Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
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CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sezione III - 20 maggio 2005 (Ud. 15/02/2005), Sentenza n. 19235
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sezione III -
20 maggio 2005 (Ud.15 febbraio 2005), Sentenza n.19235
Pres. Antonio Zumbo - Rel. Aldo Fiale - P.M. Vittorio Meloni - Ric. Benzo Leonardo e Distinto Maria
Composta dagli Ill.mi Sigg.:
Dott.Antonio Zumbo
Presidente
1-Dott.Mario Gentile
Consigliere
2-Dott.Vittorio Vangelista
Consigliere
3-Dott.Aldo Fiale
Consigliere
4-Dott.Giulio Sarno
Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
1 - Benzo Leonardo nato Pizzo Calabro il 28.3.1931
2 - Distinto Maria nata a Napoli il 23.12.1934
Avverso la sentenza 22.12.2003 della Corte di Apello di Napoli.
Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso
udita in pubblica udienza la relazione fatta dal Consigliere Aldo Fiale
Udito il Pubblico Ministero in persona di Vittorio Meloni cha ha concluso per la
declaratoria di inammissibilità del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 22.12,2003 la Corte di Appello di Napoli, in parziale riforma
della sentenza 6.12.2002 del Tribunale monocratico di quella città:
a) ribadiva l'affermazione della responsabilità penale di Benzo Leonardo e
Distinto Maria in ordine al reato di cui:
- all'art. 163 D.Lgs. n. 490/1999, in relaz. all'art. 20, lett. c), legge n.
47/1985 (per avere realizzato su un'area di comune proprietà, in zona sottoposta
a vincolo paesaggistico, in assenza della prescritta autorizzazione, un muro di
recinzione alto mt. 1,70 e lungo circa 30 mt. - acc. in Napoli, fino al
10.10.2000), e, della sola Distinto anche in ordine al reato di cui:
- all'art. 349 cpv. cod. pen. (violazione, in qualità di custode, dei sigilli
apposti al manufatto abusivo);
b) e, con le già riconosciute circostanze attenuanti generiche, unificati tutti i
reati nel vincolo della continuazione ex art. 81 cpv. cod. pen., determinava le
pene - condizionalmente sospese - per la Distinto, in mesi 7 di reclusione ed
curo 200,00 di multa e, per il Benzo, in giorni 20 di arresto ed curo 10.340,00
di ammenda, confermando la pena accessoria inflitta per il delitto e l'ordine di
rimessione in pristino dello stato originario dei luoghi.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il difensore degli imputati, il quale
ha eccepito che:
- i lavori realizzati, in quanto meramente manutentivi e pertinenziali, non
richiedevano il rilascio di concessione edilizia;
-
l'affermazione di responsabilità del Benzo si ricollega, incongruamente, alla
sola sua qualità di coniuge della Distinto;
-
non è configurabile violazione di sigilli a fronte di un'attività di mera
pitturazione di un muro già finito ed intonacato;
-
illegittimamente il procedimento non era stato sospeso, ex art. 44 della legge
n. 47/1985, in relazione alla possibilità di sanatoria (c.d. condono edilizio)
riconosciuta dall'art. 32 del D.L. 30.9.2003, n. 269, convertito con
modificazioni dalla legge 24.11.2003, n. 326.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso deve essere rigettato, perché tutte le doglianze in esso svolte sono
infondate.
I. La prima eccezione è assolutamente irrilevante, poiché riferita al rilascio
della concessione laddove i ricorrenti non sono stati condannati per reato
edilizio.
Secondo l'orientamento costante di questa Corte Suprema [vedi, tra le molteplici
pronunzie, Cass., Sez. III: 27.11.1997, Zauli ed altri; 7.5.1998, Vassallo;
13.1.2000, Mazzocco ed altro; 5.10.2000, Lorenzi; 29.11.2001, Zecca ed altro;
15.4.2002, P.G. in proc. Negri; 14.5.2002, Migliore; 4.10.2002, Debertol;
7.3.2003, Spinosa; 6.5.2003, Cassisa; 23.5.2003, P.M. in proc. Invernici;
26.5.2003, Sargentini; 5.8.2003, Mori; 7.10.2003, Fierro] il reato di cui all'art.
