 8 L. 349/86 quali aggiunti dalla L. 388/00, presso il Ministero
dell’Ambiente è stato istituito un fondo di rotazione con le somme derivanti
dalla riscossione dei crediti in favore dello Stato per il risarcimento del
danno ambientale (per queste osservazioni, vedi la deliberazione della Corte dei
Conti n. 1/2003, in Foro It. 2003, I, pag. 633).
Altra eccezione preliminare della società convenuta è quella secondo cui
l’azione risarcitoria proposta ex adverso, formulata solo nel 1999, si sarebbe
prescritta per decorso del quinquennio previsto dall’art. 2947 comma 1 c.c.,
essendosi l’opera di edificazione conclusa nel 1983 e decorrendo da tale data il
dies a quo di prescrizione dell’azione risarcitoria.
Anche tale eccezione deve essere rigettata, e ciò nonostante l’infondatezza
della tesi della difesa erariale dell’imprescrittibilità del diritto al
risarcimento del danno ambientale ex art. 2943, comma 2 c.c., tesi che si basa
sulla indebita confusione tra il diritto tutelato, quello alla protezione
dell’ambiente, diritto sicuramente imprescrittibile, e l’azione di risarcimento
per equivalente, che viceversa resta sottoposto alle generali regole fissate per
l’azione aquiliana, ivi inclusa la prescrizione quinquennale (cfr. parere CdS n.
426/01, in Foro it. 2003, I, pag. 634).
Il motivo di tale rigetto, piuttosto, sta in quanto evidenziato in precedenza
circa la natura dell’illecito oggetto di causa, che, se si identifica
unitariamente nell’attività di edificazione e gestione del territorio e se,
comunque, perdura sino a che persistano le opere abusive, assume la veste ma di
un “illecito permanente”, il quale, a differenza dell’“illecito istantaneo ad
effetti permanenti”, è risarcibile mediante un’azione il cui dies a quo decorre
dalla cessazione della permanenza. Trattasi di una conclusione in linea coi
principi della giurisprudenza di legittimità, posto che le sezioni civili della
Corte di Cassazione ritengono che “l’esecuzione di una costruzione in violazione
di norma di edilizia dia luogo ad un illecito permanente, con la conseguenza che
la prescrizione del diritto al risarcimento del danno non decorre dalla data di
realizzazione della costruzione ma da quello di cessazione della permanenza, e
cioè dal momento in cui la costruzione viene demolita, ovvero dal momento in cui
essa viene resa legittima mediante rinuncia dell’amministrazione, che irroghi
una sanzione pecuniaria, ad ordinarne la demolizione, ovvero dal decorso del
termine utile per l'usucapione del diritto reale di mantenere la costruzione
nelle condizioni in cui si trova” (così Cass. 90/594; conf. Cass. 97/6967 e
Cass. 80/1624; vedi anche CdS 00/). Viceversa, la giurisprudenza richiamata
dalla Fontana Bleu riguarda i reati in materia di protezione delle bellezze
naturali, ove la cessazione della permanenza è collegata alla conclusione
dell'attività edificatoria (ad esempio Cass. 03/26338 imp. Grilli e Cass.
94/9983 imp. Sale ed altri), ma in questi casi la diversa conclusione, avente
risvolti in tema di prescrizione, si spiega nel fatto che la condotta sanzionata
è solo e soltanto quella di costruzione.
Primo di discutere del quantum debeatur, qualche breve considerazione su
un’altra eccezione formulata da parte convenuta nella comparsa di risposta,
eccezione peraltro non riproposta in sede di comparsa conclusionale
(probabilmente per la presa d’atto della sua infondatezza).
Secondo la Fontana Bleu, la zona di Castel Volturno oggetto dell'attività di
edificazione rientrava nell'ambito di applicabilità delle L. 579/93 e 177/92,
prevedenti un procedimento volto ad eliminare lo preesistenti situazioni di
incertezza sulla titolarità delle aree, legittimando le attività di
trasformazione dei territorio e disponendo il trasferimento dei beni realizzati
prima ai comuni, fra cui quello di Castel Volturno, e poi ai privati
utilizzatori; solo l'inerzia e, anzi, il rifiuto dell’amministrazione di Castel
Volturno avrebbero impedito la conclusione dI tale procedimento, la cui
previsione proprio per il territorio della località Pinetamare escludeva ogni
eventuale illiceità ai sensi dell'art. 18 L. 349/86 e dell'art. 2043 c.c,.
Ma l'assunto muove dall'erroneo presupposto di una cessione “automatica” o
“imposta” dei beni, laddove la L. 177/92, prevedente all’art. 1 tale “cessione
automatica” (con successivo trasferimento ai privati ex art. 2), non riguarda il
territorio di Castel Volturno, mentre la L. 597/93 contempla un trasferimento
dei beni la cui realizzazione non è obbligata ma dipende dalla scelte
discrezionali dei comuni (cfr. sul punto Cass. III sez. penale 96/865, nonché
TAR Campania 98/2032, confermata da CdS 027783); e il Comune di Castel Volturno
non ha inteso attivare tale procedimento (come risulta dalle due sentenze da
ultimo citate), per cui le L. 177/92 e 597/93 non hanno trovato attuazione, non
si è realizzata le sanatoria ed è persistita la situazione di illegittima
occupazione di aree del demanio forestale, situazione definita sotto il profilo
dominicale - e solo e soltanto su questo punto - col più volte citato protocollo
del 18 giugno 2002.
