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CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sezione IV 22 febbraio 2005 , Sentenza n. 6710
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sezione IV 22
febbraio 2005 , Sentenza n.6710
Pres. D’Urso – Est. Novarese Pg
Cedrangelo – Ric. Calabrò
Omissis
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Calabrò Gìuseppe ha proposto ricorso in cassazione avverso l’ordinanza del
tribunale di Catanzaro del 2 ottobre 2003, in sede di riesame, con cui veniva
confermata parzialmente in ordine solo ad alcuni delitti l’ordinanza cautelare
del Gip del medesimo tribunale, emessa in data 16 settembre 2003, con la quale
veniva disposta la custodia cautelare in camere, deducendo quali motivi la
violazione degli articoli 191, 268 e 271 Cpp ed il vizio motivazionale sul
punto, giacché non era sufficientemente motivata l’indisponibilità degli
impianti della procura per essere gli apparati RT 6000 tutti occupati, poiché si
trattava di registratori noleggiabili da privati, mentre non è dato cogliere le
eccezionali ragioni di urgenza legittimanti l’utilizzazione di impianti diversi
e le proroghe, concesse per fatti differenti da quelli che avevano dato origine
alle intercettazioni (prima tentato omicidio, poi traffico di stupefacenti), la
violazione degli articoli 189, 191 e 14 Costituzione in riferimento agli
articoli 614 e 615 bis Cp ed il vizio motivazionale sul punto, giacché erano
state effettuate captazioni visive dalla P.g. nel piazzale antistante
l’abitazione di tal Galluzzi senza autorizzazione dell’autorità giudiziaria,
l’illogicità manifesta della motivazione e la violazione degli articoli 192 e
273 Cpp per omessa valutazione circa la provenienza delle intercettazioni
telefoniche ed ambientali da parte dell’indagato, il vizio motivazionale
predetto e la violazione degli articoli 274 lett. e) e 275 Cpp, perché, venuti
meno i gravi indizi di colpevolezza per due delitti, non poteva ritenersi la
permanenza delle condizioni legittimanti la misura. cautelare della custodia in
carcere da considerare quale “extrema ratio”.
MOTIVI DELLA DECISIONE
I motivi addotti non appaiono fondati, sicché il ricorso deve essere rigettato con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Infatti, recente decisione delle Su (Cassazione, Su 919/04 rv.226487)
espressamente richiede che “una volta evidenziata l’indisponibilità delle linee
non occorre indicarne le cause, perché è la situazione obiettiva che rileva ai
fini della motivazione, ed essa ben può essere attestata dal Pm presso il quale
sono installati gli impianti di intercettazione”, poiché si tratta di fatti
ricadenti nell’ambito dei propri poteri di cognizione ed anche perché, può
aggiungersi, la partita indicazione delle cause di detta indisponibilità
potrebbe violare il segreto delle indagini o comprometterne altre.
Peraltro, il decreto del Pm contiene l’affermazione circa l’utilizzazione degli
apparati RT 6000 presso la Procura per altri procedimenti, partitamente indicati
nell’informativa del Vice questore dott, Arenante, secondo quanto evídenziato
nell’ordinanza del tribunale in sede di riesame del 24 luglio 2003, richiamata
“per relationem” nel provvedimento impugnato, con la quale veniva revocata
precedente ordinanza in data 11 s.m.a. nei confronti dell’attuale ricorrente,
solo per dichiarata inutilizzabilità di alcuni atti per omessa trasmissione di
alcune cassette VHS, sicché non é dato a questa Corte effettuare alcuna indagine
in merito, mentre le ragioni di urgenza, evidenziate sempre nella precedente
ordinanza, sono connesso “al grave allarme sociale determinato dal protarsi
dell’attività delittuosa facente capo alla cosca mafiosa di cui il Galluzzi era
accusato di far parte”. sicché a nulla rileva l’evolversi delle indagini dal
tentato omicidio dei Manzi al traffico di stupefacenti, giacché l’esistenza di
crimini “in itínere” ancor più rimarca l’eccezionale urgenza.