1
sexies della legge n. 431/1985 (previsto poi dall'art. 163 del D.Lgs. n.
490/1999 ed attualmente dall'art. 181 del D.Lgs. 22.1.2004, n. 42) è reato di
pericolo astratto e, pertanto, per la configurabilità dell'illecito, non è
necessario un effettivo pregiudizio per l'ambiente, potendo escludersi dal
novero delle condotte penalmente rilevanti soltanto quelle che si prospettano
inidonee, pure in astratto, a compromettere i valori del paesaggio e l'aspetto
esteriore degli edifici [vedi pure, in proposito, Corte Cost., sent. n. 247 del
1997 ed ord. n. 68 del 1988.
Nelle zone paesisticamente vincolate è inibita - in assenza dell'autorizzazione
già prevista dall'art. 7 della legge n. 1497 del 1939, le cui procedure di
rilascio sono state innovate dalla legge n. 431/1985 e sono attualmente
disciplinate dall'art. 146 del D.Lgs. n. 42/2004 - ogni modificazione
dell'assetto del territorio, attuata attraverso lavori di qualsiasi genere, non
soltanto edilizi (con le deroghe eventualmente individuate dal piano
paesaggistico, ex art. 143, 5° comma - lett. b, del D.Lgs. n. 42/2004, nonché ad
eccezione degli interventi previsti dal successivo art. 149 e consistenti - per
quanto rileva nel presente procedimento - nella manutenzione, ordinaria e
straordinaria, nel consolidamento statico o restauro conservativo, purché non
alterino lo stato dei luoghi e l'aspetto esteriore degli edifici).
Il legislatore, imponendo la necessità dell'autorizzazione, ha inteso assicurare
una immediata informazione e la preventiva valutazione, da parte della pubblica
Amministrazione, dell'impatto sul paesaggio nel caso di interventi (consistenti
in opere edilizie ovvero in altre attività antropiche) intrinsecamente capaci di
comportare modificazioni ambientali e paesaggistiche, al fine di impedire che la
stessa PA., in una situazione di astratta idoneità lesiva della condotta
inosservante rispetto al bene finale, sia posta di fronte al fatto compiuto.
La fattispecie incriminatrice è rivolta a tutelare, dunque, sia l'ambiente sia,
strumentalmente e mediatamente, l'interesse a che la P.A. preposta al controllo
venga posta in condizioni di esercitare efficacemente e tempestivamente detta
funzione: la salvaguardia del bene ambientale, in tal modo, viene anticipata
mediante la previsione di adempimenti formali finalizzati alla protezione finale
del bene sostanziale ed anche a tali adempimenti è apprestata tutela penale.
La Corte Costituzionale, in proposito, ha precisato (sentenza n. 247 del 1997)
che anche per i reati ascritti alla categoria di quelli formali e di pericolo
presunto od astratto è sempre devoluto al sindacato del giudice penale
l'accertamento in concreto dell'offensività specifica della singola condotta,
dal momento che, ove questa sia assolutamente inidonea a porre a repentaglio il
bene giuridico tutelato, viene meno la riconducibilità della fattispecie
concreta a quella astratta e si verte in tema di reato impossibile, ex art. 49
cod. pen. (sentenza n. 360 del 1995).
Nella specie è stato realizzato un muro di recinzione alto mt. 1,70 e lungo
circa 30 mt., il cui impatto sul territorio è più che evidente.
