Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N.7147/05 REG.DEC.
N. 4185 e 5297 REG.RIC.
ANNO 2004
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta ANNO 2004 ha
pronunciato la seguente
DECISIONE
sui ricorsi in appello n. 4185/2004 e 5297/2004 R.G. n. 4185/2004
proposto da: CARRINO STENIO CARRINO LUIGI rappresentati e difesi dagli avv.ti
Angelo Rosario Schiano, Flavio Fasano con domicilio eletto in Roma via del
Babuino 107 presso Angelo Rosario Schiano;
contro
il COMUNE di GALLIPOLI rappresentato e difeso dall’avv.Giovanni Garrisi con
domicilio eletto in Roma via Dora n. 2 presso Filippo Manca
e nei confronti di
RUSSO LUCIA rappresentata e difesa dagli avv.ti Luigi Messa e Renato Magni con
domicilio eletto in Roma via di Porta Cavalleggeri 13 presso Luca Gratteri
per la riforma
previa sospensione dell'efficacia, del dispositivo della sentenza del TAR PUGLIA
- LECCE, Sezione II, n. 5/2004, resa tra le parti, concernente AVVISO DI ASTA
PUBBLICA PER ALIENAZIONE DI IMMOBILI-PERIZIA DI STIMA.
Visti gli atti e documenti depositati con l'appello;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del COMUNE DI GALLIPOLI e RUSSO LUCIA
R.G. n. 5297/2004 proposto da: RUSSO LUCIA rappresentata e difesa dall’avv.
Luigi Messa e l’avv. Renato Magni con domicilio eletto in Roma via di Porta
Cavalleggeri n. 13, presso l’avv. Luca Gratteri
contro
il COMUNE di GALLIPOLI rappresentato e difeso dall’avv. Giovanni Garrisi con
domicilio eletto in Roma via Dora n. 2 presso Filippo Manca;
nei confronti di
CARRINO STENIO CARRINO LUIGI rappresentati e difesi dall’avv. Angelo Rosario
Schiano avv. Flavio Fasano con domicilio eletto in Roma via del Babuino n. 107
presso l’avv. Angelo Rosario Schiano
per la riforma
previa sospensione dell'efficacia, della sentenza del TAR PUGLIA - LECCE,
Sezione II, n. 2891/2004, resa tra le parti, concernente ASTA PUBBLICA PER
ALIENAZIONE DI IMMOBILE ADIBITO A FALEGNAMERIA - PERIZIA DI STIMA.
Visti gli atti e documenti depositati con l'appello;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di: CARRINO LUIGI
CARRINO STENIO il COMUNE DI GALLIPOLI
Vista l’ordinanza n. 2731/04 dell’11 giugno 2004;
Udito il relatore Cons. Nicola Russo e uditi, altresì, per le parti gli avvocati
F. Fasano e G. Pellegrino per delega dell’avv. G. Garrisi;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
F A T T O
Il Dirigente dell’area delle politiche territoriali ed infrastrutturali del
Comune di Gallipoli, con provvedimento 29 agosto 2003 prot. n. 25556, approvava
l’avviso di asta pubblica per l’alienazione di alcuni immobili di proprietà
comunale, tra cui anche la <<falegnameria>> sita in via Pisanelli.
I sigg. Stenio e Luigi Carrino, premettendo di detenere <<in locazione in via
continuativa e senza alcuna interruzione di sorta, un locale di proprietà del
Comune di Gallipoli, sito alla via Pisanelli 24/26 e da sempre adibito ad
attività artiginanale di falegnameria>>, impugnavano dinanzi al TAR per la
Puglia, sezione staccata di Lecce, l’avviso di asta pubblica per alienazione di
immobili in Gallipoli del 29 agosto 2003 prot. n. 25556 e gli atti presupposti
(perizia di stima effettuata in data 27 agosto 2003, ecc.) formulando censure
di: 1) violazione della disposizione contenuta nell’atto di provenienza del
bene, modus che ne impediva totalmente l’alienazione; 2) violazione di legge e
falsa applicazione degli artt. 38 e ss. della legge 27 luglio 1978 n. 392 e
successive modifiche, in ordine al mancato rispetto del diritto di prelazione e
dei requisiti necessari per procedere ad una vendita a corpo ed al tempo stesso
a vendita cumulativa di più immobili; 3) violazione di legge in materia di
autorizzazione alla vendita per i beni immobili sottoposti a vincoli per
interesse storico, artistico e ambientale (artt. 3, 13, 23 d.p.r. 283/2000).
