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CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. I, 17 giugno 2005 (ud. 25 maggio 2005), Sentenza n. 23072
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. I, 17
giugno 2005 (ud. 25 maggio 2005), Sentenza n. 23072
Presidente T. Gemelli, Relatore A.
Vancheri - Ric. Chisari - PG Iacoviello
Omissis
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 13.7.2004 il Tribunale di Alessandria, in composizione
monocratica, dichiarava CHISARI AGOSTINO, nella qualità di responsabile del
Primo Tronco autostradale della Società Autostrade S.p.A. e, in particolare
dell'Autostrada A/26, colpevole del reato di cui al primo comma dell'art. 659
C.P., per avere arrecato disturbo alle occupazioni ed al riposo di persone
residenti nel Comune di Belforte Monferrato (AL), a causa dei rumori prodotti
dall'intenso traffico veicolare gravante sulla predetta autostrada,
condannandolo, con le attenuanti generiche, alla pena di C. 100 di ammenda e al
risarcimento dei danni in favore delle parti civili costituite.
Il giudice predetto, dopo avere richiamato i risultati di diverse deposizioni
testimoniali e delle rilevazioni fonometriche effettuate da consulenti tecnici
d'ufficio e di parte nel corso del processo, riteneva configurabile nella specie
l'ipotesi contravvenzionale sopra riportata perché, a prescindere dal rispetto o
meno dei limiti delle emissioni sonore fissati dalle disposizioni normative in
vigore e, in particolare, dal D.P.C.M. 1°,3.1991, richiamato dall'art. 15, comma
1, della legge n. 447 del 1995 (cosiddetta legge quadro sull'inquinamento
acustico), era emerso che l'intensità sonora dei rumori causati dal transito dei
veicoli sul tronco autostradale di cui sopra eccedeva ampiamente i limiti della
tollerabilità e arrecava grave disturbo alle occupazioni e al riposo delle
persone.
Precisava il giudicante: che l'attività esercitata dall'imputato non era
riconducibile nella categoria delle professioni o mestieri rumorosi menzionati
nel secondo comma dell'art. 659 C.P.; che le condotte descritte nel primo comma
del medesimo articolo dovevano considerarsi come facenti parte di un elenco
meramente esemplificativo e non tassativo; che la condotta del Chisari era
sussumibile nella categoria dei reati "omissivi impropri", ovverosia dei reati
commissivi mediante omissione, consistenti nella violazione di un obbligo,
gravante sul soggetto, di impedire il verificarsi di un evento descritto da una
fattispecie tipizzata dal legislatore; che l'esistenza dell'obbligo nei sensi di
cui sopra in capo all'imputato derivava dal dovere, su lui gravante, di impedire
la commissione di un agire illecito da parte dei soggetti terzi, utenti della
struttura autostradale; e che comunque i limiti fissati dalla normativa speciale
avevano un valore meramente orientativo.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione, tramite il suo
difensore, il Chisari, deducendo:
1) erronea applicazione dell'art. 659, primo comma, C.P., sotto il profilo che
la condotta a lui ascrivibile, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice a
quo, era riconducibile nell'ambito della fattispecie di cui al secondo comma
della disposizione sopra richiamata, disciplinante l'esercizio di attività di
qualsiasi genere, e quindi anche di carattere professionale o imprenditoriale,
cui sia connaturata la produzione di vibrazioni acustiche eccedenti i limiti
previsti dalla legge, e non di quella di cui al primo comma, riguardante la
diversa ipotesi del disturbo della quiete pubblica, derivante dall'impropria
emissione di rumori fastidiosi, provenienti da attività non rientranti in quelle
sopra descritte o da abuso di strumenti sonori;
2) erronea applicazione della legge n. 447/95, sui rilievi che la stessa fa
esplicito riferimento anche alle sorgenti sonore connesse con l'esercizio di
