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 Massime della sentenza

 

 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 21 gennaio 2005 (c.c. 11 gennaio 2005), sentenza n. 100

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
 

DECISIONE


sul ricorso in appello proposto dal COMUNE DI CINTO CAOMAGGIORE rappresentato e difeso dall’avv. Gianfranco Perulli con domicilio eletto in Roma Lungotevere Flaminio n. 46;
contro
VODAFONE OMNITEL N.V. con sede legale ad Amsterdam (Olanda), gestionale ed amministrativa ad Ivrea (Torino), via Jervis, n. 13 in persona del Direttore Affari Pubblici e Legali, dr.ssa Bianca Maria Martinelli, procuratore speciale dell’Amministratore Delegato rappresentata e difesa dagli avvocati Luigi Manzi e Paolo Mantovan con domicilio eletto in Roma Via Federico Confalonieri, n. 5, presso lo studio del primo;
 
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Veneto Venezia Sez. II 2579 del 30/7/2004.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della parte appellata;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Alla pubblica udienza dell’11 gennaio 2005 relatore il Consigliere Roberto Garofoli. Uditi l’avv. Perulli, l’avv. Mantovan e l’avv. Manzi;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:


FATTO


Con il ricorso proposto in primo grado la società odierna appellata ha impugnato il provvedimento con cui il Comune di Cinto Caomaggiore, in data 6 luglio 2004, ha disposto la sospensione dei lavori di realizzazione di un impianto di telefonia mobile, già assentiti per effetto dell’intervenuta formazione del silenzio assenso ex art. 87, D. Lgs. 1 ottobre 2003, n. 259; il contestato provvedimento di sospensione è stato adottato dall’Amministrazione comunale sul rilevo della asserita mancanza del titolo abilitativo di natura edilizia, in specie del permesso di costruire previsto dall’art. 3, comma 1, lett. e. 2, D.P.R. n. 380/2001.


Avverso la sentenza con la quale il primo Giudice ha respinto il ricorso ritenendo la valenza anche edilizia dell’autorizzazione rilasciata ai sensi del citato art. 87 del Codice delle comunicazioni elettroniche, insorge l’Amministrazione appellante sostenendone l’erroneità e chiedendone quindi l’annullamento.


All’udienza dell’11 gennaio 2005 la causa è stata trattenuta per la decisione.


DIRITTO


Il ricorso è infondato e va pertanto respinto.


Il profilo di diritto portato al vaglio del Collegio attiene al rapporto tra la disciplina dettata dal Codice delle comunicazioni elettroniche (D.Lgs. 1 ottobre 2003, n. 259), che all’art. 87 subordina l’installazione di stazioni radio base per reti di comunicazioni elettroniche mobili GMS/UMTS al rilascio ad opera dell’Ente locale di apposita autorizzazione, e il nuovo Testo unico dell’edilizia (D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380), che all’art. 3, lett. e), ricomprende espressamente tra gli "interventi di nuova costruzione", come tali assoggettati a permesso di costruire ai sensi dell’art. 10 dello stesso D.P.R., “gli interventi di urbanizzazione primaria e secondaria realizzati da soggetti diversi dal Comune” (e.2), nonché “l’installazione di torri e tralicci per impianti radio-ricetrasmittenti e di ripetitori per i servizi di telecomunicazione” (e.4).


Con maggiore impegno esplicativo, il Collegio è chiamato a chiarire se l’autorizzazione prescritta dal Codice delle comunicazioni sia destinata a costituire un titolo abilitativo aggiuntivo rispetto a quello richiesto dal Testo unico delle disposizioni in materia edilizia o se, viceversa, il conseguimento del primo consenta già l’installazione.


Occorre verificare quindi se il procedimento previsto dal citato art. 87 del Codice delle comunicazioni elettroniche sia unico, contenendo ed assorbendo anche la verifica della compatibilità urbanistico edilizia dell’intervento, o se debba invece essere doppiato dal procedimento per il rilascio del titolo abilitativo a fini edilizi.


Non ignora certo il Collegio che, nel primo dibattito sviluppatosi all’indomani dell’entrata in vigore del Codice delle comunicazioni elettroniche, sono emerse in ambito dottrinale tesi contrapposte, tra cui anche quella volta a sostenere la persistente necessità del distinto titolo edilizio.