Si costituiva l'Amministrazione resistente controdeducendo sul merito del
ricorso.
Interveniva ad opponendum la sig.ra Lucia Russo, <<unica partecipante all’avviso
di asta pubblica per la vendita di imobili del Comune di Gallipoli>>,
controdeducendo sul merito del ricorso.
In data 22 dicembre 2003, l’interveniente sig.ra Lucia Russo depositava “motivi
aggiunti” regolarmente notificati e tesi a contestare: a) il provvedimento 22
novembre 2003 del Dirigente del servizio; b) la nota del Sindaco di Gallipoli 26
novembre 2003 prot. n. 36346 indirizzata alla Soprintendenza ai beni ambientali,
artistici e storici della Puglia; c) il provvedimento 26 novembre 2003 prot. n.
36370 del Dirigente del servizio; a base dei “motivi aggiunti” poneva censure
di: 1) violazione e falsa applicazione dell’art. 107 del t.u. enti locali,
nonché dell’ordinanza del Sindaco del Comune di Gallipoli n. 164 del 2.11.2001;
2) violazione e falsa applicazione del d.p.r. 7.9.2000 n. 283 recante il
regolamento di disciplina delle alienazioni di beni immobili appartenenti al
demanio storico e artistico; 3) violazione delle norme sulla trasparenza e par
condicio tra i concorrenti con evidente responsabilità della p.a. anche in
relazione ad una palese malafede precontrattuale e contrattuale.
Con successivi motivi aggiunti depositati in data 27 dicembre 2003, i ricorrenti
impugnavano: a) il verbale dd. 3.11.2003 di aggiudicazione provvisoria
dell’appalto alla sig.ra Lucia Russo; b) il secondo avviso di asta pubblica 5
novembre 2003 prot. n. 33444; c) il provvedimento dd. 22.11.2003 del Dirigente
del servizio; d) la nota del Sindaco di Gallipoli 26 novembre 2003 prot. n.
36346 indirizzata alla Soprintendenza ai beni ambientali, artistici e storici
della Puglia; e) il provvedimento 26 novembre 2003 prot. n. 36370 del Dirigente
del servizio; f) ogni altro atto presupposto, connesso o comunque conseguenziale.
Con successivi motivi aggiunti depositati in data 6 marzo 2004, i ricorrenti
impugnavano: a) il secondo avviso di asta pubblica prot. n. 9167 affisso
all’albo comunale in data 4 marzo 2004; b) la determinazione n. 267 del 4 marzo
2004 del dirigente el servizio; c) ogni altro atto presupposto, connesso o
comunque conseguenziale.
Con dispositivo di sentenza n. 5/04, pubblicato il 16 aprile 2004, il TAR adito
dichiarava inammissibili il ricorso ed i motivi aggiunti rispettivamente
proposti dai sigg.ri Carrino e dalla controinteressata sig.ra Lucia Russo.
Con ricorso notificato il 27 aprile 2004 e depositato il 5 maggio successivo,
iscritto al n. 4185/04 R.G., i sigg.ri Carrino hanno impugnato il predetto
dispositivo con riserva di produrre eventuali ulteriori motivi di gravame al
momento della pubblicazione delle motivazioni della sentenza ed hanno chiesto,
riproponendo le medesime censure articolate in prime cure, la sospensione dell’efficaicia
della sentenza e degli atti impugnati nel primo grado di giudizio.
