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 Massime della sentenza

 

 

CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 25 gennaio 2005 (C.c. 15 ottobre 2004), Sentenza n. 159


 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
 

DECISIONE


sul ricorso in appello n. 9945/1999 proposto dalla Pan Crystal s.p.a., ora Agrofin s.p.a., in persona del rappresentante legale p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Francesco Segantini, Fulvio Lorigiola e Luigi Manzi ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via F. Confalonieri n.5;
contro
la Regione Veneto, Ispettorato Regionale per l’Agricoltura, - Treviso -in persona del Presidente della Giunta p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la cui sede è per legge domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n.12;
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Veneto n.585/99 dell’11 febbraio 1999, resa tra le parti;
visto il ricorso con i relativi allegati;
visto l’atto di costituzione in giudizio e viste le memorie della parte appellata;
visti gli atti tutti della causa;
alla pubblica udienza del 15 ottobre 2004, relatore il Consigliere Domenico Cafini, uditi l’avvocato dello Stato Tortora e l’avv. Andrea Manzi per delega dell’avv. Luigi Manzi;
ritenuto, in fatto e in diritto, quanto segue.


FATTO e DIRITTO


1. La società ricorrente - premesso che nel 1988 aveva ottenuto dalla Regione Veneto la concessione di un premio per l’abbandono definitivo di una superficie vitata non ricadente in zona D.O.C. e che aveva presentato, il 28.4.1998, domanda di trasferimento del diritto di reimpianto in un terreno ricadente in altra azienda agricola (ubicata invece in zona D.O.C.), previa sottoscrizione con i titolari del diritto medesimo di preliminare di compravendita - impugnava davanti al TAR per il Veneto il provvedimento in data 8.6.1998 con il quale il dirigente dell’Ispettorato regionale per l’Agricoltura di Treviso aveva respinto la predetta domanda sul presupposto che la società stessa aveva già ottenuto “un premio per l’abbandono di ha 14,15 di vigneto nella campagna 1988-89– Reg. CEE 1442/88”.


A sostegno del gravame deduceva i seguenti motivi di diritto:
violazione ed errata applicazione del Reg. CEE n.822/1987, nonché del D.M. 29.1.1997. Violazione e falsa applicazione della deliberazione della Giunta Regionale 8.7.1997, n.2994 (allegato A, punto 4). Eccesso di potere per travisamento della situazione di fatto.


E ciò in quanto il premio ottenuto nel 1988 per l’abbandono di un’area coltivata a vite per uva da vino riguardava in effetti un’azienda agricola diversa, per collocazione geografica, da quella interessata al reimpianto, con la conseguenza che, trattandosi di realtà produttive differenti, non poteva valere nella specie la circostanza ostativa rappresentata dalla Regione, essendo irrilevante che entrambe le aziende - quella premiata per l’espianto e quella interessata a trasferire il diritto di reimpianto in corso di acquisizione - appartenessero al medesimo soggetto giuridico.


2. Tale essenziale tesi della società ricorrente è stata disattesa dai primi giudici con la sentenza in epigrafe.


3. Con l’odierno appello la Pan Crystal s.p.a., ora Agrofin s.p.a., ripropone la questione centrale dell’originario ricorso, imperniata nella sostanza sull’argomentazione che la normativa sopra specificata, considerando i premi per l’espianto e i diritti di reimpianto, intenderebbe riferirsi in effetti all’“azienda agricola” e non al proprietario della stessa, con la conseguenza che, nell’ipotesi di appartenenza di diverse aziende agricole ad un unico titolare, la circostanza dell’incasso da parte di una di esse del premio per l’abbandono di una superficie vitata non sarebbe di ostacolo all’acquisizione del diritto di reimpianto da parte dell’altra.


In particolare, non sarebbe ostativo nel caso in esame il premio per l’abbandono definitivo di superfici vitate nella campagna 1988-89 concesso per un terreno facente parte dell’azienda agricola sita in Barcon di Vedelago (Treviso), costituente azienda autonoma e distinta rispetto a quella, sempre di proprietà della Pan Crystal, ubicata in zona D.O.C. di Giavera di Montello (Treviso) in ordine alla quale è stata poi presentata la domanda oggetto del diniego impugnato col ricorso di prime cure.