Venendo al quantum debeatur, si è detto dell’attività dannosa svolta sui
territorio della località Pinetamare, si è detto dalla responsabilità della
società Fontana Bleu, si è detto dei criteri di liquidazione fissati dall’art.
18 comma 6 L. 349/86 e si è detto della congruità di tali criteri rispetto alla
misura della responsabilità da riconoscersi in capo alla società convenuta, pur
considerandola autonomamente rispetto alle altre società del gruppo Coppola
nell’ambito del progetto di speculazione edilizia compiuto alla località
Pinetamare nella parte oggi denominata "Riviera Fontana Bleu". Con riguardo al
comma 6 dell’art. 18, va poi aggiunto che tale norma, nei casi come quello in
esame, in cui “non sia possibile una precisa quantificazione del danno”, indica
“la gravità della colpa individuale” quale ulteriore o, soprattutto,
imprescindibile (secondo il capoverso il giudice procede alla liquidazione
equitativa “tenendo comunque conto …”) parametro di liquidazione del danno oltre
ai già citati criteri "del costo necessario per il ripristino e del profitto
conseguito dal trasgressore in conseguenza del suo comportamento lesivo dei beni
ambientali".
Orbene, le Amministrazioni istanti sin dall'atto di citazione hanno quantificato
le voci di danno “spese di ripristino” e “profitto conseguito”, con una
quantificazione mai specificamente contestata dalla società convenuta, nemmeno
dopo la produzione ex adverso (in data 3 aprile 2003) di un'apposita cartella
intitolata “Profitto conseguito e spese di ripristino" e contenente appunto
alcuni documenti (prezziario generale delle opere edili '90, alcuni contratti di
compravendita ed indagini di mercato) utili per la relativa liquidazione. In
particolare, la Fontana Bleu si è limitata (in comparsa conclusionale, a pag.
15) a suggerire un diverso criterio di quantificazione dei danno, agganciato
alle indennità previste dal DM 26 settembre 1997 per le opere realizzate in zone
sottoposte a vincolo, proponendo in tal modo un’interpretazione che non tiene
conto del fatto che l’art. 18 L. 349/86 preveda una specifica disciplina di
tutela del danno ambientale, individuando al comma 6 specifici parametri di
determinazione di detto danno; e questo rafforza il convincimento che le
indennità ex settembre 1997 assolvono una funzione del tutto diversa,
costituendo mere sanzioni amministrative (cosi CdS 0371729).
Ciò precisato e fermo che i criteri normativi dell’art. 18 comma 6, a
prescindere dall'immediata applicabilità della L. 349/86, appaiono congrui anche
con riferimento ad un'azione fondata sul principio generale dell’art. 2043 c.c.,
ritiene il giudicante che la proposta quantificazione in £. 14.700.000.000 e in
£. 30.500.000.000 delle voci “spese di ripristino” e “profitto conseguito” vada
accolta.
Infatti, l'importo di £. 14.700.000.000, pari ad € 7.591.916,41, discende dalla
moltiplicazione delle spese di demolizione e trasporto rifiuti per il numero dei
metri cubi occupati, il tutto sulla base di dati (voci della tariffa opere
pubbliche e metri cubi occupati dagli edifici) entrambi presenti nella citata
cartella “profitto conseguito e spese di ripristino”.
A sua volta, l’importo di £. 30.500.000.000, pari ad € 15.751.935,42, discende
dalla sommatoria di £ 25.000.000.000 con £. 5.500.000.000: la prima cifra
indicante il profitto per la vendita delle case e calcolata moltiplicando il
prezzo di vendita al mq. delle unità abitative quale determinato sulla base
delle indagini di mercato e dei prezzi di cui ai contratti allegati per il
numero delle unità abitative quale risultante dai dati della cartella oltre che
dal prospetto B allegato alla comparsa di risposta della convenuta, la seconda
cifra indicante il profitto dei tre alberghi "Residence Costa Bleu”, “Residence
Fontana Bleu" ed "Hotel Acacia” e determinata tenendo conto delle
caratteristiche e della ricettività delle tre strutture, ossia dei dati
riportati nella prodotta attestazione dell’EPT di Caserta del 3 agosto 1996
(vedi sempre i documenti della citata cartella), e calcolando poi una
ricettività media nei vari periodi e detraendo le spose di costruzione, gestione
e manutenzione (per questi conteggi vedi pagg. 11 e 12 dell'atto di citazione).
L'importo di € 23.343.851,83, risultante dalla conversione in euro della
sommatoria di £. 14.700.000.000 con £ 30.500.000.000 (£. 45.200.000.000), deve
essere poi aumentato ad € 30.000.000,00 individuando nello scarto di €
6.656.148,16 (30.000.000,00 - 23.343.851,83) la maggiorazione dovuta per la
“grave colpa individuale” della Fontana Bleu, responsabile o, comunque,
corresponsabile della completa trasformazione di un tratto di costa un tempo
disabitato ed avente le tipiche caratteristiche della “macchia mediterranea”,
trasformazione cui ha fatto seguito un'intensa e continuativa attività di
gestione delle opere a fini di profitto economico.
Simile danno patrimoniale non va rivalutato siccome già quantificato
all'attualità né va integrato con gli interessi compensativi da mancato
godimento del controvalore economico del danno, in quanto tale voce di danno può
ritenersi già compresa nella liquidazione equitativa e forfetaria del danno in €
30.000.000,00.
