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 Massime della sentenza

 

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sezione III 13 maggio 2005 (Ud. 23/03/2005), Sentenza n. 17840

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sezione III - 13 maggio 2005 (Ud.23/03/2005), Sentenza n. 17840 

Pres. Vitalone - Rel. Grillo - Ric. Salerno - P.M. Passacantando

 

 

Composta dagli Ill.mi signori:
Dott.Claudio Vitalone                             Presidente
1-Dott.Ciro Petti                                    Consigliere
2-Dott.Carlo M.Grillo                              Consigliere
3-Dott.Aldo Grassi                                 Consigliere
4-Dott.Alfredo M.Lombardi                      Consigliere

ha pronunciato la seguente
 

SENTENZA
 

sul ricorso proposto da SALERNO FAUSTO, nato a Monteforte Cilento il 16/9/1954,
avverso la sentenza n. 401/04 del 14-20/4/2004, pronunciata dal Tribunale di Vallo della Lucania.
Letti gli atti, la sentenza denunciata ed il ricorso;
udita in pubblica udienza la relazione fatta dal Consigliere Carlo M. Grillo;
udite le conclusioni del P.M., in persona del S. Procuratore Generale G. Passacantando, con le quali chiede l'annullamento senza rinvio dell' impugnata sentenza essendo i reati estinti per prescrizione;
udito il difensore, avv. F. Maldonato, che insiste per 1' accoglimento del ricorso ed in subordine per la dichiarazione di prescrizione dei reati;
la Corte osserva:
 

l'ATTO E DIRITTO
 

Con la decisione indicata in premessa il Tribunale dì Vallo della Lucania, in composizione monocratica, condannava Salerno Fausto, legale rappresentante della ditta "T.M.I. s.r.l.", alla pena di € 2.800,00 dì ammenda in ordine ai reati, accertati l' 1/12/99, di cui agli artt. 51, commi 1 e 2, D. L.vo n. 22/1997 (attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento di rifiuti speciali, in mancanza di autorizzazione regionale e di iscrizione o comunicazione prevista dagli art. 27/33 dello stesso decreto) e 24, comma 2, D.P.R. n. 203/1988 (attività di combustione di rifiuti in carenza di comunicazione al Sindaco ed alla Regione).


Avverso tale decisione ricorre per cassazione l'imputato, deducendo:

1) violazione dell' art. 521 c.p.p., non essendovi correlazione tra la sentenza e l' imputazione contestata; la condanna infatti è stata pronunziata in ordine al reato di deposito incontrollato di rifiuti, mentre l'addebito è di esercizio di un'attività di raccolta, trasporto, recupero e smaltimento di rifiuti speciali;

2) inutilizzabilità ai fini della decisione del "verbale di attività di indagine" 1/12/99 dei Carabinieri di Ogliastro Cilento, non riguardando lo stesso atti "irripetibili", tanto è vero che le medesime circostanze in esso contenute sono state oggetto della testimonianza del maresciallo Trezza;

3) insussistenza del reato di cui al capo a) della rubrica, non avendo il giudice accertato, al fine di stabilire se trattavasi o meno di legittimo "deposito temporaneo", nè se i rifiuti de quibus fossero pericolosi o non pericolosi, e dunque quale disciplina applicare, nè la quantità degli stessi, e cioè se superassero i 20 metri cubi, e neppure la data d' inizio del ciclo produttivo;

4) insussistenza del reato di cui al capo d) della rubrica, non avendo accertato il giudice il presupposto per l'applicazione della norma, e cioè che trattavasi di impianto produttivo di emissioni nell'atmosfera, idonee a cagionare inquinamento.


All' odierna udienza dibattimentale, il P.G. e la difesa concludono come riportato in premessa.


Rileva preliminarmente il Collegio che, non essendo il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi, e non risultando evidente dagli atti processuali la sussistenza delle condizioni per procedersi ad una assoluzione del prevenuto nel merito, ai sensi del comma 2 dell' art. 129 c.p.p., deve dichiararsi l'estinzione per prescrizione dei reati rubricati. Invero il termine prescrizionale dì cui agli artt. 157-160 c.p., decorrente -come si è detto- dall' 1/12/1999, è spirato, in mancanza di cause di sospensione dei termini processuali, l'1/6/2004. Qualche considerazione specifica s' impone con riguardo alla contravvenzione prevista dall' art. 24, comma 2, D.P.R. n. 203/1988, non ignorando il Collegio che alcune decisioni di questa Corte Suprema (tra le altre: Casta. Sez. III, 30 luglio 1994, n. 8703, Botta; 21 dicembre 1994, n. 12710, D' Alessandro) hanno affermato la natura permanente della stessa.