La vicenda, pertanto - mancando la dimostrazione che sia stata posta in essere
un'attività di mera manutenzione che non abbia alterato lo stato dei luoghi - è
caratterizzata dall'esecuzione di opere oggettivamente non irrilevanti ed
astrattamente idonee a compromettere l'ambiente: sussiste, quindi, un'effettiva
messa in pericolo del paesaggio, oggettivamente insita nella minaccia ad esso
portata e valutabile come tale ex ante, nonché una violazione dell'interesse
dalla P.A. ad una corretta informazione preventiva ed all'esercizio di un
efficace e sollecito controllo.
2. In ordine alla responsabilità del proprietario (o comproprietario) per
l'esecuzione di una costruzione priva di un necessario titolo abilitante (nella
specie l'autorizzazione paesaggistica), va ribadito l'orientamento di questa
Corte secondo il quale non può essere attribuito ad un soggetto, per il solo
fatto di essere proprietario di un 'area, un dovere di controllo dalla cui
violazione derivi una responsabilità penale per costruzione abusiva. Il semplice
fatto di essere proprietario o comproprietario del terreno sul quale vengono
svolti lavori edili illeciti, pur potendo costituire un indizio grave, non è
sufficiente da solo ad affermare la responsabilità penale, nemmeno qualora il
soggetto che riveste tali qualità sia a conoscenza che altri eseguano opere
abusive sul suo fondo, essendo necessario, a tal fine, rinvenire altri elementi
in base ai quali possa ragionevolmente presumersi che egli abbia in qualche modo
concorso, anche solo moralmente, con il committente o l'esecutore dei lavori
abusivi (vedi Cass., Sez. III, 29.3.2001, Bertin).
Non può dimenticarsi che legittimato a richiedere il titolo abilitante è, in
primo luogo, il proprietario del fondo ed occorre considerare, in sostanza, la
situazione concreta in cui si è svolta l'attività incriminata, tenendo conto non
soltanto dalla piena disponibilità, giuridica e di fatto, del suolo e
dall'interesse specifico ad effettuare la nuova costruzione (principio del "cui prodest") bensì pure: dei rapporti di parentela o di affinità tra l'esecutore
dell'opera abusiva ed il proprietario; dell'eventuale presenza "in loco" di quest'ultimo; dello svolgimento di attività di materiale vigilanza
dell'esecuzione dei lavori; della richiesta di provvedimenti abilitativi anche
in sanatoria; del regime patrimoniale fra coniugi e, in definitiva, di tutte
quelle situazioni e quei comportamenti, positivi o negativi, da cui possano
trarsi elementi integrativi della colpa e prove circa la compartecipazione,
anche morale, all'esecuzione delle opere, tenendo presente pure la destinazione
finale della stessa (cfr. in proposito Cass., Sez. III: 29.4.1999, n. 5476,
Zarbo; 16.5.2000, Di Marco ed altro; 27.9.2000, n. 10284, Cutaia ed altro;
3.5.2001, n. 17752, Zorzi ed altri; 10.8,2001, n. 31130, Gagliardi; 26,11.2001,
Sutera Sardo ed altra).
A tale orientamento, che può considerarsi ormai prevalente, aderisce questo
Collegio ed alla stregua di esso deve rilevarsi che i giudici del merito hanno
esattamente valutato la corresponsabilità del Benzo nell'esecuzione del muro di
recinzione, basata su elementi gravi, precisi e concordanti quali: la
disponibilità giuridica e di fatto del terreno e dell'abitazione recintata; la
convivenza con il coniuge e la residenza stabile nel luogo in cui si è
edificato; l'interesse a realizzare il manufatto per esigenze comuni al nucleo
familiare. L'imputato, del resto, non ha fornito alcun elemento idoneo a
dimostrare la propria inconsapevolezza dell'esecuzione del manufatto abusivo o
il veto da esso posto all'attività edificatoria.
