Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
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CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sezione III 17 maggio 2005 (Ud. 12/04/2005), Sentenza n. 18205
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sezione III,
17 maggio 2005 (Ud.12/04/2005) , Sentenza n. 18205
Pres.Grassi - Rel..Lombardi - P.M Izzo - Ric. Stubing
composta dagli Ill.mi Signori:
Dott. Aldo Grassi Presidente
Dott.Vittorio Vangelista Consigliere
Dott. Alfredo Maria Lombardi Consigliere
Dott. Aldo Fiale Consiogliere
Dott. Giovanni Amoroso Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
Sul ricorso proposto dall'Avv. Alberto Niccoli Vallesi, difensore di fiducia di Stubing Solvi, n. a Ratenow (Germania) il 19.1.1941, avverso la sentenza in data 22.9.2003 della Corte di Appello di Firenze, con la quale, in parziale riforma di quella del Tribunale di Grosseto in data 26.11.2002, venne condannata alla pena di 14.580,00 euro di ammenda, di cui e 580,00 in sostituzione della pena di giorni quindici di arresto, quale colpevole del reato di cui all'art. 163 del D. L.vo n. 490/99.
Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;
Udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Alfredo Maria
Lombardi;
Udito il P.M., in persona del Sost. Procuratore Generale Dott. Gioacchino Izzo,
che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Udito il difensore, Avv. Alberto Niccoli Vallesi, che ha concluso per
l'accoglimento del ricorso e, in subordine, per il differimento del processo in
attesa della definizione del procedimento di compatibilità ambientale;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Firenze ha confermato la
pronuncia di colpevolezza di Stubing Solvi in ordine al reato di cui all'art.
163 del D. L.vo n. 490/99, ascrittole perché, in qualità di amministratore unico
della Società Ciak Pop Corn S.r.l., realizzava una serie di muri di recinzione
in pietrame e malta, un complesso murario con piano di lavoro e lavabo, la
pavimentazione prospiciente l'ingresso del fabbricato preesistente e
modificazioni prospettiche di quest'ultimo in zona sottoposta a vincolo
paesaggistico senza l'autorizzazione dell'amministrazione preposta alla tutela
del vincolo.
Per quanto interessa ai fini del giudizio di legittimità la Corte territoriale
ha rigettato la richiesta di sospensione del procedimento in seguito all'entrata
in vigore della L. 134/2003, nonché l'eccezione di incompetenza per territorio
del giudice di primo grado, fondata nei motivi di appello aggiunti sul rilievo
che il processo era stato illegittimamente trattato presso il Tribunale di
Grosseto, invece che presso la competente sezione distaccata di Orbetello; la
sentenza impugnata ha rigettato, infine, i motivi di gravame con i quali
l'appellante aveva dedotto la natura manutentiva dell'intervento edilizio e la
inidoneità dello stesso a recare offesa al paesaggio, mentre ha accolto la
subordinata richiesta di sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria
corrispondente.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell'imputata, che la
denuncia con tre motivi di gravame.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo mezzo di annullamento la ricorrente denuncia la violazione ed errata applicazione dell'art. 5, co. 2, della L. n. 134/2003 e la conseguente violazione del diritto di difesa dell'imputata ex art. 178 lett. c) c.p.p., nonché la carenza di motivazione della sentenza sul punto.
Si osserva che la Corte territoriale ha ritenuto non applicabile nel giudizio di
appello la disposizione citata, omettendo di sospendere il dibattimento per
consentire all'imputata di valutare la possibilità di definire il procedimento
ai sensi dell'art. 444 c.p.p..
Si deduce, quindi, l'erroneità di tale interpretazione della norma, in quanto la
stessa si palesa riferibile indistintamente a tutti i giudizi nei quali sia in
corso il dibattimento e, pertanto, anche se in fase di appello.
