Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
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CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sezione III - 10 giugno 2005 (ud. 4 marzo 2005), Sentenza n. 21963
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sezione III -
10 giugno 2005, (ud.4 marzo 2005)Sentenza n. 21963
Pres. Antonio Zumbo - Rel. Aldo Fiale -
Ric.D'Agostino Angelo
Composta dagli Ill.mi sigg.:
Dott.Antonio Zumbo
Presidente
Dott.Pierluigi Onorato
Consigliere
Dott.Claudia Squassoni
Consigliere
Dott.Mario Gentile
Consigliere
Dott.Aldo Fiale
Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da D'AGOSTINO Angelo
avverso la sentenza 19.04.2004 della Corte di Appello di Reggio Calabria.
Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso
udita in pubblica udienza la relazione fatta del consigliere Aldo Fiale.
Udito il Pubblico Ministero in persona di Ignazio PATRONE
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 19.4.2004 la Corte di Appello di Reggio Calabria confermava la
sentenza 22.2.2002 del Tribunale monocratico di Palmi, che aveva affermato la
penale responsabilità di D'Agostino Angelo in ordine al reato di cui:
- all'art. 51, 3° comma, D.Lgs. n. 22/1997, per avere realizzato - su due aree
interne ad un impianto per la lavorazione e trasformazione di pietre di cava, da
lui gestito - una discarica non autorizzata ove risultavano depositati rifiuti
pericolosi e non, tra i quali n. 6 batterie esauste, circa 1.000 kg. di eternit,
n. 4 motori per autoveicoli, n. 19 pneumatici ed una vespa priva di targa - acc.
in Rosarno, il 7.11.2000
e lo aveva condannato alla pena di mesi sei di arresto ed curo 2.500,00 di
ammenda, disponendo la confisca delle aree, se di proprietà dell'imputato.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il D'Agostino, il quale, sotto i
profili della violazione di legge e del vizio di motivazione, ha eccepito:
- la inconfigurabilità del reato, in quanto, nella specie, non potrebbe
configurarsi l'esistenza di "rifiuti" destinati all'abbandono, perché le lamiere
di eternit costituivano il tetto crollato di un capannone, mentre le batterie, i
motori ed i pneumatici erano destinati a riutilizzazione sui mezzi meccanici
dell'impresa, senza necessità di modifiche;
- la necessità di ricondurre la fattispecie alla previsione dell'art. 50 del
D.Lgs. n. 22/1997 (abbandono di rifiuti), sanzionata solo in via amministrativa,
"in assenza di un accertamento in ordine alla sussistenza di una organizzazione
di mezzi e di persone finalizzata allo stoccaggio e alla distruzione dei
rifiuti";
- l'incongruità del diniego di circostanze attenuanti generiche.
MOTIVI DELLA DECISIONE
II ricorso deve essere rigettato, perché le doglianze anzidette sono infondate.
1. L'art. 51, comma 3, del D.Lgs. n. 22/1997 sanziona penalmente "chiunque
realizza o gestisce una discarica non autorizzata" e la giurisprudenza di questa
Corte Suprema ha evidenziato che:
a) la realizzazione di una discarica può effettuarsi attraverso diverse attività:
- anzitutto, il vero e proprio allestimento a discarica di un'area, con il
compimento delle opere occorrenti a tal fine: spianamento del terreno, apertura
dei relativi accessi, recinzione, etc. (vedi Cass.: Sez. Unite 28.12.2004,
Zaccarelli e, più di recente, Sez. III, 30.4.2002, Francese);
- ma anche il
ripetitivo accumulo nello stesso luogo di sostanze oggettivamente destinate
all'abbandono con trasformazione, sia pure tendenziale, del sito, degradato
dalla presenza dei rifiuti (vedi Cass., Sez. III: 10.1.2002, Garzia; 24.9.2001,
Bistolfi; 11,10.2000, Cimini).
Secondo un'interpretazione giurisprudenziale, potrebbe integrare il reato di
discarica abusiva anche un unico conferimento di ingenti quantità di rifiuti che
faccia però assumere alla zona interessata l'inequivoca destinazione di
ricettacolo di rifiuti, con conseguente trasformazione del territorio (Casa.,
Sez. III, 4.11.1994, Zagni);
b) la gestione di una discarica si identifica in una attività autonoma,
successiva alla realizzazione, che può essere compiuta dallo stesso autore di quest'ultima o da altri soggetti, e che consiste nell'attivazione di
un'organizzazione, articolata o rudimentale, di persone e cose diretta al
funzionamento della discarica medesima (vedi Cass.: Sez. III, 11.4.1997, Vasco;
Sez. Unite 28.12,2004, Zaccarelli).
