Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha
pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 9945/1999 proposto dalla Pan Crystal s.p.a.,
ora Agrofin s.p.a., in persona del rappresentante legale p.t., rappresentata e
difesa dagli avv.ti Francesco Segantini, Fulvio Lorigiola e Luigi Manzi ed
elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via F.
Confalonieri n.5;
contro
la Regione Veneto, Ispettorato Regionale per l’Agricoltura, - Treviso -in
persona del Presidente della Giunta p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura
Generale dello Stato, presso la cui sede è per legge domiciliata in Roma, via
dei Portoghesi n.12;
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Veneto n.585/99
dell’11 febbraio 1999, resa tra le parti;
visto il ricorso con i relativi allegati;
visto l’atto di costituzione in giudizio e viste le memorie della parte
appellata;
visti gli atti tutti della causa;
alla pubblica udienza del 15 ottobre 2004, relatore il Consigliere Domenico
Cafini, uditi l’avvocato dello Stato Tortora e l’avv. Andrea Manzi per delega
dell’avv. Luigi Manzi;
ritenuto, in fatto e in diritto, quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La società ricorrente - premesso che nel 1988 aveva ottenuto dalla Regione
Veneto la concessione di un premio per l’abbandono definitivo di una superficie
vitata non ricadente in zona D.O.C. e che aveva presentato, il 28.4.1998,
domanda di trasferimento del diritto di reimpianto in un terreno ricadente in
altra azienda agricola (ubicata invece in zona D.O.C.), previa sottoscrizione
con i titolari del diritto medesimo di preliminare di compravendita - impugnava
davanti al TAR per il Veneto il provvedimento in data 8.6.1998 con il quale il
dirigente dell’Ispettorato regionale per l’Agricoltura di Treviso aveva respinto
la predetta domanda sul presupposto che la società stessa aveva già ottenuto “un
premio per l’abbandono di ha 14,15 di vigneto nella campagna 1988-89– Reg. CEE
1442/88”.
A sostegno del gravame deduceva i seguenti motivi di diritto:
violazione ed errata applicazione del Reg. CEE n.822/1987, nonché del D.M.
29.1.1997. Violazione e falsa applicazione della deliberazione della Giunta
Regionale 8.7.1997, n.2994 (allegato A, punto 4). Eccesso di potere per
travisamento della situazione di fatto.
E ciò in quanto il premio ottenuto nel 1988 per l’abbandono di un’area coltivata
a vite per uva da vino riguardava in effetti un’azienda agricola diversa, per
collocazione geografica, da quella interessata al reimpianto, con la conseguenza
che, trattandosi di realtà produttive differenti, non poteva valere nella specie
la circostanza ostativa rappresentata dalla Regione, essendo irrilevante che
entrambe le aziende - quella premiata per l’espianto e quella interessata a
trasferire il diritto di reimpianto in corso di acquisizione - appartenessero al
medesimo soggetto giuridico.
2. Tale essenziale tesi della società ricorrente è stata disattesa dai primi
giudici con la sentenza in epigrafe.
3. Con l’odierno appello la Pan Crystal s.p.a., ora Agrofin s.p.a., ripropone la
questione centrale dell’originario ricorso, imperniata nella sostanza
sull’argomentazione che la normativa sopra specificata, considerando i premi per
l’espianto e i diritti di reimpianto, intenderebbe riferirsi in effetti
all’“azienda agricola” e non al proprietario della stessa, con la conseguenza
che, nell’ipotesi di appartenenza di diverse aziende agricole ad un unico
titolare, la circostanza dell’incasso da parte di una di esse del premio per
l’abbandono di una superficie vitata non sarebbe di ostacolo all’acquisizione
del diritto di reimpianto da parte dell’altra.
In particolare, non sarebbe ostativo nel caso in esame il premio per l’abbandono
definitivo di superfici vitate nella campagna 1988-89 concesso per un terreno
facente parte dell’azienda agricola sita in Barcon di Vedelago (Treviso),
costituente azienda autonoma e distinta rispetto a quella, sempre di proprietà
della Pan Crystal, ubicata in zona D.O.C. di Giavera di Montello (Treviso) in
ordine alla quale è stata poi presentata la domanda oggetto del diniego
impugnato col ricorso di prime cure.
