Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
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CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 19/04/2005 (Cc. 17/03/2005), Sentenza n. 14377
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sezione III -
10 giugno 2005, (ud.4 marzo 2005)Sentenza n. 21963
SENTENZA del 08/03/2005 N.
487
REGISTRO GENERALE N. 45306/2004
Composta dagli Ill.mi
Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. PAPADIA Umberto - Presidente -
Dott. POSTIGLIONE Amedeo - Consigliere -
Dott. TERESI Alfredo - rel. Consigliere -
Dott. VANGELISTA Vittorio - Consigliere -
Dott. LOMBARDI Alfredo Maria - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
FATTA Giovanni, nato a Palermo il 12.10.1961, e da CORLEONE Vincenzo, nato a
Palermo il 30.08.1937;
avverso la sentenza del Tribunale di Termini Imerese in data 10.06.2004 che li
ha condannati alla pena dell'ammenda per il reato di cui all'art. 51, comma 1
d.lgs. n. 22/1997;
Visti gli atti, la sentenza denunciata e i ricorsi;
Sentita in Pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Alfredo Teresi;
Sentito il P.M. nella persona del P.G. Dott. SALZANO Francesco, il quale ha
chiesto il rigetto dei ricorsi.
OSSERVA
Con sentenza 10.06.2004 il Tribunale di Termini Imerese condannava Fatta
Giovanni e Corleone Vincenzo alla pena dell'ammenda perché colpevoli di avere,
Fatta, quale proprietario di un fondo agricolo, e Corleone, quale amministratore
dell'azienda agrumaria Corleone s.p.a., effettuato attività di smaltimento di
rifiuti non pericolosi prodotti da terzi consistiti in scarti vegetali (resi di
agrumi) senza la prescritta autorizzazione.
Proponevano ricorsi per Cassazione gli imputati.
Fatta denunciava:
illogicità della motivazione e violazione dell'art. 42 cod. pen. in ordine
all'esclusione dell'invocata buona fede configurabile anche in materia
contravvenzionale. Nella specie la buona fede andava riconosciuta perché egli,
prima di fare scaricare gli scarti sul proprio fondo, si era fatta rilasciare
dalla ditta Corleone "un'attestazione che qualificava gli scarti agrumari come
ammendanti e quindi non nocivi", sicché egli si era diligentemente documentato
sulla natura chimica degli stessi;
violazione di legge in ordine alla configurabilità del reato perché non era
stato scientificamente accertato se gli scarti costituissero effettivamente
rifiuto.
Corleone denunciava violazione della legge n. 748/1984, con allegata tabella,
come modificata dal D.M. 25.03.1998; dell'art. 6, comma 1 lett. a) del decreto
legislativo n. 22/1997 e dell'art. 14 della legge 178/2002, sull'interpretazione
autentica della definizione di rifiuto in ordine all'affermazione di
responsabilità basata sull'erronea interpretazione della nozione di ammendante
vegetale semplice contenuta nella suddetta tabella (prodotto non fermentato a
base di cortecce o altri materiali vegetali con esclusione delle alghe).
"Una sostanza può dirsi fermentata soltanto in esito ad un processo di trasformazione chimico-organica" e "il risultato di tate processo è un prodotto diverso, tanto rispetto alla materia originariamente esistente, quanto rispetto a quella che si ottiene mentre è in corso la fase della fermentazione", sicché, secondo il dato normativo non possono considerarsi fermentate le sostanze nelle quali è ancora è ancora attivo il processo di fermentazione.
Nella specie "si è accertato che gli scarti di agrumi non erano fermentali, ma,
cosa ben diversa, erano in fermentazione, ragion per cui non si comprende perché
il pastazzo di agrumi non possa rientrare nella categoria dell'ammendante
semplice non compostato". Andava pure censurata la qualificazione dei residui
vegetali come rifiuto anche alla stregua dell'interpretazione introdotta con
legge n. 178/2002 perché erroneamente era stato ritenuto, senza l'apprezzamento
delle caratteristiche oggettive e delle proprietà della sostanza, che il "pastazzo
d'agrumi" potesse essere riutilizzato solo previo trattamento, ed inoltre
escluso che tale sostanza, quale rifiuto organico, potesse essere riutilizzata
ai fini della produzione di ammendanti compostati misti.
Denunciava, ancora, mancanza di motivazione sull'affermazione, contenuta in
sentenza, secondo cui "dalla scheda tecnica depositata dall'imputato Fatta
all'udienza del 27.05.2004 sarebbe possibile conferma delle tesi in precedenza
esposte" perché l'affermazione postula necessariamente, in contrasto con le
risultanze processuali e con la più elementare logica, che la scheda tecnica si
riferisca non al materiale rinvenuto sul terreno, ma ad altro prodotto
attraverso la trasformazione di scarti di agrumi e mai depositato sui luoghi in
questione.
