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CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 01/04/2005 (Ud. 09/02/2005), Sentenza n. 12349
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III,
01/04/2005 (ud. 09/02/2005), Sentenza n. 12349
Pres. Savignano - Est.: Petti - Rel. Petti - Imp. Renna. P.M. Passacantando (Parz. Diff.) (Annulla con rinvio, App.Cagliari s.d. Sassari, 28 Settembre 2004).
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. SAVIGNANO Giuseppe - Presidente - del 09/02/2005
Dott. PETTI Ciro - Consigliere - SENTENZA
Dott. GRILLO Carlo - Consigliere - N. 275
Dott. LOMBARDI Alfredo Maria - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. GENTILE Mario - Consigliere - N. 47087/2004
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
RENNA Luigi, nato a Galatina il 5 agosto del 1928;
avverso la sentenza della corte d'appello di Cagliari, sezione distaccata di
Sassari;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Ciro Petti;
sentito il P.M. nella persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
PASSACANTANDO Guglielmo, il quale ha concluse per il rigetto del ricorso;
udito il difensore avv. CARBONI Giuseppe, il quale ha concluso per raccoglimento
del ricorso.
Osserva:
IN FATTO
Con sentenza del 28 settembre 2004, la Corte d'appello di Cagliari, sezione
distaccata di Sassari, confermava quella del tribunale della predetta città, con
cui Renna Luigi, in concorso di circostanze attenuanti generiche, era stato
condannato alla pena, condizionalmente sospesa, di mesi sei di arresto ed euro
4000,00 di ammenda, quale responsabile del reato di cui all'art. 51 D.L.vo
22/1997 per avere, nella sua qualità di titolare dell'omonima ditta, gestito una
discarica di rifiuti non inerti, senza le prescritte autorizzazioni; fatto
commesso fino al 12 aprile del 2000. Con la medesima sentenza il tribunale
disponeva altresì confisca dell'area su cui era stata realizzata la discarica.
Nella sentenza impugnata il fatto veniva sintetizzato nella maniera seguente.
Il 10 agosto 1999 personale della Stazione forestale di Sassari, recatosi nella
località Calancoi - Lu Pinu, ove erano stati segnalati miasmi insopportabili
provenienti dalla discarica della ditta Renna e conseguenti all'abbruciamento di
rifiuti, constatava che nella discarica stessa erano presenti rifiuti speciali
di vario genere (legnosi, ferrosi, plastici ecc.), residui vegetali freschi,
imballaggi cartacei, come tali infiammabili, nonché vecchi elettrodomestici
quali lavatrici, frigoriferi ed altro. Già il precedente 29 giugno 1999, su
segnalazione del Comando provinciale dei vigili del fuoco, il sindaco di Sassari
aveva emesso ordinanza di ripristino dello stato di sicurezza della discarica,
in quanto, all'interno di un grosso accumulo di materiale combustibile, erano
stati rilevati focolai che producevano gas di combustione maleodorante e nocivo
alla salute. Il 12 aprile 2000 le guardie forestali, effettuati dei carotaggi ad
una profondità media di cinque metri, accertavano la presenza di rifiuti di
cantiere, di tipo plastico e ferroso nonché materiale bituminoso, cartaceo,
carcasse di pneumatici, di cucine e bombole di gas nonché di onduline di eternit
(contenenti quindi amianto) sfuse e non racchiuse negli appositi contenitori
stagni, e, infine, vasche in eternit appoggiate sul terreno senza essere state
ricoperte del necessario strato di terra. Nel corso degli scavi i detti
materiali emettevano grandi quantità di fumo ed esalazioni maleodoranti,
originate dalla combustione degli stessi.
Nella sentenza si dava atto che il Renna, con decreto regionale del 16 luglio
del 1998, era stato autorizzato alla gestione del sito quale discarica per i
soli rifiuti della tipologia 2/a e più precisamente " cemento, mattoni,
mattonelle, ceramica, materiali da costruzione a base di gesso".
