Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello proposto da CODACONS, ITALIA NOSTRA, COMITATO
SALVAGUARDIA E VALORIZZ.VALLI DEL MONTARALE (COSMO), COMITATO SALVAGUARDIA DELLA
VALNESTORE, CACIOTTO ALESSANDRO, MITTENZWEI GUNTER, MARI MARA, THIEL INGRID,
THIEL-MAHNKE SABINE, EBELING BEATRIX, NICOLAI BARBARA, FUSCHIOTTO IVONNE,
PEDETTI DEANNA, NATAZZI TIZIANA, ORLANDI MARIA GRAZIA, PAOLUCCI LORENA M.,
FRATINI ADRIANA, CIPRIANI EDDA, SARCHIONI FEDERICO, NARDINO MARSILIA, TONZANI
ISABELLA, IANNARONE FILIPPO, rappresentati e difesi dall’Avv. Carlo Rienzi con
domicilio eletto in Roma Via Ugo Bassi n. 3, presso Luciana Selmi;
contro
MINISTERO DELL'INDUSTRIA, COMMERCIO E ARTIGIANATO rappresentato e difeso
dall’Avvocatura Generale dello Stato con domicilio in Roma Via dei Portoghesi n.
12;
DIR. GEN. FONTI DI ENERGIA E INDUSTRIE DI BASE-MIN. INDUSTRIA non costituito;
MINISTERO DELL'AMBIENTE- MIN. ATTIVITA PRODUTTIVE,
MINISTERO PER I BENI CULTURALI E AMBIENTALI,
SOPRINTENDENZA PER I BENI CULTURALI ED AMBIENTALI DI PERUGIA, tutti
rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato con domicilio in
Roma Via dei Portoghesi n. 12;
MINISTERO DELLA SANITA,'
COMMISSIONE PER LA VALUTAZIONE DI IMPATTO AMBIENTALE,
MINISTERO DEI LAVORI PUBBLICI, tutti non costituiti;
e nei confronti di
S.P.A. ENEL rappresentata e difesa dagli Avv.ti Cesare Caturani, Giuseppe De
Vergottini e Pasquale Scarpitti con domicilio eletto in Roma Via A. Bertoloni n.44,
presso lo studio del primo;
REGIONE UMBRIA rappresentata e difesa dall’Avv. Franco Gaetano Scoca con
domicilio eletto in Roma Via G. Paisiello n. 55;
PROVINCIA DI PERUGIA rappresentata e difesa dagli Avv.ti Massimo Minciaroni e
Umberto Segarelli con domicilio eletto in Roma Via G.B. Morgagni 2/A, presso lo
studio del secondo;
COMUNE DI PIEGARO non costituito;
per l'annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sezione III
ter 25 gennaio 1999, n. 158;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio delle amministrazioni territoriali e
della società controinteressata;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Alla pubblica udienza dell’8 febbraio 2005 relatore il Consigliere Francesco
Caringella. Uditi l’Avv. Selmi in dichiarata sostituzione dell’Avv. Rienzi,
l’Avv. dello Stato Giannuzzi, l’Avv. Caturani, l’avv. Scarpitti, l’Avv. Scoca e
l’Avv. Segarelli;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO E DIRITTO
1. Con la sentenza appellata i primi Giudici hanno respinto il ricorso proposto
dagli odierni appellanti avverso il decreto del Ministero dell’Industria, del
Commercio e dell’Artigianato-Direzione Generale delle fonti di energia e delle
industrie di base, datato 4.10.1994, con cui si è autorizzata la trasformazione
in ciclo combinato delle due sezioni della centrale elettrica di Pietrafitta,
per una potenza complessiva di 450 MW.
In sede di appello vengono riproposte e sviluppate le censure di prime cure, a
confutazione degli argomenti posti a sostegno del decisum impugnato.
Si sono costituiti in giudizio gli enti in epigrafe specificati e la società
controinteressata.
Le parti hanno affidato al deposito di memorie l’ulteriore illustrazione delle
rispettive tesi difensive.
All’udienza dell’8 febbraio 2005 la causa è stata trattenuta per la decisione.
2 Giova prendere le mosse, stante la relativa pregiudizialità, dai motivi volti
a censurare la regolarità procedurale dell’azione amministrativa.
2.1. Con un primo motivo le parti appellanti tornano a sostenere la tesi
dell’illegittimità della procedura in ragione della mancata presentazione dello
studio di impatto all’indirizzo del Ministero delle Attività Produttive.
