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 Massime della sentenza

 

 

CORTE DI CASSAZIONE Sezioni Unite Civili, del 18 ottobre 2005, Ordinanza n. 20123

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


CORTE DI CASSAZIONE Sezioni Unite Civili, del 18 ottobre 2005, Ordinanza n. 20123 

Presidente G. Ianniruberto, Relatore G. Vidimi.
 

Omissis


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


Con atto di citazione del 26 maggio 2000 Andrea,
Roberto, Alessandro e Dante Carraturo convenivano
dinanzi al Tribunale di Napoli il Comune della stessa città e la s.p.a. Parcheggi onde sentirli condannare al risarcimento dei danni da essi subiti a causa dei lavori per la costruzione di un parcheggio pubblico sottostante la piazza San Francesco, che aveva comportato l'interdizione al traffico della suddetta piazza e del tratto di via Casanova che vi confluisce. A sostegno della loro domanda gli attori deducevano che la loro società, cioè l'Antica Ferramenta Carraturo di Alessandro e C. s.a.s., stanti ì disagi che gli avventori avrebbero dovuto sopportare per raggiungere l'esercizio commerciale, sito proprio in via Casanova, aveva registrato una gestione in perdita per cui l'azienda era stata ceduta a prezzi di realizzo, ed Andrea Carraturo aveva dovuto cedere in locazione i locali sede dell'azienda ad un prezzo irrisorio, fino a quando la società era stata sciolta con atto per notar Mauro del 10 dicembre 1997.


Asserivano ancora gli attori che, con delibera di G.M. n. 251 del 25 novembre 1989, il Comune di Napoli aveva approvato il progetto esecutivo del parcheggio pubblico da realizzare nel sottosuolo di Piazza San Francesco, affidato in concessione alla Partenopark s.p.a., ma i lavori, la cui ultimazione era originariamente prevista in diciotto mesi, per un complesso di vicissitudini tecniche, amministrative e giudiziarie, si erano dilatati in maniera abnorme dando luogo ad una lesione che dava luogo ad un illecito aquiliano risarcibile. Tutto ciò premesso, chiedevano che i convenuti venissero condannati in solido tra loro, o per quanto di rispettiva ragione, al risarcimento dei danni ovvero al pagamento dell'indennità dovuta ai sensi dell'art. 46 della legge n. 2359/1865, previa se del caso rimessione delle parti dinanzi alla Corte Costituzionale per la decisione della questione di legittimità della suddetta disposizione nella parte in cui non prevede la corresponsione di un indennizzo al titolare di una attività imprenditoriale incisa dall'esecuzione di una opera pubblica.


Si costituiva in giudizio la Napoletana Parcheggi, che eccepiva il difetto di giurisdizione e la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo per lo meno per le richieste risarcitorie. Si costituiva in giudizio anche la s.p.a. Assicurazioni Generali, chiamata in causa dalla Napoletana Parcheggi.


Nelle more del giudizio, i Carraturo propongono regolamento preventivo di giurisdizione,chiedendo affermarsi la giurisdizione del giudice ordinario. Resistono con controricorso il Comune di Napoli e la Napoletana Parcheggi, che patrocinano la declaratoria di giurisdizione del giudice amministrativo mentre la s.p.a. Assicurazioni Generali chiede la conferma della giurisdizione del giudice ordinario.


Il Procuratore Generale ha depositato le sue conclusioni scritte ai sensi dell'art. 375, ultimo comma, c.p.c.


MOTIVI DELLA DECISIONE


I ricorrenti sostengono la giurisdizione dell'A.G.O., oltre che per la domanda subordinata di indennità ex art. 46 1. 2359/1865, ai sensi dell'art. 34, comma 3, lettera b) del d. lgs. n. 80 del 1998, anche per le richieste risarcitorie, per venire in questione comportamenti che non concretano l'esercizio(o il cattivo esercizio) delle funzioni amministrative in materia urbanistica, difettando così il presupposto per la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi del citato art. 34, cit comma primo.


