Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
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CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sezione III, 16 settembre 2005 (Ud. 8 luglio 2005), Sentenza n. 33735
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sezione III,
16 settembre 2005 (Ud.
8 luglio 2005), Sentenza n. 33735
Presidente C. Vitalone - Relatore A. Fiale - Vodafone Omnitel N.V.
Omissis
FATTO E DIRITTO
La "Vodafone Omnitel N.V.", dopo avere individuato, nel territorio di Marcianise,
una porzione di terreno ritenuta idonea all'installazione di un impianto radio
base di telefonia mobile, trasmetteva a quel Comune, in data 12.5.2004, íl
relativo progetto e la denuncia di inizio dell'attività prevista
dall'art. 87, 3° comma - ultima parte, del D.Lgs. 1.8.2003, n. 259 per la
realizzazione di impianti "con potenza in singola antenna uguale od inferiore ai
20 Watt".
Il Comune di Marcianise, con nota del 24.5.2004, dichiarava sospesa la
richiesta, comunicando che era stata predisposta una proposta di regolamento
comunale per la disciplina delle installazioni e la modifica degli impianti
radioelettrici da sottoporre all'esame del Consiglio comunale.
Il T.A.R. della Campania, frattanto, accogliendo un'impugnazione proposta dalla
società "Vodafone" per altro sito ma con identico oggetto, argomentava che
"anche se la pianificazione del territorio spetta agli enti locali, non si può
far dipendere la realizzazione degli impianti da un espresso intervento
pianificatorio dei Comuni, in quanto ciò costituirebbe un serio ostacolo alla
realizzazione della rete, considerato anche che le imprese resterebbero
sostanzialmente prive di strumenti di tutela, essendo molto difficile esercitare
l'azione avverso l'inerzia della P.A. in assenza di una norma che imponga tale
pianificazione entro termini precisi".
In seguito a tale pronuncia la società "Vodafone" comunicava al Comune di
Marcianise la ripresa dei lavori.
In data 18.2.2005 ufficiali della polizia municipale sottoponevano l'impianto a
sequestro, ai sensi dell'art. 321, 3° comma, c.p.p., ipotizzando la
violazione degli artt. 31 e 44 del D.P.R. n. 380/2001.
Il G.I.P. del Tribunale di S. Maria Capua Vetere, con provvedimento del
23.2.2005, convalidava l'atto di polizia giudiziaria ed emetteva autonomo
decreto di sequestro preventivo.
La società "Vodafone" proponeva istanza di riesame, deducendo la legittimità
della installazione della stazione radio base per essere state rispettate le
norme regolanti la materia come rinvenibili nel D.Lgs. n. 259/2003.
Prospettava, in particolare, la società che la realizzazione di torri, di
tralicci, di impianti radio trasmittenti, di ripetitori di servizi di
comunicazione elettronica e di stazioni radio base, essendo disciplinata dal
D.Lgs. n. 259/2003 (Codice delle comunicazioni elettroniche), deve ritenersi
sottratta alla disciplina posta dal T.U. dell'edilizia (n. 380/2001), ponendosi
il Codice delle comunicazioni elettroniche in rapporto di specialità con
detto testo unico.
Il Tribunale di S. Maria Capua Vetere, con ordinanza del 24.3.2005, respingeva
l'istanza di riesame, disconoscendo il prospettato rapporto di specialità
per essere diversi i campi di applicazione dei due testi normativi, in quanto il
T.U. dell'edilizia attiene al controllo di compatibilità delle nuove costruzioni
con il territorio ed il D.Lgs. sulle comunicazioni elettroniche, invece, al
controllo dell'inquinamento elettromagnetico e del rispetto dei limiti di
emissione.
Il Tribunale - premesso che l'impianto in oggetto si identifica in "un'antenna
di altezza di circa 30 metri che consta di un pilone in ferro saldamente
ancorato al suolo su una piattaforma in cemento armato con una cabina per
alloggio strumenti" - evidenziava, in particolare, che:
- manca nel testo del D.Lgs. n. 259/2003 una deroga espressa al T.U. n.