Per altro verso, tale importo non può di certo essere decurtato dal valore dei
beni che la società convenuta, col protocollo del 18 giugno 2002, si è impegnata
a trasferire allo Stato, riconoscendo la demanialità delle aree oggetto
d’edificazione; al di là del fatto che, nella transazione, a tale riconoscimento
sì è contrapposta la cessione di altre aree demaniali in favore delle società
del gruppo Coppola (art 2), va nuovamente evidenziato come la transazione abbia
avuto ad oggetto solo i risvolti dominicali della controversia Stato-Fontana
Bleu, restando invece espressamente esclusi gli aspetti di natura “paesaggistica
ed ambientale”; con la conseguenza che ove si considerasse, ai fini della
riduzione del danno ambientale, il valore economico del beni attribuiti allo
Stato, si finirebbero ingiustamente per oltrepassare i limiti espliciti
dell'accordo transattivo, confondendo gli aspetti della proprietà con quelli,
diversi, della tutela ambientale.
Sinora si è parlato del danno patrimoniale all'ambiente, al quale le
Amministrazioni attrici aggiungono il danno non patrimoniale all'ambiente,
chiedendo per esso un risarcimento identico (punto 4 dello conclusioni dell'atto
di citazione).
Orbene, se è vero che il danno prima riconosciuto, liquidato - anche - ai sensi
dell’art. 18 L. 349186, ha valenza patrimoniale, non può sottacersi che trattasi
di un danno derivante dalla lesione di un bene immateriale, di un valore
collettivo di non immediata e facile determinazione monetaria. Già prima, nel
definire il danno ambientale, si è fatta questa affermazione, citando quella
giurisprudenza secondo cui “l’ambiente in senso giuridico, quale bene unitario
ma anche immateriale ...., rappresenta .... un insieme che, pur comprendendo
vari beni o valori, si distingue ontologicamente da questi e si identifica in
una realtà, priva di consistenza materiale, ma espressione di un autonomo valore
collettivo, specifico oggetto, come tale, di tutela da parte dell'ordinamento,
rispetto ad illeciti, la cui idoneità lesiva va valutata con riguardo a siffatto
valore e indipendentemente dalla particolare incidenza verificatasi su una o più
della dette singole componenti, secondo un concetto di pregiudizio che, sebbene
riconducibile a quello di danno patrimoniale, si connota tuttavia per una più
ampia accezione di danno svincolata da una concezione aritmetico-contabile”
(Cass. 98/1087; vedi anche Corte Cost. 87/641 e il citato parere CdS n. 426/01,
oltre a Cass. 98/5650, Cass. 95/9211 e Cass. 92/4362).
Ma, se così stanno le cose, se il danno ambientale costituisce un surplus
rispetto al danno alle singole componenti materiali dell'ambiente, pare davvero
impossibile individuare una forma di danno non patrimoniale non già risarcita
nell'ottica “pseudo-patrimoniale” appena evidenziata. Qui non si discute
dell'esistenza ed autonoma risarcibilità ex art. 2059 c.c. dei danni non
patrimoniali, figura più ampia del mero danno morale, inteso come dolore, mera
sofferenza psichica (vedi ad esempio Cass. 04/10482, Cass. 03/19057, Cass.
03/8827 e 03/8828), ma si nega la lesione di interessi non già risarciti ai
sensi dell'art. 2043 c.c. ed art. 18 L. 349/86.
Quanto poi al danno morale, a differenza di quanto ritenuto dalla società
Fontana Bleu, l'ostacolo non è dato dall’asserita asserita genericità della
domanda, in quanto le Amministrazioni attrici hanno dedotto una serie di
illeciti penali, imputandoli implicitamente ai legali rappresentanti o,
comunque, ai dipendenti delle società. Né si può fare leva sull’irrisarcibilità
di tale danno da parte delle persone giuridiche, visto che quest’ultime, sebbene
delinquere non possunt, in forza del principio di immedesimazione organica sono
civilmente responsabili della condotta dolosa o colposa dei propri dipendenti o
rappresentanti (cfr. per tutte Cass. 00/12719).
Viceversa, è la qualifica di persona giuridica della parte danneggiata, lo
Stato, che esclude di per sè l’esistenza di un danno morale, non essendo
configurabile in capo ad una persona giuridica una sofferenza psichica, un
patema d'animo (Cass. 04/12110, Cass. 03/5664 e Cass. 02/11600).
In conclusione. la Fontana Bleu va condannata a pagare sì Ministero
dell'Ambiente, a titolo di risarcimento danni, la somma di £ 30.000.000,00, cui
vanno poi aggiunti gli interessi legali dal dì della sentenza al soddisfo,
tenuto conto dell'effetto della conversione dei debiti di valore in debiti di
valuta collegato all'emanazione della sentenza di condanna.
La società convenuta, quale ultima argomentazione difensiva, sostiene che la
condanna in favore delle attrici dovrebbe essere posta non solo a proprio carico
ma, almeno in ragione dei 50%, a carico dei Comune di Castel Volturno, del
Comune di Pozzuoli, del Sindaco dei Comune di Pozzuoli quale commissario
straordinario del Ministero per la Protezione Civile del Ministero per la
Protezione Civile, del Ministero degli Interni e del Ministero della Marina
Mercantile, deducendone la corresponsabilità nell’evento dannoso oggetto di
causa in particolare per avere utilizzato una parte delle opere abusive e pur
non aver eseguito il dovuto controllo repressivo in relazione all’attività
edilizia posta in essere presso la località Pinetamare. In questi sensi è la
domanda sub f delle conclusioni della comparsa di risposta e dell'atto di
chiamata in causa, domanda cui segue quella sub g, volta ad ottenere, nella
denegata ipotesi di mancata condanna diretta di dette amministrazioni in favore
del Ministero dell'Ambiente, la condanna di dette amministrazioni a rivalere
essa società convenuta, almeno per il 50%, di quanto eventualmente costretta a
pagare in accoglimento delle domande attoree.