Il motivo non è fondato.
Il principio di economicità dell’azione amministrativa impedisce di dare
ingresso alla tesi dell’invalidazione dell’attività amministrativa ove
l’amministrazione interessata, pur se non ritualmente individuata come
destinataria in via originaria dell’istanza, sia stata in ogni caso
successivamente resa edotta dell’istanza e della relativa documentazione in
guisa da potere svolgere in modo compiuto le valutazioni di sua pertinenza.
Un approccio che non sia di tipo rigorosamente formale esclude poi che si possa
ascrivere valenza invalidante alla circostanza, di per sé non indicativa di una
insufficienza formale o stanziale, che lo studio di impatto ambientale sia stato
redatto senza utilizzare lo schema all’uopo predisposto dal Ministero
dell’Ambiente giusta l’articolo 4, comma 4, del D.P.C.M del 27.12.1988.
2.2. Non merita poi favorevole valutazione neanche la censura con la quale si
contesta la mancata convocazione della conferenza di servizi di cui all’articolo
6, comma 2, del D.P.C.M. 27.12.1988.
Si deve infatti osservare, per un verso, che il termine stabilito dalla
normativa ai fini della convocazione della conferenza di servizi e della
formulazione degli assensi non ha pacificamente caratterizzazione perentoria;
dall’altro lato, che ogni aspetto relativo all’utilizzo dello strumento della
conferenza, per sua natura volto all’armonizzazione degli interessi ed alla
composizione dei dissensi in un quadro unitario di stampo collaborativo, è per
tabulas assorbito dall’oggettiva circostanza del consenso prestato da tutte le
amministrazioni. La lettura della nota 27.2.1997 del Ministero dei Lavori
Pubblici consente poi di ricavare l’assenso del Ministero, altrimenti non
potendosi interpretare, ai fini qui rilevanti, la valutazione circa la non
ricorrenza di osservazioni da articolare, segnatamente in ragione dell’assenza
di profili di localizzazione tali da rendere necessaria un’autonoma
determinazione di pertinenza di detta amministrazione.
2.3. Non può trovare poi accoglimento la tesi svolta in sede di appello secondo
cui la parzialità dell’atteggiamento manifestato da parte dei componenti della
Commissione nelle fasi precedenti della procedura, e segnatamente il
convincimento da parte degli stessi manifestato in ordine alla non necessità
della sottoposizione delle opere a procedura di VIA, avrebbe comportato
l’obbligo di astensione degli stessi dalla procedura di valutazione resa
necessaria a seguito del pronunciamento del giudice amministrativo che aveva
opinato nel senso della necessità di espletare la procedura VIA. E’ sufficiente
osservare che la mera formulazione di un convincimento in ordine alla necessità
della procedura VIA non rivela l’emersione di un interesse personale
confliggente con la cura dell’interesse pubblico idoneo a sostanziare la tesi
dell’obbligo di astensione. Se poi si considera che le norme in tema di
incompatibilità nell’espletamento delle funzioni giudiziarie non sono
automaticamente traslabili al campo dell’azione amministrativa e si pone mente
alla circostanza che il sistema legale delle competenze rende fisiologico, e per
certi versi necessario, che le determinazioni amministrative susseguenti
all’annullamento giurisdizionale ex art. 26 legge TAR vengano adottate dal
medesimo titolare dell’organo precedentemente pronunciatosi, si deve concludere
nel senso della non deduzione di elementi, ivi compresi i tempi e le modalità di
espletamento della procedura, capaci di connotare l’operato dei componenti della
commissione di una situazione soggettiva confliggente con il pubblico interesse
tale da imporre l’obbligo di astensione dalla riedizione dell’attività
amministrativa.
2.4. Infondato è pure il motivo di appello con il quale si stigmatizza
l’illegittimità della procedura in ragione dell’assenza, al momento della
deliberazione finale, di alcuni componenti della Commissione.
