Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
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CORTE DI CASSAZIONE Civile, Sezione II del 26 gennaio 2005, Sentenza n. 1556
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DI CASSAZIONE Civile, Sezione II
del 26 gennaio 2005, Sentenza n. 1556
Omissis
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Flora Gatto, nella qualità di proprietaria di un fabbricato sito in Messina, convenne al giudizio del Pretore di quella città i coniugi Claudio Como e Palma Pastura, lamentando che gli stessi avevano realizzato, su immobile di loro proprietà a confine con quello degli istanti, un corpo aggiunto ed aggettante, posto a distanza dal confine inferiore a quella prescritta dalle norme edilizie locali e lesivo del suo diritto di veduta; di tale opera chiedeva, pertanto, la demolizione e riduzione in pristino.
Con sentenza del 16.12.91 l'adito Pretore rigettò la domanda ,ritenendo che I'opera,
così come accertata e descritta dall'officiato consulente tecnico, costituisse
un semplice sporto e, come tale, non fosse soggetto all'obbligo della distanza,
fissata in m. 5 dal confine dal locale regolamento edilizio, dovendo solo
rispettare, ex art. 905 co. 2 cod. civ., il distacco di m. 1,50, nella specie non
valicato.
Avverso detta sentenza l'attrice propose appello che, resistito dai convenuti,
fu accolto dal Tribunale di Messina, con sentenza del 19.9.01, con la quale i
coniugi Como-Pastura furono condannati "alla demolizione dell'opera oggetto di
causa (passerella in cemento armato,realizzata... lungo il prospetto posteriore
della loro villa...,descritta nella relazione del c.t.u...), oltre al rimborso
delle spese del doppio grado di giudizio.
Tale decisione si basava sull' essenziale considerazione che il manufatto in
questione, ubicato ad una distanza dal confine compresa tra un minimo di m 1,62
ed un massimo di m.2,56, quindi sempre inferiore a quella prescritta dalla norma
locale integrativa di quelle del codice civile, per le sue caratteristiche
strutturali e funzionali, di considerevole entità e non assolventi a mere
finalità decorative,costituiva un vero e proprio ampliamento aggettante del
fabbricato dei convenuti e,come tale, era computabile, in conformità ai
consolidati principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità, ai fini delle
distanze.
Per la cassazione della menzionata sentenza ricorrono i coniugi Como-Pastura,
affidando l'impugnazione a quattro motivi .
La Gatto non ha svolto attività difensiva in questa sede, nella quale si è invece
costituito, intervenendo ex art. 111 c.p.c con controricorso, Filippo Puglisi
Guerra, quale avente causa a titolo particolare dall'attrice, in qualità di
donatario dell'immobile, già della medesima, in forza di atti di donazione
(dell' 11.6.92 e 30.10.95) stipulati in corso di causa.
Il controricorrente ha depositato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso viene dedotta "violazione artt. 873 cod.civ.,112
c.p.c, in relazione all'art. 360 n.3,4,5 c.p.c".
Si lamenta che il Tribunale, non tenendo conto della descrizione dell'opera resa
dal c.t.u., in particolare dell'andamento non lineare della stessa, solo in parte
fronteggiante il confine tra i fondi, ed eccedendo le stesse richieste attrici, ne
abbia ordinato la demolizione totale, così includendo nella relativa statuizione
anche quelle parti non fronteggianti il confine e, come tali, inidonee a ledere
alcun diritto della controparte.
La doglianza non merita accoglimento, essendo basata su una premessa (secondo la
quale l'opera realizzata dai convenuti fronteggerebbe solo in parte la proprietà
della ricorrente) che non trova riscontro processuale, ponendosi in contrasto con
l'accertamento di fatto al riguardo compiuto nella sentenza di secondo
grado, nella quale il manufatto viene descritto, sulla scorta dell'elaborato del c.t.u.,
quale una "soletta in cemento armato contornata da parapetto...",
sviluppantesi su due tratti il secondo dei quali "a squadra", ad "una distanza dal confine variabile da
un minimo di
m. 1,62 ad un massimo di m. 2,56.. comunque nettamente inferiore a quella minima
di 5 ml. prescritta.." In tale descrizione non vi è menzione alcuna di eventuali
tratti dell'opera non fronteggianti il confine; sicchè il motivo di ricorso si
traduce in una palese censura in fatto, come tale inammissibile nella presente
sede.
Il secondo motivo denuncia "violazione artt. 872,873,905 cod. civ. in relazione
360 n. 3 e 5" (c.p.c.) ,per avere erroneamente il Tribunale ritenuto l'opera in
questione soggetta all'obbligo delle distanze,senza tener conto che la stessa
rappresentava "soltanto uno sporto destinato a balcone, con funzione decorativa", soggetto solo all'osservanza delle distanze
prescritte per le vedute,nella specie rispettate.
Il terzo motivo lamenta la "violazione degli artt. 871, 872, 873 cod. civ.,artt.23.7; 23.10;23.11; 23.14;
norme di attuazione del regolamento edilizio del Comune di Messina",alle quali
si sarebbe conformata la concessione edilizia rilasciata ai ricorrenti ,a termini
delle quali ultime il distacco dal confine deve essere misurato dal perimetro
delle superfici coperte, nelle quali i balconi ed altri corpi aggettanti
rientrano solo se chiusi..
Le censure, la cui stretta connessione ne comporta l'esame congiunto, non sono
fondate.