Si osserva inoltre che la mancata concessione del termine si è tradotta in una
lesione del diritto di difesa dell'imputata, a nulla rilevando in contrario
l'accoglimento della subordinata richiesta di sostituzione della pena detentiva
con quella pecuniaria, in quanto tale sostituzione non era consentita prima
dell'abrogazione dell'art. 60 della L. n. 689/81, con la conseguente
inammissibilità di una richiesta di patteggiamento nel giudizio di primo grado
fondata sul presupposto che venisse concesso il citato beneficio.
Sul punto si deduce, infine, la carenza di motivazione della sentenza impugnata,
in quanto genericamente formulata per relationem mediante il rinvio a non meglio
precisati precedenti della stessa Corte di Appello.
Con il secondo mezzo di annullamento la ricorrente denuncia la violazione ed
errata applicazione dell'art. 21 c.p.p..
Si deduce che la sentenza, nell'affermare la tardività della eccezione di
incompetenza territoriale del giudice di primo grado, non ha tenuto conto della
circostanza che l'incompetenza eccepita è maturata solo a seguito della
decisione del Consiglio Superiore della Magistratura di non approvare la
decisione del Presidente del Tribunale di Grosseto, con la quale era stato
disposto che la trattazione dei procedimenti di competenza della sezione
distaccata di Orbetello avvenisse a Grosseto.
Con l'ultimo mezzo di annullamento la ricorrente denuncia la violazione ed
errata applicazione dell'art. 163 del D. L.vo n. 490/99, nonché della legge
extrapenale integratrice della fattispecie criminosa e la manifesta illogicità
della motivazione.
Si deduce, in sintesi, che la sentenza impugnata ha illogicamente escluso la
natura di intervento di manutenzione ordinaria e straordinaria da attribuirsi ai
lavori eseguiti, con particolare riferimento alla realizzazione dei muretti di
recinzione, pur essendo stata ammessa dai giudici di merito la possibilità di
una loro preesistenza; che, stante la indicata natura dell'intervento edilizio,
ne doveva essere esclusa la offensività per il paesaggio; offensività in ogni
caso insussistente. Con riferimento al cosiddetto complesso murario con piano di
lavoro e lavabo se ne deduce la natura di accessorio del fabbricato
preesistente, con la conseguenza che la realizzazione dello stesso non era
subordinata al rilascio della concessione edilizia. Si osserva, infine, che
l'argomentazione con la quale i giudici di merito hanno escluso la buona fede
dell'imputata, per essersi munita in precedenza delle prescritte autorizzazioni,
è illogica e fuorviante, dovendosi inferire da tale fatto proprio il
convincimento della imputata che, nel caso in esame, tali autorizzazioni non
erano necessarie.
Con motivi aggiunti la ricorrente ha dedotto che i fatti di cui alla
contestazione devono ritenersi penalmente irrilevanti a seguito dell'entrata in
vigore, successivamente alla decisione impugnata, del D. L.vo n. 42 del 2004, il
cui articolo 181, come modificato dall'art. 1, comma 36 lett. c), della L. n.
308/2004, esclude l'applicabilità della sanzione penale nel caso di lavori
eseguiti in assenza della prescritta autorizzazione, che non abbiano determinato
la creazione di superfici utili o di volumi, o che abbiano natura di intervento
di manutenzione ordinaria o straordinaria, allorché ne venga accertata la
compatibilità ambientale.
I citati motivi aggiunti, che si palesano assorbenti del terzo motivo di
ricorso, sono fondati nei limiti di seguito precisati.
Per completezza di esame deve essere, comunque, preliminarmente rilevata la
infondatezza dei due primi motivi di gravame di cui al ricorso.
Osserva il Collegio, in ordine alla denunciata violazione dell'art. 5 della L.
12.6.2003 n. 134, che l'applicabilità del cosiddetto patteggiamento allargato,
introdotto dalla disposizione citata, è stata già esclusa da questa Suprema
Corte con riferimento ai giudizi di impugnazione, essendo "dettata
esclusivamente per il giudizio di primo grado" (sez. un. 200347289, Petrella,
riv. 226073).