Nella fattispecie in esame i giudici del merito hanno appunto accertato, in
fatto - e ne hanno dato conto con motivazione razionale ed esauriente - la
realizzazione di una discarica
attraverso il ripetitivo accumulo nello stesso luogo di materiali oggettivamente
destinati all'abbandono, con trasformazione del sito, degradato dalla presenza
dei rifiuti, e tale accertamento è, altresì, assolutamente compatibile con la
definizione di "discarica" introdotta dall'art. 2, lett. g), del D,Lgs.
13.1.2003, n. 31.
Gli stessi giudici del merito, poi, hanno motivatamente escluso la
riutilizzazione certa ed oggettiva dei materiali in questione e, quindi, non si
pone la "vexata quaestio" dell'applicabilità dell'art. 14 della
legge n. 178/2002 e della compatibilità di tale disposizione con la normativa
comunitaria;
2. La non occasionalità dell'accumulo, che risulta avere assunto, invece,
evidenti caratteristiche di continuità, hanno portato correttamente ad escludere
ogni possibilità di riconduzione della vicenda concreta alle previsioni
dell'art. 50 del D.Lgs, n, 22/1997.
3. A norma dell'art. 46 del D.Lgs. n. 22/1997, il proprietario di un veicolo a
motore che intendeva procedere alla demolizione dello stesso doveva consegnarlo
ad un centro di raccolta per la messa in sicurezza, la demolizione, il recupero
dei materiali e la rottamazione. Tali centri di raccolta potevano "ricevere
anche rifiuti costituiti da parti di veicoli a motore" e dovevano comunque
essere autorizzati ai sensi degli artt. 27 e 28 dello stesso D.Lgs. n. 22/1997.
I veicoli "fuori uso" assumevano il carattere dì rifiuti fin dal momento in cui
venivano dimessi dal proprietario, che se ne disfaceva proprio attraverso la
consegna al demolitore.
Il 22 agosto 2003, poi, è entrato in vigore il D.Lgs. 24.6.2003, n. 209
(Attuazione della direttiva 2000/53/CE relativa ai veicoli fuori uso) con
cui è stata introdotta in Italia una nuova normativa concernente il recupero e il
riciclaggio di materiali provenienti da veicoli a fine vita. Detto D.Lgs. non
contiene norme più favorevoli e, all'art. 3, considera il veicolo "fuori uso" un
rifiuto sia il veicolo di cui il proprietario si disfi o abbia deciso o abbia
l'obbligo di disfarsi sia quello destinato alla demolizione, ufficialmente
privato delle targhe di immatricolazione, anche prima della consegna ad un
centro di raccolta, nonché quello che risulti in evidente stato di abbandono
ancorché giacente in area privata.
4. La concessione o il diniego delle attenuanti generiche rientrano nel potere
discrezionale del giudice di merito, il cui esercizio, positivo o negativo che
sia, deve essere bensì motivato ma nei soli limiti atti a far emergere in misura
sufficiente il pensiero dello stesso giudice circa l'adeguamento della pena
concreta alla gravità, effettiva del resto ed alla personalità del reo (vedi
Cass, Sez, I, 16.6.1992, n. 6992).
Le attenuanti generiche, nel nostro ordinamento, hanno lo scopo di allargare le
possibilità di adeguamento della pena in senso favorevole al reo, in
considerazione di situazioni e circostanze particolari che effettivamente
incidano sull'apprezzamento dell'entità del reato e della capacità di delinquere
dell'imputato. Il riconoscimento di esse richiede, dunque, elementi di segno
positivo, dalla cui assenza legittimamente il Tribunale e la Corte territoriale
hanno fatto derivare il diniego della loro concessione.
Anche il giudice di appello - pur non dovendo trascurare le argomentazioni
difensive dell'appellante - non è tenuto ad una analitica valutazione di tutti
gli elementi favorevoli o sfavorevoli, dedotti dalle parti ma, in una visione
globale di ogni particolarità del caso, è sufficiente che dia l'indicazione di
quelli ritenuti rilevanti e decisivi ai fini della concessione o del diniego,
rimanendo implicitamente disattesi e superati tutti gli altri, pur in carenza di
stretta contestazione (vedi Cass., Sez. 1, 22.5.1992, n. 6200);
Nella fattispecie in esame, la Corte di merito, nel corretto esercizio del
potere discrezionale riconosciutole m proposito dalla legge ha logicamente
dedotto prevalenti significazioni negative della personalità dell'imputato
proprio da quei precedenti penali che egli non può non ammettere.