3. Le previsioni dell'art. 349 cod. pen. tutelano sia l'integrità materiale sia
quella strumentale e funzionale della cosa assoggettata a sequestro: ne consegue
che qualunque condotta, anche non determinante la distruzione effettiva dei
sigilli o dei loro equivalenti, ma comunque rivolta a frustrare l'assicurazione
della cosa per la finalità di pubblico interesse e ad eludere, quindi, il
vincolo di immodificabilità imposto con il sequestro, è idonea ad integrare il
delitto di violazione di sigilli (vedi, tra le più recenti decisioni in tal
senso, Cass., Sez. III: 18.6.2003, n. 26185; 8.1.2001, n. 36210; 29.2 2000, n.
2508).
Nella specie nessun dubbio può sussistere circa l'effettiva elusione del vincolo
di custodia, poiché è stato accertato - in punto di fatto - l'avvenuto
proseguimento dei lavori abusivi, con il completamento del muro di recinzione
anche in un tratto terminale di esso che era invece incompleto al momento
dell'effettuato sequestro.
4. In tema di condono edilizio, nel caso di operatività della sospensione ex art.
44 della legge n. 47/1985 (rivolta a consentire agli interessati di presentare
la domanda di sanatoria), se il giudice, per errore, non sospende un
procedimento sospendibile, non si produce per ciò alcuna nullità, essendo tale
omissione - in relazione al principio di tassatività delle nullità - priva di
sanzione processuale (vedi Cass., Sez. III: 3.7.1998, n. 7847, Tedesco ed altri;
27.7.1995, n. 8545, D'Apice e, con riferimento alla sospensione ex art. 38 della
legge n. 47/1985, in seguito alla effettiva presentazione della domanda di
condono, Cass., Sez. III.: 10.12.1997, n. 11334, Fede e 20.6.1995, n. 7021,
Spettro).
L'omissione della sospensione neppure comporta una incompetenza funzionale
temporanea, ma solo un vizio "in procedendo", rilevante qualora sussista un
interesse concreto ed attuale a dedurlo (Cass, Sez. III, n. 8545/95).
Deve affermarsi, in materia, il principio che la sospensione del processo, ex
art. 44 della legge n. 47/1985, opera indipendentemente dalla pronuncia del
giudice (che ha natura meramente dichiarativa), purché però sussistano i
presupposti di legge. Proprio per la natura dichiarativa, e non costitutiva,
della sospensione, non è necessario un formale provvedimento giudiziale per la
operatività di essa, che può essere accertata anche in sede di giudizio finale (Cass.,
Sez. 111, 143.1999, n. 6054, P.M. in proc. Bartaloni ed altri).
Nella fattispecie in esame i ricorrenti non hanno alcun interesse a lamentare il
vizio "in procedendo" in questione, poiché non hanno dimostrato di aver subito
alcun pregiudizio, né di avere successivamente presentato istanza di condono. In
presenza di una dimostrazione siffatta, invece, anche questa Corte di
legittimità avrebbe potuto sospendere il procedimento, ex art. 38 della legge n.
47/1985, previa effettuazione di un doveroso controllo riferito alla
configurabilità dell'esistenza dei presupposti per conseguire la sanatoria (vedi
Cass., Sez. Unite, 24.11.1999, n. 22, Sadini).
5. Al rigetto dei ricorsi segue la condanna solidale dei ricorrenti al pagamento
delle spese processuali.
P.Q.M.
la Corte Suprema di Cassazione,
visti gli artt. 607, 615 e 616 c.p.p.,
rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese
processuali.