Questa Corte ritiene che nel caso di specie debba essere riconosciuta la giurisdizione del giudice ordinario.


La Corte Costituzionale con sentenza del 6 luglio 2004 n. 204 ha dichiarato l'incostituzionalità dell'art. 34, 1 comma, d. lgs. 31 marzo 1998 n. 80, come sostituito dall'art. 7 lettera b) della legge 21 luglio 2000 n. 205, nella parte in cui prevede che sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi ad oggetto <gli atti, i provvedimenti e i comportamenti> anziché <gli atti e i provvedimenti> delle pubbliche amministrazioni e dei soggetti alle stesse equiparati, in materia urbanistica ed edilizia. In particolare il giudice delle leggi con il sanzionare di illegittimità il disposto dell'art. 34, comma 1, e l'attribuzione - con riferimento ai comportamenti della pubblica amministrazione in materia urbanistica e dell'edilizia - alla giurisdizione esclusiva, ha rimarcato come <il legislatore ordinario ben può ampliare l'area della giurisdizione esclusiva purchè lo faccia con riguardo a materie (in tal senso particolari) che, in assenza di tale previsione, contemplerebbero pur sempre, in quanto vi opera la pubblica amministrazione-autorità, la giurisdizione generale di legittimità;con il che da un lato ha escluso che la mera partecipazione del soggetto pubblico al giudizio sia sufficiente perché si radichi la giurisdizione del giudice amministrativo (il quale davvero assumerebbe le sembianze di giudice <della> pubblica amministrazione: con violazione degli artt. 25 e 102, 2 comma, Cost.) e, dall'altro lato, ha evidenziato come <non sia sufficiente il generico coinvolgimento di un pubblico interesse nella controversia perché questa possa essere devoluta al giudice amministrativo> (cfr. in motivazione sub 3.2. la citata Corte Cost. 6 luglio 2004 n. 204).


Corollario di tali affermazioni è che, come ha evidenziato la dottrina, la giurisdizione esclusiva nell'attuale assetto costituzionale, non è estensibile alle controversie nelle quali la pubblica amministrazione non esercita - nemmeno mediatamente, e cioè avvalendosi della facoltà di adottare strumenti intrinsecamente privatistici - alcun potere pubblico. Ed ulteriore conseguenza delle indicate statuizioni è che deve riconoscersi la giustiziabilità avanti al giudice ordinario in tutte quelle controversie in cui si denunzino comportamenti configurati come illeciti ex art. 2043 c.c., ed a fronte dei quali per non avere, appunto, la pubblica amministrazione osservato condotte doverose, la posizione soggettiva del privato non può che definirsi di diritto soggettivo.


In questa ottica è stato infatti statuito che, a seguito e per effetto della declaratoria di illegittimità costituzionale parziale dell'art. 34 del d. lgs. n. 80 del 1998, sussiste la giurisdizione del giudice ordinario in relazione alla domanda possessoria promossa dal privato nei riguardi della P.A. in conseguenza dell'attività materiale, disancorata e non sorretta da alcun provvedimento formale, da questa posta in essere in ambito urbanistico(cfr. Cass., Sez. Un., 17 gennaio 2005 n. 730, ord.); ed è stato anche affermato - in una fattispecie di domanda introdotta in epoca successiva al 30 giugno 1998 e precedente il 10 agosto 2000(data di entrata in vigore della legge 21 luglio 2000 n. 205) - che spetta alla giurisdizione del giudice ordinario la richiesta di risarcimento dei danni proposta dal proprietario di un fondo, che deduca la perdita di un suo diritto per effetto di accessione invertita derivante da irreversibile incorporazione del suolo in una opera pubblica su di essa eseguita; detta domanda infatti non integra impugnazione di atti o provvedimenti autoritativi della P.A. né fa valere posizioni di interesse legittimo devolute alla cognizione del giudice amministrativo secondo la normativa anteriore al d. lgs. n. 80 del 1998(r.d. 26 giugno 1924 n. 1054 e legge 6 dicembre 1971 n. 1034) ma denunzia fatti lesivi della proprietà, nella carenza di provvedimenti idonei a determinare l'affievolimento o la traslazione, e così si ricollega ad un diritto soggettivo tutelabile dinanzi all'autorità giudiziaria ordinaria, in mancanza di deroghe ai comuni canoni sul riparto della giurisdizione(cfr. Cass., Sez. Un., 20 aprile 2005 n. 8209).