infrastrutture stradali; che il superamento dei limiti delle emissioni rumorose
connesse a tale esercizio non è penalmente sanzionato, ma punito con sanzione
amministrativa ai sensi del comma 2 dell'art. 10 delle citata legge; che il
regime transitorio, previsto dal primo comma dell'art. 15 della stessa legge, e
facente riferimento al D.P.C.M. 1.3.1991 non era applicabile, per esplicita
esclusione, alle infrastrutture dei trasporti; e che, comunque, nelle more del
giudizio, era entrato in vigore il D.P.R. 30.3.2004 n. 142, che fissa i limiti
delle emissioni rumorose connesse all'esercizio di impianti autostradali in 70
dB in orario diurno e 60 dB in orario notturno per la fascia compresa entro i
100 metri dal ciglio stradale, e di dB 65 e 55, rispettivamente, per la fascia
compresa tra i 100 e i 250 metri, e prevede la individuazione delle zone a
rischio entro 18 mesi dall'entrata in vigore di esso, e la predisposizione di
piani di contenimento e abbattimento dei rumori nei successivi 18 mesi;
3) erronea individuazione di esso imputato come destinatario della norma che si
assume violata, in base alla mera qualifica di responsabile del Primo Tronco
Autostradale, mentre l'adempimento degli obblighi di cui sopra spettava ai
soggetti che, nell'ambito dell'organizzazione aziendale, avevano il
potere-dovere di attivarsi.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è fondato nei sensi di cui appresso.
Va innanzitutto evidenziata l'erroneità dell'affermazione del giudice di primo
grado, secondo cui i limiti fissati dalla normativa speciale, disciplinante le
attività normalmente rumorose di cui al secondo comma dell'art. 659 C.P.
avrebbero significato "meramente orientativo", il limite della tollerabilità ben
potrebbe essere violato anche in situazione di rispetto delle regole
pubblicistiche e si debba tener conto, unitamente ai suddetti valori, di altri
elementi concreti, quale la natura ossessiva e ricorrente del rumore.
Ed invero, la giurisprudenza di questa Corte in tema di disturbo delle
occupazioni o del riposo delle persone in relazione all'esercizio di una
professione o di un mestiere rumorosi, pur facendo registrare qualche
oscillazione in ordine alla avvenuta depenalizzazione della disposizione di cui
al secondo comma dell'art. 659 C.P., è comunque da sempre orientata nel senso
che, per potersi configurare la fattispecie di cui al primo comma del medesimo
art. 659 C.P. è pur sempre necessario che siano superati, o non rispettati, i
limiti fissati dalla normativa speciale prevista dalla legge n. 447 del 1995,
perché, altrimenti, si darebbe vita ad una sorta di responsabilità penalmente
rilevante sul piano della colpa pur in presenza di una condotta lecita,
esercitata nel rispetto dei limiti e delle modalità previste dalla normativa
vigente.
Si è affermato, in particolare, che le due norme, inserite rispettivamente nel
primo e nel secondo comma del citato art. 659, perseguono scopi diversi, mirando
la prima a sanzionare gli effetti negativi della rumorosità in funzione della
tutela della tranquillità pubblica, mentre l'altra, essendo diretta unicamente a
stabilire i limiti di intensità delle sorgenti sonore provenienti dall'esercizio
di attività fisiologicamente rumorose, oltre i quali deve ritenersi sussistente
l'inquinamento acustico, prende in considerazione solo il dato oggettivo del
superamento di una certa soglia di rumorosità, rimanendo impregiudicato, in caso
di superamento di tali limiti, l'accertamento se, nel caso concreto, anche per
l'uso smodato di certi strumenti o per l'esercizio dell'attività rumorosa in
orari diversi da quelli consentiti, sia stato arrecato o meno anche un effettivo
disturbo alle occupazioni e al riposo delle persone. (v., per tutte, Cass., Sez.
I, sent. n. 32468 del 1 °.4.2004, P.M. c/ Gavio ed altri; Sez. 1, sent. n. 43202
dell'8.11.2002, Romanisio; Sez. I, sent. n. 3123 del 26.4.2000, Civiero ecc.).
