Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
Copyright © Ambiente Diritto.it
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, del 02/09/2005 (Ud.13/07/2005), Sentenza n. 32856
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, del
02/09/2005 (Ud.13/07/2005) Rv. 232200, Sentenza n. 32856
Pres. Vitalone C. Est.Amoroso G. Rel. Amoroso G. Imp. Farzone. P.M. Favalli M. (Diff.) (Rigetta, App. Palermo, 17 Gennaio 2005)
32856/05
Udienza pubblica
del 13 luglio 2005
SENTENZA
n. 1560
R. g. n. 14165/05
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del popolo italiano
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sezione III Penale
composta dagli ill.mi signori Magistrati:
dott. Claudio Vitalone Presidente
1. dott. FrancoMancini
2. dott. Pier Luigi Onorato
3. dott. Giovanni Amoroso
4. dott. Giulio Sarno
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da
avverso la sentenza
Udita la relazione fatta in pubblica udienza dal Consigliere Giovanni Amoroso;
Udito il P.M., in persona del S. Procuratore Generale dott. M. Favalli che ha
concluso per l'annullamento con rinvio;
Udito l'avv. Armando Zampardi, difensore dell'imputato, che ha concluso per
l'accoglimento del ricorso;
la Corte osserva:
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con sentenza del 5 marzo 2004 il Tribunale di Palermo, in composizione
monocratica, assolveva Farzane Andrea, n. a Palermo il 12 aprile 1955, dalle
imputazioni ascrittegli per non aver commesso il fatto.
Al Farzone erano stati contestati: A) il reato di cui all'art. 20 lett. b) legge
n. 47 del 1985, per avere, nella qualità di committente delle opere e di
comproprietario dell'area di sedime, realizzato, senza la prescritta
concessione, opere edili consistite nella costruzione di due piani fuori terra
con struttura di ventotto pilastri in cemento armato solaio di copertura e scale
di collegamento in cemento armato della superficie di circa 270 metri quadrati;
B) il reato di cui all'art. 13 legge n. 1086 del 1971 per avere realizzato le
opere menzionate, in cemento armato senza che la loro esecuzione avvenisse in
base a progetto redatto da professionista abilitato e sotto la direzione di
questi; C) del reato di cui all'art. 14 legge n. 1086 del 1971 per avere
iniziato le opere suddette omettendo di darne denuncia al competente ufficio del
Genio Civile; D) del reato di cui agli artt. 17 e 20 legge n. 64 del 1974; E)
del reato di cui agli artt. 18 e 20 della medesima legge n. 64 del 1974 (reati
commessi a Palermo, con condotta perdurante fino al 4 febbraio 2001).
A sostegno della decisione il primo giudice rilevava che il coinvolgimento
dell'imputato nella realizzazione del manufatto abusivo non solo era stato
espressamente escluso, con cognizione di causa, dal suocero Tarantino Agostino,
ma appariva anche contraddetto dalle dichiarazioni del geometra Giammona,
incaricato esclusivamente dalla moglie del Farzone di redigere il progetto da
sottoporre a sanatoria.
2. Avverso l'anzidetta sentenza ha proposto appello il Procuratore della
Repubblica presso il tribunale di Palermo, chiedendo che l'imputato fosse
dichiarato colpevole dei reati ascrittigli ai capi A), B) e C) della rubrica e
condannato alle pene di legge, rilevando che i reati contestati ai capi D) ed E)
erano ormai estinti prescrizione.
A sostegno del gravame evidenziava che: il Tribunale, dopo avere affermato la
sussistenza dei reati contestati all'imputato, lo aveva assolto per non aver
commesso il fatto, sul rilievo che l'abuso edilizio sarebbe stato commissionato
dalla moglie Maria Rosa Tarantino; tale giudizio appariva illogico, in quanto il
Farzone era comproprietario del fondo sul quale era stata realizzata la
costruzione abusiva; aveva sottoscritto un'istanza. per la realizzazione di
opere consistenti in un muro di contenimento ed in una cisterna per uso irriguo
ed era anche presente sui luoghi all'atto del sequestro preventivo de! 4
febbraio 2001; si trattava, comunque, di reati contravvenzionali, punibili anche
a titolo di colpa; non poteva attribuirsi valore decisivo alla deposizione del
suocero dell'imputato e neppure alle dichiarazioni rese dal geometra Giammona;
la pregressa istanza di autorizzazione presentata dal Farzone dimostrava
oggettivamente il suo interessamento alla gestione del fondo.