In definitiva, sempre secondo la ricorrente, per azienda non può né deve
ritenersi sic et simpliciter la società Pan Crystal, essendo quest’ultima
titolare di numerose altre autonome aziende agricole; sicché il diritto al
reimpianto potrebbe essere legittimamente negato solo nell’ipotesi di
coincidenza tra l’azienda agricola assegnataria del premio e quella che ha
richiesto l’autorizzazione per l’acquisto del diritto di reimpianto, mentre non
potrebbe costituire motivo di diniego valido la circostanza che entrambe le
aziende siano, come nella specie, di appartenenza alla medesima società.
4. La riproposta argomentazione di parte appellante non convince.
4.1. In proposito giova premettere, innanzi tutto, che il D.M. 29.1.1977 recante
“disposizioni per il trasferimento del diritto di reimpianto di vigneti verso
superfici destinate alla produzione v.q. p.r.d.”, dopo avere disposto all’art.1
che “il titolare del diritto di reimpianto acquisito ai sensi dell’art.7, punto
1 primo trattino, del regolamento CEE n.822/87 del 16 marzo 1987, relativo
all’organizzazione comune del mercato vitivinicolo, può cederlo ad altro
operatore avente titolo”, stabilisce, al successivo comma 2, che “il diritto di
reimpianto di superfici vitate ceduto può provenire esclusivamente da impianti
di viti ad uve da vino conformi alle norme comunitarie e nazionali vigenti in
materia di impianti viticoli” e che “l’acquirente può esercitare il diritto di
reimpianto su superfici idonee alla produzione di v.q.p.r.d., conformemente a
quanto disposto dall’art.7, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento CEE n.822/87,
previo parere favorevole da parte della autorità amministrativa competente della
regione o della provincia autonoma nel cui territorio andrà ad essere esercitato
il diritto stesso”.
Va premesso, altresì, che nella Regione Veneto la disciplina relativa è stata
dettata con l’allegato A) punto 4) della deliberazione n.494 in data 8.7.1997
della Giunta regionale che, in attuazione di quanti stabilito dal citato
regolamento CEE del 1987 e dal conforme D.M. sopra menzionato, ha disposto, in
particolare, che “l’azienda interessata all’acquisto del diritto non deve avere
precedentemente beneficiato di alcun premio definitivo di abbandono della
viticoltura ai sensi della normativa comunitaria e neppure ceduto eventuali
diritti”.
4.2. Alla stregua della normativa innanzi indicata, è indubbio che nel caso in
esame, avendo la società Pan Crystal, ora Agrofin, precedentemente beneficiato,
come accennato, del menzionato premio, la stessa non possa ritenersi
destinataria del beneficio richiesto con la suddetta domanda alla Regione e
dalla medesima negato.
Non appare, pertanto, viziato di illegittimità l’operato dell’Amministrazione
che nella specie ha respinto la domanda della interessata volta al ottenere il
trasferimento del diritto di reimpianto proprio perché la stessa aveva “ottenuto
un premio per l’abbandono di ha 14,15 di vigneto nella campagna 198/89”, né
appare erronea la pronuncia del TAR che ha ritenuto legittimo il relativo
provvedimento, impugnato in prime cure.
Ed invero - posto che, ai sensi degli artt. 2135 e 2555 c.c., l’azienda agricola
deve essere intesa come un complesso di beni organizzati dall’imprenditore per
l’esercizio di un’attività diretta alla coltivazione del fondo, alla
silvicoltura, all’allevamento del bestiame ed attività connesse e che tale
concetto, anche ai sensi dell’art. 2., punto c) L.R. Veneto n.24/1985 (che
definisce appunto l’azienda agricola come il “complesso dei beni organizzato
dall’imprenditore per l’esercizio di un’impresa agricola sul fondo rustico”),
comprende ogni bene che sia utilizzato nell’esercizio di detta attività
dall’imprenditore medesimo - il Collegio deve ritenere, non discostandosi in ciò
da quanto statuito dal primo Giudice, che le singole unità operative
dell’impresa in questione, definite come “aziende agricole” dalla società
istante, costituiscono in effetti un complesso di cose omogenee (c.d. università
rerum) organizzate per l’esercizio dell’impresa, le quali, facenti capo ed
appartenenti allo stesso soggetto-imprenditore (la s.p.a. Pan Crystal), sono
tutte unificate dalla comune unitaria destinazione e ineriscono in concreto ad
una medesima funzione complessiva consistente nel migliore perseguimento della
finalità propria di ciascun bene.
