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CORTE DI CASSAZIONE CIVILE Sezione II del 16 maggio 2005 (ud.17 marzo 2005), Sentenza n. 10276
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DI CASSAZIONE CIVILE Sezione II del
16 maggio 2005 (ud.17 marzo 2005), Sentenza n. 10276
Presidente F. Pontorieri, Relatore L. Piccialli
Omissis
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto notificato il 3.3.89 Tullio Palese citò al giudizio del Tribunale di
Verbania Francesco Raimondo e Giuseppina Globo al fine di sentir dichiarare
risolto, per inadempimento dei medesimi, il contratto stipulato con scrittura
privata del 20.10.82, con il quale aveva loro venduto un immobile sito in
Someraro di Stresa, ascrivendo ai convenuti, dei quali chiedeva la condanna al
rilascio,al risarcimento dei danni e al versamento di una indennità di
occupazione,l'omesso pagamento del prezzo residuo ancora dovuto.
Costituitisi il Raimondo e la Globo, contestavano il fondamento della domanda,
sostenendo di aver sospeso nel 1988 i pagamenti, perché l'immobile era stato
costruito abusivamente e non era sanabile; in via riconvenzionale chiedevano
farsi obbligo all'attore di "perfezionare il trasferimento"
Con successiva citazione notificata 1'8.4.89 il Raimondo proponeva, nei
confronti del Palese,opposizione avverso un decreto ingiuntivo emesso dal
Presidente del Tribunale di Verbania il 6.3.89, per il pagamento della somma di
£ 21.409.623, richiesta dal predetto venditore al fine di rivalersi di quanto
versato alla CARIPLO, in qualità di fideiussore dell'acquirente, che non aveva
onorato un prestito accordatogli da quella banca per pagare parte del prezzo
dell'immobile; al riguardo l'opponente deduceva le medesime ragioni esposte
nell'altra causa.
Costituitosi l'opposto, confermava la propria pretesa di rivalsa, per non avere
il Raimondo pagato tutte le rate del mutuo da lui garantite,alle quali aveva
dovuto far fronte in virtù della fideiussione.
I due giudizi venivano riuniti e decisi con sentenza del 4.10.99 dall'adito
Tribunale, che respingeva la domanda di risoluzione del contratto, ritenendo non
colpevole il ritardo di pagamento del residuo prezzo, in considerazione dell'abusività
del fabbricato, condannava il Palese a "perfezionare" la vendita, previo
pagamento del residuo prezzo da parte degli acquirenti, e revocava il decreto
ingiuntivo opposto.
Proposto appello dal Palese, resistito dai Raimondo-Globo, con sentenza del
15.6-6.12.2001 la Corte d'Appello di Torino respingeva il gravame, condannando
l'appellante alle spese del grado.
Tale decisione ha confermato il giudizio di incolpevolezza in ordine al
ritardato pagamento del prezzo, sulla base del principio inadimplenti non est
adimplendum, escludendo, in particolare, che l'avvenuta presentazione della
domanda di sanatoria, di incerto accoglimento (anche in considerazione della
necessità di acquisire i pareri favorevoli delle autorità preposte ai vari
vincoli) e di fatto definita con concessione solo nel I 995, potesse assicurare
la trasferibilità dell'immobile, tanto più che nell'atto pubblico di
trasferimento avrebbero dovuto essere indicati gli estremi del provvedimento;per
quanto attiene al saldo dovuto al Palese, i giudici di appello hanno ritenuto
infondati, in quanto privi di riscontro documentale, i rilievi mossi
dall'appellante alla determinazione operata dal primo giudice,dichiarando, in
particolare, non addebitabile agli appellati "in sede di formalizzazione
dell'acquisto,quella parte di mutuo che si è formata quale mora derivante dal
mancato rispetto dei termini di pagamento dello stesso da parte del Palese".
Avverso tale sentenza il Palese ha proposto ricorso per cassazione, affidato a
tre motivi. Resistono, con controricorso, i Raimondo -Globo.
