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 Massime della sentenza

 

 

CORTE DI CASSAZIONE CIVILI, Sezioni Unite 18 gennaio 2005, Sentenza n. 840

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


CORTE DI CASSAZIONE CIVILI, Sezioni Unite 18 gennaio 2005, Sentenza n. 840


Omissis

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

 

Con ricorso al Pretore di Sassari Giovanni Pandino, dipendente della Soc. Editoriale La Nuova Sardegna, ha convenuto in giudizio la datrice di lavoro e l'INPS chiedendo la condanna della medesima società a costituire a suo favore una rendita vitalizia corrispondente alla quota di pensione perduta a causa del mancato versamento dei contributi nel periodo dall'agosto 1975 al 31 dicembre 1977, ovvero al pagamento al ricorrente della somma capitale corrispondente. Il ricorrente ha dedotto di aver prestato attività di lavoro subordinato alle dipendenze della convenuta fin dall'agosto 1975, retribuito come lavoratore occasionale ed autonomo: solo dal 1 febbraio 1978 la sua posizione assicurativa presso l'INPS era stata «regolarizzata» dalla società datrice di lavoro.


Il giudice adito ha condannato la società convenuta alla costituzione della rendita richiesta, e la Corte di Appello di Cagliari ha confermato questa decisione con la sentenza oggi denunciata, ritenendo fondata la pretesa azionata dal Pandino per la costituzione della rendita, sul presupposto della omissione dei versamenti contributivi per il rapporto di lavoro subordinato nel periodo 1975/1997. In proposito, la Corte territoriale ha affermato che alla dimostrazione della sussistenza del rapporto di lavoro per il periodo in questione «soccorrono e l'estratto contributivo versato da entrambe le parti ed i modelli 01/M ed alcuni prospetti paga», mentre alla prova «della durata (dall'agosto 1975, e cioè prima della formale assunzione avvenuta nel 1978)... e della retribuzione» «s'è provveduto con l'esame di numerosi testimoni».


Il giudice dell'appello ha poi ritenuto infondata l'eccezione di prescrizione del diritto azionato, affermando che la condanna del datore di lavoro alla regolarizzazione della posizione contributiva nel caso di prescrizione dei contributi mediante la costituzione di una quota di rendita vitalizia può essere chiesta senza limitazione temporale; nella specie, il rapporto era ancora in corso.


Avverso questa sentenza la Soc. Editoriale La Nuova Sardegna ha proposto ricorso per cassazione affidato a nove motivi, al quale il Pandino resiste con controricorso. L'INPS si è costituito con il deposito di procura speciale.


La causa è stata assegnata a queste Sezioni Unite per l'esame della questione, su cui si è rilevato un contrasto di giurisprudenza, della prescrizione dell'azione del lavoratore volta alla costituzione di rendita vitalizia in caso di omissione contributiva da parte del datore di lavoro. La società ricorrente ha depositato memorie.

 


MOTIVI DELLA DECISIONE


1.1. Con il primo motivo la società ricorrente, denunciando i vizi di violazione degli artt.112, 113, 436, 416 cod. proc. civ., nonché «omesso esame ed illogica motivazione», critica l'affermazione della sentenza impugnata secondo cui l'INPS in primo grado non si sarebbe opposta alle domande del Pandino, e conseguentemente contesta l'ammissibilità di nuove e tardive richieste, formulate dall'Istituto previdenziale, di accoglimento delle suddette pretese.


1.2.1. Il secondo motivo, con la denuncia di violazione degli artt.13 legge 12 agosto 1962 n.1338, 12 disposizioni sulla legge in generale, 1362 e segg. cod.civ., nonché insufficiente ed illogica motivazione, contiene due distinti profili di censura.


Per un primo aspetto, si sostiene che l'art.13 legge n.1338/1962 cit. non stabilisce il diritto soggettivo del lavoratore di «obbligare giudizialmente il datore di lavoro a costituire» la rendita, ma solo la facoltà per il datore di lavoro di sanare il proprio inadempimento contributivo, e per il lavoratore «di sostituirsi al datore di lavoro inadempiente, provvedendo lui direttamente con l'INPS a quanto occorre per la costituzione della rendita». Il giudice dell'appello ha erroneamente trasformato tale facoltà in un «ben diverso diritto soggettivo di obbligare giudizialmente il datore di lavoro a costituire quella rendita che per il datore è facoltativa».


1.2.2. Sotto il secondo profilo, si censura l'accertamento in ordine all'esistenza del rapporto di lavoro, rilevandosi che la relativa prova documentale non può consistere in una generica prova scritta di un rapporto qualsiasi, diverso dal lavoro subordinato, come nella specie, in cui sono state prodotte dichiarazioni di ritenuta d'acconto relative a compensi per prestazioni professionali; i fogli paga come i mod. 01/M dell'INPS si riferiscono ad un rapporto di lavoro subordinato, relativo ad un periodo diverso e successivo rispetto a quello in contestazione.