3. La Corte d'appello di Palermo, con sentenza del 17-25 gennaio 2005, in
parziale riforma della sentenza resa il 5 marzo 2004 dal Tribunale di Palermo,
dichiarava Farzone Andrea colpevole dei reati ascrittigli ai capi a), b) e c)
della rubrica, e, concessegli le circostanze attenuanti generiche, lo condannava
alla pena di mese uno, giorni quindici di arresto ed euro 6.000,00 di ammenda,
oltre al pagamento delle spese processuali dei due gradi di giudizio. Ordinava
il dissequestro del manufatto abusivo e la sua demolizione a spese e cure
dell'imputato. Ordinava che l'esecuzione della pena come sopra inflitta restasse
sospesa per la durata di anni due alle condizioni di legge e che della condanna
non fosse fatta menzione nel certificato del casellario giudiziale spedito a
richiesta dei privati, non per ragioni di diritto elettorale. Infine ordinava la
trasmissione degli atti al Procuratore della Repubblica in sede per le
iniziative di sua competenza nei confronti di eventuali concorrenti nei reati
giudicati.
Ha osservato la Corte d'appello che l'imputato, comproprietario del fondo sul
quale era stato realizzato il manufatto-abusivo, aveva sottoscritto un'istanza
realizzazione di opere consistenti in un muro di in una cisterna per uso irriguo
ed era anche presente all'atto de! sequestro preventivo del 4 febbraio 2001.
La Corte territoriale ha poi negato attendibilità alla tesi della difesa secondo
cui, in relazione alle opere da costruire nel terreno di località Bellolampo vi
sarebbe stato un contrasto tra l'imputato e sua moglie non essendo stati
acquisiti nel processo concreti elementi confermativi della sussistenza di un
effettivo dissidio tra l'imputato e la moglie in ordine alle opere da realizzare
sul terreno di proprietà comune.
In particolare - ha ritenuto la Corte d'appello - non poteva attribuirsi valore
decisivo alla deposizione di Tarantino Agostino, suocero dell'imputato,
trattandosi di un soggetto legato al Farzone da vincoli di affinità ed
interessato ad evitare che lo stesso venisse condannato per i reati ascrittigli,
nella consapevolezza che, nel frattempo, per i reati contravvenzionali
attribuiti alla moglie dell'imputato (Tarantino Maria Rosa) si approssimava la
prescrizione.
Neppure le dichiarazioni rese dal geometra Giammona, che aveva riferito che la
moglie del Farzone lo aveva incaricato di curare il procedimento tendente ad
ottenere il rilascio delta concessione in sanatoria, valevano ad escludere la
responsabilità dell'imputato. Peraltro tale incarico era stato conferito al
Giammona dopo la commissione (e l'accertamento) degli illeciti edilizi.
Comunque, l'istanza di sanatoria poteva essere presentata anche da un soggetto
diverso dal responsabile dell'abuso, purché portatore di un interesse
qualificato (come la Tarantino che era comproprietaria del terreno dove erano
state realizzate le opere abusive):
Neppure la presentazione, da parte dell'imputato, di istanze (al Comune di
Palermo ed alla Soprintendenza per i Beni Culturali) tendenti ad ottenere
provvedimenti autorizzativi era suscettibile di una valutazione univoca. Infatti
la stessa poteva essere solo indicativa dell'iniziale volontà dell'imputato di
realizzare, nel fondo di cui era comproprietario, opere diverse da quelle poi
costruite; non senza escludere che il Farzone si fosse munito di titoli
autorizzativi per opere non soggette a concessione, in modo da poter passare
indenne i primi eventuali controlli (come prospettato dal P.M. appellante),
ovvero che la stesso, dopo avere richiesto i provvedimenti autorizzativi, si
fosse determinato a realizzare le opere abusive accertate dalla polizia
giudiziaria.
La Corte d'appello ha poi evidenziato che tra l'imputato ed il soggetto indicato
dalla difesa come l'unico responsabile della costruzione delle opere abusive (la
moglie Tarantino Maria Rosa) vi era una sicura comunanza di interessi,
trattandosi di coniugi che abitavano nello stesso luogo ed avevano un comune
interesse a realizzare le opere abusive, che sarebbero diventate di proprietà
comune.