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
del procedimento.
P.Q.M.
la Corte Suprema di Cassazione, visti gli artt. 607, 615 e 616 c,p.p„
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
ROMA, 4.3.2005
Il Consigliere relatore
Aldo Fiale
Il Presidente
Antonio Zumbo
Depositata in Cancelleria 10 giugno 2005
1) Rifiuti - Discarica abusiva - Gestione e smaltimento dei rifiuti - Elementi per configurare una discarica abusiva - Non occasionalità dell'accumulo - Effetti. In tema di gestione e smaltimento dei rifiuti, l'art. 51, comma 3, del D.Lgs. n. 22/1997 sanziona penalmente "chiunque realizza o gestisce una discarica non autorizzata". La realizzazione di una discarica può effettuarsi attraverso diverse attività: attraverso, il vero e proprio allestimento a discarica di un'area, con il compimento delle opere occorrenti a tal fine: spianamento del terreno, apertura dei relativi accessi, recinzione, etc. (vedi Cass.: Sez. Unite 28.12.2004, Zaccarelli e, più di recente, Sez. III, 30.4.2002, Francese); ma anche il ripetitivo accumulo nello stesso luogo di sostanze oggettivamente destinate all'abbandono con trasformazione, sia pure tendenziale, del sito, degradato dalla presenza dei rifiuti (vedi Cass., Sez. III: 10.1.2002, Garzia; 24.9.2001, Bistolfi; 11,10.2000, Cimini). La non occasionalità dell'accumulo, che risulta avere assunto, invece, evidenti caratteristiche di continuità, hanno portato correttamente ad escludere ogni possibilità di riconduzione della vicenda concreta alle previsioni dell'art. 50 del D.Lgs, n, 22/1997. Pres. Zumbo - Rel. Fiale - Ric. D'Agostino P.M. Patrone. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sezione III - 10 giugno 2005 (ud. 4 marzo 2005), Sentenza n. 21963
2) Rifiuti - Veicoli fuori uso - Definizione - Recupero e riciclaggio di materiali - Elementi di qualificazione a rifiuto dei veicoli fuori uso - D.Lgs. n. 209/2003 - D.Lgs. n. 22/1997. In materia di rifiuti, il D.Lgs. 24.6.2003, n. 209 (Attuazione della direttiva 2000/53/CE relativa ai veicoli fuori uso) introduce in Italia una nuova normativa concernente il recupero e il riciclaggio di materiali provenienti da veicoli a fine vita. Detto D.Lgs. non contiene norme più favorevoli (rispetto al D.Lgs. n. 22/1997) e, all'art. 3, considera il veicolo "fuori uso" un rifiuto sia il veicolo di cui il proprietario si disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi sia quello destinato alla demolizione, ufficialmente privato delle targhe di immatricolazione, anche prima della consegna ad un centro di raccolta, nonché quello che risulti in evidente stato di abbandono ancorché giacente in area privata. Pres. Zumbo - Rel. Fiale - Ric. D'Agostino P.M. Patrone. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sezione III - 10 giugno 2005 (ud. 4 marzo 2005), Sentenza n. 21963
3) Procedure e varie - Concessione o il diniego delle attenuanti generiche - Potere discrezionale del giudice di merito - Ragioni. La concessione o il diniego delle attenuanti generiche rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, il cui esercizio, positivo o negativo che sia, deve essere bensì motivato ma nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente il pensiero dello stesso giudice circa l'adeguamento della pena concreta alla gravità, effettiva del resto ed alla personalità del reo (vedi Cass, Sez, I, 16.6.1992, n. 6992). Le attenuanti generiche, nel nostro ordinamento, hanno lo scopo di allargare le possibilità di adeguamento della pena in senso favorevole al reo, in considerazione di situazioni e circostanze particolari che effettivamente incidano sull'apprezzamento dell'entità del reato e della capacità di delinquere dell'imputato. Anche il giudice di appello, non è tenuto ad una analitica valutazione di tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli, dedotti dalle parti ma, in una visione globale di ogni particolarità del caso, è sufficiente che dia l'indicazione di quelli ritenuti rilevanti e decisivi ai fini della concessione o del diniego, rimanendo implicitamente disattesi e superati tutti gli altri, pur in carenza di stretta contestazione (vedi Cass., Sez. 1, 22.5.1992, n. 6200). Pres. Zumbo - Rel. Fiale - Ric. D'Agostino P.M. Patrone. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sezione III - 10 giugno 2005 (ud. 4 marzo 2005), Sentenza n. 21963
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