ROMA, 15.2.2005
Il Consigliere rel.Aldo Fiale
Il presidente Antonio Zumbo
Depositata in Cancelleria 20 maggio 2005
Il Funzionario di Cancelleria Dott.Fiorella Donati
1) Beni culturali e ambientali - Art. 181 D.Lgs. n. 42/2004 - Reato di pericolo astratto - Configurabilità - Valori del paesaggio e l'aspetto esteriore degli edifici. Il reato di cui all'art. 1 sexies della legge n. 431/1985 (previsto poi dall'art. 163 del D.Lgs. n. 490/1999 ed attualmente dall'art. 181 del D.Lgs. 22.1.2004, n. 42) è reato di pericolo astratto e, pertanto, per la configurabilità dell'illecito, non è necessario un effettivo pregiudizio per l'ambiente, potendo escludersi dal novero delle condotte penalmente rilevanti soltanto quelle che si prospettano inidonee, pure in astratto, a compromettere i valori del paesaggio e l'aspetto esteriore degli edifici [vedi, in proposito, Corte Cost., sent. n. 247 del 1997 ed ord. n. 68 del 1988]. (Cass., Sez. III: 27.11.1997, Zauli ed altri; 7.5.1998, Vassallo; 13.1.2000, Mazzocco ed altro; 5.10.2000, Lorenzi; 29.11.2001, Zecca ed altro; 15.4.2002, P.G. in proc. Negri; 14.5.2002, Migliore; 4.10.2002, Debertol; 7.3.2003, Spinosa; 6.5.2003, Cassisa; 23.5.2003, P.M. in proc. Invernici; 26.5.2003, Sargentini; 5.8.2003, Mori; 7.10.2003, Fierro). Pres.Antonio Zumbo-Rel. Aldo Fiale-P.M.Vittorio Meloni-Ric.Benzo Leonardo e Distinto Maria. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sezione III - 20 maggio 2005 (Ud. 15 febbraio 2004), Sentenza n. 19235
2) Beni culturali e ambientali - Zone paesisticamente vincolate - Tutela - Divieto di modificare il territorio - Piano paesaggistico, ex artt. 143, 5° c. - lett. b, e 149, D.Lgs. n. 42/2004 - Deroghe - Manutenzione, ordinaria e straordinaria, nel consolidamento statico o restauro conservativo - Presupposti - Necessità dell'autorizzazione. Nelle zone paesisticamente vincolate è inibita - in assenza dell'autorizzazione già prevista dall'art. 7 della legge n. 1497 del 1939, le cui procedure di rilascio sono state innovate dalla legge n. 431/1985 e sono attualmente disciplinate dall'art. 146 del D.Lgs. n. 42/2004 - ogni modificazione dell'assetto del territorio, attuata attraverso lavori di qualsiasi genere, non soltanto edilizi (con le deroghe eventualmente individuate dal piano paesaggistico, ex art. 143, 5° comma - lett. b, del D.Lgs. n. 42/2004, nonché ad eccezione degli interventi previsti dal successivo art. 149 e consistenti - per quanto rileva nel presente procedimento - nella manutenzione, ordinaria e straordinaria, nel consolidamento statico o restauro conservativo, purché non alterino lo stato dei luoghi e l'aspetto esteriore degli edifici). Sicché, il legislatore imponendo la necessità dell'autorizzazione, ha inteso assicurare una immediata informazione e la preventiva valutazione, da parte della pubblica Amministrazione, dell'impatto sul paesaggio nel caso di interventi (consistenti in opere edilizie ovvero in altre attività antropiche) intrinsecamente capaci di comportare modificazioni ambientali e paesaggistiche, al fine di impedire che la stessa PA., in una situazione di astratta idoneità lesiva della condotta inosservante rispetto al bene finale, sia posta di fronte al fatto compiuto. Pres.Antonio Zumbo-Rel. Aldo Fiale-P.M.Vittorio Meloni-Ric.Benzo Leonardo e Distinto Maria. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sezione III - 20 maggio 2005 (Ud. 15 febbraio 2004), Sentenza n. 19235
