Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Quinta Sezione ANNO 2004 ha
pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 4385 del 2004 proposto dal Comune di Roma,
rappresentato e difeso dagliAvv.ti Andrea Magnanelli e Domenico Rossi ed
elettivamente domiciliato presso gli uffici dell’Avvocatura comunale in Roma,
via del Tempio di Giove n. 21
c o n t r o
Avv. Giuseppe Rizzacasa rappresentato e difeso dall’Avv. Claudio Chiola ed
elettivamente domiciliato presso lo stesso in Roma, via Camilluccia n. 785
per l’annullamento
della sentenza del TAR Lazio-Roma, Sezione seconda n. 1922 del 12.3.2003.
Visto l’atto di costituzione in giudizio della parte appellata;
Visti gli atti tutti di causa;
Udito, alla Camera di Consiglio del 24 settembre 2004, il relatore, consigliere
Nicolina Pullano, ed uditi, inoltre, gli Avv.ti Manganelli e Chiola ;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
F A T T O e D I R I T T O
Il TAR Lazio, con la sentenza in epigrafe, ha accolto il ricorso proposto
dall’Avv. Rizzacasa Giuseppe avverso il silenzio rifiuto tenuto del Comune di
Roma sulla domanda di accesso ai documenti dallo stesso presentata il 13.9.2002
(al fine di conoscere la data in cui il dipartimento dell’ufficio
contravvenzioni del Comune di Roma aveva curato la trasmissione al Prefetto del
ricorso che aveva proposto, ex art. 203 C.S., avverso il verbale di accertamento
n. 20010508315 elevatogli in data 9.5.2001) ed ha ordinato al Comune di Roma di
rilasciare all’interessato copia dei documenti suddetti.
Il Comune appellante, che non si era costituito in giudizio, chiede che sia
dichiarata la nullità della sentenza, in quanto pronunciata su un ricorso non
ritualmente notificato, non essendo state osservate le disposizioni circa la
persona alla quale avrebbe dovuto essere consegnata la copia.
Il ricorso era stato, infatti, notificato al “Comune di Roma - II Dipartimento
U.O. Contravvenzioni, in persona del legale rappresentante pro tempore nel
domicilio per la carica presso la sede dello stesso in Roma, in via Ostiense n.
131L”.
L’appellato, nel costituirsi in giudizio, sostiene che il ricorso sarebbe stato
ritualmente notificato al dirigente del Dipartimento II, in quanto secondo
l’art. 34, quarto comma, dello Statuto del Comune di Roma “i dirigenti
promuovono e resistono alle liti” e ritiene che, comunque, l’appello sarebbe
inammissibile, in quanto il sindaco, per agire in giudizio, avrebbe avuto
bisogno di una previa delibera dei dirigenti responsabili.
L’appello è fondato.
La notifica del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado è, infatti,
avvenuta, come si è appena visto, al Comune di Roma presso il II Dipartimento
Ufficio Contravvenzioni, nella persona del dirigente pro tempore, anzichè al
Comune di Roma - nella persona del sindaco, legale rappresentante dell’ente -
presso la sua sede, e, pertanto, in difformità da quanto disposto dall’art. 145
c.p.c. per le notifiche alle persone giuridiche.
Nè ha alcun fondamento la tesi dell’appellato, secondo la quale la notifica
sarebbe rituale, perchè il vigente (anche all’epoca in cui il ricorso è stato
proposto) statuto comunale attribuisce ai dirigenti il potere di promuovere e
resistere alle liti.
Invero, a prescindere dalla dubbia legittimità di una disposizione siffatta -
considerato che, secondo un fermo orientamento della Corte di Cassazione, la
rappresentanza in giudizio del comune è riservata, in via esclusiva, al Sindaco
e non può essere esercitata dal dirigente titolare della direzione di un ufficio
o di un servizio neppure se così preveda lo statuto comunale (cfr., tra le
sentenze più recenti, Cass. civ., Sez. Trib.,7.6.2004 n. 10787) - il
riconosciuto potere dei dirigenti di promuovere o resistere alle liti riguarda
la loro legittimazione processuale e non già la rappresentanza dell’ente, che è
l’elemento rilevante in materia di notifica degli atti.
Per quanto concerne, poi, l’eccezione di inammissibilità dell’appello, per
essere stato proposto dal sindaco senza la previa delibera del competente
dirigente comunale, si deve convenire che, al riguardo, non solo da questo
Consiglio, con il precedente invocato a sostegno di detta argomentazione (Sez.
IV, 5.7.1999 n. 1164), ma, in epoca più recente, anche dalla Corte di Cassazione
(cfr. Cass. Civ., Sez. Trib., 17.12.2003 n. 19380) è stato affermato che occorre
la previa determinazione del dirigente in ordine alla opportunità di promuovere
una lite o resistere in giudizio.