380/12001; -- sarebbe irragionevole considerare che la realizzazione di antenne
aventi altezze superiori a 20 o 30 metri possa essere sottratta al controllo
dell'ente territoriale attraverso il rilascio di un titolo abilitativo
finalizzato alla verifica della compatibilità delle nuove costruzioni con il
territorio;
- l'autorizzazione prevista dall'art. 87 del D.Lgs. non ha efficacia sostitutiva
rispetto al permesso di costruire, in considerazione dei diversi ambiti di
tutela;
- quando il Iegislatore del 2003 ha voluto interferire sulla disciplina edilizia
lo ha chiaramente espresso. E' il caso della realizzazione di impianti di
potenza inferiore ai 20 Watt, per la cui realizzazione è prevista Ia mera
dichiarazione di inizio attività che, solo in questo caso specifico, si
sovrappone al permesso di costruire, escludendolo dall'iter procedimentale.
Avverso l'anzidetta ordinanza ha proposto ricorso la società "Vodafone
Omnitel N.V.", in persona del direttore affari pubblici e legali dr.ssa
Bianca Maria Martinelli, quale procuratore speciale dell'amministratore
delegato.
Con i motivi di gravame viene eccepito:
- l'erronea applicazione del D.Lgs. n. 259/2003 e del T.U. n. 380/2001;
- vizio di motivazione su un punto decisivo della questione, avendo il Tribunale
omesso di considerare che l'antenna radio base installata nel territorio del
Comune di Marcianise è di potenza inferiore ai 20 Watt;
- carenza assoluta di motivazione del provvedimento di sequestro preventivo
emesso dal G.I.P., che non consentirebbe il corretto esercizio del potere-dovere
di controllo da parte del Tribunale, il quale non potrebbe colmare la lacuna
adottando proprie ed originarie motivazioni.
I difensori della società ricorrente hanno depositato poi, in data 1.7.2005,
ampia memoria, con annessa documentazione.
***********
Il ricorso è fondato e merita accoglimento.
1. La fondamentale questione di diritto sottoposta all'esame del Collegio
attiene al rapporto tra le discipline poste:
a) dal D.Lgs. 1.8.2003, o. 259 (Codice delle comunicazioni
elettroniche), che: -- all'art. 87, subordina l'installazione di stazioni
radio base per reti di comunicazioni elettroniche mobili GSM/UMTS al rilascio di
apposita autorizzazione dell'ente locale territorialmente interessato;
- all'art. 86, comma 3, assimila "le infrastrutture di reti pubbliche di
comunicazione di cui agli artt. 87 e 88 ... ad ogni effetto alle opere di
urbanizzazione primaria", prevedendo che "ad esse si applica la normativa
vigente in materia";
b) dal D.P.R. 6.6.2001, n. 380 (Testo unico dell'edilizia), che,
all'art. 3, lett. e), ricomprende espressamente tra gli "interventi di nuova
costruzione", come tali assoggettati a permesso di costruire ai sensi del
successivo art. I0, "gli interventi di urbanizzazione primaria e secondaria
realiz7ati da soggetti diversi dal Comune" (e.2), nonché "l'installazione di
toni e tralicci per impianti radio-ricetrasmittenti e di ripetitori per i
servizi di telecomunicazione" (e.4).
Deve valutarsi, in particolare, se l'autorizzazione prescritta dal Codice
delle comunicazioni sia sufficiente a consentire, anche sotto il profilo
urbanistico-edilizio, l'installazione di stazioni radio base per reti di
comunicazioni elettroniche mobili, ovvero sussista la necessità di autonomo
titolo abilitativo, secondo le procedure previste e disciplinate dal T.U. n.
380/2001.
2. Sulla questione - che coinvolge problematiche che attengono sia all'assetto
ed allo sviluppo del territorio sia a fattori di inquinamento ambientale
riflettentisi sulla salvaguardia della salute e dell'integrità fisica dei
cittadini - sono state formulate, in giurisprudenza ed in dottrina, tesi
contrapposte.
