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 Massime della sentenza

 

 

CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 12 aprile 2005 (C.c. 29 ottobre 2004), Sentenza n. 1613 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta ANNO 1996 ha pronunciato la seguente
 

DECISIONE


sul ricorso in appello n. 10121 del 1996 proposto dalla Molino Borgioli srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Stefano Grassi e Roberto Nania, con domicilio eletto presso il secondo in Roma, via delle Tre Madonne n. 16;
CONTRO
il Comune di Calenzano, in persona del sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dall’ avv. Felix Hofer, con domicilio eletto presso la Grez associati srl in Roma, lungotevere Flaminio n. 46 ;
per l’annullamento
della sentenza del TAR Toscana, seconda sezione, 24 novembre 1995 n. 73;
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della parte appellata;
Esaminate le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti di causa;
Relatore alla pubblica udienza del 29 ottobre 2004 il Consigliere Aldo Fera;
Uditi per le parti gli avvocati Grassi e Hofer come specificato nel verbale d’udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
 

FATTO


La Molino Borgioli srl esercita l'attività molitoria in uno stabilimento situato in località di nome di Gesù del Comune di Calenzano, su di un'area a destinazione urbanistica industriale limitrofa ad altre destinate, con una variante generale del 1994, all'espansione residenziale. Fin dall'attivazione, lo stabilimento è stato qualificato come industria insalubre di seconda classe (articolo 116, secondo comma, regio decreto 27 luglio 1934, n. 1965).


In concomitanza con l'adozione di una variante urbanistica, la giunta municipale, con deliberazione 23 agosto 1994, n. 737, ha modificato l'originaria classificazione ascrivendo lo stabilimento alla categoria delle industrie insalubri di prima classe. Ciò è stato motivato con la considerazione che lo stabilimento impiegava, nella disinfestazione dei propri depositi, gas tossici classificati di prima classe ai punti A 70 e A 75 dell'elenco allegato al decreto ministeriale del 2 marzo 1987.


La Molino Borgioli ha impugnato tale provvedimento davanti al Tar della Toscana, sostenendo:
1) Violazione dell'articolo 216 del regio decreto 27 luglio 1934 n. 1265. Violazione del decreto ministeriale 2 marzo 1987 e decreto ministeriale 5 settembre 1994. Eccesso di potere particolarmente sotto il profilo del difetto di motivazione. Sostiene la ricorrente che la nuova classificazione sarebbe stata effettuata senza che vi fosse stato un concreto accertamento dell'effettiva pericolosità per l'igiene pubblica dell'attività del mulino.
2) Eccesso di potere particolarmente sotto il profilo dello sviamento. In quanto il provvedimento sarebbe stato adottato non per ragioni di carattere igienico sanitarie, ma solo perché s’intendeva destinare le altre limitrofe ad edilizia residenziale.


Il Tar ha respinto il ricorso, sostenendo tra l'altro che l'inclusione delle sostanze in questione nell'elenco allegato al decreto ministeriale del 2 marzo 1987 rende superfluo ogni accertamento sulla pericolosità della lavorazione in quanto svincola il giudizio da ogni valutazione quantitativa della sostanza tossica impiegata.


La Molino Borgioli propone appello contro la sentenza, ribadendo, nella sostanza la bontà delle proprie tesi.


L’appellante conclude chiedendo, in riforma della sentenza di cui all’epigrafe, l'annullamento del provvedimento amministrativo impugnato con il ricorso di primo grado.


Resiste all’appello il comune di Calenzano, che solleva, in via pregiudiziale la seguente eccezione:
difetto di interesse, sotto i profili della natura meramente ricognitiva dell'atto di classificazione e della mancata impugnazione dei decreti ministeriali 2 marzo 1987 e 5 settembre 1994, che hanno stabilito i parametri cui ancorare la classificazione.


Nel merito contesta la fondatezza delle tesi avversarie e conclude per il rigetto dell’appello.


DIRITTO


L’appello proposto dalla Molino Borgioli srl è fondato.


Oggetto dell'impugnazione proposta in primo grado è la deliberazione 23 agosto 1994 n. 737, con la quale la Giunta municipale di Calenzano, ha modificato l'originaria classificazione di seconda classe dello stabilimento esercitato in località di "Nome di Gesù" ascrivendolo alla categoria delle industrie a insalubri di prima classe.