Iniziando dal Comune di Castel Volturno, l'accusa di avere utilizzato - e di
utilizzare tuttora - una serie di immobili siti alla “Riviera Fontana Bleu”,
adibendoli a scuole, finisce per identificare l'illecito cui è collegato il
danno ambientale a tale utilizzazione, peraltro collegata ad esigenze
pubblicistiche (appunto la destinazione degli immobili), quando invece
l’illecito, come si è visto in precedenza, discende dalla trasformazione del
territorio e dalla gestione dello stesso e delle opere ivi realizzate a fini di
profitto economico.
Quanto alla seconda accusa rivolta al Comune di Castel Volturno, quella di non
avere diligentemente esercitato i propri poteri repressivi in materia edilizia,
consentendo in tal modo la speculazione oggetto di causa, essa non appare
adeguatamente supportata sotto il profilo delle allegazioni di fatto e
probatorie. Anzi, la stessa società convenuta risulta aver depositato,
contestualmente alla memoria ex art. 184 c.p.c, la sentenza del Tribunale di
S.M. Capua Vetere del 2 luglio 1975 relativa ad un procedimento penale per abusi
edilizi a carico di Vincenzo Coppola, e nello svolgimento del processo da un
lato si dà atto della notizia di reato proveniente dai vigili urbani del Comune
di Castel Volturno, con successiva ordinanza di sospensione del lavori emessa
dal Sindaco e successivo nuovo intervento dei vigili, dall'altro si fa
riferimento ad un provvedimento sindacale di revoca di licenze edilizie
precedentemente rilasciate al Coppola.
Ad ogni modo, il risultato non sarebbe mutato nemmeno in caso di accertamento di
un’effettiva responsabilità omissiva del Comune, ritenuto corresponsabile nella
produzione dei danno ambientale per avere violato il principio del “neminem
laedere”, e cioè per non avere osservato quel limite esterno che tocca anche
l’attività discrezionale della PA ed è rappresentato dal rispetto dei principi
di legalità, imparzialità e buona amministrazione (vedi in proposito Cass.
01/12672, Cass. SU 98/7339, Cass. 96/3939 e Cass. SU 96/1030, tutte favorevoli
alla tesi della responsabilità ex art. 2043 c.c. della PA per omissioni
traducentesi in violazione dei limiti esterni di cui sopra).
Infatti, in assenza di una domanda di condanna proveniente dal Ministero
dell'Ambiente, appare inconcepibile la condanna diretta del Comune di Castel
Volturno, senza che si possa fare leva sulla richiesta di estensione formulata
dalla società convenuta (conclusioni sub f della comparsa di risposta e
dell'atto di chiamata in causa), appunto perché la domanda contro un condebitore
solidale postula sempre la domanda dei danneggiato.
Né tale ipotetica corresponsabilità avrebbe potuto legittimare l’azione di
regresso proposta, evidentemente ai sensi dell'art. 2055 c.c., dalla Fontana
Bleu nei confronti di detto Comune (domanda sub g delle conclusioni della
comparsa di risposta). Ciò per la ragione pregiudiziale che, ove si ammettesse
simile regresso, si finirebbe col consentire a chi compie un’attività illecita
di alleggerirsi di una parte delle conseguenze dannose derivanti dalla sua
attività ponendole pro quota a carico di colui che col suo comportamento
omissivo ha consentito la perpetrazione dell'illecito: l'autore dell'illecito,
dunque, sarebbe due volte avvantaggiato dall’altrui omissione, prima compiendo
l’azione e poi scaricandone una parte delle conseguenze su chi non ha esercitato
il dovuto controllo. Il caso è analogo a quello di un ladro che, per difendersi
dall’azione risarcitoria del danneggiato, invochi un ristoro parziale nei
confronti dello Stato deducendo che un poliziotto presente sul posto doveva e
poteva evitare il fatto: in queste ipotesi sembra assurdo consentire un
eventuale regresso, che permetterebbe un arricchimento, seppur parziale (nella
parte appunto oggetto di regresso), del ladro.
In punto di diritto, l'ostacolo a tale forma di regresso sta proprio nella
contrarietà dell’ordinamento a ogni forma di “abuso del diritto”, divieto questo
implicito nel sistema al di là di specifiche esplicazioni normative (come l’art.
833 c.c. sul divieto degli atti emulativi o l’art. 96 c.p.c. in tema di
responsabilità processuale aggravata) e secondo il quale un diritto o un'azione
possono essere utilmente esercitati nei limiti in cui vi sia in concreto, e sia
legittimamente tutelabile, l'interesse sostanziale in funzione del quale il
diritto o l'azione stessa sono riconosciuti dall'ordinamento: e non pare certo
legittimamente tutelabile l'interessa fatto valere dall'autore di un illecito
che, nei modi di cui sopra, intenda arricchirsi sottraendosi in parte alle
conseguenze del proprio comportamento contra ius.