La materia è stata in precedenza disciplinata dal D.Lgs. 4.9.2002, n. 198
(c.d. decreto Gasparri), il cui art. 3 conteneva una "clausola di esclusivita',
laddove stabiliva, al 1 ° comma, che "le categorie di infrastrutture di
comunicazioni ... sono opere ... realizzabili esclusivamente sulla base
delle procedure definite dal presente decreto".
La stessa norma, del resto, stabiliva (al comma 2) che le installazioni in
questione dovessero ritenersi "compatibili con qualsiasi destinazione
urbanistica" (sicché non si poneva la necessità di alcuna verifica in concreto
della compatibilità) e fossero realizzabili anche "in deroga" agli strumenti
urbanistici e ad ogni altra disposizione regolamentare, con eccezione prevista
solo per alcuni manufatti di particolare consistenza, quali torri e tralicci,
relativi alle reti di televisione digitale terrestre.
Questa Corte Suprema, pertanto, aveva affermato che, dopo l'entrata in vigore
del D.Lgs. n. 198/2002, l'installazione di impianti per telefonia cellulare non
necessitava più della preventiva concessione edilizia (così Case., Sez. III:
29.4.2003, n. 19795, P.M. in proc. Minervini; 6.5.2003, n. 20218, Cassisa).
La Corte Costituzionale, però, con la sentenza n. 303 dell' 1.10.2003, ha
dichiarato l'incostituzionalità del D.Lgs. n. 198/2002, per eccesso di delega
in rapporto alla legge n. 443/2001.
Lo stesso Giudice delle leggi, inoltre, con la sentenza n. 307 del 7.10.2003, ha
ribadito i parametri del riparto delle competenze operanti nella disciplina del
settore, rilevando che rientra nella competenza esclusiva dello Stato la
determinazione degli standards di protezione dall'inquinamento elettromagnetico,
sotto il profilo della determinazione di valori-soglia non derogabili dalle
Regioni, mentre è materia di legislazione concorrente il trasporto dell'energia
e l'ordinamento della comunicazione. E' rimessa, infine, alle Regioni ed agli
enti territoriali minori la localizzazione degli impianti, come questione
attinente alla disciplina d'uso del territorio, purché le relative previsioni di
pianificazione non siano tali "da impedire o da ostacolare ingiustificatamente
l'insediamento degli impianti stessi".
Deve altresì ricordarsi, in proposito, che la legge 22.2.2001, n. 36
(Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed
elettromagnetici) affida agli enti locali minori la determinazione di
criteri di localizzazione ottimale degli impianti in oggetto, con finalità di
massima restrizione dell'inquinamento elettromagnetico ma anche di "corretto
insediamento urbanistico e territoriale" degli impianti stessi.
E' intervenuto, quindi, il D.Lgs. 1.8.2003, n. 259 (Codice delle
comunicazioni elettroniche), che - all'art. 87 - prevede il rilascio di un'autorizzazione
unitaria da parte dell'ente comunale con l'intervento, però, anche delle
Amministrazioni portatrici degli altri interessi pubblici coinvolti.
2.1 Secondo un orientamento interpretativo (condiviso dal T.a.r. Veneto, sez. II,
8.1.2004, n. 1), anche a fronte delle disposizioni introdotte dal Codice delle
comunicazioni elettroniche, persisterebbe la necessità di un distinto ed
autonomo titolo abilitativo edilizia e ciò essenzialmente perché:
- l'art. 86 del D.Lgs. n. 259/2003 assimila espressamente (come si è detto
dianzi) le infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione, di cui ai
successivi arti. 87 e 88, alle opere dì urbanizzazione primaria, alle
quali deve applicarsi "la normativa vigente in materia" e, quindi, anche I'art.
3 del T.U. n. 380/2001;
- lo stesso D.Lgs. n. 259/2003 (a differenza del D.Lgs. n. 198/2002) non
contiene una "clausola di esclusività", rivolta a consentire la realizzabilità
delle infrastrutture in esso contemplate sulla sola base delle procedure
definite dallo stesso Codice; esso non contiene, inoltre, previsioni
modificatrici del T.U. dell'edilizia.