L’azienda agricola, caratterizzata dunque dall’organizzazione dei beni sopra
specificati, ricondotti ad unità dalla comune destinazione economica ad opera
dell’imprenditore per realizzare la finalità produttiva che egli si ripromette,
deve essere intesa pertanto - come correttamente ritenuto nella impugnata
pronuncia - non già come una suddivisione dell’attività dell’imprenditore in
relazione alla diversa località dove essa viene svolta, ma piuttosto come
insieme funzionale dei beni che fanno capo all’imprenditore al fine di espletare
una medesima tipologia di attività; con la conseguenza che essa costituisce in
effetti il termine oggettivo del rapporto, nel quale il soggetto è appunto
l’imprenditore in quanto titolare dell’organizzazione dinamica dell’impresa e
centro di imputazione dei relativi diritti e obblighi.
Pertanto, se un soggetto, titolare di un complesso di beni funzionalmente
ordinati all’esercizio di una determinata attività agricola, acquisisca un
ulteriore complesso di beni preordinati allo svolgimento della medesima
attività, deve ritenersi che con ciò si determini, come affermato dal TAR, una
sorta di confusione tra detti complessi, dove l’unitarietà della funzione da
svolgere insieme fa venire meno l’originaria autonomia strutturale delle due
universalità, che conseguentemente vengono a fondersi insieme in vista del
medesimo fine; con la conseguenza che ogni rapporto attivo e passivo
direttamente riferito alla impresa (nella specie sia il premio percepito nel
1988 per l’abbandono di una superficie vitata che il preteso diritto al
reimpianto di viti) deve correttamente imputarsi all’imprenditore, in quanto
unico soggetto titolare dei rapporti anzidetti.
Nella sua nozione, dunque, l’azienda deve essere intesa nel senso di un
complesso unitario, con una destinazione funzionale unitaria, nonostante la
eventuale molteplicità di attività e non, come sostenuto da parte appellante,
nel senso che i premi per l’espianto e i diritti di reimpianto, oggetto della
controversia debbano riferirsi a due distinte “aziende agricole”, sicché la
circostanza della riscossione da parte di una di esse del premio per l’abbandono
di una superficie vitata non sarebbe di impedimento all’acquisizione del diritto
di reimpianto da parte dell’altra.
4.3. D’altra parte – come evidenziato nella memoria della difesa erariale –
anche la scheda anagrafica riferita alla ricorrente elenca, alla voce
“superficie aziendale”, alcuni terreni utilizzati da tale impresa agricola,
proprio ad indicare che essi, nonostante la diversa loro posizione,
contribuiscono tutti insieme ad individuare il bene “superficie” dell’azienda in
questione.
Non può condividersi, dunque, l’assunto di parte appellante secondo cui il
criterio previsto dalla normativa in questione non può e non deve riferirsi
all’azienda in senso lato, intesa come insieme delle unità di produzione gestite
dall’imprenditore, bensì alle singole unità tecnico organizzative della
produzione, a nulla rilevando che le stesse siano di proprietà del medesimo
soggetto giuridico.
E ciò anche perché nell’allegato A, punti 3 e 4, della delibera della Giunta
regionale del Veneto n.2494 dell’8.7.1997, ove sono precisati, per il cedente e
per il richiedente, i relativi requisiti ed obblighi, emerge con evidenza che il
riferimento è nei riguardi dell’azienda intesa in senso lato, come conferma
anche l’utilizzo alternativo dei termini azienda e ditta.
Va rilevato, infine, che non appare di nessuna utilità per l’appellante fare
richiamo alla nozione contenuta all’art.2, punto c) cit., che qualifica, come
accennato, l’azienda agricola come il complesso dei beni organizzati
dall’imprenditore per l’esercizio di un’impresa agricola sul fondo rustico.
Infatti, deve ritenersi che tutti i vari terreni appartenenti alla società
richiedente (complesso di beni) contribuiscano ad individuare, secondo quanto
già precisato, il bene unitario “superficie aziendale”.
5. Per le considerazioni che precedono le riproposte argomentazioni di parte
appellante non possono essere condivise. Di conseguenza, il ricorso in appello
deve essere respinto, con conseguente conferma della sentenza in epigrafe.
Quanto alle spese del giudizio, sussistono giusti motivi per disporre, tra le
parti in causa, la integrale compensazione.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione VI), definitivamente
pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo rigetta e, per l’effetto, conferma la
sentenza impugnata.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2004 dal Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale - Sez.VI -, riunito in Camera di Consiglio, con l'intervento dei
Signori:
Mario Egidio SCHINAIA Presidente
Sabino LUCE Consigliere
Luigi MARUOTTI Consigliere
Carmine VOLPE Consigliere
Domenico CAFINI Consigliere Est.