Successivamente, con decreto del 6 ottobre del 1999, si era estesa la gestione
al materiale di costruzione a base di gesso, terra e rocce, rifiuti misti di
costruzione e demolizioni nonché materiale di costruzione a base di amianto,
legato però in matrice cementizia o resinoide proveniente esclusivamente da
attività di demolizione e scavi". Infine il 2 novembre dello stesso anno il
Renna aveva ottenuto l'iscrizione nel registro provinciale delle ditte
autorizzate alle operazioni di recupero di cui agli artt. 31, 32, 33 del D.L.vo
n. 22 del 1997. Il tribunale ritenendo riconducibile al Renna la gestione non
autorizzata di rifiuti speciali diversi da quelli indicati nei decreti
autorizzativi, ne affermava la penale responsabilità per il reato di cui al
comma terzo dell'articolo 51 decreto legislativo n. 22 del 1997.
Con i motivi d'appello la difesa sollecitava la derubricazione del reato
contestato nell'ipotesi di cui alla lettera a) dell'articolo 51 evidenziando in
particolare che non si verteva in tema di discarica non autorizzata, ma di
attività di raccolta di rifiuti nell'ambito di un sito autorizzato quale
discarica pubblica in assenza di alcune autorizzazioni prescritte per
particolari tipologie di rifiuti.
La corte confermava la decisione del tribunale osservando che non si era in
presenza di una mera attività di raccolta e smaltimento di rifiuti perché il
prevenuto aveva raccolto in modo continuativo rifiuti non previsti
nell'autorizzazione peraltro senza adottare le misure necessarie ad evitare
illeciti nella gestione della discarica tanto è vero che le onduline di eternit
contenenti amianto, per esempio, erano abbandonate sfuse e non racchiuse negli
appositi contenitori di stagno.
A proposito della confisca del suolo rilevava che esso non risultava appartenere
a terzi estranei alla vicenda.
Ricorre per Cassazione il Renna per mezzo del suo difensore denunciando
violazione dell'articolo 51 terzo comma D.Leg.vo n. 22 del 1997 ed omessa
applicazione del primo comma del citato articolo:
ribadisce che per la configurabilità del reato contravvenzionale di gestione di
discarica abusiva non è sufficiente la semplice raccolta di rifiuti appartenenti
ad una tipologia diversa da quella in ordine alla quale gli organi
amministrativi avevano a suo tempo rilasciato l'autorizzazione, ma occorre
verificare se l'attività di raccolta sia avvenuta in luogo la cui destinazione
non era preventivamente conosciuta ed autorizzata dalla competente autorità
amministrativa. In definitiva, secondo il difensore, quando all'interno di una
discarica pubblica autorizzata si trovano rifiuti diversi da quelli per i quali
la discarica possiede l'autorizzazione alla raccolta, ci si trova di fronte alla
fattispecie di cui al primo comma dell'articolo 51 ovverosia alla raccolta e
allo smaltimento di rifiuti per i quali non si ha la prescritta autorizzazione e
non a quella di cui al terzo comma dell'articolo 51. In subordine si chiede la
declaratoria di estinzione del reato per prescrizione maturata il 12 ottobre del
2004. In ogni caso si chiede l'annullamento della confisca trattandosi di suolo
appartenente a soggetto estraneo al processo.
DIRITTO
Il ricorso è solo in minima parte fondato e va accolto per quanto di ragione.
Preliminarmente si rileva che il reato non si è ancora prescritto. In base alla
contestazione l'attività criminosa è stata considerata cessata il 12 aprile del
2000, come riconosciuto dallo stesso ricorrente nell'atto d'impugnazione. Di
conseguenza il termine massimo è maturato il 12 ottobre del 2004. Sennonché
occorre tenere conto del periodo durante il quale il dibattimento è rimasto
sospeso per impedimento dell'imputato o del suo difensore, giacché la
sospensione del dibattimento per impedimento del difensore o dell'imputato,
secondo l'orientamento espresso dalle Sezioni unite di questa corte con la
sentenza n. 1021 del 2002, Cremonese, determina anche la sospensione del corso
della prescrizione. Tenuto conto di tale periodo, pari a mesi tre e gg. 29 e
precisamente dal 12 giugno 2002 all'11 ottobre dello stesso anno, il reato si
prescrive il 10 febbraio del 2005.