Successivamente alla instaurazione del giudizio di appello, veniva pubblicata in
data 13 maggio 2004 la sentenza n. 2891/04, con cui il TAR adito ha dichiarato
inammissibile il ricorso dei sigg.ri Carrino per difetto di legittimazione dei
ricorrenti a proporre l’impugnazione, fondando tale pronuncia sul rilievo
dell’inesistenza di un contratto di locazione stipulato in forma scritta e,
quindi, sull’impossibilità di ravvisare l’unico presupposto che, anche secondo
la prospettazione degli stessi ricorrenti, avrebbe legittimato il gravame, ossia
l’esistenza di un rapporto contrattuale tra l’autorità comunale di Gallipoli ed
i ricorrenti.
Con la stessa sentenza il TAR ha dichiarato inammissibili anche le domande
proposte con i motivi aggiunti dalla sig.ra Lucia Russo sotto due distinti
profili, e, cioè, secondo la natura di ricorso incidentale o autonomo che si
voglia attribuire alla impugnativa de qua, affermando che ove ai motivi aggiunti
si attribuisca natura di ricorso incidentale, l’inammissibilità deriverebbe
dalla statuizione di difetto di legittimazione dei ricorrenti, non avendo la
controinteressata più interesse a difendere la posizione di vantaggio, mentre,
ove ai motivi aggiunti si attribuisca natura di impugnazione autonoma,
l’inammissibilità deriverebbe dal difetto dei requisiti propri del ricorso
autonomo, atteso che in tal caso si sarebbe dovuto adoperare il mezzo
processuale tipico del ricorso e non quello speciale e complementare (al ricorso
principale) dei motivi aggiunti.
La suddetta pronuncia è stata appellata dalla sig.ra Russo con ricorso, iscritto
al n. 5297/04 R.G., notificato il 26 maggio 2004 e depositato il 3 giugno
successivo, con il quale ne è stata chiesta la riforma, previa sospensione
cautelare.
Con ordinanza n. 2731/04 dell’11 giugno 2004, questa Sezione, riuniti gli
appelli, ha respinto le istanze cautelari con i medesimi proposte.
Successivamente, con motivi aggiunti notificati il 24 febbraio 2005, i sigg.ri
Carrino hanno impugnato direttamente dinanzi a questo Consiglio di Stato
l’aggiudicazione definitiva disposta in favore della sig.ra Russo dei beni
immobili messi all’asta.
Le parti hanno depositato memorie, con le quali hanno ulteriormente illustrato
il contenuto delle proprie domande, eccezioni e deduzioni, replicato a quelle
avversarie ed insistito per l’accoglimento delle conclusioni già rassegnate.
Alla pubblica udienza dell’8 marzo 2005 i ricorsi sono stati spediti in
decisione.
D I R I T T O
Il provvedimento di riunione degli appelli in epigrafe è stato già adottato da
questa Sezione con ordinanza n. 2731/04, con cui è stata definita la fase
cautelare, il che esime il Collegio dal disporne nuovamente la riunione.
Gli appelli non possono trovare accoglimento.
Quanto all’appello dei sigg.ri Carrino, essi lamentano la lesività degli atti
impugnati in primo grado sulla loro aspettativa a partecipare alla gara per la
vendita dell’immobile di via Pisanelli, sostenendo che alcune modalità di gara
sarebbero state ostative alla (avrebbero reso estremamente difficile la)
partecipazione alla procedura per l’acquisizione (di uno solo) degli immobili
posti in vendita.
L’appello è infondato.
La sentenza di primo grado ha correttamente motivato in ordine alle ragioni per
le quali gli odierni appellanti non possano vantare alcun diritto di prelazione,
rilevando come nel caso di specie non possa in alcun modo configurarsi un valido
rapporto locativo, ossia l’unico presupposto che legittima il conduttore
all’esercizio del diritto di prelazione cd. urbana ex art. 38 della L. n.
392/78.
E’ infatti pacifico in giurisprudenza che la prelazione c.d. urbana ex art. 38
della L. n. 392/78 possa essere fatta valere soltanto da colui che detenga
l’immobile posto in vendita in forza di un rapporto locativo valido, in corso e
de jure (cfr. Cass. Civ. sentt. nn. 10174 e 10115/97).
Nel giudizio di prime cure gli odierni appellanti non hanno dimostrato di essere
legittimi conduttori dell’immobile in questione ed è invece emerso che il Comune
di Gallipoli non ha mai stipulato un contratto di locazione con i sigg.ri Stenio
e Luigi Carrino.