2.2 Esclusa la teoria più radicale, secondo la quale la verifica edilizia
dovrebbe considerarsi superflua, stante la mancata menzione espressa dei profili
edilizi nel Codice delle comunicazioni, un altro orientamento, assolutamente
prevalente nella giurisprudenza amministrativa, riconosce invece (sia pure con
argomentazioni non sempre coincidenti) carattere omnicomprensivo
all'autorizzazione prevista dal D.Lgs. n. 25912003, esteso a tutti i profili
connessi alla realizzazione ed all'attivazione degli impianti di telefonia
cantare, inclusi quelli urbanistici ed edilizi (vedi, ad esempio, T.a.r.
Puglia, Bari, sez. III, 13.5.2005, n. 2143; T.a.r. Veneto, sez. Il, 13.9.2004,
n. 3295; T.a.r. Veneto, sez. II, 30.7.2004, n. 2579; T.a.r. Puglia, Bari, sez.
III, 22.7.2004, n. 3217; T.a.r. Piemonte, sez. I, 23.6.2004, n. 1176; T.a.r.
Lazio, Roma, sez. Ilbis, 20.5.2004, n. 2794; T.a.r. Lombardia, Milano, sez. I,
19.5.2004, n. 1353; T.a.r. Campania, Napoli, sez. I, 5.4.2004, n. 4043; T.a.r.
Lombardia, Brescia, sez. I, 30.1.2004, n. 169).
3. Tale orientamento - fatto proprio dal Consiglio di Stato, Sez. VI, con le
recenti decisioni 11.1.2005, n. 100 e 22.10.2004, n. 6910 (dopo le contrarie
decisioni 26.9.2003, n. 5502 e 18.5.2004, n. 3193) viene condiviso da questo
Collegio sulla base delle seguenti considerazioni (in senso contrario vedi
Casa., Sez. III, 1.12.2003, n. 46172, Gro, ove si omette, però, di valutare la
normativa introdotta dal D.Lgs. n. 259/2003):
3.1 11 procedimento di autorizzazione disciplinato dal D.Lgs. n. 259/2003
risulta finalizzato all'esigenza di semplificazione e concentrazione dei
procedimenti amministrativi, per la salvaguardia della tempestività degli
stessi, in attuazione dei principi comunitari imposti dalle direttive
2002/19/CE, 2002/20/CE, 2002/21/CE e 2002/22/CE, recepite e ribadite
nell'ordinamento italiano dall'art. 41 della legge 1.10.2002, n. 166, che
è la legge delega in base alla quale è stato emanato il D.Lgs. n. 259/2003.
Detto art. 41 richiama espressamente, ove compatibili, anche "i principi della
legge 21.12.2001, n. 443", tra i quali è ricompresa la "definizione delle
procedure da seguire in sostituzione di quelle previste per il rilascio dei
provvedimenti concessori o autorizzatoti di ogni specie".
Tutti i principi anzidetti ed i criteri di delega fissati dalla legge n.
166/2002 (previsione di procedure tempestive per la concessione del diritto di
installazione, riduzione dei termini per la conclusione dei relativi
procedimenti amministrativi; regolazione uniforme dei medesimi procedimenti) -
ribaditi dall'art. 4 del D.Lgs n. 259/2003 --resterebbero vanificati qualora al
procedimento di autorizzazione disciplinato dal D.Lgs. n. 259/2003 dovesse
aggiungersi quello previsto dal T.U. dell'edilizia, peraltro non coordinato
sotto il profilo temporale.
3.2 La procedura delineata dall'art. 87 del D.Lgs. n. 259/2003 ben si concilia
con la valutazione anche della compatibilità urbanistico-edilizia
dell'intervento, in quanto:
- può essere finalizzata ad
approfondire tali aspetti la previsione del 5° comma, secondo la quale il
responsabile del procedimento può richiedere, per una sola volta, entro 15
giorni dalla ricezione dell'istanza, l'integrazione della documentazione
prodotta;
- i commi 6 e 7 prevedono il ricorso ad una "conferenza di servizi", che
deve essere convocata dal responsabile del procedimento in caso di motivato
dissenso espresso da un'Amministrazione interessata e l'approvazione intervenuta
all'esito della conferenza, adottata a maggioranza dei presenti, "sostituisce
ad ogni effetto gli atti di competenza delle singole Amministrazioni e vale
altresì come dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dei
lavori".