I giudici di appello, nella determinazione del criterio di misurazione delle
distanze agli effetti dell'art. 873 c.c. e relative norme integrative, si sono
conformati al costante ed univoco indirizzo della giurisprudenza di questa S.C., a
termini del quale, tenuto conto delle finalità perseguite al legislatore, le
distanze vanno misurate dallo sporgenze estreme dei fabbricati,escludendosi
soltanto quelle,assolventi a mere esigenze ornamentali,di rifinitura ed
accessorie di limitata entità (del tutto irrilevanti ai fini della
determinazione di intercapedini o riduzione dei distacchi), quali
cornicioni,lesene,mensole, grondaie e simili (c.d. "sporti"), mentre rientrano,a
tutti gli effetti,nel concetto civilistico di "costruzione", le parti,
quali
scale,terrazze e corpi avanzati (c.d."aggettanti"),anche se non corrispondenti a
volumi abitativi coperti, atte ad estendere ed ampliare in superficie e volumi
edificati la consistenza del
fabbricato (v.,ex coeteris,Cass.II, n. 4195/95, n. 8240/97, n.5719/98, n.
2986/99, n.13001/00.
D'altra parte, la nozione di "costruzione", agli effetti di cui all'art. 873 c.c.
deve essere unica e non puo' essere derogata, sia pure al limitato fine del
computo delle distanze, dalla normativa secondaria, tenuto conto che il rinvio
contenuto nella seconda parte dell'art. 873 cit. è limitato alla sola facoltà,da
parte dei regolamenti locali,di stabilire una "distanza maggiore" (tra edifici o
tra edifici e confine), senza possibilità anche di derogare alla legge statale in
ordine alla nozione di costruzione. Ne consegue che le disposizioni,di
attuazione del regolamento edilizio, invocate dalla parte ricorrente (peraltro
solo nella presente sede di legittimità), non
possono considerarsi norme "di relazione" agli effetti civilistici, rivestendo
solo rilevanza, nella sfera urbanistico - edilizia, ai fini del rilascio da parte
delle competenti amministrazioni, dei titoli abilitativi a costruire; sicchè
poco o punto rileva,nell'ambito dei rapporti tra privati,la conformità della
costruzione al provvedimenti concessori (che, peraltro,nella prassi vengono
sempre rilasciati facendo "salvi i diritti dei terzi").
Nel caso di specie,pertanto,correttamente i giudici di appello hanno ritenuto illegittima,in quanto realizzata ad una distanza dal confine inferiore a quella minima di m. 5 dal confine,prescritta dal locale regolamento edilizio (pt. 28), validamente integrante (a differenza della sua disposizione di attuazione) l'art.873 cod. civ.., l'edificazione del manufatto.
L'opera, con incensurabile giudizio di fatto (basato sulle risultanze
descrittive della consulenza tecnica), è stato considerato. un corpo
"aggettante", costituito da "una soletta in cemento armato, contornata da
parapetto alto mt. 1,05, realizzato con colonnine prefabbricate di cemento
armato.." avente una "larghezza netta di mt.1,60, oltre lo spessore
del parapetto con colonnine.."; tale descrizione evidenzia l'avvenuta
realizzazione, in aggiunta al preesistente edificio di un vero e proprio corpo avanzato, sormontato da una
sorta di balconata, che dando luogo ad un consistente ampliamento in superficie e
volumetria (ancorché non coperta nella parte praticabile), non può sottrarsi al
regime civilistico delle distanze tra costruzioni.
Le suesposte considerazioni comportano l'agevole rigetto anche del quarto
motivo, con il quale si lamenta la "violazione degli artt. 871,872,873 co. civ.
in rei. 360 n. 3 e 5 c.p.c", per essere stata ordinata la demolizione
dell'opera, pur potendosi disporre la riconduzione della stessa i più ridotti
termini, tali da ammetterne la tolleranza quale sporgenza consentita: è evidente
come un manufatto, della consistenza e volumetria sopra descritte, chiaramente
finalizzato all'ampliamento degli spazi praticabili dell'edificio al quale è
annesso, non possa essere degradato a mero "sporto", non essendo ipotizzabili
funzioni decorative, tecniche o accessorie di sorta, di alcuna, sia pur
minima, parte dello stesso.
Il ricorso va, in definitiva, respinto.
Giusti motivi inducono, tuttavia, a compensare le spese del grado, nel quale non vi
è stata costituzione dell'intimata, tra la parte ricorrente e quella intervenuta
ex art. 111 c.p.c.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e dichiara interamente compensate le spese del presente grado
di giudizio.
Così deciso in Roma, il 2 dicembre 2004.
Depositato in cancelleria il 26 gennaio 2005.
Urbanistica e edilizia - Distanze - Nozione di costruzione - Effetti della normativa nazionale sulle distanze - Potere di deroga dalla normativa secondaria dei regolamenti comunali - Esclusione - Art. 873 cod. civ.. La nozione di costruzione, agli effetti della normativa sulle distanze, è unica ed è stabilita dal codice civile, e non può essere derogata dalla normativa secondaria dei regolamenti comunali, giacché il rinvio contenuto nell’art. 873 cod. civ. alle fonti locali è limitato alla sola facoltà per i regolamenti locali di stabilire una distanza maggiore (tra edifici o dal confine) rispetto a quella codicistica. Presidente A. Vella, Relatore L. Piccialli - Ric. Gatto. CORTE DI CASSAZIONE Civile, Sezione II del 26 gennaio 2005, Sentenza n. 1556
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