Risulta infatti provato che la Commissione Straordinaria del Comune di
Gallipoli, con deibera 30/10/92 n. 435, aveva disposto per la concessione in
locazione a tal Ugo Carrino (per il canone mensile di £. 225.000) dell’immobile
di via Pisanelli proprio al fine di sanare una situazione di detenzione senza
titolo di detto cespite comunale, a tal fine approvando lo schema di un apposito
contratto di locazione da stipularsi per l’instaurazione di un valido rapporto
locativo.
Senonchè, non essendosi mai concluso alcun contratto di locazione, l’occupazione
dell’immobile de quo da parte del sig. Ugo Carrino, continuò senza titolo e
senza nemmeno alcun corrispettivo per il godimento del bene all’Amministrazione
proprietaria.
Alcuni anni dopo il Dirigente UTC di Gallipoli, dopo aver rilevato l’occupazione
senza titolo dell’immobile di via Pisanelli da parte del sig. Stenio Carrino
(nota 24/2/99 prot n. 6235) diffidò il “nuovo” detentore a voler rifondere i
danni (quantificati in £. 5.512.000) conseguenti all’accertata occupazione
abusiva dell’immobile di proprietà comunale (nota 20/9/99 prot. n. 24392).
Senza muovere contestazioni in merito al contenuto dei predetti accertamenti, il
sig. Stenio Carrino riscontrò con nota 25/10/99 le pretese del Comune di
Gallipoli, limitandosi a chiedere di essere ammesso al beneficio della
rateizzazione per il pagamento dei danni per l’occupazione abusiva dell’immobile
de quo; successivamente l’A.C. di Gallipoli formulò ulteriori richieste
risarcitorie al sig. Stenio Canino, il quale solo a decorrere dall’anno 2000
provvide a corrispondere, senza alcuna regolarità ed in maniera saltuaria, un
somma da lui stesso determinata per l’occupazione dell’immobile de
quo.
Sulla base di questi elementi di fatto e mancando la prova dell’esistenza del
contratto, il giudice di prime cure correttamente ha escluso la sussistenza di
alcun valido rapporto locativo ed ha, quindi, del tutto legittimamente
dichiarato inammissibile la censura di illegittimità della precedura di
alienazione per violazione del diritto di prelazione ex art. 38 e ss. della L.
n. 392/78.
D’altro canto non si può sostenere (come sostengono invece gli appellanti) che
l’esistenza di un rapporto locativo avrebbe potuto desumersi da facta
condudentia, potendosi comunque la dimostrazione dell’esistenza di un rapporto
di mero fatto ritenere idonea ad integrare gli estremi per l’esercizio del
diritto di prelazione urbana ex art. 38 della L. n. 392/78.
Ciò perché, secondo un costante orientamento della Cassazione, tutti i contratti
stipulati dalla PA. (anche quando questa agisca jure privatorum)
richiedono la forma scritta ad substantiam.
Tale indirizzo ha anche avuto modo di specificare come non abbia alcuna
rilevanza l’eventuale deliberazione collegiale dell’ente pubblico, che sia
prodromica alla stipulazione del contratto, atteso che un simile atto
deliberativo si connota come mero atto interno e preparatorio del negozio,
avente come destinatario solo l’organo rappresentativo legittimato ad esprimere
all’esterno la volontà dell’ente.
In particolare si è precisato come la delibera autorizzatoria a contrarre non
possa essere sintomatica della reale volontà dell’ente, che deve invece
risultare da un atto contrattuale sottoscritto dal rappresentante esterno
dell’ente e dal privato e da cui possa desumersi la definitiva e concreta
sistemazione del rapporto negoziale con le indispensabili determinazioni del
contenuto del contratto.
Sul punto la Suprema Corte ha affermato che il requisito della forma scritta a
pena di nullità può ritenersi osservato solo in presenza di un documento che
contenga in modo diretto la volontà contrattuale, perché redatto al precipuo
scopo di renderla manifesta, così da impegnare contestualmente sia il privato
che la PA. in ordine al contenuto concreto del negozio (cfr. Cass. Civ., sez. II,
25 novembre 2003, n. 17891).