Secondo tale orientamento giurisprudenziale, essendo la comunicazione di messa in esercizio dell' impianto (come le ulteriori prescritte comunicazioni dei dati relativi alle emissioni effettuate) temporalmente collegata all'esperimento dell'accertamento previsto dall' art. 8, ultimo comma, stesso d.P.R. n. 203/1988, il reato permane finche' il protrarsi dell' omissione impedisce tale accertamento.


Infatti (questa la ratio) il controllo regionale deve operare sia prima della costruzione del nuovo impianto, attraverso l'autorizzazione, sia al momento della sua attivazione, attraverso la verifica della regolarità delle misure e dei dispositivi di prevenzione dell' inquinamento effettivamente adottati.


Pur prendendo atto di tale interpretazione, ritiene il Collegio che la lettera della norma non consenta di condividerla, a meno di non volerne forzare il precetto, violando però il principio di legalità (art. 25, comma 2, Cost.). Recita infatti il secondo comma dell'art. 24 in questione: "Chi attiva l' esercizio di un nuovo impianto senza averne dato, nel termine prescritto, comunicazione preventiva alle autorità competenti è punito ..."; il termine prescritto è quello posto dall' art. 8, comma 1, dello stesso D.P.R. di "almeno quindici giorni prima di dare inizio alla messa in esercizio degli impianti".


La comunicazione in questione, quindi, non può che essere preventiva, e cioè deve precedere l' attivazione del nuovo impianto, essendo peraltro finalizzata a provocare il controllo di cui all' art. 8 da parte delle competenti autorità. L' adempimento postumo del precetto, che porrebbe termine alla permanenza del reato secondo l'orientamento giurisprudenziale sopra richiamato, non è contemplato dalla norma, che anzi non solo stabilisce la precedenza della comunicazione rispetto all' attivazione dell' impianto, ma pone altresì un ulteriore limite temporale invalicabile ("nel termine prescritto") per detto adempimento.


Appare opportuno in proposito il richiamo alle argomentazioni di cui alla sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte 14-23 luglio 1999, n. 19, riguardante la normativa antisismica (1. n. 64/1974), con la quale è stata esclusa la natura permanente dei reati previsti dagli artt. 17, 18 e 20 della stessa, che - sotto i profili della formulazione e della ratio - molti punti in comune hanno con la disposizione in esame.
 

P.Q.M.
 

la Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata essendo i reati estinti per prescrizione.

Il presidente Claudio Vitalone

Depositata in Cancelleria 13 maggio 2005

 

 

 

M A S S I M E

 Sentenza per esteso

 

Rifiuti - Comunicazione preventiva di messa in esercizio dell'impianto - Controllo da parte delle competenti autorità - Necessità - Reati - Prescrizione - Termini - Artt. 51, commi 1 e 2, D. L.vo n. 22/1997. La comunicazione di messa in esercizio dell'impianto è temporalmente collegata all'esperimento dell'accertamento previsto dall'art. 8, ultimo comma, stesso d.P.R. n. 203/1988, il reato permane finche' il protrarsi dell'omissione impedisce tale accertamento. La comunicazione in questione, quindi, non può che essere preventiva, e cioè deve precedere l'attivazione del nuovo impianto, essendo peraltro finalizzata a provocare il controllo di cui all' art. 8 da parte delle competenti autorità. L'adempimento postumo del precetto, che porrebbe termine alla permanenza del reato secondo 1' orientamento giurisprudenziale sopra richiamato, non è contemplato dalla norma, che anzi non solo stabilisce la precedenza della comunicazione rispetto all'attivazione dell' impianto, ma pone altresì un ulteriore limite temporale invalicabile ("nel termine prescritto") per detto adempimento.  Pres. Vitalone - Rel. Grillo - Ric. Salerno - P.M. Passacantando. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sezione III - 13 maggio 2005 (Ud. 23/03/ 2005), Sentenza n. 17840

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