Né per andare in contrario avviso vale addurre il precedente giurisprudenziale costituito dall'assunto di queste Sezioni Unite secondo il quale il mancato guadagno dell'imprenditore per le difficoltà (o l'impossibilità) di accesso della clientela al proprio esercizio commerciale - in conseguenza del protrarsi dei lavori di manutenzione di una strada pubblica, la cui causa venga indicata dal privato nella inadeguata valutazione da parte dell'ente proprietario della complessità delle opere, per l'omesso espletamento delle opportune indagini e verifiche tecniche - non può collegarsi eziologicamente ad una attività illecita della pubblica amministrazione, non essendo ipotizzabile in via generale una regola che imponga a questa di fissare preventivamente i tempi di esecuzione dei lavori sui beni pubblici ad essa appartenenti, la programmazione e la prospettazione dei quali rientra nella insindacabile discrezionalità dell'amministrazione stessa (Cass., Sez. Un., 6 agosto 1998 n. 7706).


Ed invero gli stessi giudici, nell'affermare il suddetto principio, hanno avuto nello stesso tempo cura di precisare che <è chiaro che di fronte ad incuria, inerzia o altri profili di colpa della P.A., riconducibili nella previsione dell'art. 2043 c.c. ben può profilarsi un obbligo risarcitorio a carico della medesima P.A. anche per i ritardi nell'esecuzione di una opera pubblica, quando a tali ritardi sia ricollegabile la lesione di un diritto soggettivo del privato> (cfr. in motivazione : Cass., Sez. Un., 6 agosto 1998 n. 7706 cit.).


Sotto altro versante non può, come detto, assumere alcun rilievo per andare in contrario avviso il disposto dell'art. 34 del d. lgs. n. 80 del 1998, come novellato dall'art. 7 della legge n. 205 del 2000, stante la riscrittura di tale norma ad opera della pronunzia dei giudici della legge del 6 luglio 2004 n. 204, applicabile anche ai giudizi in corso, come è stato già dichiarato da questa Corte(Cass., Sez. Un., 6 maggio 2002 n. 6487, cui adde Cass., Sez. Un., 14 gennaio 2005 n. 599 cit.).


Consegue da quanto sinora esposto che, come è stato evidenziato in dottrina, la giurisdizione esclusiva nell'attuale assetto costituzionale, non è estensibile alle controversie nelle quali la pubblica amministrazione non esercita - nemmeno mediatamente, e cioè avvalendosi della facoltà di adottare strumenti intrinsecamente privatistici - alcun potere pubblico. Ed ulteriore conseguenza delle indicate statuizioni è che deve riconoscersi la giustiziabilità avanti al giudice ordinario in tutte quelle controversie in cui si denunzino meri comportamenti a fronte dei quali per non avere la pubblica amministrazione osservato condotte doverose, la posizione soggettiva del privato non può che definirsi di diritto soggettivo.