Del resto, è opinione pressoché pacifica che il divieto dell’abuso del diritto
si riaggancia ad altre clausole generali quali il dovere di “buona fede” e di
“correttezza”, che trovano concreta applicazione nei codice civile (artt. 1175,
1337, 1366 e 1375), ed anche in questa diversa prospettiva appare “scorretta”
un'azione di regresso come quella proposta dalla Fontana Bleu, attese le
ricadute di una simile azione. Nè va dimenticato che anche l’ordinamento
italiano conosce, con un'applicazione concreta nell’art. 2035 c.c., il principio
espresso nei noti brocardi latini in pari causa turpitudinis potior est condicio
possidentis, ovvero nemo auditur turpitudinem suam allegans, o ancora nemo
venire contra factum proprium potest; si tratta, come è evidente, di brocardi
applicati ed applicabili al fine di paralizzare azioni che appaiono
sostanzialmente irricevibili per ragioni etiche e morali, queste ultime viste
alla stregua di limiti di “ordine pubblico”, e il sembra perfettamente
attagliarsi anche all'ipotesi dell’autore dell’illecito che prima commette il
fatto e ne gode i frutti grazie all’omissione di chi era tenuto ai controllo e
poi scarica su quest’ultimo una parte delle conseguenze dannose subite dalla
vittima dell'illecito, finendo così per arricchirsi.
Queste ultime considerazioni - si ripete compiute in via ipotetica - non possono
in alcun modo riguardare le altre amministrazioni chiamate in causa nonché il
Sindaco del Comune di Pozzuoli quale ufficiale di governo. Per tali parti,
infatti, non si può in alcun modo configurare un concorso di colpa nella
produzione del danno.
Rispetto al Sindaco, basta far riferimento alla sua qualità di commissario
straordinario, agente in nome e per conto del Ministero della Protezione Civile,
per escluderne ogni responsabilità personale. Ma questo non significa
responsabilità di detto Ministero, poiché allo stesso è imputata
l'utilizzazione, in occasione del noto fenomeno del bradisisma di Pozzuoli, di
alcuni immobili localizzati presso la “Riviera Fontana Bleu”: al di là che si è
trattato di interventi del tutto legittimi, attuati sulla base dei poteri
contingibili ed urgenti, anche extra ordinem, riconosciuti nella specie dal
legislatore (vedi DL 829/82 convertito nella L 938782 e l'ordinanza ministeriale
n. 21/FPC), va ripetuto quanto dello sopra con riferimento alle occupazioni
compiute dal Comune di Castel Volturno, ossia che il danno ambientale non è
certo scaturito da tali occupazioni, non avente fini di lucro, ma dalla
precedente trasformazione dei territorio e dalla gestione a fini di profitto
economico delle opere ivi realizzate.
Ancora più estraneo - se possibile - ai fatti di causa appare il Comune di
Pozzuoli, visto che il Sindaco, laddove ha agito, lo ha fatto in nome o per
conto del Ministero della Protezione Civile, mentre l'ente locale è stato solo
Indirettamente beneficiato dai provvedimenti contingibili ed urgenti di
occupazione di immobili alla località Pinetamare nella misura in cui è stato
consentito il ricovero provvisorio dei cittadini di quel Comune.
Così come estranei alla vicenda appaiono i Ministeri dell'Interno e della Marina
Mercantile, non muniti di compiti repressivi, nemmeno quali eventuali
proprietari delle aree demaniali interessate dall'opera di edificazione oggetto
di causa. Infatti, come risulta dall'atto per notar Provitera dal 24 gennaio
1955 (all. 2 della produzione delle amministrazioni centrali chiamate in causa)
dette aree, denominate oggi “Riviera Fontana Bleu”, non appartengono al demanio
marittimo, e quindi ex art. 30 cod. nav. al Ministero della Marina Mercantile,
poi assorbito nel Ministero dei Trasporti, bensì al demanio forestale e, dunque,
ai Ministero dell’Agricoltura e Foreste (tanto è vero che il Corpo Forestale
dello Stato risulta essere stato reimmesso formalmente nel possesso dei terreni
con verbale del 22 agosto 1995: all. 3 della citata produzione di parte).
E’ appena il caso, poi, di precisare che, pur se citato in giudizio, nessuna
responsabilità avrebbe potuto essere ascritta al Ministero dell'Agricoltura,
che, come proprietario delle aree, non era obbligato ad intervenire e a chiedere
la demolizione delle opere, ben potendo limitarsi ad invocarne l’acquisizione
per affetto dell'accessione (e in questo senso si è definita le questione col
più volte menzionato protocollo d’intesa del 18 giugno 2002). Nè avrebbe potuto
imputarsi all’amministrazione proprietaria un’inerzia nel tutelare propri
interessi dominicali, essendovi stati più procedimenti penali per invasione di
terreno (oltre alle chiare indicazioni del protocollo, vedi i verbali d’udienza
dinanzi al tribunale di S. M. Capua Vetere allegati dalla difesa erariale nonché
la sentenza del 24 aprile 1974 del medesimo tribunale prodotta dalla Fontana
Bleu) ed essendovi state anche nel passato più cause civili volte ad accertare
la titolarità delle aree coi relativi provvedimenti demolitori e risarcitori,
tra cui la causa definita con la prodotta sentenza n. 2352/84 della 1^ sezione
civile della Cassazione e il giudizio n. 2361/91 pendente dinanzi al GOA dott.
Alevola.
In conclusione, se va dichiarata inammissibile la domanda della convenuta (sub f
della comparsa di risposta) volta ad estendere, nei confronti di tutti i
chiamati in causa, le domande attore, viceversa deve essere respinta nel merito
la domanda della convenuta (sub g della comparsa di risposta) diretta alla
rivalsa parziale nei riguardi dei chiamati in causa delle eventuali conseguenze
economiche dell’accoglimento delle domande attoree.