In definitiva, sempre secondo la ricorrente, per azienda non può né deve ritenersi sic et simpliciter la società Pan Crystal, essendo quest’ultima titolare di numerose altre autonome aziende agricole; sicché il diritto al reimpianto potrebbe essere legittimamente negato solo nell’ipotesi di coincidenza tra l’azienda agricola assegnataria del premio e quella che ha richiesto l’autorizzazione per l’acquisto del diritto di reimpianto, mentre non potrebbe costituire motivo di diniego valido la circostanza che entrambe le aziende siano, come nella specie, di appartenenza alla medesima società.


4. La riproposta argomentazione di parte appellante non convince.


4.1. In proposito giova premettere, innanzi tutto, che il D.M. 29.1.1977 recante “disposizioni per il trasferimento del diritto di reimpianto di vigneti verso superfici destinate alla produzione v.q. p.r.d.”, dopo avere disposto all’art.1 che “il titolare del diritto di reimpianto acquisito ai sensi dell’art.7, punto 1 primo trattino, del regolamento CEE n.822/87 del 16 marzo 1987, relativo all’organizzazione comune del mercato vitivinicolo, può cederlo ad altro operatore avente titolo”, stabilisce, al successivo comma 2, che “il diritto di reimpianto di superfici vitate ceduto può provenire esclusivamente da impianti di viti ad uve da vino conformi alle norme comunitarie e nazionali vigenti in materia di impianti viticoli” e che “l’acquirente può esercitare il diritto di reimpianto su superfici idonee alla produzione di v.q.p.r.d., conformemente a quanto disposto dall’art.7, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento CEE n.822/87, previo parere favorevole da parte della autorità amministrativa competente della regione o della provincia autonoma nel cui territorio andrà ad essere esercitato il diritto stesso”.


Va premesso, altresì, che nella Regione Veneto la disciplina relativa è stata dettata con l’allegato A) punto 4) della deliberazione n.494 in data 8.7.1997 della Giunta regionale che, in attuazione di quanti stabilito dal citato regolamento CEE del 1987 e dal conforme D.M. sopra menzionato, ha disposto, in particolare, che “l’azienda interessata all’acquisto del diritto non deve avere precedentemente beneficiato di alcun premio definitivo di abbandono della viticoltura ai sensi della normativa comunitaria e neppure ceduto eventuali diritti”.


4.2. Alla stregua della normativa innanzi indicata, è indubbio che nel caso in esame, avendo la società Pan Crystal, ora Agrofin, precedentemente beneficiato, come accennato, del menzionato premio, la stessa non possa ritenersi destinataria del beneficio richiesto con la suddetta domanda alla Regione e dalla medesima negato.


Non appare, pertanto, viziato di illegittimità l’operato dell’Amministrazione che nella specie ha respinto la domanda della interessata volta al ottenere il trasferimento del diritto di reimpianto proprio perché la stessa aveva “ottenuto un premio per l’abbandono di ha 14,15 di vigneto nella campagna 198/89”, né appare erronea la pronuncia del TAR che ha ritenuto legittimo il relativo provvedimento, impugnato in prime cure.


Ed invero - posto che, ai sensi degli artt. 2135 e 2555 c.c., l’azienda agricola deve essere intesa come un complesso di beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio di un’attività diretta alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, all’allevamento del bestiame ed attività connesse e che tale concetto, anche ai sensi dell’art. 2., punto c) L.R. Veneto n.24/1985 (che definisce appunto l’azienda agricola come il “complesso dei beni organizzato dall’imprenditore per l’esercizio di un’impresa agricola sul fondo rustico”), comprende ogni bene che sia utilizzato nell’esercizio di detta attività dall’imprenditore medesimo - il Collegio deve ritenere, non discostandosi in ciò da quanto statuito dal primo Giudice, che le singole unità operative dell’impresa in questione, definite come “aziende agricole” dalla società istante, costituiscono in effetti un complesso di cose omogenee (c.d. università rerum) organizzate per l’esercizio dell’impresa, le quali, facenti capo ed appartenenti allo stesso soggetto-imprenditore (la s.p.a. Pan Crystal), sono tutte unificate dalla comune unitaria destinazione e ineriscono in concreto ad una medesima funzione complessiva consistente nel migliore perseguimento della finalità propria di ciascun bene.