L'indicato excursus sui precedenti giurisprudenziali, nell'inquadrarsi nei dicta della più volte ricordata sentenza n. 204 del 2004 della Corte Costituzionale - incentrati sull'assunto che la pubblica amministrazione, allorquando non si pone nei confronti del privato come autorità in ragione degli interessi tutelati della collettività e delle sue esigenze, è assoggettata come ogni parte privata alla giurisdizione del giudice ordinario (e, come detta parte, è vincolata al rispetto della regola generale del neminem laedere) - porta a concludere,proprio in applicazione dei ricordati principi enunciati dal giudice delle leggi, che si configura la giurisdizione del giudice ordinario ogni volta che il comportamento della pubblica amministrazione risulta spogliato da ogni interferenza con un suo atto autoritativo, quando in altri termini detto comportamento non è suscettibile di connettersi ad un atto o provvedimento amministrativo non potendosi reputare neanche mediatamente, appunto, espressione dell'esercizio di un potere autoritativo, o quando ancora l'atto o il provvedimento di cui sia esecuzione la condotta dell'amministrazione non costituisca oggetto del giudizio, per farsi valere nel giudizio stesso unicamente l'illiceità della condotta del soggetto pubblico, suscettibile di incidere - contro il più volte ricordato principio del neminem laedere - sulla incolumità e sui diritti patrimoniali del terzo.


In questi casi il giudice ordinario non può soltanto accertare gli obblighi dell'amministrazione, condannandola al risarcimento del danno, ma può anche pronunciare condanna di essa ad un facere specifico, senza violazione del limite interno delle sue attribuzioni giurisdizionali fissato dall'art. 4 della legge 20 marzo 1865 n. 2248 allegato E, perché non operando - va ancora una volta ribadito - l'ente pubblico come autorità, detto facere non può considerarsi alla stregua di una attività provvedimentale o comunque riservata all'escluso apprezzamento della competente autorità amministrativa.


Nel caso di specie, non essendosi evocato in giudizio da nessuna delle parti alcun atto o provvedimento del Comune per censurane la legittimità, ma essendosi incentrata la controversia unicamente sulla condotta dell'ente pubblico, di cui si contesta la liceità, va dichiarata, alle stregua delle argomentazioni sinora svolte,la giurisdizione del giudice ordinario.


Ricorrono giusti motivi per compensare interamente tra le parti le spese del presente giudizio di cassazione.


P.Q.M.


La Corte provvedendo sul regolamento preventivo di giurisdizione dichiara la giurisdizione dell'A.G.O. Compensa tra le parti le spese del presente giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma il 6 ottobre 2005.
 

M A S S I M E

 Sentenza per esteso

 

1) Urbanistica e edilizia - Materia urbanistica - Risarcimento del danno - Art. 2043 cod. civ. - Giudice amministrativo e giudice ordinario - Giurisdizione. A seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 204 del 2004 - con cui è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 34 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80 (nel testo sostituito dall'art. 7 della legge 21 luglio 2000, n. 205), nella parte in cui, in materia urbanistica ed edilizia, devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi per oggetto "gli atti, i provvedimenti ed i comportamenti", anzichè "gli atti ed i provvedimenti" delle pubbliche amministrazioni e dei soggetti alle stesse equiparati, sussiste la giurisdizione del giudice ordinario quando il comportamento della pubblica amministrazione risulta spogliato da ogni interferenza con un atto autoritativo, non potendosi reputare neanche mediatamente espressione dell'esercizio del potere autoritativo, o quando l'atto o il provvedimento di cui la condotta dell'amministrazione sia esecuzione non costituisca oggetto del giudizio, facendosi valere unicamente l'illiceità della condotta del soggetto pubblico, ex art. 2043 cod. civ., suscettibile di incidere sui diritti patrimoniali dei terzi. Sulla base di questo principio, le Sezioni Unite, in sede di regolamento preventivo, hanno riconosciuto la giurisdizione del giudice ordinario rispetto alla domanda di risarcimento del danno proposta da esercenti di un'attività commerciale a causa dell'abnorme dilatazione ascrivibile alla P.A. dei tempi di costruzione di un parcheggio pubblico nella zona in cui si svolgeva la suddetta attività. Presidente G. Ianniruberto, Relatore G. Vidimi. CORTE DI CASSAZIONE Sezioni Unite Civili, del 18 ottobre 2005, Ordinanza n. 20123

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