Rilevava, infine, che anche alla stregua del decreto a 389/1997, che aveva
modificato l'art. 8 del decreto n. 22/1997 escludendo dal suo campo
d'applicazione soltanto i materiali litoidi o vegetali riutilizzali nelle
normali pratiche agricole o di conduzione dei fondi le sostanze non pericolose
utilizzate nell'attività agricola rifiuti agricoli, il pastazzo di agrumi non
può essere qualificato rifiuto perché manca in assoluto il riferimento agli
elementi di fallo (caratteristiche oggettive, proprietà) sulla base dei quali si
possa concretamente affermare che la sostanza necessiti di ulteriore trattamento
per essere riutilizzata in agricoltura. Chiedevano l'annullamento della
sentenza.
I ricorsi sono infondati avendo i giudici di merito individuato gli elementi
probatori emersi a carica degli imputati e confutato ogni obiezione difensiva,
con logica e corretta motivazione che non può essere censurata.
È stato accertato, in fatto, con congrua motivazione che scarti vegetali
costituiti da resti di agrumi provenienti dall'azienda agrumaria Corleone sona
stati depositati sul fondo di proprietà di Fatta Giovanni; che la sostanza
presentava una parte liquida in putrefazione e che non era stata seguita la
procedura prescritta per il recupero del materiale al fine di ottenere un
ammendante agricolo. Sulla base di tali elementi il giudice di merito ha
correttamente escluso che tali scarti possano rientrare nella disciplina degli
ammendanti organici utilizzabili in agricoltura ai sensi della legge a 748 del
1984 non rientrando nella classificazione prevista nell'allegato 1C della legge,
come modificato dal decreto ministeriale 25.03.1998.
Infatti, gli scarti non sono qualificabili come ammendante vegetale semplice
perché riscontrati in fermentazione, ne' ammendante vegetale compostati ("agrucompost
veniva qualificata la sostanza nella scheda tecnica prodotta dall'imputato
Fatta) per la mancata effettuazione di un preliminare processo di trasformazione
e stabilizzazione.
Sul punto, sono irrilevanti le considerazioni difensive circa il significato
della locuzione "prodotto non fermentato" essendo sufficiente, per la
configurazione dell'ipotesi prevista dalla norma, che la sostanza sia
interessata al processo di fermentazione. Nella specie, lo stato di putrefazione
della parte liquida del prodotto e l'emanazione di cattivo odore deponevano
inequivocabilmente per l'irreversibilità del processo fermentativo. Pertanto la
sostanza da qua non potendo essere qualificata ammendante, rientra nella
disciplina del decreto n. 22/1977 e costituisce rifiuto anche ai sensi della
nuova definizione di rifiuto contenuta nell'art. 14 del decreto legge 8 luglio
2002 n. 158, convertito con legge 8 agosto 2002 n. 178, quale interpretazione
autentica della nozione dettata dall'art. 6 lett. a) del decreto legislativo 5
febbraio 1997 n. 12, che definisce rifiuto ogni sostanza inclusa nelle categorie
riportate nell'allegato A del decreto citato di cui il detentore "si disfi" che
cioè il detentore sottoponga ad una delle attività di smaltimento o di recupero
che sono precisale negli allegati B e C del decreto o di cui il detentore abbia
"deciso di disfarsi", che cioè il detentore vaglia destinare a una delle
operazioni di smaltimento o di recupero, come sopra individuale o di cui il
detentore abbia "l'obbligo di disfarsi" in base a una disposizione di legge, a
un provvedimento della pubblica autorità o alla natura stessa del materiale e,
in particolare, in base alla natura di sostanze pericolose come individuate
nell'allegato D del decreto.
La decisione di disfarsi ricorre per legge per i residui di produzione o di
consumo effettivamente ed oggettivamente riutilizzati nel medesimo, analogo o in
diverso ciclo produttivo ovvero di consumo senza subire alcun intervento di
trattamento preventivo e senza recare pregiudizio all'ambiente avvero dopo avere
subito un trattamento preventivo, ma senza che sia necessaria alcuna operazione
di recupero tra quelle individuate nell'allegato C del decreto. Ribadito che la
riutilizzazione va intesa come possibilità di reimpiego diretto senza alcun
trattamento preventivo, correttamente è stato ritenuto che, nel caso in esame,
gli scarti della lavorazione industriale degli agrumi costituiscono rifiuto
perché, ai sensi della normativa sugli ammendanti, non possono essere
riutilizzati per la fertilizzazione del terreno senza un trattamento preventiva.