In virtù del principio di soccombenza, la società Fontana Bleu va condannata a
rifondere al Ministero dell'Ambiente e a tutte le parti chiamate in causa
costituite le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo sulla base di
tutte le circostanze del caso (esborsi effettivi, natura. complessità della
controversia e valore della stessa in relazione all’importo della condanna ex
art. 6 della tariffa; attività espletate; tariffe vigenti nel tempo) e da
integrare poi con le spese forfettarie ex art. 12 dell'ultima tariffa
professionale e con gli accessori di legge dell’IVA e della CPA se dovuti.
Peraltro, le spese sostenute dai Ministeri chiamati in causa possono essere
liquidate congiuntamente, attesa l'unitarietà degli atti di costituzione e di
difesa compiuti per tali amministrazioni dall’avvocatura dello stato.
Nulla in Ordine alle spese di lite relative al rapporto processuale instaurato
dalla convenuta nei confronti del Sindaco del Comune di Pozzuoli quale
commissario straordinario per la Protezione Civile, stante la contumacia di
questi.
Vanno, infine, dichiarate irripetibili le spese sostenute dal WWF Campania, che
ha deciso autonomamente di intervenire nel giudizio.
A norma dell’art. 282 c.p.c. nuovo testo, la presente sentenza è
provvisoriamente esecutiva ex lege. Tuttavia, poichè tale provvisoria
esecutorietà promana direttamente dalla legge, non è necessario fare espressa
menzione di ciò nel dispositivo.
P.Q.M.
Il dott. Alessandro Pepe, giudice unico del Tribunale di Napoli, pronunciando
sulla presente controversia RG 9996/99, così provvede:
A) dichiara rinunciata la domanda sub 2 delle conclusioni dell’atto di
citazione;
B) accoglie per quanto di ragione le domande sub 1 e 3 delle conclusioni della
citazione, dichiarando - con le precisazioni di cui in motivazione - la
responsabilità della Fontana Bleu s.p.a. per la trasformazione edilizia e lla
successiva gestione a fini di profitto economico del tratto demaniale del
litorale domizio oggi denominato “Riviera Fontana Bleu” e condannando detta
società a pagare al Ministero dell’Ambiente, a titolo di risarcimento del danno
patrimoniale all'ambiente, la somma di € 30.000.000,00 oltre interessi legali
dalla data di pubblicazione dalla presente sentenza sino al soddisfo;
C) rigetta ogni domanda proposta dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri;
D) dichiara inammissibile la domanda della società convenuta volta ad estendere,
nei confronti di tutti i chiamati in causa, le domando attoree;
E) rigetta la domanda della società convenuta diretta rivalsa parziale nei
riguardi dei chiamati in causa delle eventuali conseguenze economiche
dell'accoglimento delle domande attoree;
O) condanna la Fontana Bleu s.p.a. a rifondere al Ministero dell'Ambiente le
spese del giudizio, liquidate in € 170,00 per esborsi, in € 5.698,00 e in €
900.000,00 per onorari, oltre spese forfettarie ex art. 12 dell'ultima tariffa
professionale ed IVA e CPA se dovute;
D) condanna la Fontana Bleu s.p.a. a rifondere al Comune di Castel Voltuno le
spese dei giudizio, liquidate in € 70,00 per esborsi, in € 4.860,00 e in €
70.000,00 per diritti ed onorari, oltre spese forfettarie ex art. 12 dell’ultima
tariffa professionale ed IVA e CPA se dovute;
E) condanna la Fontana Bleu s.p.a. a rifondere al Comune di Pozzuoli le spese
del giudizio, liquidate in € 70,00 per esborsi, in € 4.660,00 per diritti e in €
70.000,00 onorari, oltre spese forfettarie ex art. 12 dell’ultima tariffa
professionale ed IVA e CPA se dovute;
F) condanna la Fontana Bleu s.p.a. a rifondere al Ministero per la Protezione
Civile, Ministero degli Interni e Ministero della Marina Mercantile le spese del
giudizio liquidate in € 120,00 per esborsi, in € 5.120,00 per diritti ed €
80.000,000 per onorari, oltre spese forfetarie ex art. 12 dell’ultima tariffa
professionale ed IVA e CPA se dovute;
G) nulla in ordine alle spese nei riguardi del Sindaco del Comune di Pozzuoli
quale commissario straordinario del Ministero per la Protezione Civile;
H) dichiara irripetibili le spese sostenute del WWF Italia Onlus.
