Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Quinta Sezione ANNO 2000 ha
pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 10995 del 2000 proposto dalla società G.E.V.A. s.p.a., in persona del suo legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avv.ti Francesco M. Curato e Guido Francesco Romanelli ed elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo in Roma, via Cosseria n. 5,
contro
Comune di Grado, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Stefano Cavallo e Gianni Romoli ed elettivamente domiciliato in Roma, Via Pisistrato n. 11, presso lo studio del secondo,
per la riforma
della sentenza n. 692 in data 29 settembre 2000 pronunciata tra le parti dal Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune appellato;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore il cons. Corrado Allegretta;
Udit alla pubblica udienza del 18 maggio 2004 gli avv.ti Curato, Romanelli e Romoli;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO
Con sentenza n. 692 del 29 settembre 2000 il T.A.R. Friuli Venezia Giulia ha rigettato i ricorsi riuniti nn. 262 e 263 del 2000, proposti dalla G.E.V.A. s.p.a. avverso, rispettivamente, le ordinanze n. 26/17/2000 del 25 febbraio 2000 e n. 26/14/2000 del 17 febbraio 2000, con le quali il Sindaco di Grado le aveva intimato, in quanto proprietaria di alcune aree interessate da discariche abusive di rifiuti, di provvedere, ai sensi dell’art. 14 del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, alla loro pulizia e di realizzare la recinzione dell'intero sedime di sua proprietà.
Con l’appello in esame la società ricorrente impugna detta sentenza, in quanto errata ed ingiusta, e chiede che, in totale sua riforma, siano accolti i ricorsi prodotti in primo grado ed annullati i provvedimenti con essi impugnati. Con vittoria di spese ed onorari di entrambi i gradi di giudizio.
Si è costituito in giudizio il Comune di Grado, il quale ha controdedotto al gravame, concludendo per la sua reiezione perché infondato; vinte le spese e competenze di giudizio.
La causa è stata trattata all’udienza pubblica del 18 maggio 2004, nella quale, sentiti i difensori presenti, il Collegio si è riservata la decisione.
DIRITTO
Si controverte della legittimità di due ordinanze sindacali, con le quali è stato ordinato alla società ricorrente, in quanto proprietaria di alcune aree interessate dal deposito abusivo di rifiuti, di provvedere, ai sensi dell’art. 14 del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, alla loro pulizia ed alla loro recinzione.
L’appello è fondato in relazione all’assorbente censura, dedotta con il terzo motivo di primo grado e riproposta in questa sede, di violazione del comma 3 della disposizione ora citata, sotto il particolare profilo dell’omessa valutazione della responsabilità della ricorrente.
Questa fa rilevare, in primo luogo, che il Tribunale si è sostituito all’Amministrazione in tale valutazione, preoccupandosi di verificare se da parte di essa appellante vi sia stata negligenza nella gestione della proprietà; ribadisce, ad ogni modo, che sul punto le impugnate ordinanze tacciano, mancando in esse quella necessaria indicazione di comportamenti quanto meno colposi del proprietario causalmente collegati all’evento dannoso che gli si ordina di riparare.
La censura merita di essere condivisa.
La disposizione di cui al menzionato art. 14 del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22 è del seguente tenore:
“1. L'abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo sono vietati.
2. È altresì vietata l'immissione di rifiuti di qualsiasi genere, allo stato solido o liquido, nelle acque superficiali e sotterranee.
3. Fatta salva l'applicazione delle sanzioni di cui agli articoli 50 e 51, chiunque viola i divieti di cui ai commi 1 e 2 è tenuto a procedere alla rimozione, all'avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa.”
La fattispecie normativa introduce una sanzione amministrativa, di tipo reintegratorio, avente a contenuto l'obbligo di rimozione, recupero o smaltimento dei rifiuti e di ripristino dei luoghi, a carico del responsabile del fatto, in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area, ai quali la violazione del divieto di abbandono di rifiuti sia imputabile a titolo di dolo o di colpa. La norma, pertanto, esclude, in linea di principio, qualsiasi forma di responsabilità oggettiva del proprietario. Ne consegue che gli adempimenti concernenti il ripristino dei luoghi non possono essere addossati indiscriminatamente al proprietario per il solo fatto di questa sua qualità, ma è necessario l’accertamento di un suo comportamento, anche omissivo, di corresponsabilità e quindi di un suo coinvolgimento doloso o quantomeno colposo (Cons. Stato, Sez. V, 2 aprile 2001 n. 1904).