In particolare, la Corte di Cassazione ha chiarito che, nel vigore
dell’ordinamento degli enti locali approvato con il d.lg. 18.8.2000 n. 267, la
norma dello statuto comunale che attribuisce al dirigente la funzione di
gestione amministrativa deve ritenersi comprensiva dell’attribuzione al medesimo
del potere di determinazione - in luogo della delibera autorizzativa della
giunta municipale - in ordine alla opportunità di promuovere o resistere ad una
lite, atteso che tale determinazione non appartiene all’attuazione
dell’indirizzo politico-amministrativo generale del Comune (spettante al sindaco
ed alla giunta), ma alla gestione amministrativa del singolo caso, ed assume il
carattere di una proposta e di una valutazione di natura tecnica, la quale viene
accolta discrezionalmente dal sindaco, quale capo dell’amministrazione ed
esclusivo rappresentante dell’ente locale dinanzi agli organi giudiziari.
Nella specie tale determinazione è, comunque, intervenuta in data 23.9.2004 -
quindi, con effetto sanante ex tunc - ed è stata prodotta in giudizio il
24.9.2004.
Pertanto, l’eccezione non può essere condivisa.
In conclusione, la notifica dell’originario ricorso è nulla per violazione dell’art. 145 c.p.c., che disciplina le notificazioni alle persone giuridiche, con conseguenziale violazione del contraddittorio, in quanto non è stato consentito all’amministrazione intimata di svolgere regolarmente ed efficacemente le proprie difese.
L’appello va, quindi, accolto e, per l’effetto, la sentenza impugnata va
annullata con rinvio della controversia al tribunale amministrativo, ai sensi
dell’articolo 35 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034.
Le spese di questa fase del giudizio possono essere compensate.
P. Q. M.
il Consiglio di Stato, Sezione quinta, accoglie l’appello e per l’effetto
annulla la sentenza impugnata con rinvio della controversia al TAR.
Spese al definitivo.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 24 settembre 2004, con
l'intervento dei Signori:
Agostino ELEFANTE Presidente
Raffaele CARBONI Consigliere
Corrado ALLEGRETTA Consigliere
Chiarenza MILLEMAGGI Consigliere
Nicolina PULLANO Consigliere est.
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
IL SEGRETARIO
IL DIRIGENTE
F.to Nicolina Pullano
F.to Agostino Elefante
F.to Gaetano Navarra
F.to Antonio Natale
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 25 gennaio 2005
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
1) Pubblica amministrazione - Rappresentanza in giudizio dell’ente - Spetta al Sindaco in via esclusiva - Dirigente titolare della direzione di un ufficio o di un servizio - Esclusione - Dirigenti - Legittimazione processuale di promuovere o resistere alle liti - Sussiste. La rappresentanza in giudizio del comune è riservata, in via esclusiva, al Sindaco e non può essere esercitata dal dirigente titolare della direzione di un ufficio o di un servizio neppure se così preveda lo statuto comunale (cfr., tra le sentenze più recenti, Cass. civ., Sez. Trib.,7.6.2004 n. 10787) - il riconosciuto potere dei dirigenti di promuovere o resistere alle liti riguarda la loro legittimazione processuale e non già la rappresentanza dell’ente, che è l’elemento rilevante in materia di notifica degli atti. Pres. ELEFANTE - Est. PULLANO - Comune di Roma (avv.ti Magnanelli e Rossi) c. Rizzacasa (avv. Chiola), (annulla con rinvio TAR Lazio-Roma, Sezione seconda n. 1922 del 12.3.2003). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 25 gennaio 2005 (cc 24 settembre 2004), Sentenza n. 155
2) Pubblica amministrazione - Determinazione del dirigente in ordine alla opportunità di promuovere una lite o resistere in giudizio - Necessità - Funzione di gestione amministrativa - Dirigente - Compiti - Limiti - Fondamento - d.lg. 18.8.2000 n. 267. Nel vigore dell’ordinamento degli enti locali approvato con il d.lg. 18.8.2000 n. 267, la norma dello statuto comunale che attribuisce al dirigente la funzione di gestione amministrativa deve ritenersi comprensiva dell’attribuzione al medesimo del potere di determinazione - in luogo della delibera autorizzativa della giunta municipale - in ordine alla opportunità di promuovere o resistere ad una lite, atteso che tale determinazione non appartiene all’attuazione dell’indirizzo politico-amministrativo generale del Comune (spettante al sindaco ed alla giunta), ma alla gestione amministrativa del singolo caso, ed assume il carattere di una proposta e di una valutazione di natura tecnica, la quale viene accolta discrezionalmente dal sindaco, quale capo dell’amministrazione ed esclusivo rappresentante dell’ente locale dinanzi agli organi giudiziari. Pertanto, l’eccezione di inammissibilità dell’appello, per essere stato proposto dal sindaco senza la previa delibera del competente dirigente comunale è legittima, in quanto, occorre la precedente determinazione del dirigente in ordine alla opportunità di promuovere una lite o resistere in giudizio. (Sez. IV, 5.7.1999 n. 1164), (cfr. Cass. Civ., Sez. Trib., 17.12.2003 n. 19380). Pres. ELEFANTE - Est. PULLANO - Comune di Roma (avv.ti Magnanelli e Rossi) c. Rizzacasa (avv. Chiola), (annulla con rinvio TAR Lazio-Roma, Sezione seconda n. 1922 del 12.3.2003). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 25 gennaio 2005 (cc 24 settembre 2004), Sentenza n. 155
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