Oltre alla prescrizione essenziale della forma scritta e della cd. contestualità,
vi sono altri canoni che, com’è noto, disciplinano la determinazione del
contenuto dei contratti stipulati dalla PA., ed in particolare:
- il divieto di cessione del
contratto senza 1’autorizzazione della P.A., atteso che la scelta del contraente
è sempre fatta intuitu personae;
- il divieto di durata ultranovennale ex art. 12 Legge cont. St.;
- il divieto di rinnovo tacito oltre la scadenza convenuta, per i contratti di
durata, atteso che non è ammessa la proroga tacita del contratto stipulato con
la PA., anche quando il contratto alla scadenza non sia stato disdettato.
E’ pacifico che tali principi, che presidiano in generale allo svolgmento di
qualsiasi attività contrattuale della PA., debbano essere osservati anche nella
conclusione dei contratti di locazione nei quali la PA. rivesta (come nella
fattispecie) il ruolo di parte locatrice (cfr. Cass. Civ., sez. III, 26 febbraio
2002, n. 2832).
In tale prospettiva è altrettanto evidente che ai contratti di locazione
conclusi dalla PA. non può nemmeno applicarsi l’stituto della rinnovazione
tacita, oltre che per l’evidente incompatibilità con il procedimento previsto
per la manifestazione della volontà di obbligarsi da parte della PA., anche per
il fatto che la intenzione di reiterare la validità del vincolo contrattuale non
può desumersi da fatti concludenti (come il percepimento di canoni locativi dopo
la scadenza del contratto), ma deve essere espressa nelle forme previste dalla
legge (in termini Cass. Civ., sez. III, 9 agosto 2002, n. 12087).
Ed inoltre, sempre in ragione dei suesposti principi generali, un contratto di
locazione stipulato con una PA. locatrice non può avere durata ultranovennale,
né può subire modificazioni soggettive senza preventiva autorizzazione della PA..
Risulta così del tutto inutile il tentativo degli appellanti di ricostruire nel
caso di specie un valido rapporto contrattuale sulla base di elementi di fatto e
di diritto che non possono rivestire alcun carattere decisivo per la
configurazione di un valido rapporto locativo tra i medesimi e l’A.C. di
Gallipoli.
Né miglior sorte merita il motivo di censura relativo alla pretesa illegittimità
della procedura per l’inosservanza delle norme che regolano la alienazione dei
beni immobili del demanio storico ed artistico.
Tale censura si rileva del tutto inconsistente dopo che la Soprintendenza
regionale, ente proposto alla gestione del vincolo storico ed artistico, ha
reputato che i beni posti in vendita dal Comune di Gallipoli non rivestono alcun
interesse storico ed artistico ai sensi dell’art. 2 del D.lgs. 490/99.
Il disconoscimento di qualsiasi valore artistico “meritevole di tutela” con
riferimento ai beni immobili comunali de quibus rende infatti del tutto priva di
pregio la tesi dei ricorrenti, odierni appellanti, secondo cui l’autorizzazione
ex art. 23 del D.P.R. n. 283/2000 avrebbe dovuto essere acquisita
preventivamente all’attivazione della procedura di alienazione de qua.
Del pari infondato è il motivo di impugnazione, con cui gli appellanti deducono
che la alienazione dell’immobile concreterebbe un inadempimento dell’onere
modale apposto alla donazione (avvenuta con atto notarile 26/5/48) dell’immobile
di via Pisanelli in favore del soppresso ECA.
A proposito deve innanzitutto evidenziarsi come a tale atto di liberalità verme
apposto un modus ex art. 793 c.c., per l’adempimento del quale, com’è noto, sono
legittimati ad agire soltanto il donante e chiunque abbia un interesse ex art.
100 c.p.c..
Sotto tale ultimo profilo di interesse va precisato che l’esatta interpretazione
del modus apposto all’atto di liberalità de quo consente di stabilire che la
relativa clausola imprime un vincolo di destinazione al (e non anche un vincolo
di intrasferibilità del) bene immobile donato.