In via preliminare, l'amministrazione comunale ha eccepito l’inammissibilità delle ricorso di primo grado per difetto di interesse sotto due profili: il primo derivante dalla natura meramente ricognitiva dell'atto di classificazione; il secondo legato alla mancata impugnazione dei decreti ministeriali 2 marzo 1987 e 5 settembre 1994, che hanno stabilito i parametri cui ancorare la classificazione.


Entrambe le eccezioni sono prive di pregio.


Quanto alla prima, giova premettere come l'articolo 102 del regio decreto 3 febbraio 1901, n. 45, stabilisce che "in base all'elenco compilato da consiglio superiore di sanità, giusta l'articolo 38 della legge (ora articolo 216 del regio decreto n. 1965 del 1934), delle manifatture o fabbriche che spandono esalazioni insalubri o possono riuscire in altro modo dannose alla salute degli abitanti, la giunta municipale dovrà, a richiesta dell'ufficiale sanitario (ora azienda sanitaria locale), procedere alla classificazione dei predetti stabilimenti in attività del territorio comunale, di determinare se quelli compresi nella prima classe siano sufficientemente isolati nelle campagne, e lontani dalle abitazioni, e se degli altri siano adottate cautele speciali necessarie per evitare nocumento al vicinato."


Ora, è pacifico che l'atto meramente ricognitivo, insuscettibile di impugnazione autonoma davanti agli organi della giustizia amministrativa, è caratterizzato dal fatto che esso non produce effetti giuridici diretti incidenti sulla sfera della destinatario. Con riferimento alla fattispecie è di tutta evidenza che il provvedimento di classificazione, di cui all'articolo 102 del regio decreto 3 febbraio 1901, n. 45, non può essere ritenuto meramente ricognitivo, in quanto, seppur adottato sulla base di un potere vincolato, sotto il profilo amministrativo, anche se connotato da un elevato grado di discrezionalità tecnica, contiene in sé l'accertamento in concreto della pericolosità dell'impianto e produce un effetto giuridico diretto sulla situazione giuridica dell'amministrato, operando così una qualificazione giuridica dell'attività dal medesimo svolta, che viene in tal modo assoggettata ad un particolare regime giuridico.


Quanto alla seconda eccezione, è altrettanto pacifico che il ricorrente non ha inteso affatto impugnare i decreti ministeriali 2 marzo 1987 e 5 settembre 1994, che ad avviso dell'amministrazione resistente sarebbero gli atti effettivamente lesivi dell'interesse dedotto in giudizio, ma lamenta la cattiva applicazione che dei medesimi avrebbe fatto l'amministrazione.


Entro questi parametri, la contestazione mossa dei ricorrenti si dimostra esatta.


La modifica della classificazione disposta dalla giunta municipale di Calenzano è stata motivata con la considerazione che lo stabilimento impiegava, nella disinfestazione dei propri depositi, gas tossici classificati di prima classe ai punti A 70 e A 75 dell'elenco allegato al decreto ministeriale del 2 marzo 1987. Secondo l'amministrazione, in ciò seguita dal giudice di primo grado, il mero impiego della sostanza potenzialmente nociva comporta la necessaria classificazione delle industrie nella prima classe, essendo rinviati ad un successivo momento, quello autorizzatorio della lavorazione, "gli accertamenti specifici sulla pericolosità delle lavorazioni al fine di prescrivere le eventuali cautele che di volta in volta si rendessero necessarie".


La tesi non convince.


Una impostazione ermeneutica così rigorosa, infatti, non coincide con la lettera della legge, che considera gli impianti industriali ritenuti pericolosi per la salute degli abitanti in ragione della immissione nell'ambiente circostante di " vapori, gas o altre esalazioni insalubri" ( articolo 216 del regio decreto n. 1965 del 1934) e non all'impiego in sé di sostanze nocive. Il che ovviamente non vuol dire che l'impiego di tali sostanze sia irrilevante, ai fini della classificazione, ma solo che la rilevanza passa attraverso l'analisi del processo produttivo e di come la sostanza sia suscettibile di produrre una immissione nociva per l’ambiente. Per cui non è sufficiente a far si che una industria, inclusa in una classe, venga ascritta ad altra classe solo perché impieghi una determinata sostanza nel ciclo produttivo. Occorre, invece, che l’impiego di tale sostanza modifichi le caratteristiche operative della categoria cui l'industria appartiene.