Il ricorrente ha depositato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso viene dedotta "violazione e falsa applicazione
dell'art. 1460 c.c. ed omesso esame di un fatto decisivo "lamentandosi che i
giudici di merito non abbiano preso in considerazione l'avvenuta presentazione
della domanda di sanatoria, per "condono edilizio", corredata dal prescritto
pagamento delle prime due rate dell'oblazione, al Comune di Stresa, che per
effetto del silenzio-assenso dell'amministrazione, avrebbe dovuto essere
ritenuta accolta, ai sensi dell'art. 35 L. 47/85, allo scadere del biennio, vale
a dire il 18.12.87.
Tale circostanza escluderebbe l'inadempimento del Palese, non essendo stata
dedotta alcuna ipotesi di inapplicabilità della disposizione citata.
Si osserva anche che, se il contratto fosse stato stipulato nel primo semestre
del 1982, come previsto nel preliminare del 27.10.80, o comunque nei termini di
una diffida ad adempiere inviata ai coniugi Raimondo il 7.1.84, comunque non
sarebbero sorti i problemi di trasferibilità, ai sensi della sopravvenuta
normativa.
Le censure non meritano accoglimento.
Il giudizio di merito, ravvisante la, quanto meno temporanea, incertezza circa
le possibilità di adempimento del contratto, in punto di formalizzazione
finalizzata a rendere la compravendita trascrivibile, risulta adeguatamente
motivato, in considerazione della prospettata, fin dal primo grado, esistenza di
vincoli che avrebbero potuto spiegare efficacia impeditiva alla sanatoria.
In siffatto contesto e considerato che l'istituto del silenzio - accoglimento di
cui all'art. 35 co. 18 L. 47/85 (così come quello del silenzio - assenso di cui
al co.14) non opera nei casi di cui al precedente art. 33, vale a dire di
realizzazione dell'opera in zona gravata da vincoli comportati inedificabilità,
correttamente è stata ritenuta giustificata la sospensione dei pagamenti da
parte dei compratori, in cospetto della rilevata abusività dell'opera (che,
peraltro, ai sensi dell'art. 15 co. 7 della L. n. 10/77, vigente all'epoca della
stipula, con scrittura privata, della compravendita, avrebbe dovuto risultare
dall'atto nota alle parti, ai fini della relativa validità) ed in una situazione
di obiettiva incertezza, che solo il successivo provvedimento di sanatoria,
intervenuto in corso di causa, nel 1995, ha potuto dirimere.
Il giudizio sulla colpevolezza o meno dell'inadempimento andava compiuto, come
in effetti è avvenuto, con apprezzamento dei relativi connotati soggettivi
riferito all'epoca in cui insorse tra le parti la questione, inerente la stipula
notarile; questa, a norma dell'art. 40 L. cit. non può avvenire per le opere
abusive e non sanate, mentre l'alternativa possibilità di stipulazione previa
presentazione della copia della domanda di sanatoria e della prova dei
versamenti delle prime due rate dell'oblazione deve intendersi riferita alle
opere sicuramente sanabili.
Nel caso di specie, quand'anche i vincoli ambientali, che i giudici di merito
hanno ritenuto sussistenti con accertamento di fatto non oggetto di specifica
censura, e comunque insindacabile nella presente sede non comportassero
inedificabilità assoluta, ma solo relativa, sarebbe stato onere della parte
attrice allegare prova dell'avvenuto conseguimento dei prescritti pareri delle
autorità preposte (v. art. 32 co. 5 L.cit., la cui mancanza comporta
l'applicabilità dell'art. 33,vale a dire la parificazione ai casi di
inedificabilità, e dal cui rilascio decorre il termine biennale per la
formazione del silenzio - assenso: v. Cass., 3^ pen., n. 4268/89 e n. 10281/89);
solo in tal modo sarebbe stata superata quella situazione di obiettiva
incertezza, evidenziata nelle sentenze di merito, comportante ostacolo alla
stipulabilità del rogito e, pertanto, giustificante la sospensione
dell'adempimento delle prestazioni gravanti sugli acquirenti.
Il secondo profilo di censura, con il quale si deduce l'imputabilità agli
acquirenti della sopravvenienza degli impedimenti normativi ex lego 47/85 alla
stipulazione dell'atto pubblico, per mancata stipulazione di questo
nell'originario termine pattuito nel contratto preliminare del 27.10.80, è
palesemente inammissibile, introducendo una tematica del tutto nuova, e peraltro
implicante accertamenti di fatto, che non hanno formato oggetto dei giudizi di
merito.