A ciò si aggiunga, inoltre, che nel caso di specie non è possibile ravvisare
alcun interesse ad agire per l’accertamento dell’inadempimento del predetto
modus, atteso che la situazione di interesse fatta valere dagli odierni
appellanti (ossia l’asserita titolarità del diritto di prelazione urbana
sull’immobile) appare in contrasto con il vincolo di destinazione del bene.
Gli appellanti - per vedere riformata l’impugnata pronuncia di inammissibilità
per carenza di interesse - hanno allegato, successivamente alla proposizione
dell’attuale gravame, della documentazione comprovante l’esistenza di un
rapporto locativo tra il sig. Stenio Carrino e l’ECA di Gallipoli, ente
disciolto al quale appartenevano gli immobili poi transitati nel patrimonio del
Comune di Gallipoli e interessati, nel corso dell’anno 2003, della procedura di
alienazione censurata nel primo grado di giudizio.
Occorre, tuttavia, al riguardo rilevare, come, del resto, fondatamente eccepito
in questa sede dal Comune di Gallipoli, l’inammissibilità di tale produzione
documentale allegata alla memoria 28 settembre 2004, atteso che è senz’altro
riferibile anche al giudizio amministrativo di secondo grado il principio di cui
all’articolo 345 c.p.c. (nel testo attualmente in vigore introdotto
dall’articolo 52 della L. n. 353/90), ossia il divieto di allegazione di nuovi
documenti, tranne quando la tardiva allegazione sia legittimata dalle ragioni
indicate dalla medesima disposizione (cfr., in tal senso, da ult. Cons. St.,
sez. V, 15 febbraio 2001, n. 789; Cons. St., sez. IV, 2 giugno 1999, n. 963).
Sicché non v’è dubbio che in sede di gravame - ossia nell’ambito di un giudizio
impugnatorio inteso come riesame del giudizio di primo grado nei limiti del
thema decidendum sottoposto al giudice (c.d. revisio prioris instantiae) non
sono ammissibili nuove allegazioni, in conformità all’attuale previsione di cui
all’articolo 345 c.p.c., 2° co., (cfr., in termini, Cons. St., sez. IV, 2 giugno
1999, n. 963; id., 30 giugno 1998, n. 1005; id., 6 marzo 1996, n. 292).
Quanto ai motivi aggiunti, notificati il 24 febbraio 2005, con cui gli
appellanti sigg.ri Carrino hanno impugnato l’aggiudicazione definitiva alla
controinteressata, sig.ra Russo, dei beni immobili posti all’asta, essi sono del
pari inammissibili.
L’aggiudicazione definitiva (seguita all’infruttuoso esperimento di miglioria) a
favore della sig.ra Lucia Russo, già aggiudicataria (provvisoria) del bando di
asta - peraltro non provvedimentale, perché verificatasi automaticamente per la
mancanza di offerte migliorative - avvenuta successivamente alla pubblicazione
della sentenza di primo grado e nelle more del presente giudizio di appello, non
può certamente essere impugnata mediante la proposizione di motivi aggiunti
direttamente in grado di appello.
Non v’è infatti dubbio che l’annullamento del successivo atto di aggiudicazione
definitiva e la prospettata ulteriore lesione della situazione
giuridico-soggettiva dei sigg. Carrino dovevano essere dedotte mediante
specifica e rituale impugnazione innanzi al TAR di Lecce, non potendo tale
questione essere sottoposta per la prima volta al sindacato del giudice di
appello.
Tale profilo di inammissibilità dell’attuale gravame consegue al generale
divieto di proporre in grado di appello “domande nuove”, nonché all’obbligo, per
il giudice di secondo grado, di tutelare il principio della piena eguaglianza
processuale delle parti nei cui confronti la sentenza di primo grado fu
pronunciata, dichiarando inammissibili d’ufficio le questioni proposte in
dispregio ai suesposti precetti.