In disparte i profili relativi alla novità del motivo di appello rispetto a
quelli articolati nel ricorso di prime cure, in senso contrario alla tesi di
parte appellante secondo cui la Commissione VIA, come composta dall’articolo 3
della legge 17 dicembre 1986, n. 878, costituirebbe un collegio prefetto,
militano infatti i seguenti decisivi elementi.
a) Secondo un consolidato orientamento pretorio, nel silenzio della legge, il
criterio più sicuro per individuare quando un organo collegiale debba ritenersi
" perfetto" è quello che assegna tale connotazione al collegio per il quale,
accanto ai componenti effettivi, sono previsti anche componenti supplenti. Lo
scopo della supplenza, non prevista nella specie, è proprio da un lato, quello
di garantire che il collegio possa operare con il "plenum" anziché con la sola
maggioranza, in caso di impedimento di taluno dei membri effettivi, e,
dall'altro lato, l’esigenza che la commissione svolga le sue operazioni con
continuità e tempestività, senza che il suo agire sia impedito o ritardato
dall'impedimento di taluno dei suoi componenti (vedi, da ultimo, Consiglio
Stato, sez. VI, 2 febbraio 2004, n. 324);
b) Fa inoltre difetto l’indice sintomatico della configurazione di un collegio
come perfetto, dato dalla circostanza che la composizione del collegio rifletta
professionalità interdisciplinari e complementari fra di loro, con la
conseguenza di rendere ciascun componente infungibile rispetto agli altri. Ai
sensi della normativa citata la commissione in esame non riflette invece una
ripartizione interdisciplinare ma obbedisce a criteri di professionalità che in
modo fungibile devono presiedere alla scelta dei componenti (vedi, sulla
Commissione Unica del Farmaco competente alla riclassificazione dei medicinali a
norma dell'art. 8, comma 10 della l. n. 537 del 1993, Consiglio Stato, sez. IV,
2 marzo 2001, n. 1183; vedi inoltre Consiglio Stato, sez. VI, 12 febbraio 2001,
n. 652, secondo cui l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato non
costituisce collegio perfetto, in quanto sua composizione non è strutturata in
funzione della rappresentanza di esperienze, conoscenze o interessi diversi);
c) Non sono infine traslabili alla fattispecie le coordinate sviluppate dalla
giurisprudenza in tema di attività valutativa delle Commissioni di gara e di
concorso, trattandosi, diversamente dal caso di specie, di organi straordinari,
caratterizzati da profili soggettivi di integrazione disciplinare nonché dalla
possibile presenza di membri supplenti.
2.5. Sono infondati anche i motivi con i quali le parti appellati si dolgono
della circostanza che la Soprintendenza per i Beni Culturali ed Ambientali di
Perugia avrebbe illogicamente mutato il proprio intendimento nel corso del
procedimento.
La lettura degli atti rende evidente che, rispetto alle precedenti note di
carattere interlocutorio, la valutazione finale della Soprintendenza è
adeguatamente supportata dalla positiva valutazione “del fatto che da parte dei
ENEL sono già in corso di redazione i piani ed i progetti relativi ai punti
1,3,4,5,6,7, di cui alla sopraccitata nota n. 93276/G2 dell’1.4.1996 (parere
1.8.1996 del Ministero che rinvia al parere della Soprintendenza del 25.7.1996,
n. 17273.) Si rileva inoltre, nel detto parere, che “gli studi di massima
relativi alla modifica del tracciato dell’elettrodotto per il collegamento alla
rete nazionale a 380 KV ed il piano di massima relativo al progetto integrato
finalizzato alla realizzazione di una oasi naturale per un corretto inserimento
ambientale delle opere eseguende, su esplicita richiesta del Ministero
dell’Ambiente in seno alle riunioni citate, sono stati elaborati dall’ENEL
S.P.A. e sono stati acquisiti anche da parte di questo ufficio centrale in data
22.7.1996”. Inoltre il parere è subordinato all’accoglimento di numerose
prescrizioni tutte recepite nella determinazione finale.
Il tenore della lettera scritta in data 12 giugno 1996 da un funzionario della
Soprintendenza al Prefetto di Perugia, in ordine alle intimidazioni ricevute ed
alla correttezza del proprio operato, non consente di ricavare poi elementi
utili a lumeggiare in senso negativo la legittimità della procedura
amministrativa in parola.
3. Non coglie nel segno neanche il motivo con il quale le parti appellanti si
lamentano della mancata effettuazione di una effettiva valutazione dell’impatto
sortito dalle opere accessorie date dal metanodotto di alimentazione della
centrale, dall’elettrodotto necessario all’immissione in rete dell’energia
prodotta e dalle opere stradali di collegamento con la centrale.