La qualificazione dei residui agrumari come rifiuto è, quindi, basata su
obiettive emergenze, sicché correttamente è stato ritenuto che il detentore, in
concorso col proprietario del terreno, si sia effettivamente disfatto dei
rifiuti effettuando un'attività di smaltimento mediante deposito incontrollato
al suolo per un prolungato periodo.
La sussistenza del reato non può essere esclusa, per l'imputato Fatta, sotto il
profilo soggettivo per errore sulla qualificazione degli scarti fatti depositare
sul proprio fondo, avendo egli ricevuto dalla ditta Corleone una scheda tecnica
che qualificava gli scarti agrumari come ammendante vegetale organica, sicché
egli si era diligentemente attivato sulla natura chimica degli stessi
configurabilità;
Infatti, nemmeno in virtù del criterio della ignoranza inevitabile teorizzato
nella sentenza Corte Costituzionale del 1988 n. 364 è possibile scusare chi
effettua smaltimento di rifiuti, senza informarsi delle leggi penali che
disciplinano la materia, incombendo all'interessato l'onere di verificare la
conformità della condotta alle norme ambientali di cui è presunta la conoscenza
ex art. 5 cod. pen..
Nella specie, infatti, non può ritenersi che l'ignoranza della legge penale sia
stata incolpevole a cagione della sua inevitabilità, poiché l'interessato non ha
assolto con il criterio dell'ordinaria diligenza, al c.d. dovere di
informazione, attraverso l'espletamento di ogni utile accertamento, per
conseguire la conoscenza della legislazione vigente in materia, ne' è emerso un
comportamento positivo degli organi amministrativi o un complessivo pacifico
orientamento giurisprudenziale da cui l'agente abbia potuto trarre il
convincimento della correttezza dell'interpretazione normativa e,
conseguentemente, della liceità del comportamento tenuto, tale non potendosi
considerare l'errata attestazione rilasciata da un privato circa la natura dei
resti agrumari depositati sul fondo Fatta Premesso che le SU di questa Corte,
con sentenza n. 36 del 28.11.2001, Cremonese, hanno affermato che la sospensione
del corso della prescrizione, correlata ai casi in cui la sospensione dei
termini di custodia cautelare è imposta da una particolare disposizione di
legge, a norma dell'art. 159, comma primo, cod. pen. opera anche nei confronti
di imputati a piede libero, va osservato che la sospensione del corso della
prescrizione prevista dall'art. 159, primo comma, ultima parte, cod. pen. "in
ogni caso in cui la sospensione dei termini di custodia cautelare è imposta da
una particolare disposizione di legge" opera automaticamente e non richiede un
apposito provvedimento del giudice, diversamente da quanto previsto dall'art.
304 c.p.p. per la sospensione dei termini di custodia cautelare, che presuppone
remissione di un'ordinanza appellabile al tribunale del riesame.
Per la durata della sospensione il codice di rito non prevede alcun termine
massimo, sicché correttamente è stato ritenuto che ciascun termine parziale va
calcolato dalla data della richieste di rinvio a quella della successiva
udienza.
Pertanto, il reato, commesso il 22.03.2000, non era prescritto alla data della
sentenza di appello (10.06.2004) perché al termine massimo di anni 4 mesi 6
(22.09.2004) va aggiunto un periodo di sospensione del corso della prescrizione,
per rinvio richiesto dalla difesa, per mesi 5 e giorni 29, sicché la
prescrizione maturerà il 23.03.2005.
Il rigetto dei ricorsi comporta condanna al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta i ricorsi e condanna in solido i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali.
Così deciso in Roma, nella Pubblica udienza, il 8 marzo 2005. Depositato in
Cancelleria il 1 aprile 2005
1) Rifiuti - Scarto di agrumi in fermentazione (c.d. pastazzo di agrumi) - Gestione dei rifiuti - Residui di produzione - Scarti vegetali di agrumi in fermentazione - Disciplina degli ammendanti organici - Applicabilità - Esclusione - D.Lgs. n. 22 del 1997 - Applicabilità. Il cosiddetto "pastazzo di agrumi", composto da buccia e polpa di agrumi residuati dalla loro lavorazione, allorchè siano ancora presenti processi fermentativi non è qualificabile quale ammendante vegetale semplice utilizzabile in agricoltura ai sensi dell'Allegato IC della Legge 19 ottobre 1984 n. 748, come modificato dal D.M. amb. 25 marzo 1998, e rientra nella disciplina del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, atteso che per la esclusione dalle disposizioni sui rifiuti deve trattarsi di prodotto non fermentato. Presidente: Papadia U. Estensore: Teresi A. Relatore: Teresi A. Imputato: Fatta ed altro. P.M. Salzano F. (Conf.) - (Rigetta, Trib. Termini Imerese, 10 Giugno 2004). CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 01/04/2005, (Ud. 08/03/2005), Sentenza n. 12366
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