Esattamente, pertanto, la Corte territoriale ha omesso di sospendere il
dibattimento di appello in applicazione dell'art. 5, co. 2, della L. n. 134/03,
non estendendosi la facoltà di definizione del procedimento, ai sensi dell'art.
444 c.p.p., come modificato dalla disposizione citata, al giudizio di appello,
mentre a nulla rileva, conseguentemente, l'eventuale carenza di motivazione
della sentenza sul punto.
Va inoltre osservato con riferimento al secondo motivo di gravame che secondo il
consolidato indirizzo interpretativo dì questa Corte "L'incompetenza
territoriale deve essere dedotta ai sensi dell'art 491 c.p.p., subito dopo
l'accertamento, per la prima volta, della regolare costituzione delle parti,
indipendentemente dal momento in cui essa diviene effettivamente deducibile. "
(sez. V, 199914696, Braga P.L., riv. 215190; conf. 199200915, confl. comp. in
proc. Santarello, riv. 189930)
La sentenza impugnata, pertanto, ha esattamente escluso la deducibilità
dell'eccezione di incompetenza per territorio del giudice di primo grado per la
prima volta con l'atto di appello, a nulla rilevando il fatto che detta
incompetenza sia stata resa manifesta dalla mancata approvazione da parte del
Consiglio Superiore della Magistratura della delibera del Presidente del
Tribunale di Grosseto, la cui legittimità poteva essere contestata anche
dall'imputata.
Si osserva, invece, in ordine ai motivi aggiunti di ricorso, che,
successivamente alla decisione impugnata, l'art. 181 del Codice dei beni
culturali e del paesaggio, approvato con il D. L.vo 22.1.2004 n. 41, che
sostanzialmente riproduceva il testo dell'art. 163 del D. L.vo n. 490/99, è
stato modificato dall'art. 1, co. 36 lett. c), della L. 15.12.2004 n. 308, tra
l'altro, mediante la introduzione del comma 1 ter, ai sensi del cui disposto:
"Ferma restando l'applicazione delle sanzioni amministrative ripristinatone o
pecuniarie di cui all'art 167, qualora l'autorità amministrativa competente
accerti la compatibilità paesaggistica secondo le procedure di cui al comma 1
quater, la disposizione di cui al comma I non si applica:
a) per i lavori, realizzati in assenza o difformità dell'autorizzazione
paesaggistica, che non
abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di
quelli
legittimamente realizzati;
b) per l'impiego di materiali in difformità dell'autorizzazione paesaggistica;
c) per i lavori configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o
straordinaria ai sensi dell'articolo 3 del decreto del Presidente della
Repubblica 6 giugno 2001 n. 380."
La disposizione citata, pertanto, ha operato una sostanziale depenalizzazione
dei fatti descritti nelle varie ipotesi sopra riportate, ritenuti dal
legislatore meno lesivi dell'interesse protetto dalla norma, a condizione che
venga accertata la compatibilità paesaggistica dei lavori eseguiti.
La disposizione sopra riportata, pertanto, risulta applicabile anche ai fatti
pregressi, ai sensi dell'art. 2, co. 2, c.p., ricorrendo le condizioni in essa
enunciate.
Orbene, nel caso in esame emerge dall'accertamento di merito che successivamente
all'esecuzione dei lavori di cui alla contestazione l'imputata ha ottenuto, in
data 23.4.2002, una concessione in sanatoria, preceduta dal parere favorevole
del collegio ambientale, con applicazione dell'indennità risarcitoria ai sensi
dell'art. 164 del D. L.vo n. 490/99.
La stessa Stubing, inoltre, secondo le risultanze della certificazione prodotta,
ha presentato, in data 2.2.2005, istanza di accertamento della compatibilità
paesaggistica delle opere di cui alla contestazione, ai sensi dell'art. 181, co.
