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 Massime della sentenza

 

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sezione III - 1° febbraio 2005 (Ud. 11/12/2004), Sentenza n. 3349

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


CCORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sezione III - 1° febbraio 2005, Sentenza n. 3349 

Presidente U. Papadia, Relatore G. Sarno - Ric. Romano


Omissis

 

SENTENZA

 

Romano Assunta ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza emessa dalla Corte di Appello di Roma in data 4.11.2003, che confermava la sentenza del Tribunale di Latina, sezione distaccata di Gaeta, con la quale, in data 29.11.2002, era stata condannata alla pena di mesi quattro e giorni 15 di reclusione ed euro 80 di multa, per i reati di cui all'art 20 lett. c) 1 n. 47/85; 163 D.lvo n. 490/99 e 349, 1 e 2 co cp, in relazione alla realizzazione in assenza di concessione in zona sottoposta a vincolo paesistico di un manufatto muratura della superficie di mq 15 circa. Nei motivi di ricorso si eccepisce:
difetto, erroneità e contraddittorietà di motivazione circa il rigetto del motivo di appello con il quale si chiedeva l'assoluzione dell'appellante da tutti reati ascritti perché il fatto non sussiste ovvero non costituiscono reato. La Corte di Appello, secondo la ricorrente, aveva, infatti, emesso sentenza di condanna motivando sull'apparenza - e non sull'accertamento - della non pertinenzialità dell'intervento edilizio realizzato.


Inoltre la Corte non avrebbe motivato sulla richiesta di assoluzione relativamente al primo comma dell'articolo 349 cp.
violazione dell'art 157 cp., essendo intervenuta la sentenza di secondo grado dopo oltre quattro anni e otto mesi dal giorno in cui è stato eseguito il sequestro della costruzione.


A seguito dei motivi di ricorso la ricorrente ha depositato copia del condono edilizio presentato il 10.12.2004 al Comune di Ponza.


Il ricorso va rigettato.


Appare anzitutto ininfluente, al fine della sospensione del procedimento penale, la presentazione dell'istanza di condono stante la tipologia dell'abuso.


La contestazione concerne, infatti, la realizzazione senza titolo abilitativo di un manufatto in muratura di circa 15 mq in area sottoposta a vincolo paesistico.


In proposito non può che essere richiamato l'orientamento di questa Corte secondo il quale la sospensione del procedimento ex art 38 della legge 28 febbraio 1985 n. 47, in relazione alla domanda di condono edilizio presentata ex art. 32 del D.L. 30 settembre 2003 n. 269, convertito con modificazioni in legge 24 novembre 2003 n. 326, non può essere disposta nel caso le opere abusive siano state realizzate su immobili sottoposti a vincoli e siano non conformi alle norme urbanistiche ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici. (Sez. 3, n. 3350 del 29/01/2004 Rv. 227217)


Ed a riprova di quanto detto, a parte l'inequivoco tenore del comma 27 e l'esplicitazione sul punto contenuta nella Relazione di accompagnamento al D.L. 269/2003, va ricordato che, proprio per sanare gli abusi su aree di interesse ambientale, anche se commessi nell'arco temporale indicato dal D.L. 269/2003 in esame, è stata inserita nella Legge 15 dicembre 2004, n. 308, recante la "Delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale e misure di diretta applicazione" agli artt. 37 e 38, la possibilità di sanare gli abusi edilizi (sempre che superino l'accertamento di compatibilità paesaggistica) con conseguente estinzione dei reati ambientali.


Nel merito, la prima censura del ricorrente si incentra sull'utilizzazione in sentenza dell'espressione "apparente" riferita alla non pertinenzialità dell'abuso contestato.