L'individuazione di un'autorizzazione unitaria, rilasciata dal Comune con
l'intervento delle Amministrazioni portatrici degli altri interessi pubblici
coinvolti, porta razionalmente a ritenere che nel procedimento di autorizzazione
debbano confluire tutti i procedimenti, in precedenza autonomi, necessari per la
compiuta valutazione degli interessi sottesi all'atto che autorizza già la
"installazione", e non la sola attivazione, dell'impianto (una particolare
disciplina é comunque prevista nel caso di motivato dissenso espresso da
un'Amministrazione preposta alla tutela ambientale, alla tutela della salute o
alla tutela del patrimonio storico-artistico).
Le singole valutazioni, che in precedenza erano autonome,. non sono eliminate
ma unificate sul piano procedimentale e di esse deve essere dato conto in sede
di motivazione del provvedimento finale.
Giova evidenziare, inoltre, che il comma 10 dell'art. 87 del D.Lgs. n. 259/2003
dispone che "le opere debbono essere realizzate, a pena di decadenza, nel
termine perentorio di dodici mesi dalla ricezione del provvedimento
autorizzatorio espresso ovvero dalla formazione del silenzio assenso".
Tale disposizione risulterebbe del tutto incompatibile con l'affermazione della
necessità del permesso di costruire, che potrebbe intervenire in un tempo
successivo ed al quale la legge (art. 15 del T.U. n. 380/2001) connette la
previsione di un termine diverso per la conclusione dei lavori.
Deve ancora precisarsi che la denunzia di inizio dell'attività, prevista
dall'art. 87, 3° comma - ultima parte, del D.Lgs. n. 259/2003 per la
realizzazione di impianti "con potenza in singola antenna uguale od inferiore ai
20 Watt", non è quella disciplinata dagli arti. 22 e 23 del T.U. n. 380/2001, ma
va ricondotta al modello generale di cui all'art. 19 della legge n. 241/1990,
come modificato, da ultimo, dall'art. 3, comma 1, del D.L. 14.3.2005, n. 35,
convertito nella legge 14.5.2005, n. 80.
Nel relativo procedimento, tuttavia, dovranno essere pur sempre valutati i
profili urbanistico-edilizi del realizzando intervento.
3.3 In una situazione siffatta non può riconoscersi, allora, rilevanza
assorbente alla mancata riproduzione, nel testo del D.Lgs. n. 259/2003, di una
"clausola di esclusività".
E' vero, altresì, che l'art. 41, comma 2, lett. d) della legge delega n.
166/2002 impone formalmente la "abrogazione espressa" di tutte le norme
incompatibili. L'art. 87 del D.Lgs. n. 259/2003, però, non esclude che gli
impianti in esso previsti debbano considerarsi "nuova costruzione", ai sensi
dell'art. 3 (lettere e.2 ed e.4) del T.U. n. 380/2001 e pone una deroga
esclusivamente procedimentale alle generali previsioni dell'art. 10 dello
stesso T.U., in quanto non mette in discussione la necessità di una valutazione
dell'intervento alla stregua della vigente normativa urbanistico-edilizia e
delle prescrizioni degli strumenti di pianificazione.
3.4 Non appaiono così violati i principi fondamentali in materia
urbanistico-edilizia secondo i quali (vedi la sentenza n. 303/2003 della Corte
Costituzionale):
- la legislazione regionale e le flunzioni amministrative, in detta materia, non
devono risultare inutilmente gravose per gli amministrati e devono essere
dirette a semplificare le procedure e ad evitare la duplicazione di valutazioni
sostanzialmente già effettuate dalla pubblica Amministrazione;
- nella disciplina dei titoli abilitativi per l'edificazione deve ritenersi
necessaria la compresenza di titoli abilitativi preventivi ed espressi (la
concessione, il permesso di costruire, l'autorizzazione) e di procedure di
semplificazione, quale è la D.I.A. (configurata quest'ultima come mera denuncia
legittimante per interventi edilizi puntualmente identificati dalla legge),
libero il legislatore regionale di ampliarne o ridurne l'ambito applicativo.