1 quater, del Codice dei beni culturali e del paesaggio, introdotto dall'art. 1,
co. 36, della citata L n. 308/2004, nonché ai sensi dei commi successivi del
citato art. 1.
Si palesa, pertanto, necessaria, alla luce della citata novella legislativa, una
ulteriore valutazione di merito in ordine alla rilevanza penale dell'intervento
edilizio eseguito dalla Stubing, in relazione alla natura dello stesso,
rilevandosi che dall'accertamento di fatto contenuto in sentenza può desumersi
che, se è stata esclusa la natura manutentiva dei lavori eseguiti dall'imputata,
tuttavia non viene menzionata l'esecuzione di opere idonee a creare una nuova
volumetria, sicché il fatto di cui alla contestazione potrebbe rientrare
nell'ipotesi di cui all'art. 181, co 1 ter lett. a) del D. L.vo n. 41/2004, come
novellato, tenuto conto del parere favorevole in ordine alla compatibilità
ambientale delle opere realizzate, che risulta essere stato già ottenuto dalla
Stubing, da ritenersi equipollente a quello previsto dalla novella legislativa,
o, comunque, di quello ulteriore oggetto della richiesta successivamente
formulata ai sensi della legge di riforma.
La sentenza impugnata deve essere, pertanto annullata con rinvio per un nuovo
giudizio che tenga conto delle citate disposizioni di riforma dell'art. 181 del
Codice dei beni culturali e del paesaggio.
P.Q.M.
La Corte annulla la sentenza
impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Firenze per un
nuovo giudizio.
Così deciso in Roma nella pubblica udienza del 12.4.2005
IL PRESIDENTE Aldo Grassi
IL CONSIGLIERE RELATORE Alfredo M.Lombardi
Depositata in Cancelleria 17 maggio 2005
Beni culturali e ambientali – Tutela del paesaggio - Art. 181 del Codice dei beni culturali e del paesaggio – Abusivismo – Depenalizzazione - L. 15.12.2004 n. 308 – Condizioni e limiti. L'art. 181 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, approvato con il D. L.vo 22.1.2004 n. 41, che sostanzialmente riproduceva il testo dell'art. 163 del D. L.vo n. 490/99, è stato succesivamente modificato dall'art. 1, co. 36 lett. c), della L. 15.12.2004 n. 308. La disposizione, pertanto, ha operato una sostanziale depenalizzazione nelle varie ipotesi in essa contenute e ritenuti dal legislatore meno lesivi dell'interesse protetto dalla norma, a condizione che venga accertata la compatibilità paesaggistica dei lavori eseguiti. Sicché, risulta applicabile anche ai fatti pregressi, ai sensi dell'art. 2, co. 2, c.p., ricorrendo le condizioni in essa enunciate. Fattispecie: realizzazione di una serie di muri di recinzione in pietrame e malta, un complesso murario con piano di lavoro e lavabo, la pavimentazione prospiciente l'ingresso del fabbricato preesistente e modificazioni prospettiche di quest'ultimo in zona sottoposta a vincolo paesaggistico senza l'autorizzazione dell'amministrazione preposta alla tutela del vincolo. Pres.Grassi - Rel..Lombardi - P.M Izzo - Ric. Stubing. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sezione III 17 maggio 2005 (Ud. 12/04/2005), Sentenza n. 18205
Procedure e varie -
Incompetenza territoriale - Art 491 c.p.p.. L'incompetenza territoriale deve
essere dedotta ai sensi dell'art 491 c.p.p., subito dopo l'accertamento, per la
prima volta, della regolare costituzione delle parti, indipendentemente dal
momento in cui essa diviene effettivamente deducibile. " (sez. V, 199914696,
Braga P.L., riv. 215190; conf. 199200915, confl. comp. in proc. Santarello, riv.
189930). Pres.Grassi - Rel..Lombardi - P.M Izzo - Ric. Stubing. CORTE DI
CASSAZIONE PENALE, Sezione III 17 maggio 2005 (Ud. 12/04/2005), Sentenza n.
18205
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