Il legislatore ha inteso, infatti, da un lato, regolare in maniera rigida e
rigorosa l'esercizio di alcune professioni, ancorché suscettibili di disturbare
in certa misura la tranquillità pubblica, in vista della tutela di interessi
superiori come quelli connessi all'economia nazionale, entro limiti strettamente
necessari a garantire tali interessi; e, dall'altro, mantenere intatta la
punibilità in sede penale di condotte che non rispettino tali limiti,
considerati ex lege invalicabili ai fini della salvaguardia del diritto al
riposo e alla tranquillità della comunità sociale.
E' evidente pertanto che occorre procedere in via prioritaria ad una verifica
rigorosa del rispetto o meno dei livelli sonori massimi previsti dalla vigente
normativa speciale in tema di inquinamento acustico e, solo in caso di accertato
superamento di tali limiti, sarà possibile procedere alla verifica in ordine
alla eventuale contestuale sussistenza, in presenza dei presupposti previsti
dalla legge, della condotta integrante l'ipotesi di cui al primo comma dell'art.
659 C.P., essendo configurabile anche un concorso fra le condotte descritte nei
due commi della predetta disposizione codicistica (v. Cass., Sez. I, sent. n.
319 del 14.11.2000, Fittabile; Sez. I, sent. n. 382 del 19.11.1999, Piccioni,
ecc.).
Appaiono poi condivisibili, in linea di principio, le considerazioni svolte dal
giudice di merito in ordine alla annoverabilità, nell'ambito della fattispecie
prevista dal primo comma dell'art. 659 C.P., di fatti e condotte assimilabili ai
cosiddetti reati omissivi impropri, detti anche "reati commissivi mediante
omissione", ossia di quei comportamenti che si concretizzano nella violazione di
un obbligo specifico, previsto da precise norme dell'ordinamento giuridico, di
impedire il verificarsi di un evento tipicamente previsto come reato (nella
specie il disturbo del riposo e delle occupazioni delle persone).
E nella fattispecie l'obbligo di attivarsi deriva chiaramente dalle disposizioni
contenute nella legge n. 447/95 e dalle norme ad essa collegate, gravanti, fra
l'altro e per ciò che qui interessa, su chi ha il compito istituzionale di
costruire e gestire infrastrutture stradali e autostradali.
Non è esatta l'affermazione del ricorrente, secondo cui il D.P.C.M. non sarebbe
applicabile alle infrastrutture dei trasporti, sia perché l'inciso "fatta
eccezione per le infrastrutture dei trasporti", contenuto nel primo comma
dell'art. 15 della legge n. 447/95, ha una portata limitata "al disposto di cui
agli artt. 2, comma 2, e 6, comma 2" della stessa legge ( e cioè ad alcuni
adempimenti rientranti nelle competenze dei Comuni), sia perché dal complesso
della normativa in materia, si ricava in maniera evidente la sua applicabilità
anche alle infrastrutture stradali, come rilevasi chiaramente dalla stessa
intitolazione del citato D.P.R., che si riferisce esplicitamente alle
"Disposizioni per il contenimento e la prevenzione dell'inquinamento
acustico derivante dal traffico veicolare", secondo quanto previsto
anche dall'art. 11 della legge n. 447/95.
Tanto chiarito, va poi evidenziato che, nelle more del giudizio, il complesso e,
in parte, confuso quadro normativo concernente la delicata materia in esame,
avente riflessi anche a livello europeo (v. direttiva n. 49 del 2.8.2002 del
Parlamento Europeo), è mutato. Come segnalato dal ricorrente, è nel frattempo
entrato in vigore il D.P.R. 30.3.2004 n. 142, emanato in esecuzione della norma
di cui all'art. 11 della legge 26.10.1995 n. 447, e che ha regolato i limiti
delle emissioni acustiche con modalità in parte diverse rispetto al D.P.C.M.