3) Tutela ambientale e paesaggistica - Reati di pericolo presunto od astratto - Accertamento in concreto dell'offensività specifica della singola condotta - Sindacato del giudice penale - Sussiste. In tema di tutela ambientale e paesaggistica, anche per i reati ascritti alla categoria di quelli formali e di pericolo presunto od astratto è sempre devoluto al sindacato del giudice penale l'accertamento in concreto dell'offensività specifica della singola condotta, dal momento che, ove questa sia assolutamente inidonea a porre a repentaglio il bene giuridico tutelato, viene meno la riconducibilità della fattispecie concreta a quella astratta e si verte in tema di reato impossibile, ex art. 49 cod. pen. (Corte Costituzionale sentenza n. 247 del 1997; C. Cost. sentenza n. 360 del 1995). Pres.Antonio Zumbo-Rel. Aldo Fiale-P.M.Vittorio Meloni-Ric.Benzo Leonardo e Distinto Maria. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sezione III - 20 maggio 2005 (Ud. 15 febbraio 2004), Sentenza n. 19235
4) Urbanistica e edilizia - Costruzione abusiva - Responsabilità del proprietario (o comproprietario) - Concorso con il committente o l'esecutore dei lavori abusivi - Elementi - Principio del "cui prodest". La responsabilità del proprietario (o comproprietario) non può essere attribuita ad un soggetto, per l'esecuzione di una costruzione priva di un necessario titolo abilitante (nella specie l'autorizzazione paesaggistica), in quanto, non sussiste, per il solo fatto di essere proprietario di un'area, un dovere di controllo dalla cui violazione derivi una responsabilità penale per costruzione abusiva. Il semplice fatto di essere proprietario o comproprietario del terreno sul quale vengono svolti lavori edili illeciti, pur potendo costituire un indizio grave, non è sufficiente da solo ad affermare la responsabilità penale, nemmeno qualora il soggetto che riveste tali qualità sia a conoscenza che altri eseguano opere abusive sul suo fondo, essendo necessario, a tal fine, rinvenire altri elementi in base ai quali possa ragionevolmente presumersi che egli abbia in qualche modo concorso, anche solo moralmente, con il committente o l'esecutore dei lavori abusivi (vedi Cass., Sez. III, 29.3.2001, Bertin). Infatti, legittimato a richiedere il titolo abilitante è, in primo luogo, il proprietario del fondo ed occorre considerare, in sostanza, la situazione concreta in cui si è svolta l'attività incriminata, tenendo conto non soltanto dalla piena disponibilità, giuridica e di fatto, del suolo e dall'interesse specifico ad effettuare la nuova costruzione (principio del "cui prodest") bensì pure: dei rapporti di parentela o di affinità tra l'esecutore dell'opera abusiva ed il proprietario; dell'eventuale presenza "in loco" di quest'ultimo; dello svolgimento di attività di materiale vigilanza dell'esecuzione dei lavori; della richiesta di provvedimenti abilitativi anche in sanatoria; del regime patrimoniale fra coniugi e, in definitiva, di tutte quelle situazioni e quei comportamenti, positivi o negativi, da cui possano trarsi elementi integrativi della colpa e prove circa la compartecipazione, anche morale, all'esecuzione delle opere, tenendo presente pure la destinazione finale della stessa (cfr. in proposito Cass., Sez. III: 29.4.1999, n. 5476, Zarbo; 16.5.2000, Di Marco ed altro; 27.9.2000, n. 10284, Cutaia ed altro; 3.5.2001, n. 17752, Zorzi ed altri; 10.8,2001, n. 31130, Gagliardi; 26,11.2001, Sutera Sardo ed altra). Pres.Antonio Zumbo-Rel. Aldo Fiale-P.M.Vittorio Meloni-Ric.Benzo Leonardo e Distinto Maria. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sezione III - 20 maggio 2005 (Ud. 15 febbraio 2004), Sentenza n. 19235