In realtà, a fronte di uno studio di impatto che si occupa delle opere in esame,
la Commissione dimostra di avere effettuato una verifica dei caratteri di
massima di detti interventi, alla luce della descrizione fornita degli stessi,
dettando i criteri direttivi da seguire in fase di sviluppo della relativa
progettazione. Ne deriva che il rinvio alle successive valutazioni delle
amministrazioni chiamate a rilasciare le specifiche autorizzazioni per le
singole opere non implica abdicazione alla valutazione collegiale di impatto
ambientale, in realtà sottesa alle suddette prescrizioni, ma, più semplicemente,
significa rimessione agli enti competenti degli ulteriori approfondimenti
tecnici da svolgere in coerenza con le linee programmatiche tracciate in sede di
VIA positiva.
4. Con un ulteriore ordine di motivi le parti appellanti si dolgono della
mancata sottoposizione a VIA del bacino di accumulo necessario per il
raffreddamento dell’impianto, idoneo a contenere ben 13.000.000 di metri cubi di
acqua, in violazione del dettato dell’articolo 1 del DPCM 10 agosto 1988, n.
377, in tema di assoggettamento di detta tipologia di opere ad obbligatoria
procedura di valutazione. Rimarcano, in particolare, che la diversità delle
procedure impedirebbe di ammettere l’assorbimento della valutazione di detta
opera, erroneamente qualificata come complementare, nell’ambito della
complessiva procedura relativa alla valutazione di impatto prevista
dall’allegato IV al D.P.C.M. 27 dicembre 1988, in tema costruzione ed esercizio
di nuove centrali termoelettriche e turbogas, da installare sulla terra ferma o
nelle acque territoriali.
La Sezione reputa che la tesi sostenuta dall’appellante circa l’assoggettamento
a distinte procedure di valutazione di impatto della centrale termoelettrica e
del connesso bacino di accumulo delle acque determinerebbe una irragionevole
duplicazione di procedure non ossequiosa della natura sostanzialmente unitaria
dell’opera complessivamente traguardata nonché della scelta legislativa
(articolo 6 della legge 8 luglio 1986, n. 349) di indicare come oggetto della
valutazione delle “categorie di opere”. Ne deriva che, in disparte il problema
teorico della portata dell’innovazione apportata dall’articolo 1, comma 5, del
DPCM 11 febbraio 1998 nel tessuto preesistente del DPCM 10 agosto 1988, n. 377,
in tema di sottoposizione a VIA degli impianti destinati a trattenere, regolare
o accumulare le acque a fini energetici in modo durevole di altezza superiore a
10 m o che determinano un volume di invaso superiore a 100.00 mc., non è ex se
censurabile la scelta amministrativa di inglobare la valutazione del bacino
nell’ambito della valutazione dell’impianto rispetto al quale il primo ha
portata innegabilmente servente sul versante funzionale.
Si tratta piuttosto di verificare se, nell’alveo di detta procedura unitaria,
l’amministrazione si sia fatta adeguatamente carico delle problematiche connesse
alla realizzazione di detto bacino. A confutazione delle censure svolte al
riguardo nel motivo contrassegnato sotto la lettera H dell’appello, in relazione
alla sottovalutazione del deficit di risorse idriche del territorio ed in ordine
alla mancata verifica degli effetti ambientali ed ecosistemici, la Sezione
rileva che le denunciate carenze formali e documentali non hanno inciso sulla
compiutezza della valutazione amministrativa. Nel citato DM 9 agosto 1996 sono
infatti ampiamente e distintamente sottoposte ad analisi le problematiche
relative al regime idraulico del fiume Nestore e del torrente Rigalto e gli
effetti sul microclima derivanti dall’umidità. Sono inoltre dettate puntuali
prescrizioni volte a prevedere l’adeguamento, sulla base delle valutazioni
dell’Autorità di bacino del fiume Tevere, del disciplinare della concessione in
relazione all’andamento del flusso delle acque (vedi prescrizione n. 3) in una
con l’obbligo per l’Enel di predisporre e mettere in atto un piano , specificato
nei dettagli, di monitoraggio chimico e biologico delle acque e altro piano
volto a risolvere le conseguenze di eventuali crisi eutrofiche (vedi
prescrizione di cui al punto 6.2.).
In sostanza lo studio di impatto ambientale e la successiva verifica
amministrativa si sono fatti adeguatamente carico dei profili relativi al
fabbisogno di acqua e al trattamento delle acque prelevate oltre che degli
effetti sul microclima, sulla fauna e sulla flora; e tanto sulla base di un
giudizio espressione di discrezionalità tecnica, non suscettibile di sindacato
di merito in quanto non inficiato da profili di illogicità e di travisamento
fattuale. Si deve poi soggiungere che a sostegno della compatibilità si poneva
anche l’esito positivo della procedura di valutazione in epoca antecedente
condotta dalla Regione nel novembre del 1996 in attuazione della direttiva
comunitaria 85/337.