La Corte d'appello dava poi rilievo anche alla circostanza della presenza
dell'imputato sul luogo al momento del!'intervento delta polizia giudiziaria,
che contribuiva a suffragare la tesi accusatoria secondo cui il Farzone era
sicuramente consapevole della realizzazione delle opere abusive, che a quell'epoca
non erano state neppure ultimate. Infine la Corte d'appello ha anche rimarcato
che si trattava di reati contravvenzionali, punibili anche a titolo di colpa.
La Corte d'appello ha poi escluso che i reati edilizi fossero estinti per
oblazione, ai sensi del d.l. n. 269/2003; in quanto il manufatto non era
ultimato entro il 31 marzo 2003 non essendo state completate le tamponature
perimetrali.
4. Avverso questa pronuncia il Farzone ha proposto ricorso per cassazione con
tre motivi.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso è articolato in tre motivi.
Con il primo si deduce la violazione dell'art. 606 lett. e) c.p.p. per mancanza
e manifesta illogicità della motivazione. In particolare sostiene che il
semplice fatto di essere proprietario o comproprietario di un terreno sul quale
vengono svolti lavori edili illeciti, pur potendo costituire un indizio grave,
non è sufficiente da solo ad affermare la responsabilità penale, nemmeno qualora
il soggetto che riveste tale qualità sia a conoscenza che altri eseguano opere
abusive sul fondo, essendo necessario a tal fine, rinvenire altri elementi in
base ai quali possa ragionevolmente presumersi che egli abbia in qualche modo
concorso, anche solo moralmente con il committente o l'esecutore dei lavori
abusivi.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione dell'art 606 lett. b)
c.p.p. in relazione ali' art. 32, comma 26, d.l. n. 269/03 per inosservanza ed
erronea applicazione della legge penale. Contesta l'affermazione della Corte di
Appello che ha ritenuto che il manufatto abusivo non fosse suscettibile di
sanatoria dal momento che le opere non erano state ultimate non essendo state
completate le tamponature perimetrali, alla data del 31.3.2003, prevista dalla
legge quale limite temporale per potere usufruire del condono. In particolare
l'art. 43 della legge n. 47 del 1985 che statuisce che possono ottenere la
sanatoria le opere non ultimate (alla data ultima prevista) per effetto di
provvedimenti amministrativi o giurisdizionali limitatamente alle strutture
realizzate e ai lavori che siano strettamente necessari alla loro funzionalità.
Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione dell'art. 606 lett. b)
c.p.p. in relazione all'art. 39 legge n. 47 del 1985. La Corte avrebbe comunque
dovuto dichiarare estinto il reato di cui all'art 20 lett b) legge n.47/85 a
seguito del pagamento dell'oblazione effettuato dalla Tarantino, coniuge del
ricorrente.
2. Il primo motivo è infondato.
Questa Corte (Cass., sez. III, 22 gennaio 2003, Di Stefano) ha già affermato in
generale che in materia di reati edilizi la responsabilità del proprietario può
ricavarsi da indizi precisi e concordanti quali la assenza di manifestazioni di
dissenso dei comproprietari e la fruizione dell'opera secondo le norme
civilistiche dell'accessione, ed altri comportamenti positivi o negativi
valutabili dal giudice (nella specie è stata riconosciuta la responsabilità di
entrambi i coniugi, comproprietari, per la realizzazione dell'opera abusiva). Ha
poi ulteriormente precisato (Cass., sez. III, 10 febbraio 2000, Isaia) che il
comproprietario ha il potere di porre il veto all'esecuzione di opere non
assentite sull'area in comunione; e se questi è il coniuge del comproprietario
autore dell'opera non può non tenersi conto della stretta comunanza di
interessi, che rendono il coniuge naturalmente partecipe di tutte le
deliberazioni di rilevanza familiare, a meno che l'interessato non provi in
contrario che tali presupposti nel caso concreto, per una qualsiasi ragione, non
ricorrono. Cfr. anche Cass., sez. III, 10-08-2001, Gagliardi, secondo cui dal
rapporto di coniugio, dalla destinazione dell'opera a esigenze familiari, dalla
considerazione del cui prodest e dell'accessione, è possibile desumere una
compartecipazione almeno morale del comproprietario all'esecuzione dell'opera
abusiva.