Inoltre, sotto il profilo procedimentale, la tesi vanifica un sistema fondato su due distinti momenti: il primo consistente in una valutazione preliminare di carattere generale, condotta dal Consiglio superiore di sanità con riferimento alla tipologia delle imprese; il secondo in un procedimento di accertamento concreto della pericolosità dell'impianto, di competenza della giunta municipale, il quale si fonda su un'istruttoria tecnica condotta dal competente organo sanitario.


Sostenere infine che il decreto ministeriale 2 marzo 1987, che ha aggiornato l'elenco delle industrie insalubri, abbia introdotto un automatismo che renderebbe superfluo ogni accertamento, solo perché, in relazione ai gas qui considerati, include nella prima classe sia la produzione che l’impiego ed il deposito, appare altrettanto poco convincente. Ciò per l'assorbente ragione che una riscrittura della norma, nel senso di una vanificazione del concreto accertamento della pericolosità assegnato al provvedimento di classificazione (articolo 102 del regio decreto 3 febbraio 1901, n. 45) non può essere effettuata con uno strumento amministrativo ma necessita di una modifica legislativa.


Ora, nel caso di specie, posto che l'impianto industriale era ricompreso tra le lavorazioni ascritte alla seconda classe (n. 10) dal decreto ministeriale 2 marzo 1987, il mutamento della classificazione non poteva essere fatto solo perché la ditta impiegava "nella disinfestazione dei propri depositi di gas tossici dell'elenco allegato alla regio decreto 9 gennaio 1927, n. 147", ma andava preceduto da un accertamento tecnico concreto sulla pericolosità dell'impianto.


Per questi motivi il ricorso in appello deve essere accolto.


Le spese possono essere compensate.


P.Q.M.


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione quinta, accoglie l’appello e, per l'effetto, in riforma della sentenza di primo grado, annulla il provvedimento impugnato.
Compensa tra le parti le spese del giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.


Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 29 ottobre 2004, con l’intervento dei signori:
Giuseppe Farina Presidente
Chiarenza Millemaggi Cogliani Consigliere
Goffredo Zaccardi Consigliere
Aldo Fera Consigliere estensore
Aniello Cerreto Consigliere


L'ESTENSORE                               IL PRESIDENTE                                      IL SEGRETARIO                                            IL DIRIGENTE
f.to Aldo Fera                                  f.to Giuseppe Farina                                 f.to Francesco Cutrupi                                    f.to Livia Patroni Griffi


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 12 aprile 2005
(Art. 55. L. 27/4/1982, n. 186)

 

M A S S I M E

Sentenza per esteso


1) Inquinamento – Industrie insalubri - Immissione nell'ambiente circostante di "vapori, gas o altre esalazioni insalubri" - Impianti industriali ritenuti pericolosi per la salute degli abitanti - Classificazione degli stabilimenti in attività del territorio comunale – Accertamento tecnico concreto sulla pericolosità dell'impianto – Obbligo – Sussiste - Ratio. In tema di inquinamento e tutela della salute, l’articolo 216 del regio decreto n. 1965 del 1934, considera gli impianti industriali ritenuti pericolosi per la salute degli abitanti in ragione della immissione nell'ambiente circostante di "vapori, gas o altre esalazioni insalubri" e non all'impiego in sé di sostanze nocive. Il che ovviamente non vuol dire che l'impiego di tali sostanze sia irrilevante, ai fini della classificazione, ma solo che la rilevanza passa attraverso l'analisi del processo produttivo e di come la sostanza sia suscettibile di produrre una immissione nociva per l’ambiente. Per cui non è sufficiente a far si che una industria, inclusa in una classe, venga ascritta ad altra classe solo perché impieghi una determinata sostanza nel ciclo produttivo. Occorre, invece, che l’impiego di tale sostanza modifichi le caratteristiche operative della categoria cui l'industria appartiene. Nel caso di specie, posto che l'impianto industriale era ricompreso tra le lavorazioni ascritte alla seconda classe (n. 10) dal decreto ministeriale 2 marzo 1987, il mutamento della classificazione non poteva essere fatto solo perché la ditta impiegava "nella disinfestazione dei propri depositi di gas tossici dell'elenco allegato alla regio decreto 9 gennaio 1927, n. 147", ma andava preceduto da un accertamento tecnico concreto sulla pericolosità dell'impianto. Pres. Farina - Est. Fera - Molino Borgioli srl (avv.ti Grassi e Nania) c. Comune di Calenzano (avv. Hofer), (annulla, TAR Toscana, seconda sezione, 24 novembre 1995 n. 73). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 12 aprile 2005 (C.c. 29 ottobre 2004), Sentenza n. 1613
 

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