Né d’altro canto le norme di rito che delimitano l’ambito del giudizio di
appello trovano eccezione nel nuovo art. 21 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034
(che stabilisce, al secondo periodo del primo comma, che “tutti i provvedimenti
adottati in pendenza del ricorso tra le stesse parti, connessi all’oggetto del
ricorso stesso, sono impugnati mediante proposizione di motivi aggiunti”),
atteso che le esigenze di economia processale e di speditezza del giudizio alla
base delle innovative modalità di utilizzo dell’istituto dei “motivi aggiunti”
non possono portare all’affievolimento dei predetti principii ineludibili del
processo amministrativo, quali appunto quello del divieto di ampliamento
dell’oggetto del giudizio e di introduzione di questioni nuove in appello,
nonché del principio del doppio grado di giudizio.
Con la stessa sentenza oggetto del presente gravame, il TAR salentino ha
dichiarato inammissibili anche le domande proposte con i motivi aggiunti dalla
sig.ra Lucia Russo.
La suddetta pronuncia, come si è detto nella parte in fatto, è stata appellata
anche dalla sig.ra Russo con ricorso n. 5297/04, con il quale è stata richiesta
la riforma, previa sospensione cautelare, della sentenza di primo grado.
L’appello è inammissibile.
E, infatti, con l’attuale gravame la sig.ra Russo chiede la declaratoria della
risoluzione di diritto per inadempimento dell’A.C. di Gallipoli del vincolo
derivante dall’aggiudicazione provvisoria in suo favore dei beni posti in
vendita nella procedura di alienazione de qua.
Senonchè tale declaratoria, oltre ad essere sicuramente esorbitante la
giurisdizione del G.A., non è stata mai espressamente richiesta nel primo grado
di giudizio, che ha avuto ad oggetto esclusivamente la legittimità degli atti
impugnati e non anche l’accertamento dell’inadempimento del Comune di Gallipoli.
Né appare del tutto convincente il tentativo di giustificare in questo grado di
giudizio la (in verità alquanto perplessa) condotta processuale della
controinteressata Russo.
Ed infatti ella, aggiudicataria provvisoria dell’asta pubblica de qua, in un
primo momento ha ritenuto di intervenire nel giudizio di primo grado ad
opponendum e, cioè, a difesa della legittimità della procedura di
alienazione e, poi, con un improvviso e totale cambio di rotta, ha mosso
contestazioni a tale procedura (anche se in una prospettiva diversa rispetto
all’impugnazione dei ricorrenti), tramite i motivi aggiunti, manifestando così
di non essere più interessata all’acquisizione degli immobili di cui è
aggiudicataria provvisoria.
Tale atteggiamento indeciso sicuramente traspare dalla condotta processuale
tenuta dalla sig.ra Russo, che ha in maniera del tutto irrituale ed
inammissibile mosso, con motivi aggiunti al ricorso principale, le proprie
censure alla procedura di alienazione in questione.
Deve, pertanto, ritenersi indenne dalle censure dell’appellante la sentenza dei
primi giudici nella parte in cui dichiara inammissibili le domande della Russo,
atteso che non appare revocabile in dubbio la circostanza che le doglianze della
controinteressata, ove ammissibili, avrebbero dovuto essere (in maniera rituale
e tempestiva) rappresentate con una autonoma impugnativa, e non con i motivi
aggiunti, che, in senso tecnico, sono complementari ad un ricorso
precedentemente proposto e non possono legittimare la proposizione di una vera e
propria impugnazione autonoma da parte di un soggetto diverso dal ricorrente
principale.
In conclusione gli appelli in esame ed i motivi aggiunti non possono trovare
accoglimento e, per l’effetto, la sentenza impugnata deve essere confermata.
Sussistono, tuttavia, giusti motivi per disporre l’integrale compensazione fra
le parti delle spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente
pronunciando sugli appelli in epigrafe, così provvede:
1) respinge l’appello proposto dai sigg.ri Carrino;
2) dichiara inammissibili i motivi aggiunti proposti dai sigg.ri Carrino;
3) dichiara inammissibile l’appello proposto dalla sig.ra Russo.
Spese del grado compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio dell’8 marzo 2005 con l’intervento
dei Sigg.ri:
Agostino Elefante Presidente
Corrado Allegretta Consigliere
Cesare Lamberti Consigliere
Claudio Marchitiello Consigliere
Nicola Russo Consigliere Est.