5. Lo stesso discorso deve essere effettuato, quanto alla non sindacabilità di
valutazioni di merito non illogiche e congruamente motivate, in merito alle
ulteriori censure svolte in seno al medesimo motivo di appello sub H circa
l’insufficienza e l’erroneità della valutazione positiva finale in ordine agli
effetti sull’ecosistema locale ed in merito alle emissioni sonore. Le
prescrizioni recate rispettivamente ai punti 8 e 9.4 nonché al punto 6.3.
dell’impugnato decreto ministeriale danno adeguata contezza dell’attenzione
riservata dall’amministrazione alle problematiche di che trattasi. Giova
soggiungere che gli effetti sulla vegetazione, la fauna e la flora sono oggetto
di scrutinio al par. 4.3.4. e 4.3.5. della relazione di sintesi dello studio di
impatto ambientale; nel mentre, alle pagine 47-48 della medesima relazione, si
dà conto delle indagini svolte in ordine ai livelli di rumore prodotti
dall’esercizio dell’impianto oltre che delle soluzioni progettuali adottate per
la minimizzazione di dette emissioni.
In merito, poi, ai vincoli di legge, la Sezione deve osservare che con riguardo
all’unico vincolo esistente, ai sensi della legge n. 431/1985, è assorbente il
non contestato dato dell’avvenuto rilascio del nulla osta regionale a mente
dell’articolo 7 della legge n. 1497/1939.
L’inerenza del vincolo archeologico dedotto ad area non interessata dalla
costruzione della centrale consente di escludere la fondatezza di ogni
rimprovero in ordine alla relativa inadeguata valutazione dei problemi connessi
al regime di protezione; e tanto in disparte la considerazione nondimeno
riservata a tale vincolo nell’ambito della procedura in parola.
Quanto poi agli aspetti di rischio sismico, l’appello non reca alcuna
confutazione sostanziale all’indirizzo del puntuale rilievo svolto dal Primo
Giudice secondo cui la Commissione, stante la classificazione dell’area come
“sismica di 2° categoria”, ha puntualmente riscontrato la conformità della
progettazione delle opere rispetto alle norme tecniche relative alle
“Costruzioni sismiche” (DMLP del 24.1.1986), assumendo per le verifiche di
stabilità la sopra citata categoria sismica.
Generico è invece il rimprovero svolto all’indirizzo dell’altrettanto puntuale
argomentazione svolta dal Primo Giudice secondo cui il sito interessato è
rispettoso delle prescrizioni dettate dall’articolo 216 del RD 27.7.1934, n.
1265, in tema di distanze delle industrie insalubri, essendo il sito ubicato ad
oltre seicento metri dalla più vicina abitazione, ed anzi a distanza ancora
superiore ove la misurazione sia effettuata dal perimetro del centro abitato.
6. La completezza e l’adeguatezza dell’istruttoria e delle motivazioni poste a
sostegno della valutazione positiva non consentono poi di dare favorevole
considerazione alla apodittica censura tesa a stigmatizzare la deviazione
dell’azione amministrativa per effetto del condizionamento derivante da
interessi di carattere meramente economico, legati alla percezione di contributi
finanziari.
7. Le considerazioni che precedono impongo la reiezione dell’appello.
Sussistono tuttavia giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di
giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), respinge il
ricorso in appello in epigrafe indicato.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, addì 8 febbraio 2005, dal Consiglio di Stato in s.g. (Sez.
VI) riunito in camera di consiglio con l'intervento dei seguenti Magistrati:
Claudio VARRONE Presidente
Giuseppe ROMEO Consigliere
Giuseppe MINICONE Consigliere
Francesco D’OTTAVI Consigliere
Francesco CARINGELLA Consigliere Est.