Per quel che concerne la “vexata quaestio” della disciplina applicabile alle
videoregistrazioni senza alcuna comunicazione, sonora o gestuale, e sulla natura
delle stesse, occorre rilevare, con valore assorbente, che il giudice del
riesame considera come “il maggior numero di riprese (nonché le più
significative) sono state effettuate in luoghi diversi e distanti
dall’abitazione del Galluzzi” in relazione ai quali, pertanto, non si pone alcun
problema di illegittima acquisizione di immagini e comunicazioni ivi svolgentesi”,
sicché, in base alla cd. prova di resistenza, si deve escludere ogni incidenza
della problematica nella fattispecie in esame e concludere per l’infondatezza
della censura svolta.
Peraltro, a parte detta considerazione assorbente, la nozione di privata dimora,
richiamabile nell’ ipotesi diversa delle intercettazioni ambientali, anche se
non evoca solo i luoghi ove si svolge la vita domestica, ma anche ogni altro
luogo in cui il soggetto svolge un’attività ed abbia la titolarità del diritto
di escludere gli altri per tutelare la sua riservatezza (cfr. Cassazione,,
Sezione sesta, 49533/03, rv 227865), non appare estensibile ad un piazzale,
seppure antistante all’abitazione dell’indagato, giacché non è funzionale allo
svolgimento di un’attività privata di qualsiasi specie senza alcuna turbativa da
parte di estranei, non comporta un apprezzabile tempo di permanenza e la
recinzione è tale da non impedire ad un osservatore esterno la visibilità
dell’area.
Pertanto non occorre esaminare le differenti tesi sulla natura delle
videoregistrazioni: a volte parificate alle ispezioni occulte (Cassazione,
Sezione sesta, 4397/98, rv 210063 quale ipotesi subordinata rispetto alla
principale di assoluta illegittimità) altre alle intercettazioni ambientali
(Cassazione, Sezione terza, 4150/99, non massimata ma riferita in Corte
costituzionale 135/02, perché attinente allo stesso procedimento in cui è stata
sollevata la questione di legittimità costituzionale) ed in numerose alla cd.
prova atipica di cui all’articolo 189 Cpp (Cassazione, Sezione quarta, 44484/03
rv 226407) o a quella documentale ex articolo 234 Cpp (Cassazione, Sezione
prima, 16965/03, rv 224240).
Non bisogna neppure trattare delle differenti implicazioni costituzionali in
relazione all’articolo 14 Costituzione, qualora si tratti di luogo di privata
dimora o di una “toilette” di un locale pubblico, ed al cd diritto alla privacy,
non da tutti gli studiosi ritenuto “costituzionalizzato”, anche se detti
argomenti sono stati sviluppati da varie pronunce sia della Corte costituzìonale
(sentenza 135/02 ed ordinanza 251/04) sia di questo giudice di legittimità con
variegate soluzioni: da quella che esclude in radice ogni legittimità alla
videoregistrazione non finalizzata all’intercettazione di comunicazioni, sonore
o gestuali, riferendosi alla discussa categoria delle cd prove incostituzionali
(Cassazione, Sezione sesta, 4397/98 cit.), espressamente disattesa da Corte
costituzionale 135/02, all’altra che richiede solo un’autorizzazione
dell’autorità giudiziaria e quindi anche del Pm (Cassazione, Sezione quarta,
7063/00, rv 217688), che sembra accolta dalla Consulta nella citata pronuncia;
da quella che richiede il solo limite della libertà morale di cui all’articolo
188 Cpp (Cassazione, Sezione quarta, 44484/03 cit.) a quella (Cassazione,
Sezione terza, 4150/99 cit.), che estende la disciplina di cui al secondo comma
dell’articolo 266 Cpp, ritenendo tale norma tutelante non solo la libertà di
comunicazione, ma anche e precipuamente quella di domicilio, in parte disattesa
dalla sentenza 135/02 della Corte costituzionale e dalla più recente
giurisprudenza di questo giudice di legittimità (Cassazione, Sezione prima,
16965/03 rv 224240 cui adde Cassazione, Sezione quarta, 44484/03 rv 226407),
secondo cui le “captazioni visive” cioè le riprese videofilmate vanno
considerate prove documentali non disciplinate dalla legge, previste
dall’articolo 189 Cpp, e non vanno, per contro, ritenute appartenenti al “genus”
delle intercettazioni di comunicazioni o di conversazioni con la conseguenza che
ad esse non si applica la disciplina di cui agli articoli 266 e segg. Cpp,
giacchè la predetta si riferisce alla comunicazione ed all’intercettazione, ma
non ad ogni altra captazione di immagini non avente natura di un messaggio
intenzionalmente trasmesso da un soggetto ad un altro.