1) Agricoltura - Azienda agricola - Artt. 2135 e 2555 c.c. - Nozione - Complesso di cose omogenee (c.d. università rerum) – Fattispecie: reimpianto di vigneti. Ai sensi degli artt. 2135 e 2555 c.c., l’azienda agricola deve essere intesa come un complesso di beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio di un’attività diretta alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, all’allevamento del bestiame ed attività connesse e che tale concetto, anche ai sensi dell’art. 2., punto c) L.R. Veneto n.24/1985 (che definisce appunto l’azienda agricola come il “complesso dei beni organizzato dall’imprenditore per l’esercizio di un’impresa agricola sul fondo rustico”), comprende ogni bene che sia utilizzato nell’esercizio di detta attività dall’imprenditore medesimo. Nella specie, costituiscono un complesso di cose omogenee (c.d. università rerum) organizzate per l’esercizio dell’impresa, le singole unità operative dell’impresa, definite come “aziende agricole”, le quali, facenti capo ed appartenenti allo stesso soggetto-imprenditore, sono tutte unificate dalla comune unitaria destinazione e ineriscono in concreto ad una medesima funzione complessiva consistente nel migliore perseguimento della finalità propria di ciascun bene. Pres. SCHINAIA - Est. CAFINI - Pan Crystal s.p.a. (avv.ti Segantini, Lorigiola e Manzi) c. Regione Veneto, Ispettorato Regionale per l’Agricoltura (Avvocatura Generale dello Stato) (conferma T.A.R. Veneto n.585/99 dell’11 febbraio 1999). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 25 gennaio 2005 (C.c. 15 ottobre 2004), Sentenza n. 159
2) Agricoltura - Azienda agricola – Destinazione funzionale unitaria - Autorizzazione per l’acquisto del diritto di reimpianto di vigneti. Nella sua nozione, l’azienda agricola deve essere intesa nel senso di un complesso unitario, con una destinazione funzionale unitaria, nonostante la eventuale molteplicità di attività. Sicché, il diritto al reimpianto potrebbe essere legittimamente negato solo nell’ipotesi di coincidenza tra l’azienda agricola assegnataria del premio e quella che ha richiesto l’autorizzazione per l’acquisto del diritto di reimpianto, mentre non potrebbe costituire motivo di diniego valido la circostanza che entrambe le aziende siano, di appartenenza alla medesima società. Pres. SCHINAIA - Est. CAFINI - Pan Crystal s.p.a. (avv.ti Segantini, Lorigiola e Manzi) c. Regione Veneto, Ispettorato Regionale per l’Agricoltura (Avvocatura Generale dello Stato) (conferma T.A.R. Veneto n.585/99 dell’11 febbraio 1999). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 25 gennaio 2005 (C.c. 15 ottobre 2004), Sentenza n. 159
3) Agricoltura - Trasferimento del diritto di reimpianto di vigneti - D.M. 29.1.1977 – Reg. CEE n.822/87. Il D.M. 29.1.1977 recante “disposizioni per il trasferimento del diritto di reimpianto di vigneti verso superfici destinate alla produzione v.q. p.r.d.”, dopo avere disposto all’art.1 che “il titolare del diritto di reimpianto acquisito ai sensi dell’art.7, punto 1 primo trattino, del regolamento CEE n.822/87 del 16 marzo 1987, relativo all’organizzazione comune del mercato vitivinicolo, può cederlo ad altro operatore avente titolo”, stabilisce, al successivo comma 2, che “il diritto di reimpianto di superfici vitate ceduto può provenire esclusivamente da impianti di viti ad uve da vino conformi alle norme comunitarie e nazionali vigenti in materia di impianti viticoli” e che “l’acquirente può esercitare il diritto di reimpianto su superfici idonee alla produzione di v.q.p.r.d., conformemente a quanto disposto dall’art.7, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento CEE n.822/87, previo parere favorevole da parte della autorità amministrativa competente della regione o della provincia autonoma nel cui territorio andrà ad essere esercitato il diritto stesso”. Pres. SCHINAIA - Est. CAFINI - Pan Crystal s.p.a. (avv.ti Segantini, Lorigiola e Manzi) c. Regione Veneto, Ispettorato Regionale per l’Agricoltura (Avvocatura Generale dello Stato) (conferma T.A.R. Veneto n.585/99 dell’11 febbraio 1999). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 25 gennaio 2005 (C.c. 15 ottobre 2004), Sentenza n. 159
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