Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la
seguente
D E C I S I O N E
sul ricorso in appello iscritto al NRG 3220 dell’anno 1995 proposto dalla
COMMISSIONE GOVERNATIVA DI CONTROLLO SUGLI ATTI DELLA REGIONE PUGLIA, in persona
del presidente in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, presso i cui uffici domicilia ope legis in Roma, via dei Portoghesi 12;
contro
PASANISI MARIO, non costituito in giudizio;
per l'annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Puglia, sede di
Lecce, sez. II^, n. 596 del 4 luglio 1994;
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del 19 gennaio 2005 il consigliere Carlo
Saltelli;
Udito l'avvocato dello Stato Greco;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
F A T T O
Con ricorso notificato il 9 ottobre 1979 il signor Mario Pasanisi, dipendente
della Regione Puglia in servizio presso l'Ispettorato Ripartimentale delle
foreste di Taranto, avendo espletato su ordine del Capo del predetto Ispettorato
24 ore mensili di lavoro straordinario nel periodo settembre/novembre 1976,
chiedeva al Tribunale Amministrativo Regionale della Puglia, sede di Lecce,
l'annullamento della decisione della Commissione governativa di controllo
sull'amministrazione della Regione Puglia , prot. n. 7588 - reg. n. 6068 dell'8
novembre 1977, con la quale era stata annullata la delibera della Giunta
regionale della Puglia n. 5906 del 23 settembre 1977, concernente
l'autorizzazione in sanatoria allo svolgimento del lavoro straordinario per il
periodo settembre/novembre 1976 in favore del personale in servizio presso gli
Ispettorati Forestali Ripartimentali e Regionali, con relativa liquidazione
delle somme a tale titolo spettanti.
Assumeva il ricorrente, per un verso, che l'organo di controllo aveva
erroneamente interpretato ed applicato l'art. 79 della legge regionale 25 marzo
1974, n. 18 e l'art. 2 della legge regionale 18 luglio 1974 n. 23, in quanto la
preventiva autorizzazione della Giunta regionale era necessaria solo per le
prestazioni di lavoro straordinario eccedenti le 24 ore mensili, e, per altro
verso, che in ogni caso era da considerare ammissibile e legittima l'intervenuta
autorizzazione in sanatoria, da parte della stessa Giunta regionale proprio con
l'atto deliberativo illegittimamente annullato.
Con la sentenza segnata in epigrafe l'adito giudice ha accolto la domanda,
condannando la Regione Puglia al pagamento delle ore di lavoro di straordinario
prestate dal ricorrente nel periodo settembre/novembre 1976.
Ha proposto appello la Commissione Governativa di controllo sugli atti della
Regione Puglia, chiedendo la riforma della predetta sentenza sulla base di tre
motivi di gravame, con i quali, in sintesi: a) è stata eccepita innanzitutto la
irricevibilità del ricorso originario per tardività; b) è stata dedotta la
violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato
ex art. 112 c.p.c.; c) è stata rivendicata, nel merito, la correttezza
dell'operato della commissione di controllo, non potendosi liquidare le
prestazioni di lavoro straordinario in difetto di autorizzazione preventiva.
L'appellato non si è costituito in giudizio.
D I R I T T O
I. La controversia portata all'esame del Collegio concerne l'appello proposto
dalla Commissione Governativa di controllo sugli atti della Regione Puglia
avverso la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Puglia, sede di
Lecce, II^ sezione, n. 596 del 4 luglio 1994, per effetto della quale è stato
accolto il ricorso proposto dal sig. Mario Pasanisi, con conseguente condanna
della Regione Puglia al pagamento delle ore di straordinario prestate dal
ricorrente nel periodo settembre/novembre 1976.
II. Con il primo di appello l'Amministrazione ha dedotto l'erroneità della
statuizione dei primi giudici per non avere essi dichiarato la irricevibilità
del ricorso originario, evidentemente tardivo, in quanto tra la data di
proposizione del ricorso e quella dell'atto impugnato erano trascorsi quasi due
anni. Secondo l'appellante, del resto, sarebbe stato inverosimile che in un così
lungo periodo il ricorrente non aveva mai avuto conoscenza della decisione
negativa dell'organo di controllo, anche in considerazione del fatto che la
Giunta Regionale, probabilmente su sollecitazione degli stessi interessati, tra
cui il ricorrente, aveva reiterato per due volte il provvedimento di
autorizzazione in sanatoria del lavoro straordinario in questione, ai fini della
relativa liquidazione dei compensi, e per altrettante volte l'organo di
controllo aveva annullato le relative deliberazioni.
La censura non può essere accolta.
II.1. Ai fini della decorrenza del termine per l'impugnazione di un atto
amministrativo, per il quale non è vi è stata la notifica o comunicazione,
occorre la piena conoscenza dello stesso da parte dell'interessato.