Ciò premesso nel merito la tesi del ricorrente, secondo il quale il fatto
ascritto configurerebbe gli estremi del reato di cui al primo comma
dell'articolo 51 Decreto Ronchi e non quelli di cui al terzo comma del medesimo
articolo, non merita di essere condivisa. In base al D.P.R. n. 915 del 1982 il
soggetto che intendeva gestire una discarica, ai sensi dell'articolo 10, doveva
essere munito di apposita autorizzazione, la quale, tra l'altro, doveva indicare
la tipologia ed il quantitativo massimo di rifiuti che potevano essere
discaricati. Siffatti principi sono stati ribaditi nella deliberazione del
Comitato Interministeriale del 27 luglio 1984, la quale dettava disposizioni per
la prima applicazione dell'art. 4 del D.P.R. citato relativamente allo
smaltimento dei rifiuti, e sono stati recepiti anche nel Decreto Ronchi il quale
con l'articolo 28 ha ribadito che l'autorizzazione deve, tra l'altro, contenere
la tipologia del rifiuto da smaltire o recuperare ed il quantitativo massimo.
L'articolo 51 comma quarto del decreto Ronchi dispone che le pene stabilite dai
commi 1, 2 e 3 dell'articolo 51 sono ridotte alla metà nelle ipotesi di
inosservanza delle disposizioni contenute o richiamate nelle autorizzazioni
nonché nelle ipotesi di inosservanza dei requisiti e delle condizioni richieste
dalle iscrizioni o comunicazioni. Tale disposizione però trova applicazione
sempreché il trasgressore si muova nell'ambito della tipologia di rifiuto per la
quale aveva ricevuto l'autorizzazione,giacché il trattamento di un rifiuto
diverso da quello autorizzato equivale a trattamento di rifiuto senza
autorizzazione e configura, a seconda dei casi, le ipotesi di cui ai commi 1, 2
e 3 dell'articolo 51. Pertanto, colui il quale sia stato autorizzato a gestire
una discarica per una determinata tipologia di rifiuti, smaltisca anche rifiuti
diversi da quelli per i quali ha ricevuto l'autorizzazione risponde per i
rifiuti non autorizzati della contravvenzione di cui all'articolo 51 comma terzo
del decreto Ronchi sempreché per i rifiuti non autorizzati sia configurabile
l'esistenza di una discarica ossia sempreché si tratti di abbandono definitivo e
comunque per un tempo considerevole non inferiore all'anno di una notevole
quantità di rifiuti, a nulla rilevando la circostanza che quel sito fosse
comunque noto alla pubblica amministrazione. Invero l'elemento fondamentale per
la configurabilità del reato di discarica abusiva non è costituito
dall'ignoranza del sito da parte della pubblica amministrazione, bensì dal
ripetuto accumulo nello stesso luogo di rifiuti oggettivamente destinati
all'abbandono. L'accumulo provvisorio in una discarica autorizzata di rifiuti
nell'attesa di recupero o trasporto o smaltimento in altro sito può dare luogo a
seconda delle circostanze,alle ipotesi criminose di cui ai commi 1 o 2
dell'articolo 51. Nella fattispecie l'attività non autorizzata non può rientrare
nella fattispecie meno grave di cui all'articolo 51 primo comma come ritenuto
dal difensore proprio perché si trattava di abbandono definitivo in quel sito.
La riprova della fondatezza di tale interpretazione si trae dall'articolo 16 del
Decreto legislativo n. 36 del 2003 con il quale si è data attuazione alla
direttiva 1999/31 CE relativa alle discariche. Dispone l'articolo 16 che
chiunque viola i divieti di cui all'articolo 7 commi 1, 2 e 3 e punito con la
sanzione prevista dall'articolo 51 comma terzo decreto Ronchi. Ora l'articolo 7
del decreto legislativo n. 36 del 2003, tra l'altro, vieta di immettere nelle
discariche per rifiuti inerti quelli diversi da tale tipologia. In definitiva
con l'articolo 16 dianzi citato il legislatore ha reso esplicito ciò che prima
si deduceva implicitamente dal sistema.
Parzialmente fondato è invece il terzo motivo con cui si deduce l'illegittimità
della confisca dell'area perché di proprietà di soggetto estraneo al reato.