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
IL SEGRETARIO
f.to Nicola Russo
f.to Agostino Elefante
f.to Rosi Graziano
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15 dicembre 2005
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
PER IL DIRIGENTE
f.to Livia Patroni Griffi
1) Pubblica Amministrazione - Contratti stipulati dalla P.A. - Forma scritta ad substantiam - Necessità - Fondamento. Tutti i contratti stipulati dalla PA. (anche quando questa agisca jure privatorum) richiedono la forma scritta ad substantiam. Tale indirizzo ha anche avuto modo di specificare come non abbia alcuna rilevanza l’eventuale deliberazione collegiale dell’ente pubblico, che sia prodromica alla stipulazione del contratto, atteso che un simile atto deliberativo si connota come mero atto interno e preparatorio del negozio, avente come destinatario solo l’organo rappresentativo legittimato ad esprimere all’esterno la volontà dell’ente. In particolare si è precisato come la delibera autorizzatoria a contrarre non possa essere sintomatica della reale volontà dell’ente, che deve invece risultare da un atto contrattuale sottoscritto dal rappresentante esterno dell’ente e dal privato e da cui possa desumersi la definitiva e concreta sistemazione del rapporto negoziale con le indispensabili determinazioni del contenuto del contratto. Sul punto la Suprema Corte ha affermato che il requisito della forma scritta a pena di nullità può ritenersi osservato solo in presenza di un documento che contenga in modo diretto la volontà contrattuale, perché redatto al precipuo scopo di renderla manifesta, così da impegnare contestualmente sia il privato che la P.A. in ordine al contenuto concreto del negozio (cfr. Cass. Civ., sez. II, 25 novembre 2003, n. 17891). Pres. Elefante - Est. Russo - CARRINO (avv.ti Schiano, Fasano) c. COMUNE di GALLIPOLI (avv. Garrisi) (conferma TAR PUGLIA - LECCE, Sezione II, n. 5/2004). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 15 DICEMBRE 2005 (c.c. 8/08/2005), Sentenza n. 7147
2) Pubblica Amministrazione - Contratti di locazione - Validità del vincolo contrattuale - Forma - Durata ultranovennale - Modificazioni soggettive senza preventiva autorizzazione della P.A.. Ai contratti di locazione conclusi dalla PA. non può nemmeno applicarsi l’istituto della rinnovazione tacita, oltre che per l’evidente incompatibilità con il procedimento previsto per la manifestazione della volontà di obbligarsi da parte della PA., anche per il fatto che la intenzione di reiterare la validità del vincolo contrattuale non può desumersi da fatti concludenti (come il percepimento di canoni locativi dopo la scadenza del contratto), ma deve essere espressa nelle forme previste dalla legge (in termini Cass. Civ., sez. III, 9 agosto 2002, n. 12087). Inoltre, un contratto di locazione stipulato con una PA. locatrice non può avere durata ultranovennale, né può subire modificazioni soggettive senza preventiva autorizzazione della P.A.. Pres. Elefante - Est. Russo - CARRINO (avv.ti Schiano, Fasano) c. COMUNE di GALLIPOLI (avv. Garrisi) (conferma TAR PUGLIA - LECCE, Sezione II, n. 5/2004). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 15 DICEMBRE 2005 (c.c. 8/08/2005), Sentenza n. 7147
3) Urbanistica e edilizia - Prelazione c.d. urbana - Art. 38 L. n. 392/78. E’ pacifico in giurisprudenza che la prelazione c.d. urbana ex art. 38 della L. n. 392/78 possa essere fatta valere soltanto da colui che detenga l’immobile posto in vendita in forza di un rapporto locativo valido, in corso e de jure (cfr. Cass. Civ. sentt. nn. 10174 e 10115/97). Pres. Elefante - Est. Russo - CARRINO (avv.ti Schiano, Fasano) c. COMUNE di GALLIPOLI (avv. Garrisi) (conferma TAR PUGLIA - LECCE, Sezione II, n. 5/2004). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 15 DICEMBRE 2005 (c.c. 8/08/2005), Sentenza n. 7147
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