In termini ancora più puntuali questa Corte (Cass., sez. III, 15 ottobre 1999,
Di Salvo) ha puntualizzato - e qui ribadisce - che il proprietario o
comproprietario di un terreno sul quale venga da altri realizzata una
costruzione abusiva concorre nel reato dall'autore di detta costruzione quando,
potendo intervenire per impedire la commissione dell'illecito, deliberatamente
se ne astenga.
Nella specie la Corte d'appello ha ampiamente motivato sul punto rilevando una
serie di ulteriori circostanze confermative dell'accertata riferibilità
dell'opera all'imputato; il 14/65/2005 r.g.n 6 ud. 13 luglio 2005 77 quale era
comproprietario e coniuge di chi aveva commissionato i lavori; aveva presentato
un'istanza per la realizzazione di opere edilizie di portata assai minore di
quella realizzata; era presente all'atto del sequestro preventivo del manufatto.
D'altra parte - ha ulteriormente rilevato la Corte d'appello sempre in punto di
fatto -- la circostanza, allegata dalla difesa dell'imputato, di contrasti con
la moglie Tarantino Maria Rosa in ordine ai lavori edilizi abusivamente
realizzati, era rimasta priva di affidabili riscontri probatori.
3. Il secondo motivo è infondato.
Questa Corte (Cass., sez. IV, 24 gennaio 2001, Murica) ha già chiarito che la
disposizione dell'art. 43, ultimo comma, 1. 28 febbraio 1985 n.47 prevede che
possono ottenere la sanatoria le opere non ultimate per provvedimenti
giurisdizionali o amministrativi, limitatamente alle strutture realizzate e ai
lavori che siano strettamente necessari alla loro funzionalità. Cfr. anche
Cass., sez. III, 12 giugno 1997, Sessa, secondo cui l'art. 43 1. 28 febbraio
1985 n. 47 che, al 5° comma, dispone che possono ottenere la sanatoria le opere
non ultimate per provvedimenti amministrativi o giurisdizionali, con limitazioni
per le opere necessarie alla funzionalità delle strutture realizzate, non può
essere circoscritto ai soli provvedimenti di organi giurisdizionali
amministrativi, ma deve essere inteso quale norma di favore per chi abbia
rispettato i provvedimenti amministrativi o giurisdizionali, anche del giudice
penale, non ultimando per tal ragione la costruzione nei modi e tempi prescritti
per beneficiare della sanatoria.
Il ricorrente invece non allega che nella specie la mancata ultimazione dei
lavori sia stata conseguente a provvedimenti giurisdizionali o amministrativi e
quindi l'art. 43 cit. non è invocabile.
4. Infine anche il terzo motivo è infondato atteso che, trattandosi di opere
abusive ultimate dopo il 31 marzo 2003, come ritenuto in fatto dalla Corte
d'appello, non giova affatto l'oblazione in ragione dell'(inapplicabile)
disciplina del condono edilizio.
4 Pertanto il ricorso va rigettato con conseguente condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
PER QUESTI MOTIVI
la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma, il 13 luglio 2005
1) Urbanistica e edilizia - Costruzione abusiva - Proprietario - Reato di cui all'art. 44 d.P.R. n. 380 del 2001 - Responsabilità - Condizioni. In tema di reati edilizi, la responsabilità del proprietario del fondo sul quale risulta realizzato l'immobile abusivo, o del manufatto nel quale l'abuso è stato effettuato può dedursi da indizi precisi e concordanti quali la qualità di coniuge del committente, la presentazione di istanze per la realizzazione di opere edilizie di portata di gran lunga minori di quelle realizzate, la presenza in loco all'atto dell'accertamento (Fonte CED Cassazione) Presidente: Vitalone C. Estensore: Amoroso G. Relatore: Amoroso G. Imputato: Farzone. P.M. Favalli M. (Diff.) (Rigetta, App. Palermo, 17 Gennaio 2005). CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, del 02/09/2005 (Ud.13/07/2005) Rv. 232200, Sentenza n. 32856
Per ulteriori approfondimenti ed altre massime vedi il canale: Giurisprudenza