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CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. VI, 2 luglio 2005 (ud. 26 maggio 2005), Sentenza n. 26925
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE
DI CASSAZIONE PENALE Sez. VI, 2 luglio 2005 (ud. 26 maggio 2005), Sentenza n.
26925
Presidente F. Romano, Relatore A. S. Agrò - Ric. Fondacaro (annulla senza rinvio Corte d'Appello di Reggio Calabria)
Omissis
Ritenuto in fatto e in diritto
1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d'Appello di Reggio Calabria, a
conferma della decisione del Tribunale di Palmi, ha ritenuto Gesuele Fondacaro
responsabile di rifiuto di atti dovuti, perché, nominato consulente tecnico
d'ufficio dal Pretore, rifiutava di assumere la predetta funzione omettendo di
comparire senza giustificato motivo all'udienza per il giuramento, pur avendo
ricevuto regolare avviso.
2. Ricorre il Fondacaro che lamenta la violazione dell'art.366 secondo comma del
codice penale, in quanto la norma, secondo anche quanto insegna autorevolissima
dottrina, non punirebbe il mero fatto dell'arbitraria non comparizione.
3. Il ricorso è fondato.
Con riferimento all'art. 328 c.p. ,
questa Corte(VI sezione, 20.2.98 Buzzanca), posto che la nozione di rifiuto
corrisponde ad un diniego dinanzi ad una sollecitazione esterna, ha ritenuto che
il diniego può anche concretarsi in un atteggiamento omissivo a fronte di tale
sollecitazione. In altri termini è stato considerato che il legislatore penale,
con l'espressione "rifiuto", equipara in linea di massima alla negazione
esplicita l'inerzia "inattuosa", perché questa può essere immediatamente intesa
come risposta negativa.
4. Va ora aggiunto che una simile equiparazione non può tuttavia operarsi quando
lo stesso legislatore, contemplando l'eventualità dell'inerzia, abbia
predisposto, per ovviarvi, un procedimento e abbia così differito all'esito di
un tale procedimento il perfezionamento del rifiuto. Tanto avviene, nel caso
dell'art. 366 c.p. e della mancata comparizione dinanzi al giudice del soggetto
investito dell'ufficio, con l'art.133 c.p.p. che autorizza il giudice a
disporre. l'accompagnamento coattivo del soggetto, regolarmente citato, che non
sia comparso senza addurre un legittimo impedimento.
Ora una simile coercizione, se si dovesse ritenere che il soggetto ha già
ricusato l'incarico con il semplice fatto del non presentarsi, sarebbe
evidentemente inutile, salvo ritenere che il legislatore intenda innescare una
forma di spirale di reati di rifiuto di atti legalmente dovuti, provocando il
reo a commettere un nuovo reato. Ma dato che il sistema deve condurre a
conclusioni ragionevoli è evidente che la previsione dell'accompagnamento tende
invece a far manifestare espressamente l'accettazione o il rifiuto e comunque
esclude che con la mancata comparizione il reato si sia già perfezionato.
5. Pertanto l'art.366 secondo comma del codice penale non è applicabile alla
condotta del ricorrente, il quale semmai avrebbe dovuto essere accompagnato
dinanzi al Pretore e ivi palesare se intendeva o meno assumere l'incarico. Ne
discende l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il fatto
non è previsto come reato.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non è previsto come reato.
Così deciso in Roma il 27 maggio
2005
1) Procedure e varie - Rifiuto di uffici legalmente dovuti - Mancata comparizione del perito - Insussistenza del reato - Accompagnamento coattivo del perito. Non integra il reato di rifiuto di uffici legalmente dovuti, previsto dall'art. 366 comma 2 c.p.p., la condotta del perito che, nominato dal giudice per l'espletamento di un incarico, non compaia all'udienza fissata per il giuramento senza giustificare il motivo dell'assenza, non potendo essere equiparata la mancata comparizione al rifiuto di assumere l'incarico, in quanto tale comportamento non determina una situazione di ostacolo al funzionamento della giustizia, potendo il giudice disporre, in base all'art. 133 c.p.p., l'accompagnamento coattivo del perito. Presidente F. Romano, Relatore A. S. Agrò. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. VI, 2 luglio 2005 (ud. 26 maggio 2005), Sentenza n. 26925
2) Pubblica Amministrazione - Nozione di rifiuto - Art. 328 c.p. - Atteggiamento omissivo - Inerzia "inattuosa" - Diniego dinanzi ad una sollecitazione esterna. Con riferimento all'art. 328 c.p., la nozione di rifiuto corrisponde ad un diniego dinanzi ad una sollecitazione esterna, tale diniego può anche concretarsi in un atteggiamento omissivo a fronte di tale sollecitazione (Corte Cass. Sez. VI, 20.2.98 Buzzanca). In altri termini è stato considerato che il legislatore penale, con l'espressione "rifiuto", equipara in linea di massima alla negazione esplicita l'inerzia "inattuosa", perché questa può essere immediatamente intesa come risposta negativa. Presidente F. Romano, Relatore A. S. Agrò. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. VI, 2 luglio 2005 (ud. 26 maggio 2005), Sentenza n. 26925
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