Con il secondo motivo viene dedotta "violazione di legge ed omessa,
insufficiente, motivazione in relazione agli artt. 277 e 360 n. 3 e 5 c.p.c.
La doglianza lamenta mancata pronunzia in ordine al motivo di gravame relativo
all'accoglimento dell'opposizione a decreto ingiuntivo, alla quale i giudici di
appello avrebbero fornito risposta inconferente, senza esaminare le censure con
le quali era stata dedotta la diversità dei rapporti giuridici formanti oggetto
dei due distinti giudizi, con particolare riferimento all'autonomia di quello di
credito, derivato dalla concessa fideiussione.
Con il terzo motivo viene dedotta violazione dell'art. 345 c.p.c. ed omessa
motivazione, in ordine alla richiesta risarcitoria, conseguente al mancato
pagamento da parte dei coniugi Raimondo - Globo delle rate di mutuo, cui aveva
dovuto far fronte, quale fideiussore, il Palese. I motivi, per la stretta
connessione tra i capi della decisione oggetto di censura, devono essere
esaminati congiuntamente.
Come si rileva dalla sentenza di primo grado, l'importo di £ 21.409.623, di cui
all'opposto decreto ingiuntivo, era stato compensato con la somma di £
25.000.000, che il Palese aveva riscosso, in acconto del prezzo di vendita,
all'atto dell'operazione bancaria con la CARIPLO (che aveva concesso il relativo
mutuo al Raimondo, garantito dalla fideiussione dell'odierno ricorrente), con
computo della relativa differenza di £ 3.590.377 (dal pretore indicato quale.
"utile dell'operazione") in conto prezzo; tale importo residuale era stato
sommato agli altri documentati acconti (ammontanti a £ 57.328.500), e la
complessiva somma di £ 60.918.877 era stata detratta dal prezzo,di £
120.800.000, che le parti avevano rideterminato nella scrittura privata del
24.10.82, così ottenendosi la differenza,ancora dovuta al venditore, di £
59.881.123, oltre agli interessi.
Il primo giudice aveva anche ribadito la necessità della riunione dei due
giudizi, evidenziando la palese connessione dei rapporti sostanziali che ne
formavano oggetto, con riferimento specifico all'ammissione, contenuta in una
lettera del Palese, dell'avvenuta ricezione del pagamento della somma di "£
25.000.000 tramite giro conto avvenuto".
A fronte di tali argomentazioni e del chiaro procedimento logico - aritmetico,
sulla scorta dei quale il Pretore era pervenuto, con riscontri documentali,
all'accoglimento dell'opposizione al decreto ingiuntivo, alla stregua di una
globale ed inscindibile valutazione dei complessi rapporti intercorsi tra le
parti, la doglianza dell'appellante, genericamente ribadente la richiesta di
conferma del decreto ingiuntivo, è stata implicitamente disattesa dai giudici di
appello, con motivazione sintetica,ma sufficiente ad esplicitare le ragioni del
capo di decisione, laddove, con apprezzamento di merito incensurabile, basato
sulle risultanze documentali, viene confermata la
statuizione di primo grado, non senza rilevare che le doglianze dell'appellante
erano rimaste prive di riscontro e che, peraltro, il conteggio del dare - avere
eseguito dal primo giudice era sostanzialmente conforme alle conclusioni sul
punto assunte dalle parti.
In effetti, dall'esame di tali conclusioni, riportate nell'epigrafe della
sentenza, si rileva che la stessa parte oggi ricorrente aveva, sia pure in
subordine (rispetto alla richiesta principale, di rigetto dell'opposizione)
concluso per la determinazione in £ 63.471.500 del residuo proprio credito, vale
a dire di una somma molto più vicina a quella di £ 59.881.123, poi liquidata dal
Pretore con analitica motivazione, che non a quella di £ 188.281.978, di cui
alle conclusioni rassegnate nel successivo grado di giudizio.