Né la sostituibilità del permesso di costruire con la decisione finale assunta
in sede di conferenza di servizi è principio nuovo nel nostro ordinamento,
allorché si consideri che il 9° comma dell'art. 14 ter della legge n. 241/1990,
dopo le modifiche apportate dalla legge n. 340/2000, disponeva espressamente -
con previsione generale - che "il provvedimento finale confonne alla
determinazione conclusiva favorevole della conferenza di servizi sostituisce a
tutti gli effetti ogni autorizzazione, concessione, nulla-osta o atto di assenso
comunque denominato di competenza delle amministrazioni partecipanti, o comunque
invitate a partecipare, alla predetta conferenza". [La disposizione,
attualmente, dopo le più recenti modifiche apportate dalla legge 11.2.2005, n.
15, è formulata nel senso che "il provvedimento finale conforme alla
determinazione conclusiva di cui al comma 6 bis, sostituisce, a tutti gli,
effetti, ogni autorizzazione, concessione, nulla-osta o atto di assenso comunque
denominato di competenza delle amministrazioni partecipanti, o comunque invitate
a partecipare ma risultate assenti, alla predetta conferenza"].
Qualche perplessità può derivare dalla previsione dell'assentimento per
silenzio, di cui al comma 9 dell'art. 87 (ed al comma 7 dell'art. 88) del
D.Lgs. n. 259/2003; trattasi comunque di istituto procedimentale non
definitivamente espunto dalla normativa edilizia, dal momento che l'abrogazione
del silenzio-assenso (connessa alle disposizioni della legge n. 662/1996 e del
T.U. n. 380/2001) non ha comportato l'abrogazione automatica delle vigenti
normative che disciplinano tale istituto nelle Regioni a statuto ordinario (per
quelle a statuto speciale e per le Province autonome non sussiste obbligo di
adeguamento: vedi Corte Cost. sentenza n. 241/1997) e che la legislazione
statale tuttora lo prevede nella disciplina dei provvedimenti di c.d. "condono"
(anche in relazione a tale profilo il T.a.r. Lazio, con ordinanza del
16.12.2004, ha rimesso al vaglio della Corte Costituzionale la questione di
legittimità degli artt. 87 e 88).
4. Deve concludersi, allora, che il provvedimento autorizzatorio e la
procedura di denunzia di inizio dell'attività previsti dall'art. 87 del D.Lgs.
1.8.2003, n. 259, per l'autorizzazione all'installazione di infrastrutture
di comunicazione elettronica per impianti radioelettrici, hanno come
contenuto imprescindibile anche la verifica della compatibilità
urbanistico-edilizia dell'intervento e non è richiesta, pertanto, la necessità
di un distinto titolo abilitativo a fini edilizi.
Alla stregua del principio appena enunciato la Presidenza del Consiglio dei
Ministri ha presentato, in data 4.5.2005, ricorso nei confronti della Regione
Veneto, per la dichiarazione (tra l'altro) dell'illegittimità costituzionale
dell'art. 14 della legge regionale n. 8 del 25.2.2005, che disciplina il
procedimento di autorizzazione all'installazione, modifica ed adeguamento degli
impianti di telefonia mobile, prevedendo che, per l'autorizzazione di detti
impianti, il richiedente debba aggiungere al provvedimento previsto dall'art. 87
del Codice delle comunicazioni elettroniche anche l'ulteriore rilascio del
permesso di costruire ai sensi degli artt. 3 e 10 del T.U dell'edilizia.
Secondo la Presidenza del Consiglio tale disposizione, determinando un aggravio
delle procedure per l'installazione dei citati impianti fissi di telefonia
mobile, si porrebbe in contrasto con i principi fondamentali in materia di
"ordinamento dellz comunicazione", in violazione dell'art. 117, comma 3, della
Costituzione, dovendo considerarsi principi fondamentali di tale materia, come
tali vincolanti la potestà legislativa regionale, le norme contenute nell'art.