L’azienda agricola, caratterizzata dunque dall’organizzazione dei beni sopra specificati, ricondotti ad unità dalla comune destinazione economica ad opera dell’imprenditore per realizzare la finalità produttiva che egli si ripromette, deve essere intesa pertanto - come correttamente ritenuto nella impugnata pronuncia - non già come una suddivisione dell’attività dell’imprenditore in relazione alla diversa località dove essa viene svolta, ma piuttosto come insieme funzionale dei beni che fanno capo all’imprenditore al fine di espletare una medesima tipologia di attività; con la conseguenza che essa costituisce in effetti il termine oggettivo del rapporto, nel quale il soggetto è appunto l’imprenditore in quanto titolare dell’organizzazione dinamica dell’impresa e centro di imputazione dei relativi diritti e obblighi.


Pertanto, se un soggetto, titolare di un complesso di beni funzionalmente ordinati all’esercizio di una determinata attività agricola, acquisisca un ulteriore complesso di beni preordinati allo svolgimento della medesima attività, deve ritenersi che con ciò si determini, come affermato dal TAR, una sorta di confusione tra detti complessi, dove l’unitarietà della funzione da svolgere insieme fa venire meno l’originaria autonomia strutturale delle due universalità, che conseguentemente vengono a fondersi insieme in vista del medesimo fine; con la conseguenza che ogni rapporto attivo e passivo direttamente riferito alla impresa (nella specie sia il premio percepito nel 1988 per l’abbandono di una superficie vitata che il preteso diritto al reimpianto di viti) deve correttamente imputarsi all’imprenditore, in quanto unico soggetto titolare dei rapporti anzidetti.


Nella sua nozione, dunque, l’azienda deve essere intesa nel senso di un complesso unitario, con una destinazione funzionale unitaria, nonostante la eventuale molteplicità di attività e non, come sostenuto da parte appellante, nel senso che i premi per l’espianto e i diritti di reimpianto, oggetto della controversia debbano riferirsi a due distinte “aziende agricole”, sicché la circostanza della riscossione da parte di una di esse del premio per l’abbandono di una superficie vitata non sarebbe di impedimento all’acquisizione del diritto di reimpianto da parte dell’altra.


4.3. D’altra parte – come evidenziato nella memoria della difesa erariale – anche la scheda anagrafica riferita alla ricorrente elenca, alla voce “superficie aziendale”, alcuni terreni utilizzati da tale impresa agricola, proprio ad indicare che essi, nonostante la diversa loro posizione, contribuiscono tutti insieme ad individuare il bene “superficie” dell’azienda in questione.


Non può condividersi, dunque, l’assunto di parte appellante secondo cui il criterio previsto dalla normativa in questione non può e non deve riferirsi all’azienda in senso lato, intesa come insieme delle unità di produzione gestite dall’imprenditore, bensì alle singole unità tecnico organizzative della produzione, a nulla rilevando che le stesse siano di proprietà del medesimo soggetto giuridico.


E ciò anche perché nell’allegato A, punti 3 e 4, della delibera della Giunta regionale del Veneto n.2494 dell’8.7.1997, ove sono precisati, per il cedente e per il richiedente, i relativi requisiti ed obblighi, emerge con evidenza che il riferimento è nei riguardi dell’azienda intesa in senso lato, come conferma anche l’utilizzo alternativo dei termini azienda e ditta.


Va rilevato, infine, che non appare di nessuna utilità per l’appellante fare richiamo alla nozione contenuta all’art.2, punto c) cit., che qualifica, come accennato, l’azienda agricola come il complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio di un’impresa agricola sul fondo rustico. Infatti, deve ritenersi che tutti i vari terreni appartenenti alla società richiedente (complesso di beni) contribuiscano ad individuare, secondo quanto già precisato, il bene unitario “superficie aziendale”.


5. Per le considerazioni che precedono le riproposte argomentazioni di parte appellante non possono essere condivise. Di conseguenza, il ricorso in appello deve essere respinto, con conseguente conferma della sentenza in epigrafe.


Quanto alle spese del giudizio, sussistono giusti motivi per disporre, tra le parti in causa, la integrale compensazione.


P.Q.M.


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione VI), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo rigetta e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.
Spese compensate.


Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.


Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2004 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale - Sez.VI -, riunito in Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori:
Mario Egidio SCHINAIA Presidente
Sabino LUCE Consigliere
Luigi MARUOTTI Consigliere
Carmine VOLPE Consigliere
Domenico CAFINI Consigliere Est.