1.3.1991, applicabile sino all'adozione dei provvedimenti di esecuzione previsti
dalla suddetta legge.
In base alla Tabella 2 dell'allegato 1 al suddetto D.P.R., in relazione alle
infrastrutture già esistenti, qualificate come autostrade, si prevedono - nei
confronti dei recettori diversi da scuole, ospedali e case di cure, e quindi,
per quel che qui interessa, delle case di abitazione - per la fascia A (e cioè
per le abitazioni situate entro la fascia di cento metri dal ciglio stradale) un
livello massimo diurno di 70 dB e un livello massimo notturno di 60 dB, mentre
per quelle in fascia B (e cioè situate fino 150 metri dal limite della fascia A)
un livello massimo di 65 dB e di 55 dB rispettivamente per il giorno e la notte.
In base al medesimo provvedimento legislativo, spetta poi ai Comuni la
definizione dei limiti di rumorosità in relazione alle arterie urbane di
quartiere, secondo i parametri riportati nella Tabella C allegata al D.P.C.M.
14.11.1997, che nella specie non rilevano. Orbene, secondo quanto risulta dalla
sentenza impugnata, nella fattispecie in esame i livelli di rumore nella zona B
(cosiddetta "postazione Mariotti"), in base ai parametri di cui al D.P.C.M.
1.3.1991 (v. pag. 11 della medesima sentenza), rientravano nella norma; mentre i
livelli sonori nella cosiddetta "postazione Repetto" erano risultati essere di
63,2 dB di giorno e di 57,8 dB di notte (v. pag. 15 sentenza).
E allora, al fine di verificare se, in relazione alla "postazione Repetto",
siano stati o meno superati i livelli sonori previsti dal D.P.R. 142/04, occorre
accertare se tale "postazione" rientra nella fascia A o nella fascia B in base
alla tabella sopra richiamata, in quanto nella sentenza si legge che la stessa
era "allocata a circa 100 metri dalla sede autostradale", e quindi, in mancanza
di una indicazione più precisa, non è possibile allo stato effettuare la
verifica di cui sopra. E' infatti evidente che, se essa si trova entro la fascia
dei 100 metri (fascia A), i livelli massimi risultano rispettati, mentre se si
trova, come sembra, al di là di tale fascia (e cioè in fascia B) tali livelli
risultano rispettati per il giorno, ma non per la notte.
Appare quindi indispensabile, al fine di verificare la sussistenza del reato
contestato al ricorrente, procedere agli accertamenti di cui sopra.
In relazione all'altro rilievo, contenuto nel primo motivo di gravame, secondo
cui, in base alle disposizioni contenute nel D.P.R. 142/2004, la Società
Autostrade non sarebbe tenuta ad eseguire interventi finalizzati alla bonifica
acustica della propria rete prima di 36 mesi dall'entrata in vigore del suddetto
D.P.R., avvenuta il 16.6.2004, va osservato che l'attività illecita oggetto
della imputazione contestata al Chisari ha carattere di reato permanente, in
quanto i suoi effetti si protraggono fino a quando non vengano ripristinati e
rispettati i limiti di rumorosità prescritti dalla legge.
Ciò è tanto vero che l'imputato non è stato ammesso all'oblazione in quanto non
risultava che fossero state elise, nonostante il rifacimento della
pavimentazione di una delle carreggiate dell'autostrada in esame, le conseguenze
dannose del reato contestato al Chisari.
Ora, se, da un lato, in base al suddetto D.P.R., l'obbligo per la Società
concessionaria di provvedere alla bonifica acustica dovrebbe rimanere "sospeso"
per ulteriori 36 mesi a partire dalla data suindicata, dall'altra, però,
l'obbligo di rispettare i livelli sonori massimi è comunque medio tempore
imposto dal D.P.C.M. 1.3.1991 in forza della disposizione contenuta nell'art. 15
della legge n. 447/95, che regola il regime transitorio vigente, in attesa della
piena attuazione della normativa concernente la materia oggetto della suddetta
legge.