Tale piena conoscenza deve essere provata in modo certo ed inequivocabile da
parte di chi eccepisce la tardività del ricorso ed il relativo onere non può
ritenersi adempiuto sulla base della prospettazione di mere presunzioni che non
assurgono a dignità di prova (C.d.S., Sez. V, 12 marzo 1996, n. 243; 27 novembre
1989, n. 779). Infatti, ai fini della decorrenza del termine per l'impugnazione
di un atto o provvedimento amministrativo, non può essere sufficiente la
probabibilità che l'interessato in un determinato momento abbia avuto cognizione
dell'atto contro il quale ha prodotto ricorso (V, 14 aprile 1993, n. 490),
altrimenti risulterebbero violati i principi costituzionali stabiliti dagli art.
24 e 113, secondo cui tutti possono agire in giudizio contro gli atti della
pubblica amministrazione a tutela dei propri diritti e interessi legittimi.
II.2. Nel caso di specie, non è stato provato che il ricorrente abbia avuto la
piena conoscenza dell'impugnato provvedimento dell'organo di controllo in un
tempo tanto antecedente alla proposizione del ricorso da far ritenere spirato il
termine decadenziale per la sua impugnazione, essendo pacifico che il
provvedimento contestato non è stato mai notificato o comunicato direttamente al
ricorrente stesso.
Le considerazioni di parte appellante circa il lungo lasso di tempo trascorso
(circa due anni) tra la data di proposizione del ricorso e quella dell'atto
impugnato, in mancanza di altre circostanze gravi, precise e concordanti, pur
potendo rilevare come sintomi della probabile conoscenza della mancata
corresponsione del compenso per il lavoro straordinario prestato, non sono
tuttavia idonee a dare prova della effettiva, piena e certa conoscenza dell'atto
negativo dell'organo di controllo ai fini dell'apprezzamento della tardività
della relativa impugnazione.
D'altra parte, non è stato neppure provata l'avvenuta pubblicazione della
decisione dell'organo tutorio sul bollettino ufficiale, in applicazione di una
specifica disposizione normativa, tale da far coincidere la predetta
pubblicazione con la presunzione di conoscenza del provvedimento impugnato.
Il motivo deve pertanto essere disatteso.
III. Con il secondo motivo l'Amministrazione ha lamentato che la sentenza di
primo grado sarebbe affetta dal vizio di ultrapetizione, ai sensi dell'art. 112
c.p.c., in quanto i primi giudici hanno condannato la Regione Puglia al
pagamento delle ore di lavoro straordinario svolte nel periodo
settembre/novembre 1976, mentre il ricorso era rivolto esclusivamente ad
ottenere l'annullamento della decisione dell'organo di controllo che aveva
annullato la deliberazione della Giunta regionale n. 5906 del 23 settembre 1977.
Anche tale censura non ha pregio.
III.1. Osserva la Sezione che il vizio di ultrapetizione si configura per la
mancata corrispondenza tra le richieste formulate dalle parti ed il concreto
provvedimento adottato dai giudici: esso rappresenta il corollario del principio
dispositivo del processo, nel senso che il giudice (rectius il potere del
giudice) è rigidamente vincolato alle richieste delle parti.
È stato, tuttavia, rilevato che non sussiste tale vizio quando il giudice
accoglie una domanda, pur non espressamente formulata, quando essa possa
ritenersi tacitamente proposta e virtualmente contenuta nella domanda dedotta in
giudizio, quando cioè la domanda stessa, con riferimento al petitum e alla causa
petendi, si trova in rapporto di necessaria connessione con l'oggetto della lite
e non estende il diritto che la parte ha inteso tutelare con l'azione proposta (Cass.,
II, 13 aprile 1999 n. 3613; 20 maggio 1997 n. 4461).
Nel caso di specie, il ricorso proposto in primo grado, diretto nelle formali
conclusioni all'annullamento del provvedimento dell'organo tutorio, intendeva
evidentemente conseguire la liquidazione del lavoro straordinario prestato nel
periodo settembre/novembre 1976 su ordine del Capo dell'Ispettorato Forestale,
tale pretesa essendo in rapporto di connessione necessaria con la prima.
Anzi, deve aggiungersi che in realtà non vi sarebbe stato alcun interesse
concreto, diretto ed attuale all'azione di annullamento dell'organo tutorio se
non fosse esistito l'immediato rapporto con l'interesse alla liquidazione del
compenso per le prestazioni di lavoro straordinario eseguite.
III. 2. Per completezza sul punto va rilevato che la pretesa avanzata dal
ricorrente, avendo natura patrimoniale ed essendo relativa ad un rapporto di
pubblico impiego, poteva comunque essere proposta indipendentemente
dall'impugnazione di un atto amministrativo (e nell'ordinario termine di
prescrizione quinquennale).