Gli ultimi due motivi, relativi soprattutto a vizi motivazionali, traggono
spunto dalla benevola considerazione da parte del tribunale in sede di riesame
di alcuni indizi, gravi precisi e concordanti a carico del Calabrò e dalla
conseguente esclusione del reato associativo.
Tuttavia, il ricorrente non considera che la precedente ordinanza cautelare è
stata revocata solo per vizi formali, sicché alla stessa può farsi rinvio sia
per la riferibilità delle intercettazioni ambientali e telefoniche all’indagato
sia per la sussistenza delle condizioni e dei presupposti per applicare la
misura cautelare custodiale massima.
Peraltro il ricorrente sottace che la responsabilità per l’illecita detenzione
di droghe di cui ai capi 1 e 2 dell’imputazione è comprovata “dai sequestri di
sostanza stupefacente”, mentre “il ruolo preponderante svolto nell’ambito delle
vicende “de quibus” emerge, in maniera inequivoca, dal compendio intercettativi
acquisito nel corso dell’attività investigativa; ed invero le riprese video
evidenziano il ruolo attivo del Calabrò nelle operazioni di occultamento (prima)
e ricerca (successivamente al rinvenimento da parte della Pg) della sostanza
stupefacente in suo possesso”, ostentando un vivo interessamento sulla sorte
della stessa con ricerche tese a rintracciarla con l’aiuto dei suoi complici e
con l’utilizzazione di strumenti meccanici.
Tutte queste circostanze dimostrano “una spiccata pericolosità sociale”,
delineata anche dalla natura e dall”‘elevato allarme dei fatti criminosi
contestati” e dalla personalità del Calabrò, “lumeggiata dalle medesime modalità
di realizzazione della condotta e da numerosi e gravi precedenti penali, anche
specifici”, sicché non può configurarsi alcun giudizio favorevole sulla condotta
futura dell’indagato, mentre le esigenze di cautela sociale possono essere
salvaguardate solo con la custodia in carcere.
Consegue, per legge, la comunicazione del provvedimento al direttore
dell’istituto penitenziario per portalo a conoscenza dell’indagato in base
all’articolo 94 disp.att. Cpp.
PQM
Rìgetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa al
direttore dell’istituto penitenziario competente perché provveda a quanto
stabilito nell’articolo 23 comma 1bis legge 332/95.
Procedure e varie - Polizia
Giudiziaria - Videoregistrazioni
- Disciplina applicabile alle videoregistrazioni senza alcuna comunicazione,
sonora o gestuale - Natura - Nozione di privata dimora. La nozione di privata dimora,
richiamabile nell’ipotesi diversa delle intercettazioni ambientali, anche se non
evoca solo i luoghi ove si svolge la vita domestica, ma anche ogni altro luogo
in cui il soggetto svolge un’attività ed abbia la titolarità del diritto di
escludere gli altri per tutelare la sua riservatezza non appare estensibile ad
un piazzale, seppure antistante all’abitazione dell’indagato, giacché non è
funzionale allo svolgimento di un’attività privata di qualsiasi specie senza
alcuna turbativa da parte di estranei, non comporta un apprezzabile tempo di
permanenza e la recinzione è tale da non impedire ad un osservatore esterno la
visibilità dell’area.Pres.
D’Urso – Est. Novarese Pg Cedrangelo – Ric. Calabrò. CORTE DI
CASSAZIONE PENALE, Sezione IV, 22 febbraio 2005, Sentenza n. 6710
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