1.3. Il terzo motivo, con la denuncia di vizio di motivazione, investe l'apprezzamento del valore probatorio delle dichiarazioni dei compensi, che risultano prodotti dallo stesso ricorrente e non dalla società.


1.4. Il quarto motivo, con la denuncia dei vizi di violazione degli artt. 2704 cod.civ., 13 legge n. 1338/1962, nonché insufficiente ed illogica motivazione con travisamento dei fatti, critica la decisione che ha attribuito data certa alle suddette dichiarazioni prodotte dal ricorrente.


1.5. Con il quinto motivo si censura, denunciandosi i vizi di violazione degli artt. 13 legge n.1338/1962, 2725, 2722 e 2697 cod. civ., 115 e 113 cod. proc. civ., nonché omessa ed illogica motivazione, l'ammissione di prova testimoniale su un rapporto di lavoro che doveva essere provato con scritti di data certa, relativa a fatti contrari al contenuto delle dichiarazioni prodotte (relative a corrispettivi per prestazioni professionali) e attinenti a rapporti di valore superiore al limite di cui all'art. 2721 cod. civ.; si insiste quindi sull'assenza di una valida prova scritta di data certa relativa all'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato nel periodo 4 agosto 1975 - 31 dicembre 1977.


1.6. Il sesto motivo, con la denuncia dei vizi di violazione delle stesse norme indicate nel mezzo precedente e difetto di motivazione, riguarda la prova dell'entità del corrispettivo mensile risultante dalle dichiarazioni per le ritenute fiscali.


1.7. Con il settimo motivo, che contiene la denuncia dei vizi di illogica e insufficiente motivazione, nonché violazione degli artt.2934, 2935, 2936, 2946 e 2947 cod.civ., si sostiene che il diritto azionato - contrariamente a quanto affermato nella sentenza impugnata- è soggetto a prescrizione decennale decorrente dal giorno in cui il Pandino avrebbe potuto esercitare la facoltà di cui all'art.13 della legge n.1332/1968, e cioè dall'epoca dei pretesi mancati versamenti contributivi; il decorso del termine si è compiuto dal 4 agosto 1985 al 31 dicembre 1987.


Un'eventuale pretesa di risarcimento danni sarebbe prescritta nel termine di cinque anni, decorrente dall'epoca dell'omissione contributiva, o (alternativamente) potrebbe essere azionata solo dal momento in cui si è verificata la perdita della prestazione pensionistica, oppure dal momento in cui è cessato (per effetto della novazione) il rapporto cui si riferisce l'omissione retributiva.


1.8. Con l'ottavo motivo, denunciandosi violazione degli artt. 112,113, 115 cod.proc.civ., nonché difetto di motivazione, si deduce la mancata prova di un danno per «ritardo nella pensionabilità».


1.9. Con l'ultimo motivo, denunciandosi «motivazione illogica, monca, illegittima e non eseguibile, e violazione delle norme sulla giurisdizione artt. 25-101-102 Cost. e artt. 1-112 cod.proc.civ.» si rileva che la quantificazione della somma oggetto della condanna non è stata compiuta dal giudice, né questi ha accertato ed indicato in sentenza i dati e parametri da impiegare per la liquidazione.


2.1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile, perché le considerazioni svolte nella sentenza impugnata in ordine alla linea difensiva adottata nel giudizio dall'INPS non riguardano argomentazioni poste a sostegno della decisione sulla domanda proposta dal Pandino; la censura svolta in proposito non ha quindi alcuna rilevanza.


2.2. La prima censura contenuta nel secondo motivo (riportata sub 1.2.1.), appare priva di fondamento, in relazione alla tutela apprestata dall'ordinamento a favore del lavoratore per il caso di inadempienza contributiva, quando in conseguenza della prescrizione dei contributi non possa operare il principio di automaticità delle prestazioni. Tale tutela comprende, oltre alla azione risarcitoria ex art.2116 secondo comma cod.civ., anche i rimedi previsti dall'art. 13 della legge 12 agosto 1962 n.1338, i quali comportano sia una mera facoltà del lavoratore (corrispondente ad analoga facoltà del datore di lavoro) di ottenere la costituzione di una rendita vitalizia presso l'INPS (salva la possibilità di recuperare dal datore la somma equivalente alla riserva matematica versata) sia il diritto dello stesso lavoratore nei confronti del datore di lavoro alla costituzione della rendita vitalizia, mediante un'azione di condanna del medesimo datore a versare la riserva matematica all'INPS. In tal senso è la concorde giurisprudenza di questa Corte, che distingue in proposito la tutela risarcitoria spettante al lavoratore e la sua facoltà di sostituirsi al datore nella costituzione della rendita dalla suddetta azione di reintegrazione specifica (cfr. Cass. 27 febbraio 1976 n.661, 9 aprile 1986 n.2488, 13 giugno 1990 n.5742, 29 dicembre 1999 n. 14680, 13 marzo 2003 n.3756).