A conforto dell’assunto sono state addotte differenti ragioni, tra cui in particolare:
1) l’espressa assimilazione delle infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione, di cui agli articoli 87 e 88, alle opere di urbanizzazione primaria, cui “si applica la normativa vigente in materia” (art. 86, comma 3, d. Lgs. n. 259/2003), tra cui asseritamene anche gli artt. 3, comma 1, lett. e.2 del D.P.R. n. 380/2001, laddove espressamente indica gli “interventi di urbanizzazione primaria e secondaria realizzati da soggetti diversi dal Comune” tra quelli assoggettati a permesso di costruire;
2) la mancata previsione nel Codice delle comunicazioni elettroniche di una clausola di esclusività, intesa a consentire la realizzabilità delle infrastrutture ivi contemplate sulla sola base delle procedure definite dallo stesso Codice;
3) la mancata inclusione nel Codice delle comunicazioni elettroniche di previsioni intese a modificare il menzionato Testo unico delle disposizioni in materia di edilizia.


Il Collegio ritiene tuttavia di aderire alla tesi, certo semplificante, dell’assorbimento delle valutazioni urbanistico-edilizie nel procedimento delineato dall’art. 87 del Codice delle comunicazioni elettroniche.
A tale esito interpretativo è consentito pervenire in applicazione di una pluralità di parametri ermeneutici, di tipo non solo teleologico, ma anche testuale e sistematico.


Sul primo versante, non è consentito obliterare la ratio sottesa all’intero codice delle comunicazioni elettroniche, come desumibile dai criteri di delega contenuti nell’art. 41 della legge n. 166/2002 e prima ancora nelle direttive comunitarie da recepire: “previsione di procedure tempestive, non discriminatorie e trasparenti per la concessione del diritto di installazione di infrastrutture e ricorso alla condivisione delle strutture; riduzione dei termini per la conclusione dei procedimenti amministrativi, nonché regolazione uniforme dei medesimi procedimenti anche con riguardo a quelli relativi al rilascio di autorizzazioni per la installazione delle infrastrutture di reti mobili, in conformità ai principi di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241” (art. 41, comma 2, n. 3) e 4), L. n. 166/2002).


Non vi è dubbio che i criteri riportati, in specie quelli della previsione di procedure tempestive, non discriminatorie e trasparenti per la concessione del diritto di installazione di infrastrutture, della riduzione dei termini per la conclusione dei procedimenti amministrativi, nonché della regolazione uniforme dei medesimi procedimenti, risulterebbero irrimediabilmente vanificati se il nuovo procedimento fosse destinato non a sostituire ma ad abbinarsi, peraltro in modo non coordinato sotto il profilo temporale, a quello previsto dal T.U. in materia edilizia.


Può sostenersi, quindi, che al legislatore delegato sia stato assegnato il compito di delineare procedimenti autorizzatori relativi alle infrastrutture di comunicazione tendenzialmente destinati ad assorbire ogni altro procedimento, anche di natura edilizia.


Ciò posto in una prospettiva teleologica, il Collegio ritiene che sussistano plurimi elementi testuali dai quali è consentito desumere che il legislatore delegato si sia attenuto a tali criteri di delega, disciplinando agli artt. 86 e 87 del Codice delle comunicazioni elettroniche un procedimento autorizzatorio nel quale confluiscono, in uno alle valutazioni tipicamente radioprotezionistiche, anche quelle relative alla compatibilità urbanistico-edilizia dell’intervento.


In primo luogo, l’art. 4, D. Lgs. n. 259/2003, nell’indicare gli obiettivi generali della disciplina delle reti e servizi di comunicazione elettronica, ha riguardo tra gli altri a quelli di: “a) promuovere la semplificazione dei procedimenti amministrativi e la partecipazione ad essi dei soggetti interessati, attraverso l'adozione di procedure tempestive, non discriminatorie e trasparenti nei confronti delle imprese che forniscono reti e servizi di comunicazione elettronica; b) garantire la trasparenza, pubblicità e tempestività delle procedure per la concessione dei diritti di passaggio e di installazione delle reti di comunicazione elettronica sulle proprietà pubbliche e private” (comma 3).


Già nel fissare le guidelines dell’intervento di riforma del settore, quindi, il Codice delle comunicazioni elettroniche fa espressamente riferimento alla semplificazione dei procedimenti e all’esigenza che gli stessi risultino tempestivi.


L’art. 87, comma 5, inoltre, prevede che il responsabile del procedimento possa richiedere, per una sola volta, entro 15 giorni dalla ricezione dell’istanza, l’integrazione della documentazione prodotta; si tratta di facoltà al cui esercizio le amministrazioni comunali possono determinarsi proprio per ottenere le integrazioni istruttorie necessarie per approfondire eventuali aspetti urbanistico-edilizi dell’intervento.


Non irrilevante, ancora, l’espresso riferimento, contenuto all’art. 87, commi 6 e 7, all’istituto semplificante della conferenza di servizi, alla cui convocazione il responsabile del procedimento è tenuto in caso di motivato dissenso espresso da un’Amministrazione interessata.