 

M A S S I M E

Sentenza per esteso

 

1) Agricoltura - Azienda agricola - Artt. 2135 e 2555 c.c. - Nozione - Complesso di cose omogenee (c.d. università rerum) – Fattispecie: reimpianto di vigneti. Ai sensi degli artt. 2135 e 2555 c.c., l’azienda agricola deve essere intesa come un complesso di beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio di un’attività diretta alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, all’allevamento del bestiame ed attività connesse e che tale concetto, anche ai sensi dell’art. 2., punto c) L.R. Veneto n.24/1985 (che definisce appunto l’azienda agricola come il “complesso dei beni organizzato dall’imprenditore per l’esercizio di un’impresa agricola sul fondo rustico”), comprende ogni bene che sia utilizzato nell’esercizio di detta attività dall’imprenditore medesimo. Nella specie, costituiscono un complesso di cose omogenee (c.d. università rerum) organizzate per l’esercizio dell’impresa, le singole unità operative dell’impresa, definite come “aziende agricole”, le quali, facenti capo ed appartenenti allo stesso soggetto-imprenditore, sono tutte unificate dalla comune unitaria destinazione e ineriscono in concreto ad una medesima funzione complessiva consistente nel migliore perseguimento della finalità propria di ciascun bene. Pres. SCHINAIA - Est. CAFINI - Pan Crystal s.p.a. (avv.ti Segantini, Lorigiola e Manzi) c. Regione Veneto, Ispettorato Regionale per l’Agricoltura (Avvocatura Generale dello Stato) (conferma T.A.R. Veneto n.585/99 dell’11 febbraio 1999). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 25 gennaio 2005 (C.c. 15 ottobre 2004), Sentenza n. 159

2) Agricoltura - Azienda agricola – Destinazione funzionale unitaria - Autorizzazione per l’acquisto del diritto di reimpianto di vigneti. Nella sua nozione, l’azienda agricola deve essere intesa nel senso di un complesso unitario, con una destinazione funzionale unitaria, nonostante la eventuale molteplicità di attività. Sicché, il diritto al reimpianto potrebbe essere legittimamente negato solo nell’ipotesi di coincidenza tra l’azienda agricola assegnataria del premio e quella che ha richiesto l’autorizzazione per l’acquisto del diritto di reimpianto, mentre non potrebbe costituire motivo di diniego valido la circostanza che entrambe le aziende siano, di appartenenza alla medesima società. Pres. SCHINAIA - Est. CAFINI - Pan Crystal s.p.a. (avv.ti Segantini, Lorigiola e Manzi) c. Regione Veneto, Ispettorato Regionale per l’Agricoltura (Avvocatura Generale dello Stato) (conferma T.A.R. Veneto n.585/99 dell’11 febbraio 1999). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 25 gennaio 2005 (C.c. 15 ottobre 2004), Sentenza n. 159

3) Agricoltura - Trasferimento del diritto di reimpianto di vigneti - D.M. 29.1.1977 – Reg. CEE n.822/87. Il D.M. 29.1.1977 recante “disposizioni per il trasferimento del diritto di reimpianto di vigneti verso superfici destinate alla produzione v.q. p.r.d.”, dopo avere disposto all’art.1 che “il titolare del diritto di reimpianto acquisito ai sensi dell’art.7, punto 1 primo trattino, del regolamento CEE n.822/87 del 16 marzo 1987, relativo all’organizzazione comune del mercato vitivinicolo, può cederlo ad altro operatore avente titolo”, stabilisce, al successivo comma 2, che “il diritto di reimpianto di superfici vitate ceduto può provenire esclusivamente da impianti di viti ad uve da vino conformi alle norme comunitarie e nazionali vigenti in materia di impianti viticoli” e che “l’acquirente può esercitare il diritto di reimpianto su superfici idonee alla produzione di v.q.p.r.d., conformemente a quanto disposto dall’art.7, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento CEE n.822/87, previo parere favorevole da parte della autorità amministrativa competente della regione o della provincia autonoma nel cui territorio andrà ad essere esercitato il diritto stesso”. Pres. SCHINAIA - Est. CAFINI - Pan Crystal s.p.a. (avv.ti Segantini, Lorigiola e Manzi) c. Regione Veneto, Ispettorato Regionale per l’Agricoltura (Avvocatura Generale dello Stato) (conferma T.A.R. Veneto n.585/99 dell’11 febbraio 1999). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 25 gennaio 2005 (C.c. 15 ottobre 2004), Sentenza n. 159

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