IV. Con il terzo motivo l'Amministrazione ha rilevato che la pretesa del
ricorrente non poteva essere accolta, in quanto per la legittima liquidazione
dei compensi relativi a prestazioni di lavoro straordinario era indispensabile
che le prestazioni stesse fossero state preventivamente autorizzate. La mancanza
di tale requisito non poteva essere sanato con l'autorizzazione in successiva
data dall'amministrazione regionale con la delibera della Giunta n. 5906 del 23
settembre 1977, annullata dall'organo di controllo proprio perché carente delle
motivazioni che avrebbero reso indispensabile l'autorizzazione preventiva.
Anche tale motivo va respinto.
IV. 1. Vero è che nel rapporto di pubblico impiego non può essere liquidato
legittimamente alcun compenso per lavoro straordinario quando manchi una
preventiva e formale autorizzazione al relativo svolgimento da parte
dell'amministrazione, perché solo in questo modo è possibile controllare, nel
rispetto dell'art. 97 della Costituzione, la reale esistenza delle ragioni di
pubblico interesse che rendono opportuno il ricorso a tali prestazioni (C.d.S.,
sez. IV, 17 ottobre 1998, n. 1813; 14 settembre 1994, n.. 139; sez. V, 15 marzo
1993, n. 363, 13 settembre 1991, n. 1154).
È stato, tuttavia, precisato che la predetta autorizzazione può intervenire
anche in sanatoria, nel caso di prestazioni di lavoro straordinario espletate
per improcrastinabili esigenze di servizio (C.d.S., sez. IV, 14 febbraio 1994 n.
139; 7 settembre 1988 n. 721; 18 dicembre 1987 n. 778) e che l'autorizzazione
stessa è implicita nello svolgimento dell'attività cui il dipendente deve
obbligatoriamente partecipare oltre il normale orario d'ufficio (C.d.S., sez. V,
28 febbraio 1995 n. 287; 29 maggio 1995 n. 843).
IV. 2. Ciò chiarito, la Sezione osserva che dall'esame della delibera della
Giunta Regionale n. 5906 del 23 settembre 1977 emerge indiscutibilmente la
volontà di sanare la mancanza della preventiva autorizzazione allo svolgimento
del lavoro straordinario, non essendo stato contestato né l'effettività delle
prestazioni straordinarie rese dai dipendenti, tra cui il ricorrente, né
l'ordine di effettuarle impartito dal Capo dell'Ispettorato Forestale. Con ciò
si è riconosciuta l'esistenza delle ragioni di inderogabilità e di urgenza che
avevano reso necessario lo svolgimento delle cennate prestazioni.
Né può essere sottaciuto, ai fini della completezza dell'indagine istruttoria
svolta dall'organo regionale, che nella motivazione del provvedimento sopra
richiamato si è dato atto che gli ordini per lo svolgimento delle prestazioni di
lavoro straordinario erano stati impartiti mano a mano che si verificavano le
relative inderogabili esigenze e, comunque, nei limiti fissati dagli ultimi due
commi dell'art. 2 della legge regionale 18 luglio 1974, n. 23.
Sulla base di tale circostanziata motivazione, adeguata ed approfondita, anche
con riguardo ai necessari rilievi istruttori, non si può dubitare della
legittimità dell'atto di sanatoria e dunque del diritto del ricorrente a vedersi
liquidati i compensi dovuti per il lavoro straordinario prestato.
IV.3. Invero, la decisione dell'organo di controllo, impugnata dal ricorrente in
primo grado, non ha scalfito minimamente l'impianto motivazionale ed istruttorio
della deliberazione della Giunta Regionale, essendosi limitata ad un rilievo
apparentemente formalistico riguardante l'ingiustificato ed ingiustificabile
lasso di tempo intercorso tra lo svolgimento delle prestazioni straordinarie e
l'adozione della autorizzazione in sanatoria. Tale rilievo però, in mancanza di
un'adeguata motivazione ovvero di altri indizi sintomatici della illegittimità
delle prestazioni svolte per la eventuale carenza dei requisiti che avrebbero
potuto giustificarle, rifluisce in una inammissibile censura di merito alle
determinazioni assunte dall'organo controllato.
Per completezza deve aggiungersi che il chiaro intendimento di sanatoria di
tutte le prestazioni di lavoro straordinario svolto, chiaramente evincibile
dalla lettura della più volte citata delibera della Giunta Regionale n. 5906 del
1977, esclude ogni rilevanza circa la problematica della spettanza al Capo
dell'ufficio (Ispettorato delle foreste) del potere di autorizzare le
prestazioni straordinarie nel limite delle 24 ore mensili.
V. Per completezza si rileva che analoghe controversie sono state già decise
dalla Sezione nello stesso senso qui proposto (sez. IV, 2 giugno 2000, n. 3158).