Così deciso in Napoli il 10 ottobre 2004
Il Giudice
Alessandro Pepe
La presente sentenza è stata depositata in cancelleria oggi 3 nov 2004
Il cancelliere C2
Dott.ssa M. Coneglia Ruggero
1) Danno ambientale - Domanda di risarcimento in forma specifica - Domanda di risarcimento per equivalente - Rinuncia alla domanda principale - Domanda subordinata - Mutatio Ed Emendatio Libelli. Aver rinuncia alla domanda principale e aver reso la domanda subordinata l’unica domanda non muta il petitum e/o la causa petendi, non potendo rinvenirsi tale mutamento nel semplice fatto che la pretesa risarcitoria ha perso il suo collegamento con l’eventuale impossibilità della domanda di riduzione in pristino per il divenire. In specie, la domanda di risarcimento in forma specifica, ossia di riduzione in pristino, conteneva in se la domanda di risarcimento per equivalente che costituiva un minus della prima, (Cass. 00/13468 e Cass. 98/2402) per cui perde ancora più consistenza l’asserito rapporto di novità fondato sulla persistenza della sola seconda domanda. Presidenza del Consiglio dei Ministri e Ministero dell’Ambiente (Avv. M. Gerardo Avv. Dist.Stato di Napoli) c. Fontana Blue spa ( avv.ti. G. Olivieri e G. Pellegrino) nonché Comune di Castelvolturno (avv. V.Colalillo), Sindaco di Pozzuoli quale commissario straordinario del Ministero della Protezione Civile n.c., Ministero della Protezione Civile , Ministero dell’Interno e Ministero della Marina Mercantile (Avv. M. Gerardo Avv. Dist.Stato di Napoli), Associazione italiana per il World Wide Fund for Nature (WWF ITALIA) Onlus (avv. R. Razzano e M. Balletta). TRIBUNALE DI NAPOLI Sezione VIII, 03 novembre 2004, (ud. 10.10.2004) Sentenza n. 11235
2) Danno ambientale - Risarcimento - Identificazione della lesione dell’interesse costituzionalmente protetto - Mero sfruttamento del territorio abusivamente trasformato - Utilizzazione economica del territorio - Illecito civile - Sussiste. La sola attività di utilizzo con profitti economici di opere edilizie può costituire fonte di danno ambientale perché se quest'ultimo si identifica nella lesione dell’interesse, costituzionalmente protetto, alla “conservazione, … razionale gestione e … miglioramento delle condizioni naturali (aria, acqua, suolo e territorio), l’esistenza e la preservazione dei patrimoni genetici terrestri o marini, di tutte le specie animali o vegetali che in esse vivono allo stato naturale ed in definitiva della persona umana in tutte le sue estrinsecazioni” (Corte Cost. 87/210), è evidente la sussistenza di tale tipo di danno anche in relazione al mero sfruttamento del territorio abusivamente trasformato, in quanto anche tale sfruttamento esclude la “razionale gestione e il miglioramento delle condizioni naturali” nonché “l’esistenza e la preservazione dei patrimoni genetici terrestri o marini”. D’altra parte, lo stesso fatto che l'art. 18 L. 349/86, prevedente una disciplina specifica per il danno ambientale, al comma 6 individui tra i criteri di liquidazione del danno “il profitto conseguito dal trasgressore” sta a significare che l'utilizzazione economica dei territorio integra l’illecito civile. P.C.M. e Min. dell’Amb. (Avv. Gerardo Avv. Dist. Stato di Napoli) c. Fontana Blue spa (avv.ti. Olivieri e Pellegrino) nonché (WWF ITALIA) Onlus (avv. Razzano e Balletta) e altri. TRIBUNALE DI NAPOLI Sezione VIII, 03 novembre 2004, (ud. 10.10.2004) Sentenza n. 11235
3) Tutela dell’ambiente - Norme costituzionali - Fondamento - Norma generale - Tutela indifferibile - L. 349/86 - art. 2043 c.c.. La tutela dell’ambiente trova fondamento, prima che nella L. 349/86, nelle norme costituzionali che indicano l’ambiente come bene e valore essenziale, oggetto di un diritto assoluto innanzitutto spettante allo Stato-comunità e che, così come quello alla salute, trova la sua tutela indifferibile nella norma generale dell’art. 2043 c.c.. P.C.M. e Min. dell’Amb. (Avv. Gerardo Avv. Dist. Stato di Napoli) c. Fontana Blue spa (avv.ti. Olivieri e Pellegrino) nonché (WWF ITALIA) Onlus (avv. Razzano e Balletta) e altri. TRIBUNALE DI NAPOLI Sezione VIII, 03 novembre 2004, (ud. 10.10.2004) Sentenza n. 11235
4) Danno ambientale - Opera pregiudizievole all’ambiente - Attività di trasformazione del territorio - Risarcimento per opere realizzate ante art. 18 l. 349/86 ma gestite ed utilizzate anche successivamente - Sussiste - Art. 2043 c.c.. L'edificazione abusiva, ove pregiudizievole all'ambiente, era assoggettata alla disciplina risarcitoria di cui all'art. 2043 anche ante L. 349/86. Attesa la natura meramente ricognitiva dell'art. 18 legge 349/86 cit., diventa pertanto irrilevante il dato temporale della conclusione dell'opera di edificazione. Peraltro, ove si consideri che il danno ambientale non è limitato alla mera attività di trasformazione del territorio, ma è riconducibile alla continuità tra l'edificazione e la gestione delle opere abusive, la permanenza dell'illecito fa sì che esso rientri, anche sotto il profilo temporale, nell'ambito di applicabilità della L. 349/86. P.C.M. e Min. dell’Amb. (Avv. Gerardo Avv. Dist. Stato di Napoli) c. Fontana Blue spa (avv.ti. Olivieri e Pellegrino) nonché (WWF ITALIA) Onlus (avv. Razzano e Balletta) e altri. TRIBUNALE DI NAPOLI Sezione VIII, 03 novembre 2004, (ud. 10.10.2004) Sentenza n. 11235