Si consideri, peraltro, che l’approvazione intervenuta all’esito della conferenza “sostituisce ad ogni effetto gli atti di competenza delle singole Amministrazioni e vale altresì come dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dei lavori”: arduo non inferirne l’unicità del procedimento disciplinato dalla disposizione richiamata.


Ad ulteriore conforto della tesi che si sostiene non può non richiamarsi, infine, la previsione di chiusura dell’art. 87.


A tenore del comma 10, infatti, “le opere debbono essere realizzate, a pena di decadenza, nel termine perentorio di dodici mesi dalla ricezione del provvedimento autorizzatorio espresso, ovvero dalla formazione del silenzio-assenso”: agevole osservare che la previsione risulterebbe contradditoria allorché si aderisse all’opzione ricostruttiva intesa a pretendere comunque, per la realizzazione delle opere, il distinto titolo edilizio.


La rimarcata assenza di una regolamentazione volta a coordinare sotto il profilo temporale il procedimento in esame con quello, assuntamene necessario, previsto dal Testo unico delle disposizioni in materia edilizia, finirebbe per vanificare, infatti, in questa diversa e qui non condivisa prospettiva interpretativa, la previsione di cui al citato art. 87, comma 10, del Codice delle comunicazioni elettroniche.
Rispetto agli indicati argomenti appaiono, quindi, ad avviso del Collegio, del tutto recessivi quelli addotti a sostegno della tesi contraria, primo tra tutti quello diretto a rimarcare la mancata inclusione nel Codice delle comunicazioni di una espressa previsione di deroga alla disciplina posta dall’art. 10 del Testo unico delle disposizioni in materia edilizia.


Né assume rilievo decisivo la circostanza per cui i moduli di cui all’allegato 13 del codice delle comunicazioni (da utilizzare in sede di compilazione dell’istanza ex art. 87, D. Lgs. n. 259/2003) sembrano far riferimento alle sole caratteristiche degli impianti sotto il profilo delle emissioni elettromagnetiche previste.


Si consideri, al riguardo, che, come risulta dall’art. 87, comma 9, all’istanza va anche allegato il progetto dell’impianto; a ciò si aggiunga la richiamata previsione della facoltà, ascritta al responsabile del procedimento, di disporre l’integrazione documentale.


Alla stregua delle esposte argomentazioni va dunque respinto l’appello.


La novità del profilo involto induce a disporre la compensazione tra le parti delle spese del doppio grado di giudizio.


P.Q.M.


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, respinge l’appello.


Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.


Così deciso in Roma, l’11 gennaio 2005 dal Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale - Sez.VI - nella Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori:
Mario Egidio SCHINAIA Presidente
Sabino LUCE Consigliere
Giuseppe ROMEO Consigliere
Lanfranco BALUCANI Consigliere
Roberto GAROFOLI Consigliere Est.


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il 21 gennaio 2005
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
Il Direttore della Sezione

 

 

M A S S I M E

Sentenza per esteso

 

1) Inquinamento elettromagnetico - Installazione di stazioni radio base - Procedimento autorizzatorio - Rapporto tra il codice delle comunicazioni elettroniche e il Testo unico dell’edilizia - Procedimento di cui all’art. 87 d. lgs. 259/2003 - Contiene e assorbe anche la verifica di compatibilità urbanistico edilizia. Il rapporto tra la disciplina dettata dal Codice delle comunicazioni elettroniche (D.Lgs. 1 ottobre 2003, n. 259), che all’art. 87 subordina l’installazione di stazioni radio base per reti di comunicazioni elettroniche mobili GMS/UMTS al rilascio ad opera dell’Ente locale di apposita autorizzazione, e il nuovo Testo unico dell’edilizia (D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380), che all’art. 3, lett. e), ricomprende espressamente tra gli "interventi di nuova costruzione", come tali assoggettati a permesso di costruire ai sensi dell’art. 10 dello stesso D.P.R., “gli interventi di urbanizzazione primaria e secondaria realizzati da soggetti diversi dal Comune” (e.2), nonché “l’installazione di torri e tralicci per impianti radio-ricetrasmittenti e di ripetitori per i servizi di telecomunicazione” (e.4), va risolto nel senso che il procedimento autorizzatorio previsto dall’art. 87 del Codice delle comunicazioni elettroniche è da ritenere unico, contenendo ed assorbendo anche la verifica della compatibilità urbanistico edilizia dell’intervento, di cui al Testo Unico dell’edilizia. Pres. Schinaia, Est. Garofoli - Comune di Cinto Caomaggiore (Avv. Perulli) c. V.O. N.V. (Avv.ti Manzi e Mantovan) - (Conferma T.A.R. VENETO, n. 2579/2004) - CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 21 gennaio 2005 (c.c. 11 gennaio 2005), sentenza n. 100

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