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il 21.03.2005
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
Il Direttore della Sezione
1) V.I.A. – Centrale elettrica – Trasformazione in ciclo combinato – Mancata presentazione dello studio di impatto al Ministero delle Attività produttive – Causa di illegittimità della procedura – Esclusione – Se il Ministero sia stato comunque posto in condizione di conoscere la documentazione – Principio di economicità dell’azione amministrativa. Nell’ambito del procedimento volto all’autorizzazione alla trasformazione in ciclo combinato di una centrale elettrica, per una potenza complessiva di 450 MW, non è causa di illegittimità la mancata presentazione dello studio di impatto al Ministero delle Attività Produttive, in virtù del principio di economicità dell’azione amministrativa, che impedisce di dare ingresso alla tesi dell’invalidazione dell’attività amministrativa ove l’amministrazione interessata, pur se non ritualmente individuata come destinataria in via originaria dell’istanza, sia stata in ogni caso successivamente resa edotta dell’istanza e della relativa documentazione in guisa da potere svolgere in modo compiuto le valutazioni di sua pertinenza. Non ha inoltre valenza invalidante la circostanza, di per sé non indicativa di una insufficienza formale o stanziale, che lo studio di impatto ambientale sia stato redatto senza utilizzare lo schema all’uopo predisposto dal Ministero dell’Ambiente giusta l’articolo 4, comma 4, del D.P.C.M del 27.12.1988. Pres. Varrone, Est. Caringella – Codacons e altri (Avv. Rienzi) c. Ministero dell’Industria, Commercio e Artigianato e altri (Avv. Stato) e altri (n.c.) – (Conferma T.A.R. Lazio, Roma, n. 158/99) - CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 21 marzo 2005, n. 1112
2) V.I.A. – D.P.C.M. 27.12.88 – Convocazione della conferenza di servizi – Termine – Natura perentoria – Esclusione. Il termine stabilito dalla normativa al fine della convocazione della conferenza di servizi di cui allart. 6, c. 2 del D.P.C.M. 27.12.1988 non ha natura perentoria. Pres. Varrone, Est. Caringella – Codacons e altri (Avv. Rienzi) c. Ministero dell’Industria, Commercio e Artigianato e altri (Avv. Stato) e altri (n.c.) – (Conferma T.A.R. Lazio, Roma, n. 158/99). CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 21 marzo 2005, n. 1112
3) V.I.A. - Commissione di V.I.A. – Componenti pronunciatisi contro la necessità di V.I.A. – Obbligo di astensione nelle fasi successive – Esclusione. I componenti della Commissione di VIA che si siano pronunciati in ordine alla non necessità della sottoposizione delle opere a VIA, a seguito del pronunciamento del giudice amministrativo che ne affermi invece la necessità, non sono tenuti ad astenersi nelle fasi successive della procedura, non costituendo tale pronunciamento elemento capace di connotare l’operato dei componenti della commissione di una situazione soggettiva confliggente con il pubblico interesse tale da imporre l’obbligo di astensione dalla riedizione dell’attività amministrativa. Pres. Varrone, Est. Caringella – Codacons e altri (Avv. Rienzi) c. Ministero dell’Industria, Commercio e Artigianato e altri (Avv. Stato) e altri (n.c.) – (Conferma T.A.R. Lazio, Roma, n. 158/99) - CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 21 marzo 2005, n. 1112
4) V.I.A. – Commissione V.I.A. – Natura di organo collegiale perfetto – Esclusione. La Commissione VIA non costituisce organo collegiale perfetto, difettando degli elementi che, secondo l’orientamento pretorio, ne sono indice: presenza di componenti supplenti e composizione del collegio riflettente professionalità interdisciplinari e complementari fra di loro, con la conseguenza di rendere ciascun componente infungibile rispetto agli altri. Pres. Varrone, Est. Caringella – Codacons e altri (Avv. Rienzi) c. Ministero dell’Industria, Commercio e Artigianato e altri (Avv. Stato) e altri (n.c.) – (Conferma T.A.R. Lazio, Roma, n. 158/99) - CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 21 marzo 2005, n. 1112
5) V.I.A. – Impianti destinati ad accumulare acque a fini energetici – Bacino – Inglobamento della valutazione relativa al bacino con quella relativa all’impianto – Illegittimità – Esclusione. In tema di sottoposizione a VIA degli impianti destinati a trattenere, regolare o accumulare le acque a fini energetici in modo durevole di altezza superiore a 10 m o che determinano un volume di invaso superiore a 100.00 mc., non è ex se censurabile la scelta amministrativa di inglobare la valutazione del bacino nell’ambito della valutazione dell’impianto rispetto al quale il primo ha portata innegabilmente servente sul versante funzionale. Pres. Varrone, Est. Caringella – Codacons e altri (Avv. Rienzi) c. Ministero dell’Industria, Commercio e Artigianato e altri (Avv. Stato) e altri (n.c.) – (Conferma T.A.R. Lazio, Roma, n. 158/99) - CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 21 marzo 2005, n. 1112
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