5) Danno ambientale - Legittimazione ad agire - Risarcimento per opere realizzate ante art. 18 l. 349/86 ed utilizzate economicamente anche post 1986 - Ministero dell’Ambiente - Competenza. La valenza meramente ricognitiva dell’art. 18 L. 349/86 incide anche sul tema della legittimazione ad agire, nel senso che deve ritenersi che anche prima di tale legge i soggetti abilitati ai sensi dell’art. 18, ovvero lo Stato ed enti locali, potessero agire in forza dell’art. 2043 c.c.. Nella specie, il danno ambientale può essere ricondotto in via unitaria all’opera di edificazione e di gestione delle opere abusive e l’illecito, perdurando nel tempo, finisce per rientrare, anche sotto il profilo temporale, nell’ambito di applicabilità della L. 349/86. L’azione per il risarcimento del danno ambientale spetta, al Ministero dell’Ambiente, specifica articolazione dello Stato avente competenza nella materia in esame. P.C.M. e Min. dell’Amb. (Avv. Gerardo Avv. Dist. Stato di Napoli) c. Fontana Blue spa (avv.ti. Olivieri e Pellegrino) nonché (WWF ITALIA) Onlus (avv. Razzano e Balletta) e altri. TRIBUNALE DI NAPOLI Sezione VIII, 03 novembre 2004, (ud. 10.10.2004) Sentenza n. 11235
6) Danno ambientale - Attività di edificazione e gestione abusiva del territorio - Illecito permanente - Diritto al risarcimento del danno - Decorrenza. L’Attività di edificazione e gestione abusiva del territorio assume la veste di “illecito permanente”, il quale, a differenza dell’“illecito istantaneo ad effetti permanenti”, è risarcibile mediante un’azione il cui dies a quo decorre dalla cessazione della permanenza. (Confrontare Cass. 90/594; conf. Cass. 97/6967 e Cass. 80/1624: “l’esecuzione di una costruzione in violazione di norma di edilizia dia luogo ad un illecito permanente, con la conseguenza che la prescrizione del diritto al risarcimento del danno non decorre dalla data di realizzazione della costruzione ma da quello di cessazione della permanenza, e cioè dal momento in cui la costruzione viene demolita, ovvero dal momento in cui essa viene resa legittima mediante rinuncia dell’amministrazione, che irroghi una sanzione pecuniaria, ad ordinarne la demolizione, ovvero dal decorso del termine utile per l'usucapione del diritto reale di mantenere la costruzione nelle condizioni in cui si trova”). P.C.M. e Min. dell’Amb. (Avv. Gerardo Avv. Dist. Stato di Napoli) c. Fontana Blue spa (avv.ti. Olivieri e Pellegrino) nonché (WWF ITALIA) Onlus (avv. Razzano e Balletta) e altri. TRIBUNALE DI NAPOLI Sezione VIII, 03 novembre 2004, (ud. 10.10.2004) Sentenza n. 11235
7) Danno ambientale - Danno morale - Esclusione - Fondamento - Art. 2059 c.c.. La qualifica di persona giuridica della parte danneggiata, (nella specie lo Stato), esclude di per sè l’esistenza di un danno morale, non essendo configurabile in capo ad una persona giuridica una sofferenza psichica, un patema d'animo (Cass. 04/12110, Cass. 03/5664 e Cass. 02/11600). P.C.M. e Min. dell’Amb. (Avv. Gerardo Avv. Dist. Stato di Napoli) c. Fontana Blue spa (avv.ti. Olivieri e Pellegrino) nonché (WWF ITALIA) Onlus (avv. Razzano e Balletta) e altri. TRIBUNALE DI NAPOLI Sezione VIII, 03 novembre 2004, (ud. 10.10.2004) Sentenza n. 11235
8) Danno ambientale - L’ambiente in senso giuridico - Accezione di danno svincolata da una concezione aritmetico-contabile - Fondamento. Il danno ambientale costituisce un surplus rispetto al danno alle singole componenti materiali dell'ambiente. Infatti, l’ambiente in senso giuridico, quale bene unitario ma anche immateriale ...., rappresenta .... un insieme che, pur comprendendo vari beni o valori, si distingue ontologicamente da questi e si identifica in una realtà, priva di consistenza materiale, ma espressione di un autonomo valore collettivo, specifico oggetto, come tale, di tutela da parte dell'ordinamento, rispetto ad illeciti, la cui idoneità lesiva va valutata con riguardo a siffatto valore e indipendentemente dalla particolare incidenza verificatasi su una o più della dette singole componenti, secondo un concetto di pregiudizio che, sebbene riconducibile a quello di danno patrimoniale, si connota tuttavia per una più ampia accezione di danno svincolata da una concezione aritmetico-contabile” (Cass. 98/1087; vedi anche Corte Cost. 87/641 e il citato parere CdS n. 426/01, oltre a Cass. 98/5650, Cass. 95/9211 e Cass. 92/4362). P.C.M. e Min. dell’Amb. (Avv. Gerardo Avv. Dist. Stato di Napoli) c. Fontana Blue spa (avv.ti. Olivieri e Pellegrino) nonché (WWF ITALIA) Onlus (avv. Razzano e Balletta) e altri. TRIBUNALE DI NAPOLI Sezione VIII, 03 novembre 2004, (ud. 10.10.2004) Sentenza n. 11235
9) Danno ambientale - Risarcimento - Ente - Omessa vigilanza sull'attività edilizia - Ininfluenza. Ai fini del risarcimento del danno ambientale, l'autore dell'illecito non può esercitare l'azione di regresso avverso il Comune sul presupposto della omessa vigilanza sull'attività edilizia. P.C.M. e Min. dell’Amb. (Avv. Gerardo Avv. Dist. Stato di Napoli) c. Fontana Blue spa (avv.ti. Olivieri e Pellegrino) nonché (WWF ITALIA) Onlus (avv. Razzano e Balletta) e altri. TRIBUNALE DI NAPOLI Sezione VIII, 03 novembre 2004, (ud. 10.10.2004) Sentenza n. 11235
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