Essa appare manifestamente infondata in quanto presuppone un metodo di analisi che, già di per se stesso discutibile in quanto basato sull'estrapolazione dal contesto motivazionale dì un termine - che peraltro, come nella specie, può avere varie accezioni -, si appalesa del tutto incompatibile con la struttura del giudizio in cassazione che, invece, deve tenere conto della motivazione nel suo insieme al fine di apprezzarne la logicità e la non contraddittorietà dell'impianto.


Avuto riguardo al caso specifico, proprio una corretta visione d'insieme, non può, invece, che rendere evidentemente apprezzabile l'iter della motivazione della corte di merito sia sotto il profilo della completezza che della logicità, risultando adeguatamente valutato il carattere di autonomia delle unità realizzate, sotto il profilo abitativo, rispetto all'edificio principale.


Palesemente infondate appaiono anche le ulteriori censure del ricorrente.


Quanto alla violazione dei sigilli, la sentenza impugnata motiva puntualmente in merito alla responsabilità dell'appellante ritenendo non plausibile, con valutazione che evidentemente non può essere censurata sul piano logico, che altri, all'insaputa del proprietario e, per giunta, gratuitamente, abbiano completato l'abuso violando i sigilli.


Venendo, infine, alla prescrizione, premesso che la questione è comunque infondata dovendosi in ogni caso tenere conto anche del periodo di sospensione verificatosi nel corso della celebrazione del giudizio di appello, dal 19.5 al 4.11.2003, a seguito dell'astensione del difensore, si rileva che la doglianza non tiene evidentemente conto della circostanza che il giudice di prime cure ha ritenuto in sentenza la continuazione tra tutti i reati; il che comporta che la prescrizione per ciascuno dei reati contestati decorre dalla data ultima di accertamento del reato di violazione di sigilli e, cioè, dal 17.2.2000.


Con riferimento al reato continuato, infatti, l'inizio del termine di prescrizione coincide con l'esaurimento della condotta, come previsto dall'art. 158 cod.pen. anche nell'ipotesi in cui il vincolo della continuazione non sia stato formalmente contestato, ma sia stato successivamente riconosciuto in sentenza. (Sez. 2, Sentenza n. 42790 del 10/11/2003 Rv. 227616)


P.Q.M.


La Corte Suprema di Cassazione
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.


Così deciso in Roma in data 11.1.2005
 

M A S S I M E

 Sentenza per esteso

 

Beni culturali e ambientali - Sanatoria abusi su aree di interesse ambientale - Urbanistica e edilizia -  Sospensione del procedimento penale - Condono edilizio - Applicabilità a manufatti realizzati in assenza di concessione in zona sottoposta a vincolo paesistico – Esclusione - Reato continuato - Termine di prescrizione - Delega ambientale - L. 15/12/2004 n. 308. La sospensione del procedimento penale ai sensi dell’art. 38 L. 28/2/85 n. 47, in relazione ad una domanda di condono edilizio presentata ai sensi dell’art. 32 D.L. 30/9/2003 n. 269, non può essere disposta su immobili sottoposti a vincoli e realizzati su terreni sottoposti a vincoli (Sez. 3, n. 3350 del 29/01/2004 Rv. 227217); infatti solo con la L. 15/12/2004 n. 308 (Delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale e misure di diretta applicazione" agli artt. 37 e 38, è stata inserita, la possibilità di sanare gli abusi edilizi con conseguente estinzione dei reati ambientali (sempre che superino l'accertamento di compatibilità paesaggistica). Infine, con riferimento al reato continuato, l'inizio del termine di prescrizione coincide con l'esaurimento della condotta, come previsto dall'art. 158 cod.pen. anche nell'ipotesi in cui il vincolo della continuazione non sia stato formalmente contestato, ma sia stato successivamente riconosciuto in sentenza. (Sez. 2, Sentenza n. 42790 del 10/11/2003 Rv. 227616). Presidente U. Papadia, Relatore G. Sarno - Ric. Romano (conferma Corte di Appello di Roma). CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sezione III - 1° febbraio 2005 (Ud. 11 dicembre 2004), Sentenza n. 3349

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