Ed in base al secondo comma del medesimo art. 15, sulle imprese interessate
grava l'obbligo di presentare i piani di risanamento acustico entro il termine
di sei mesi dalla classificazione del territorio comunale secondo i criteri
fissati dalla medesima legge e, in caso di mancata presentazione di tale piano,
le medesime imprese devono adeguarsi ai limiti fissati dalla suddivisione in
classi del territorio comunale entro il termine previsto per la presentazione
del piano di cui sopra.
Ne deriva che, anche se i limiti di intensità sonora sono attualmente quelli
fissati dal nuovo D.P.R., in quanto più favorevoli, ove tali limiti non
risultino rispettati, i soggetti obbligati si trovano comunque in situazione di
illegalità permanente, con le conseguenze giuridiche che ne derivano sia in
termini di persistenza del dovere di attivarsi, sia in termini di prescrizione
del reato.
Per quanto concerne, infine, la problematica relativa alla effettiva
ravvisabilità, in capo al Chisari, della rappresentatività della azienda per ciò
che riguarda l'obbligo di rispettare, mediante la realizzazione delle opere
necessarie, i parametri di rumorosità previsti dalla legge e, di conseguenza,
della responsabilità del medesimo in ordine al reato ascrittogli, va osservato
che tale responsabilità è stata ravvisata in base al fatto che l'imputato è
risultato rivestire la qualità di "responsabile del Primo tronco della Società
Autostrade S.p.A.", e che l'autostrada A/26, oggetto del contendere, ricadeva
sotto la sua competenza.
Ma osserva in proposito la Corte che, in effetti la qualità di "Direttore di
Tronco" rivestita dall'imputato non è, di per sé, automaticamente attributiva
della titolarità dei poteri inerenti alla gestione degli affari di
amministrazione straordinaria, con impegni di spesa elevati, come quelli
inerenti alla deliberazione e alla esecuzione dei lavori necessari per ottenere
l'abbattimento dei livelli di rumorosità connessi alla circolazione stradale
dalla quale l'autostrada in questione é interessata.
In presenza di una, sia pur generica, contestazione da parte dell'imputato in
ordine al possesso dei necessari poteri di rappresentanza e di gestione, ritiene
questa Corte che sarebbe stato necessario, prima di affermare qualsiasi
responsabilità di carattere penale, acquisire lo statuto della Società
Autostrade, al fine di fugare ogni dubbio, al di là di quanto emerso attraverso
gli accertamenti di P.G. che sono stati eseguiti, in ordine alla titolarità dei
poteri inerenti alla effettuazione dei lavori di straordinaria amministrazione,
necessari ad eliminare gli inconvenienti che erano stati lamentati dalle parti
civili e in ordine alla eventuale esistenza di limiti di spesa.
Alla stregua delle considerazioni che precedono, la sentenza va pertanto
annullata, con conseguente rinvio, per nuovo giudizio che tenga conto dei
principi come sopra affermati e dei rilievi formulati, al Tribunale di
Alessandria in composizione monocratica.
Essendo stato pronunziato l'annullamento della sentenza impugnata, nulla va
disposto in questa sede in ordine alla richiesta di rifusione delle spese,
avanzata dalle parti civili costituite.