41 della legge delega n. 166/2002 e nell'art. 4 dello stesso Codice delle
comunicazioni, che promuovono la semplificazione e la tempestività dei
provvedimenti autorizzatori e considerato anche che la disciplina delle
comunicazioni avrebbe assorbito a tutti gli effetti la precedente disciplina
edilizia interferente sulla materia (art. 3, comma 1, Lett e, del T.U.
sull'edilizia).
5. Non resta influenzato, in ogni caso, il regime sanzionatorio penale di cui
all'art. 44 dd T.U. n. 380/2001 e le infrastrutture di comunicazione
elettronica specificate al comma 1 dell'art. 87 del D.Lgs. n. 259/2003 restano
sottoposte, pur sempre, alle sanzioni penali specifiche delle opere soggette
a permesso di costruire.
Le disposizioni dell'art. 44 del T.U. n. 380/2001 si applicano altresì agli
impianti "con potenza in singola antenna uguale od inferiore ai 20 Watt" (di cui
al comma 3, ultima parte, del medesimo art. 87) - suscettibili di resone
mediante denunzia di inizio attività ai sensi dell'art. 19 della legge n.
241/1990, come successivamente modificato - allorché questi siano eseguiti in
assenza o in difformità dalla denunzia medesima.
II mutamento della disciplina per l'abilitazione all'intervento edilizio non
incide, infatti, sulla disciplina sanzionatoria penale, che non viene correlata
alla tipologia del titolo abilitativo, bensì alla consistenza concreta
dell'intervento.
6. L'ordinanza impugnata, per tutte le argomentazioni dianzi svolte, deve essere
annullata, con rinvio al Tribunale di S. Maria Capua Vetere, il quale - nella
nuova delibazione - si atterrà ai principi di diritto sopra enunciati, previa
individuazione delle effettive caratteristiche tecniche della stazione radio
base in oggetto, che, secondo l'assunta difensivo, avrebbe (come da progetto
depositato) potenza inferiore ai 20 Watt.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione,
visti gli artt. 607, 127 e 325 c.p.p.,
annulla l'ordinanza impugnata, con rinvio al Tribunale di S. Maria Capua Vetere.
Così deliberato in ROMA, nella
camera di consiglio dell'8.7.2005
1) Inquinamento elettromagnetico - Edilizia e urbanistica - Compatibilità urbanistico-edilizia - DIA - Contravvenzioni - Installazione di stazioni radio base per reti di comunicazioni elettroniche mobili GSM/UMTS - Titolo abilitativo e regime sanzionatorio - D. Lgs. n. 259/2003 (Codice delle comunicazioni elettroniche) - Testo unico dell’edilizia. A seguito dell’entrata in vigore del D. Lgs. 1° agosto 2003 n. 259 (Codice delle comunicazioni elettroniche), l’installazione di stazioni radio base per reti di comunicazione mobili GSM/UMTS è subordinata al rilascio di apposita autorizzazione dell’ente locale territorialmente interessato in quanto trattasi di opere di urbanizzazione primaria. Il rilascio di tale autorizzazione, conseguente ad una procedura di inizio attività ai sensi dell'art. 87 stesso decreto legislativo, ha come contenuto imprescindibile anche la verifica della compatibilità urbanistico-edilizia dell’intervento e pertanto non è richiesta la necessità del distinto titolo abilitativo a fini edilizi previsto dal D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 (Testo unico dell’edilizia). L’autorizzazione avrà quindi un carattere unitario, con la conseguenza che il regime sanzionatorio penale rimane quello previsto dall’art. 44 del Testo unico dell’edilizia, in quanto il mutamento della disciplina per l’abilitazione all’intervento edilizio non incide sulla disciplina sanzionatoria penale che non è correlata alla tipologia del titolo abilitativo ma alla consistenza concreta dell’intervento. Presidente C. Vitalone, Relatore A. Fiale. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sezione III, 16 settembre 2005 (Ud. 8 luglio 2005), Sentenza n. 33735
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