2.3. Sono invece fondati il secondo profilo di censura sviluppato nello stesso mezzo e il successivo quinto motivo, che attengono al requisito previsto ai commi quarto e quinto dell'art.13 della legge n.1338/1962, secondo cui ai fini della costituzione della rendita sussiste la necessità della prova scritta in ordine all'esistenza del rapporto di lavoro subordinato nel periodo di omissione contributiva. Con sentenza n.568 del 13 dicembre 1989 la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità di tale norma, nella parte in cui (in relazione alla originaria formulazione del quarto comma citato) non consentiva al lavoratore di provare altrimenti la durata del rapporto stesso e l'ammontare della retribuzione, ma ha confermato la necessità della prova scritta del rapporto di lavoro.


Nel caso di specie, in cui l'attore in primo grado sosteneva di aver prestato attività di lavoro subordinato in epoca antecedente alla sua formale assunzione alle dipendenze della società, la Corte territoriale ha ritenuto che la prova scritta richiesta dalla legge potesse essere ravvisata in documentazione relativa alla fase in cui, a partire dal 1978, il Pandino risultava inquadrato come dipendente, e che per il periodo antecedente dal 1975 alla fine del 1977, nel quale il medesimo, secondo le sue stesse deduzioni, era retribuito come lavoratore occasionale ed autonomo- fosse sufficiente la prova a mezzo di testimoni della «durata» del rapporto.


La sentenza merita dunque le critiche mosse, perché in relazione alla prospettazione di due fasi distinte di attività la dimostrazione dell' effettiva esistenza di un unico rapporto di lavoro subordinato fin dal 1975 doveva essere necessariamente fornita con la prova documentale richiesta dall'art.13 della legge n.1332/1968, non essendo certamente sufficiente, per il periodo antecedente al 1978, la prova scritta di un qualsiasi rapporto negoziale tra le parti (cfr. Cass. 2 marzo 2001 n.3085, 5 novembre 2003 n.3085). Nel caso di specie, la prova testimoniale ammessa non è stata utilizzata dalla Corte territoriale ai fini della dimostrazione della durata dell'unico rapporto subordinato, ma ha inammissibilmente investito il contenuto e la natura di un rapporto con caratteristiche diverse rispetto a quello emergente dal dato documentale.


3. Restano così assorbiti il terzo, quarto e sesto motivo, che sotto diversi profili attengono ugualmente alla prova del rapporto subordinato.


L'accoglimento delle censure relative a tale elemento, che condiziona l'accertamento in ordine alla sussistenza del diritto fatto valere, preclude anche l'esame della questione -posta con il settimo motivo- attinente alla prescrizione della relativa azione, per il quale la causa è stata assegnata a queste Sezioni Unite.


Sono infine assorbiti l'ottavo e il nono motivo.


4. Il ricorso deve essere quindi accolto per quanto di ragione, con rinvio della causa ad altro giudice, che dovrà procedere a nuovo esame applicando il seguente principio di diritto: «Ai sensi dell'art. 13, commi quarto e quinto, della legge 12 agosto 1962, n. 1338 (nel testo risultante a seguito della dichiarazione di parziale illegittimità costituzionale di cui alla sentenza della Corte costituzionale n. 568 del 1989), ai fini della costituzione della rendita prevista dallo stesso articolo in ipotesi di omesso versamento dei contributi assicurativi e di avvenuta prescrizione dei medesimi, sussiste la necessità della prova scritta in ordine all'esistenza del rapporto di lavoro subordinato nel periodo di omissione contributiva. Pur essendo consentito dimostrare con altri mezzi la durata del medesimo rapporto, la prova documentale dello svolgimento di attività lavorativa subordinata in un determinato arco temporale non può valere a dimostrare, ai fini della norma citata, l'esistenza dello stesso unico rapporto anche in un altro periodo (diverso rispetto a quello attestato dal dato documentale) in relazione al quale sia in questione l'esistenza di prestazioni caratterizzate da vincolo di subordinazione».


Il giudice del rinvio -designato come in dispositivo- dovrà provvedere anche sulle spese del presente giudizio.


P.Q.M.
 

La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione. Cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte di Appello di Cagliari.


Così deciso in Roma il 25 novembre 2004.

Depositata in cancelleria il 18 gennaio 2005.
 

M A S S I M E

 Sentenza per esteso

 

Lavoro - Lavoro subordinato - Versamento dei contributi previdenziali - Inadempimento del datore di lavoro - Tutela nei confronti dell’insolvenza del datore di lavoro - Prova. In caso di inadempimento del datore di lavoro rispetto al proprio obbligo di versamento dei contributi previdenziali, il lavoratore che agisce per la costituzione di una rendita vitalizia sostitutiva è tenuto a fornire la prova scritta dell’esistenza del rapporto di lavoro subordinato. Presidente V. Carbone, Relatore F. Miani Canevari. CORTE DI CASSAZIONE CIVILI, Sezioni Unite 18 gennaio 2005, Sentenza n. 840

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