P. Q. M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di
Alessandria. Così deciso in Roma, il 25 maggio 2005
Depositato in cancelleria il 17/06/2005
1) Inquinamento acustico - Autostrada - Rumori derivante da traffico veicolare - Societa’ autostrade s.p.a. - Esercizio di professione o mestiere rumoroso - Configurabilità - Superati i limiti di rumorosità - Responsabilità del direttore di tronco - Sussiste - Reato commissivo mediante omissione a carattere permanente - Contravvenzioni - Art. 659 cod. pen.. La gestione dei tronchi delle autostrade da parte della società autostrade s.p.a. costituisce esercizio di professione o mestiere rumoroso e, qualora siano superati i limiti di rumorosità oltre i quali sussiste inquinamento acustico, l’eventuale responsabilità del direttore di tronco per il reato di cui all’art. 659 cod. pen. - reato commissivo mediante omissione a carattere permanente - trova il suo fondamento nell’obbligo di attivarsi in base alla speciale disciplina normativa in materia di inquinamento acustico derivante dal traffico veicolare (D.P.C.M. 1/3/91, L. 26/10/1995 n. 447, D.P.R. 30/3/2004 n. 142). Presidente T. Gemelli, Relatore A. Cancheri. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. I, 17 giugno 2005 (ud. 25 maggio 2005), Sentenza n. 23072
2) Inquinamento acustico - Esercizio di attività fisiologicamente rumorose - Soglia di rumorosità - Disturbo alle occupazioni ed al riposo delle persone - Normativa speciale - Art. 659 c.p. concorso tra le fattispecie previste dal 1° e dal 2° c. - Condizioni - Fattispecie: Autostrada, rumori derivante da traffico veicolare. Nell’ipotesi di esercizio di attività fisiologicamente rumorose, solo in caso di superamento dei limiti di intensità delle sorgenti sonore oltre i quali sussiste inquinamento acustico, secondo la soglia di rumorosità imposta dalla normativa speciale, può procedersi all’accertamento se, nel caso concreto, sia stato arrecato anche un effettivo disturbo alle occupazioni ed al riposo delle persone, con la conseguenza che le due fattispecie previste dal primo e dal secondo comma dell’art. 659 cod. pen. possono concorrere. Presidente T. Gemelli, Relatore A. Cancheri. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. I, 17 giugno 2005 (ud. 25 maggio 2005), Sentenza n. 23072
3) Inquinamento acustico - Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone - Rumorosità in funzione della tutela della tranquillità pubblica - Esercizio di una professione o di un mestiere rumorosi - Limiti di intensità delle sorgenti sonore - Finalità delle diverse discipline - Art. 659 C.P. - L. n. 447/1995. In tema di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone in relazione all'esercizio di una professione o di un mestiere rumorosi, per potersi configurare la fattispecie di cui al primo comma del medesimo art. 659 C.P. è pur sempre necessario che siano superati, o non rispettati, i limiti fissati dalla normativa speciale prevista dalla legge n. 447 del 1995, altrimenti, si darebbe vita ad una sorta di responsabilità penalmente rilevante sul piano della colpa pur in presenza di una condotta lecita, esercitata nel rispetto dei limiti e delle modalità previste dalla normativa vigente. Pertanto, le due norme, inserite rispettivamente nel primo e nel secondo comma del citato art. 659, perseguono scopi diversi, mirando la prima a sanzionare gli effetti negativi della rumorosità in funzione della tutela della tranquillità pubblica, mentre l'altra, essendo diretta unicamente a stabilire i limiti di intensità delle sorgenti sonore provenienti dall'esercizio di attività fisiologicamente rumorose, oltre i quali deve ritenersi sussistente l'inquinamento acustico, prende in considerazione solo il dato oggettivo del superamento di una certa soglia di rumorosità, rimanendo impregiudicato, in caso di superamento di tali limiti, l'accertamento se, nel caso concreto, anche per l'uso smodato di certi strumenti o per l'esercizio dell'attività rumorosa in orari diversi da quelli consentiti, sia stato arrecato o meno anche un effettivo disturbo alle occupazioni e al riposo delle persone. (v., per tutte, Cass., Sez. I, sent. n. 32468 del 1 °.4.2004, P.M. c/ Gavio ed altri; Sez. 1, sent. n. 43202 dell'8.11.2002, Romanisio; Sez. I, sent. n. 3123 del 26.4.2000, Civiero ecc.). Presidente T. Gemelli, Relatore A. Cancheri. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. I, 17 giugno 2005 (ud. 25 maggio 2005), Sentenza n. 23072
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