Nel caso di specie, invece, il ripristino dello stato dei luoghi viene posto a carico della ricorrente quale proprietario dell'area interessata, senza che risulti lo svolgimento di alcuna valida attività istruttoria tesa ad accertarne la responsabilità dell’illecito ed in mancanza di qualsiasi motivazione circa la conseguente sussistenza dell’obbligo di smaltimento.
La segnalazione della Direzione Regionale delle Foreste, infatti, a cui si fa riferimento nelle premesse delle ordinanze impugnate, e dalla quale il giudice di primo grado ha ritenuto di poter inferire un comportamento negligente del proprietario, in realtà si limita a descrivere oggettivamente lo stato di degrado dell'area e la presenza dei rifiuti. Va osservato, anzi, che proprio da quella stessa segnalazione emerge come la società appellante avesse provveduto a munire l'area in questione di apposita recinzione, poi divelta da ignoti.
In punto di fatto, per altro, le caratteristiche del bene, ed in particolare la sua estensione e la sua difficile controllabilità, sono tali da non far emergere in termini obiettivi gli elementi di colpevolezza necessari a fondare l’ordine impugnato.
L’appello va, pertanto, accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, i ricorsi proposti in primo grado devono essere accolti, con il conseguente annullamento dei provvedimenti con essi impugnati.
Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti in causa spese e competenze di entrambi i gradi di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, accoglie l’appello in epigrafe e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie i ricorsi proposti in primo grado ed annulla i provvedimenti con essi impugnati.
Compensa tra le parti spese e competenze di entrambi i gradi di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, nella camera di consiglio del 18 maggio 2004 con l'intervento dei Signori:
Raffaele Iannotta Presidente
Corrado Allegretta Consigliere rel. est.
Chiarenza Millemaggi Cogliani Consigliere
Goffredo Zaccardi Consigliere
Michele Corradino Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE IL SEGRETARIO IL DIRIGENTE
f.to Corrado Allegretta f.to Raffaele Iannotta f.to Antonietta Fancello f.to Antonio Natale
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 25 gennaio 2005
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
1) Rifiuti – Smaltimento dei rifiuti - Abbandono – Deposito incontrollato – Immissione - Ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area – Condizioni – Fondamento – Fattispecie - Art. 14 c.1 e 2 e artt. 50 e 51 D.Lgs. n.22/1997. In tema di rifiuti, l’art. 14 del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, prevede al 1° comma, il divieto dell’abbandono e del deposito incontrollato di rifiuti sul suolo e nel suolo e nel 2° comma, il divieto d'immissione di rifiuti di qualsiasi genere, allo stato solido o liquido, nelle acque superficiali e sotterranee. Sicché, fatta salva l'applicazione delle sanzioni di cui agli articoli 50 e 51, chiunque viola i divieti di cui ai commi 1 e 2 è tenuto a procedere alla rimozione, all'avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa. La fattispecie normativa introduce una sanzione amministrativa, di tipo reintegratorio, avente a contenuto l'obbligo di rimozione, recupero o smaltimento dei rifiuti e di ripristino dei luoghi, a carico del responsabile del fatto, in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area, ai quali la violazione del divieto di abbandono di rifiuti sia imputabile a titolo di dolo o di colpa. La norma, pertanto, esclude, in linea di principio, qualsiasi forma di responsabilità oggettiva del proprietario. Ne consegue che gli adempimenti concernenti il ripristino dei luoghi non possono essere addossati indiscriminatamente al proprietario per il solo fatto di questa sua qualità, ma è necessario l’accertamento di un suo comportamento, anche omissivo, di corresponsabilità e quindi di un suo coinvolgimento doloso o quantomeno colposo (Cons. Stato, Sez. V, 2 aprile 2001 n. 1904). Nel caso di specie, invece, il ripristino dello stato dei luoghi viene posto illegittimamente a carico del proprietario dell'area interessata, senza che risulti lo svolgimento di alcuna valida attività istruttoria tesa ad accertarne la responsabilità dell’illecito (nonostante il proprietario avesse provveduto a munire l'area in questione di apposita recinzione, poi divelta da ignoti) ed in mancanza di qualsiasi motivazione circa la conseguente sussistenza dell’obbligo di smaltimento. Pres. Iannotta - Est. Allegretta - G.E.V.A. s.p.a. (avv.ti Curato e Romanelli) c. Comune di Grado (avv.ti Cavallo e Romoli) (annulla TAR Friuli Venezia Giulia, 29 settembre 2000, sentenza n. 692). Consiglio di Stato sez. V, 25 gennaio 2005 (c.c. 18 maggio 2004), sentenza n. 136
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