Ed a fronte quest'ultima richiesta, nascente dalla pretesa di addossare alla
controparte gli oneri derivati dalla mora in cui il Palese, quale fideiussore,
era incorso nei confronti della banca mutuante, la Corte di merito,
coerentemente alla confermata dichiarazione di incolpevolezza della sospensione
dei pagamenti posta in essere dagli acquirenti e mutuatari, ai quali la garanzia
personale era stata accordata dal venditore sul presupposto del buon esito della
sottostante vicenda negoziale, ha dichiarato non ripetibili le ulteriori somme
pretese, diverse da quelle dovute a saldo del prezzo, trattandosi di pretesa
risarcitoria presupponente quell'inadempimento che, con la pronunzia avente ad
oggetto la questione centrale della controversia, era stato escluso.
Tale richiesta, d'altra parte, era palesemente inammissibile, introducendo una
ragione di addebito non esposta in precedenza (quando, con la richiesta di
decreto ingiuntivo, si era preteso solo il rimborso solo di somme capitale
versate in luogo del garantito, e non anche di interessi derivanti dalla propria
mora nei confronti della banca), con conseguente novità della relativa domanda,
non trovante corrispondenza nelle conclusioni formulate in primo grado.
Il richiamo all'art. 345 c.p.c non vale a conferire ammissibilità alla
richiesta, considerato che la pretesa risarcitoria de qua, attinente a danni
che, in tesi, l'istante avrebbe, in parte, già subiti prima e durante il corso
del giudizio pretorile ( a partire dalla sospensione dei pagamenti garantiti
dalla fideiussione), avrebbe dovuto essere formulata già in primo grado; solo in
tale ipotesi sarebbe stata ammissibile,ai sensi del comma primo, parte seconda,
del citato articolo, la richiesta di ristoro dei successivi danni, quale
ulteriore sviluppo della lamentata inadempienza della controparte, verificatisi
dopo la sentenza di primo grado (v., tra le altre, Cass. S.U. n. 1955/96,
enunciante il principio a termini del quale la facoltà, accordata dalla sopra
citata disposizione, di chiedere interessi, frutti e accessori maturati dopo la
sentenza impugnata, nonché il risarcimento dei danni subiti dopo la sentenza
stessa, è limitata al caso in cui essi "costituiscono lo sviluppo logico e
cronologico, la continuazione anche implicita delle domande originariamente
proposte"; conf., in precedenza, sez. 3^ n. 3449,e, successivamente, sez. 3^ n.
8717/96).
Il ricorso va, in definitiva, rigettato.
Motivi di equità, tenuto conto della particolarità della vicenda, inducono a
dichiarare interamente compensate le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e dichiara interamente compensate tra le parti le spese del
giudizio.
Così deciso in Roma il 17 marzo 2005.
Depositato in cancelleria il 16 maggio 2005
1) Urbanistica e edilizia - Immobile abusivo - C.d. inedificabilità relativa - Domanda di condono edilizio - Compravendita - Esito della domanda di sanatoria per "condono edilizio" - Sospensione del pagamento del prezzo - Inedificabilità c.d. assoluta - Art. 1460 cod. civ. - Formazione del silenzio-assenso. E' legittima la sospensione ex art. 1460 cod. civ. del pagamento del (residuo) prezzo di compravendita avente ad oggetto immobile abusivo, in presenza di obiettiva incertezza, al tempo dell'adempimento (nel caso, quello fissato per la ripetizione in forma pubblica -a fini di trascrizione- del contratto stipulato per scrittura privata), in ordine all'esito della domanda di sanatoria per "condono edilizio" presentata dal venditore (nella specie intervenuto solamente in corso di causa, che, se sfavorevole, preclude di farsi luogo alla stipula notarile (art. 40 L. n. 47 del 1985). La stipulazione previa presentazione della copia dei versamenti delle prime due rate dell'oblazione è invece consentita esclusivamente in ipotesi di opere abusive sicuramente sanabili (c.d. inedificabilità relativa), nel qual caso è peraltro onere del venditore allegare la prova del conseguimento dei prescritti pareri delle autorità preposte (art. 32, la cui mancanza comporta la parificazione ai casi di inedificabilità c.d. assoluta (art. 33), e dal cui rilascio decorre il termine biennale per la formazione del silenzio-assenso dell'amministrazione interessata. Presidente F. Pontorieri, Relatore L. Piccialli. CORTE DI CASSAZIONE CIVILE Sezione II del 16 maggio 2005 (ud.17 marzo 2005), Sentenza n. 10276
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