5) Urbanistica e edilizia - Apposizione di “sigilli” - Finalità di pubblico interesse - Violazione dei sigilli - Art. 349 cod. pen. - Fattispecie: abusivismo edilizio. Le previsioni dell'art. 349 cod. pen. tutelano sia l'integrità materiale sia quella strumentale e funzionale della cosa assoggettata a sequestro: ne consegue che qualunque condotta, anche non determinante la distruzione effettiva dei sigilli o dei loro equivalenti, ma comunque rivolta a frustrare l'assicurazione della cosa per la finalità di pubblico interesse e ad eludere, quindi, il vincolo di immodificabilità imposto con il sequestro, è idonea ad integrare il delitto di violazione di sigilli (conf., Cass., Sez. III: 18.6.2003, n. 26185; 8.1.2001, n. 36210; 29.2 2000, n. 2508). Pres.Antonio Zumbo-Rel. Aldo Fiale-P.M.Vittorio Meloni-Ric.Benzo Leonardo e Distinto Maria. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sezione III - 20 maggio 2005 (Ud. 15 febbraio 2004), Sentenza n. 19235
6) Urbanistica e edilizia - Condono edilizio - Domanda di sanatoria - Art. 44 della legge n. 47/1985 - Mancata sospensione del procedimento sospendibile da parte del giudice - Effetti. In tema di condono edilizio, nel caso di operatività della sospensione ex art. 44 della legge n. 47/1985 (rivolta a consentire agli interessati di presentare la domanda di sanatoria), se il giudice, per errore, non sospende un procedimento sospendibile, non si produce per ciò alcuna nullità, essendo tale omissione - in relazione al principio di tassatività delle nullità - priva di sanzione processuale (vedi Cass., Sez. III: 3.7.1998, n. 7847, Tedesco ed altri; 27.7.1995, n. 8545, D'Apice e, con riferimento alla sospensione ex art. 38 della legge n. 47/1985, in seguito alla effettiva presentazione della domanda di condono, Cass., Sez. III.: 10.12.1997, n. 11334, Fede e 20.6.1995, n. 7021, Spettro). L'omissione della sospensione non comporta una incompetenza funzionale temporanea, ma solo un vizio "in procedendo", rilevante qualora sussista un interesse concreto ed attuale a dedurlo (Cass, Sez. III, n. 8545/95). Pres.Antonio Zumbo-Rel. Aldo Fiale-P.M.Vittorio Meloni-Ric.Benzo Leonardo e Distinto Maria. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sezione III - 20 maggio 2005 (Ud. 15 febbraio 2004), Sentenza n. 19235
7) Urbanistica e edilizia - Domanda di sanatoria - Sospensione del processo - Natura dichiarativa, e non costitutiva - Art. 44 della legge n. 47/1985 - Presupposti. In materia di condono edilizio, può affermarsi, il principio che la sospensione del processo, ex art. 44 della legge n. 47/1985, opera indipendentemente dalla pronuncia del giudice (che ha natura meramente dichiarativa), purché però sussistano i presupposti di legge. Proprio per la natura dichiarativa, e non costitutiva, della sospensione, non è necessario un formale provvedimento giudiziale per la operatività di essa, che può essere accertata anche in sede di giudizio finale (Cass., Sez. 111, 143.1999, n. 6054, P.M. in proc. Bartaloni ed altri). Pres.Antonio Zumbo-Rel. Aldo Fiale-P.M.Vittorio Meloni-Ric.Benzo Leonardo e Distinto Maria. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sezione III - 20 maggio 2005 (Ud. 15 febbraio 2004), Sentenza n. 19235
8) Urbanistica e edilizia - Presentazione d’istanza di condono - Potere di sospensione del processo in sede di legittimità - Ex art. 38 della legge n. 47/1985 - Sussiste - Presupposti. In presenza di presentazione d’istanza di condono, anche la Corte di legittimità può sospendere il procedimento, ex art. 38 della legge n. 47/1985, previa effettuazione di un doveroso controllo riferito alla configurabilità dell'esistenza dei presupposti per conseguire la sanatoria (vedi Cass., Sez. Unite, 24.11.1999, n. 22, Sadini). Pres.Antonio Zumbo-Rel. Aldo Fiale-P.M.Vittorio Meloni-Ric.Benzo Leonardo e Distinto Maria. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sezione III - 20 maggio 2005 (Ud. 15 febbraio 2004), Sentenza n. 19235
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