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 Massime della sentenza

 

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sezione III  8 marzo, Sentenza n. 8844

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sezione III, 8 marzo  , Sentenza n. 8844

 

Omissis
 


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
 

 

Con decreto 4.8.2004, il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Savona ha convalidato un sequestro probatorio di una area sulla quale giacevano rifiuti per il cui smaltimento non autorizzato pende procedimento a carico di Olivieri Carlo per il reato previsto dall'art. 51 c. 1 lett. a D.L.vo 22/1997.

Il Tribunale del riesame, al cui vaglio l'indagato ha sottoposto il citato provvedimento, ha ritenuto sussistente il cd. fumus del contestato illecito; sul punto, i Giudici hanno rilevato che l'Olivieri - titolare di autorizzazione per il trasporto, la raccolta e la messa in riserva di rifiuti non pericolosi costituiti da materiale proveniente da demolizioni edilizie - provvedesse anche al loro non autorizzato smaltimento mediante la cessione a terzi dei rottami ferrosi e l'incenerimento di quelli lignei.

Tanto premesso, il Tribunale ha rilevato che le esigenze probatorie esistevano solo per i rifiuti e non per l'area sulla quale insistevano in relazione alla quale ha revocato il sequestro.

Per l'annullamento della ordinanza, l'indagato ricorre in Cassazione deducendo violazione di legge, in particolare, rilevando: che i rifiuti non erano oggetto del decreto di sequestro per cui sono stati sostanzialmente vincolati dal Tribunale non sconfinamento nella sfera di competenza del Pubblico Ministero; che le cose mobili all'interno della area non avevano la qualifica di rifiuti il quanto il produttore non se ne era disfatto, non aveva l'intenzione o l'obbligo di disfarsene; che solo i beni effettivamente ceduti a terzi o i residui della combustione erano da qualificarsi corpo del reato o cose allo stesso pertinenti e, pertanto, i beni non smaltiti non erano sequestrabili; che il materiale vincolato non serve come prova dell'illecito.

La Corte ritiene che le censure del ricorrente non siano meritevoli di accoglimento.

Per quanto concerne la prima deduzione, deve precisarsi come il decreto di convalida a sensi dell'art. 355 c.2 c.p.p., per l'individuazione dei beni da sottoporre al vincolo reale, si riportasse al verbale redatto dalla Polizia con il quale era stato disposto il sequestro provvisorio sulla "porzione della area sulla quale sono presenti i rifiuti".

Tale espressione, non certo felice, deve essere rapportata allo intero contenuto del decreto di sequestro dal quale emerge chiaramente che il vincolo era disposto per il reato di illecito smaltimento dei rifiuti che giacevano in un determinato sito. Pertanto, corpus delicti e beni aventi strumentalità probatoria erano i rifiuti e il sedime era vincolato per essere il necessario ricettacolo del materiale; discende che il vincolo di indisponibilità concerneva sia i rifiuti sia l'aera sulla quale insistevano.

Con la seconda censura, il ricorrente contesta che le cose mobili reperite nella area sequestrata - in particolare i rottami ferrosi provenienti da demolizione di edifici - avessero la qualifica di rifiuti.

Tale tesi non è condivisibile perché i materiali rientrano nelle categorie riportate dallo allegato A con destinazione naturale allo abbandono; la conclusione non muta avendo come riferimento la nozione di rifiuto fornita dall'art. 14 L. 138 L. 178/2002 (interpretata alla luce delle sentenze della Corte di Giustizia delle Comunità europee in materia) in quanto il riutilizzo dei beni non avveniva nel corso del processo di produzione.

Né, in base agli atti in visione della Corte, si può ritenere applicabile la disposizione contenuta nello art. l c. 26 della L. 308/2004 che sottopone i rottami ferrosi al regime delle materie prime, e non dei rifiuti, se destinati dal detentore allo effettivo impiego nei cicli produttivi siderurgici o metallurgici; la nuova normativa è subordinata a condizioni che non sono verificabili nella presente fase incidentale e sulle quali la decisione spetta al Giudice della piena cognizione.

Per quanto concerne le residue censure, il Collegio evidenzia come dal testo del provvedimento impugnato, risulti che l'Olivieri era titolare di una autorizzazione per il trasporto, la raccolta e la messa in riserva dei rifiuti derivanti da demolizione; pertanto, l'illecita gestione dei rifiuti iniziava con la fase dello smaltimento non autorizzata e concerneva i beni effettivamente oggetto di combustione o ceduti a terzi anche se ancora materialmente non consegnati allo acquirente.

Su questo tema, il Pubblico Ministero sta effettuando le necessarie investigazioni per cui la conclusione del Tribunale sul permanere di esigenze probatorie anche relativamente ai rottami ferrosi, è logica e, pertanto, insindacabile in sede di legittimità.
 

Così deciso in Roma  l' 8/03/05

 

 

M A S S I M E

 Sentenza per esteso

Rifiuti - Rottami ferrosi provenienti da demolizioni di edifici - Riutilizzo dei beni - Nozione di rifiuto - Smaltimento non autorizzato - Cessione a terzi - Art. 14 L. 138 L. 178/2002 - Art. 51 c. 1 lett. a D.L.vo 22/1997. I rottami ferrosi provenienti da demolizioni di edifici rientrano nelle categorie riportate dall'allegato A con destinazione naturale all'abbandono. Tale conclusione non muta avendo come riferimento la nozione di rifiuto fornita dall'art. 14 L. 138 L. 178/2002 (interpretata alla luce delle sentenze della Corte di Giustizia delle Comunità europee in materia) in quanto, nella specie, il riutilizzo dei beni non avveniva nel corso del processo di produzione. Inoltre, l'illecita gestione dei rifiuti iniziava con la fase dello smaltimento non autorizzata e concerneva i beni effettivamente oggetto di combustione o ceduti a terzi anche se ancora materialmente non consegnati allo acquirente (nella specie il titolare possedeva una autorizzazione limitata al trasporto, alla raccolta e alla messa in riserva dei rifiuti derivanti da demolizione). Oliveri  CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sezione III 8 marzo 2005, Sentenza n. 8844
 

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