Per dimostrare la proprietà del terzo il difensore ha prodotto una visura
catastale. In proposito questo collegio rileva che il documento prodotto non è
idoneo a provare il titolo di proprietà occorrendo l'esibizione del titolo
d'acquisto. Tuttavia si deve rilevare che si può disporre la confisca del suolo
adibito a discarica solo se di proprietà dell'autore del reato o di un
compartecipe. Di conseguenza, l'appartenenza dell'area all'autore del reato o a
un compartecipe, costituendo un presupposto per l'applicabilità della confisca,
deve essere provata dall'accusa. Nella fattispecie la Corte si è limitata ad
affermare che il bene non risultava di proprietà del terzo senza tuttavia
accertare l'appartenenza in favore del reo. Siffatta affermazione nel caso in
esame deve ritenersi insufficiente giacché, trattandosi di bene immobile,
l'appartenenza non può desumersi in base alla semplice detenzione, potendo essa
derivare anche da un contratto d'affitto. Pertanto, limitatamente a tale punto,
la sentenza impugnata va annullata con rinvio alla Corte d'appello di Cagliari
la quale dovrà accertare ai fini della confisca l'effettiva appartenenza del
suolo all'autore del reato.
P.Q.M.
LA CORTE
Letto l'art. 623 c.p.p.;
ANNULLA la sentenza impugnata limitatamente al punto relativo alla confisca
dell'area, con rinvio alla Corte d'appello di Cagliari.
Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma, il 9 febbraio 2005.
Depositato in Cancelleria il 1 aprile 2005
1) Rifiuti - Gestione dei rifiuti - Discarica abusiva - Amianto (onduline di eternit) - Reato di cui all'art. 51 D.Lgs. n. 22/1997 - Confisca dell'area - Proprietà da parte dell'autore del reato - Onere probatorio a carico dell'accusa - Fattispecie: discarica abusiva, abbruciamento di rifiuti, confisca. In tema di gestione dei rifiuti, ai fini della adozione del provvedimento di confisca dell'area sulla quale risulta realizzata la discarica abusiva, la proprietà del suolo da parte dell'autore o del compartecipe del reato deve essere provata dall'accusa. Fattispecie: gestione di discarica abusiva in cui avveniva l'abbruciamento di rifiuti, anche di rifiuti speciali di vario genere (legnosi, ferrosi, plastici ecc.), residui vegetali freschi, imballaggi cartacei, come tali infiammabili, nonché vecchi elettrodomestici quali lavatrici, frigoriferi ed altro. Effettuati dei carotaggi ad una profondità media di cinque metri, si riscontrava la presenza di rifiuti di cantiere, di tipo plastico e ferroso nonché materiale bituminoso, cartaceo, carcasse di pneumatici, di cucine e bombole di gas nonché di onduline di eternit (contenenti quindi amianto) sfuse e non racchiuse negli appositi contenitori stagni, e, infine, vasche in eternit appoggiate sul terreno senza essere state ricoperte del necessario strato di terra. Pres. Savignano G. Est.: Petti C. Rel. Petti C. Imp. Renna. P.M. Passacantando G. (Parz. Diff.) (Annulla con rinvio,App.Cagliari s.d. Sassari, 28 Settembre 2004). CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 01/04/2005 (ud. 09/02/2005), Sentenza n. 12349
2) Rifiuti - Discarica abusiva - Confisca dell'area di proprietà di soggetto estraneo al reato - Illegittimità - Autore del reato o compartecipe - Titolo di proprietà - Visura catastale per dimostrare la proprietà - Inidoneità - Esibizione del titolo d'acquisto - Neccesità. Il documento prodotto di visura catastale per dimostrare la proprietà non è idoneo a provare il titolo di proprietà occorrendo l'esibizione del titolo d'acquisto. Nella fattispecie, tuttavia, si deve rilevare che si può disporre la confisca del suolo adibito a discarica abusiva solo se di proprietà dell'autore del reato o di un compartecipe. Di conseguenza, l'appartenenza dell'area all'autore del reato o a un compartecipe, costituendo un presupposto per l'applicabilità della confisca, deve essere provata dall'accusa. Sicché, trattandosi di bene immobile, l'appartenenza non può desumersi in base alla semplice detenzione, potendo essa derivare anche da un contratto d'affitto. Pres. Savignano G. Est.: Petti C. Rel. Petti C. Imp. Renna. P.M. Passacantando G. (Parz. Diff.) (Annulla con rinvio,App.Cagliari s.d. Sassari, 28 Settembre 2004). CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 01/04/2005 (ud. 09/02/2005), Sentenza n. 12349
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