VI. Alla stregua delle osservazioni fin qui svolte l'appello proposto dalla
Commissione Governativa di controllo sugli atti della Regione Puglia deve essere
respinto con la conferma dell'impugnata sentenza.
Non vi è luogo a pronuncia sulle spese del presente grado di giudizio stante la
mancata costituzione della parte appellata.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione quarta), definitivamente
pronunciando sull'appello proposto dalla Commissione governativa di controllo
sugli atti della Regione Puglia avverso la sentenza del Tribunale Amministrativo
Regionale della Puglia, sede di Lecce, sezione II^, n. 596 del 4 luglio 1994, lo
respinge.
Nulla per le spese.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 19 gennaio 2005, con la
partecipazione dei seguenti magistrati:
Carlo SALTELLI - Presidente f.f., estensore
Carlo DEDODATO - Consigliere
Salvatore CACACE - Consigliere
Sergio DE FELICE - Consigliere
Sandro AURELI - Consigliere
IL PRESIDENTE F.F.
IL SEGRETARIO
l Dirigente
Carlo Saltelli
Marta Belloni
Antonio Serrao
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
31 marzo 2005
(art. 55, L. 27.4.1982 n. 186)
1) Pubblica Amministrazione - Rapporto di pubblico impiego - Prestazioni di lavoro straordinario - Improcrastinabili esigenze di servizio - Sanatoria - Limiti e condizioni. Nel rapporto di pubblico impiego non può essere liquidato legittimamente alcun compenso per lavoro straordinario quando manchi una preventiva e formale autorizzazione al relativo svolgimento da parte dell'amministrazione, perché solo in questo modo è possibile controllare, nel rispetto dell'art. 97 della Costituzione, la reale esistenza delle ragioni di pubblico interesse che rendono opportuno il ricorso a tali prestazioni (C.d.S., sez. IV, 17 ottobre 1998, n. 1813; 14 settembre 1994, n.. 139; sez. V, 15 marzo 1993, n. 363, 13 settembre 1991, n. 1154). È stato, tuttavia, precisato che la predetta autorizzazione può intervenire anche in sanatoria, nel caso di prestazioni di lavoro straordinario espletate per improcrastinabili esigenze di servizio (C.d.S., sez. IV, 14 febbraio 1994 n. 139; 7 settembre 1988 n. 721; 18 dicembre 1987 n. 778) e che l'autorizzazione stessa è implicita nello svolgimento dell'attività cui il dipendente deve obbligatoriamente partecipare oltre il normale orario d'ufficio (C.d.S., sez. V, 28 febbraio 1995 n. 287; 29 maggio 1995 n. 843). Pres./Est. SALTELLI - COMMISSIONE GOVERNATIVA DI CONTROLLO SUGLI ATTI DELLA REGIONE PUGLIA (Avvocatura generale dello Stato) c. PASANISI (n.c.) (conferma TAR Puglia, sede di Lecce, sez. II^, n. 596 del 4 luglio 1994). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 31 marzo 2005, (C.C. 19/01/2005) Sentenza n. 1445
2) Pubblica Amministrazione - Procedure e varie - Impugnazione di un atto amministrativo - Decorrenza del termine - Piena conoscenza dello stesso da parte dell'interessato - Artt. 24 e 113 Cost.. Ai fini della decorrenza del termine per l'impugnazione di un atto amministrativo, per il quale non è vi è stata la notifica o comunicazione, occorre la piena conoscenza dello stesso da parte dell'interessato. Tale piena conoscenza deve essere provata in modo certo ed inequivocabile da parte di chi eccepisce la tardività del ricorso ed il relativo onere non può ritenersi adempiuto sulla base della prospettazione di mere presunzioni che non assurgono a dignità di prova (C.d.S., Sez. V, 12 marzo 1996, n. 243; 27 novembre 1989, n. 779). Infatti, ai fini della decorrenza del termine per l'impugnazione di un atto o provvedimento amministrativo, non può essere sufficiente la probabibilità che l'interessato in un determinato momento abbia avuto cognizione dell'atto contro il quale ha prodotto ricorso (V, 14 aprile 1993, n. 490), altrimenti risulterebbero violati i principi costituzionali stabiliti dagli artt. 24 e 113, secondo cui tutti possono agire in giudizio contro gli atti della pubblica amministrazione a tutela dei propri diritti e interessi legittimi. Pres./Est. SALTELLI - COMMISSIONE GOVERNATIVA DI CONTROLLO SUGLI ATTI DELLA REGIONE PUGLIA (Avvocatura generale dello Stato) c. PASANISI (n.c.) (conferma TAR Puglia, sede di Lecce, sez. II^, n. 596 del 4 luglio 1994). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 31 marzo 2005, (C.C. 19/01/2005) Sentenza n. 1445
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