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 Massime della sentenza

 

 

CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 31 gennaio 2005 (C.C. 28 ottobre 2004), Sentenza n. 232

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente
 

D E C I S I O N E


sul ricorso in appello n. 6447 del 2003 proposto da Antognolla
rappresentato e difeso dagli Avvocati Stefano Crisci e Giuseppe La Spina domiciliato in Roma, presso il primo in Via Parigi n. 11;
c o n t r o
il Ministero per i beni e le attività culturali, in persona del ministro in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici è domiciliato ope legis in Roma, via dei Portoghesi n.12;
e nei confronti
del Comune di Perugia, in persona del Sindaco, rappresentato e difeso dall’Avv. Mario Cartasegna domiciliato in Roma, presso lo studio G. Gobbi Via Maria Cristina n. 8;
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale dell’Umbria n. 508 del 2003
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio delle appellate amministrazioni nonché l’appello incidentale del Comune di Perugia;
Visti i motivi aggiunti all’appello principale;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del 28 ottobre 2004 il Consigliere Filippo Patroni Griffi; uditi gli Avv.ti G. La Spina ed M. Cartasegna;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:


F A T T O


La società Antognolla propone appello, successivamente integrato da motivi aggiunti, avverso la sentenza n. 508 del 2003 con la quale il Tribunale amministrativo regionale dell’Umbria ha dichiarato in parte irricevibili e in parte inammissibili due ricorsi proposti dalla medesima società avverso atti inerenti a un vincolo paesaggistico relativo a una vasta area sita in località Antognolla, nella provincia di Perugia, interessata dalla realizzazione di un complesso turistico-alberghiero che ha dato luogo a un complesso contenzioso tra la società Antognolla e il Comune di Perugia.


Resistono il Ministero per i beni e le attività culturali e il Comune di Perugia, il quale, con appello incidentale, chiede la propria estromissione dal giudizio, ritenendo di non essere parte necessaria a fronte dell’impugnazione degli atti impositivi del vincolo.


La causa è stata trattenuta in decisione all’ udienza del 28 ottobre 2004.


D I R I T T O


1. La controversia in esame si inserisce in un vasto contenzioso esistente tra la società Antognolla e il Comune di Perugia relativo alla realizzazione di un complesso turistico-alberghiero in una vasta area sita in località Antognolla, nella provincia di Perugia, in gran parte ricadente nel territorio del comune di Perugia.


Il presente giudizio concerne il vincolo paesaggistico di bellezza di insieme apposto sull’area in questione.


In particolare, in primo grado sono impugnati:
a) una nota in data 3 aprile 2003, con la quale, in risposta a una richiesta della società appellante di conoscere la situazione dell’area in questione, la Regione Umbria afferma che l’area è stata vincolata con D.M. 21 giugno 1977 nonché con delibera di Giunta regionale 6 agosto 1996 n. 5846;
b) un elenco dei beni sottoposti a tutela ambientale depositato dal Comune di Perugia in altro giudizio intercorrente tra l’appellante e il medesimo Comune;
c) il D.M. 21 giugno 1977 e il sotteso parere della Commissione provinciale per le bellezze naturali.
Il Tribunale di Perugia, con la sentenza gravata, ha dichiarato inammissibili le impugnazioni relative agli atti di cui ai punti a) e b) e irricevibile il gravame avverso il decreto di imposizione del vincolo.


La sentenza merita conferma.


2. Il Comune di Perugia è stato correttamente evocato nel presente giudizio, sia perché l’impugnazione concerne anche un atto della stessa Amministrazione, non rileva se inammissibilmente, sia perché il vincolo in questione riguarda in gran parte il territorio comunale ed è stato posto da quell’Amministrazione a fondamento di una serie di provvedimenti di natura edilizio-urbanistica contestati dalla società appellante in altri giudizi.


Va pertanto respinto l’appello incidentale del Comune di Perugia, volto a ottenere la propria estromissione dal giudizio.


3. La nota regionale con la quale, in risposta alla richiesta dell’interessata società, si comunica che l’area in questione è assoggettata a vincolo paesaggistico (imposto con D.M. 21 giugno 1977) e, ancor più, l’elenco depositato in altro giudizio dall’Amministrazione comunale, contenente l’indicazione dei beni sottoposti a tutela paesaggistico-ambientale, sono atti all’evidenza privi di contenuto provvedimentale, atteso il loro carattere al più meramente ricognitivo.


Né può sostenersi, con l’appellante, che tali atti “riguardano il provvedimento lesivo (imposizione del vincolo) e, nel dichiararne l’esistenza come manifestazione di volontà della Pubblica Amministrazione giuridicamente operante, lo recepiscono”. Gli atti, per contro, si limitano a comunicare (nel primo caso) e a rendere nota (nel secondo caso) una situazione giuridica dei beni riconducibile, nella sua genesi, esclusivamente al provvedimento impositivo del vincolo, e non operano -né potrebbero farlo- alcun recepimento dello stesso.


Il fatto poi che si versi in fattispecie di giurisdizione esclusiva -dedotto dall’appellante a sostegno della possibilità di impugnare non solo provvedimenti ma anche “atti e comportamenti”- non spiega alcuna rilevanza, non potendosi ritenere che la giurisdizione esclusiva consenta di trasformare l’impugnazione del provvedimento lesivo, nella specie l’imposizione del vincolo, nell’impugnazione dell’atto che si limita a far presente l’esistenza di quel vincolo.


E’ pertanto da condividere la pronuncia di inammissibilità dei ricorsi nella parte concernente l’impugnazione dei predetti atti.


3. L’impugnazione del vincolo è stata ritenuta dal Tribunale amministrativo tardiva, sul duplice rilievo della pubblicazione del decreto di vincolo nella Gazzetta ufficiale e di un certificato di destinazione urbanistica dell’area, depositato dall’odierna appellante in primo grado, allegato all’atto notarile di trasformazione della società “ Relais Castello di Antognolla” in Antognolla s.r.l..


Anche sul punto la sentenza appellata merita di essere condivisa, pur a fronte delle deduzioni svolte nei motivi aggiunti all’appello, dalla cui dedotta inammissibilità può quindi prescindersi.


Nessun dubbio -ad avviso della Sezione- che il decreto ministeriale sia stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 26 luglio 1977 e che il certificato di destinazione urbanistica in questione menzionasse sull’area l’esistenza del vincolo contestato e fosse pertanto idoneo, sul piano oggettivo, a ingenerare la conoscenza dello stesso.


L’appellante, con l’atto di appello e soprattutto con i motivi aggiunti, in parte sovrapponendo questioni attinenti alla decorrenza del termine e questioni attinenti a ciò che definisce illegittimità/inesistenza del vincolo e in parte prospettando in maniera non del tutto chiara le questioni di fatto , assume che il vincolo non sia venuto a giuridica esistenza e che comunque il relativo procedimento non si sia completato per la mancata affissione del decreto negli albi comunali (deduzione che sembra prevalentemente svolta nell’atto di appello) e per la mancata affissione, per un periodo di tre mesi, della Gazzetta ufficiale contenente il decreto di imposizione del vincolo negli albi comunali (censura che sembra sviluppata nei motivi aggiunti all’appello).


L’assunto non può essere condiviso.


La legge 29 giugno 1939, n. 1497, applicabile ratione temporis al caso in esame, prevede, per l’apposizione del vincolo di bellezza d’insieme, che l’elenco delle località sia pubblicato per tre mesi nell’albo dei comuni interessati (art. 2, ultimo comma). L’elenco è quindi approvato con decreto ministeriale e pubblicato nella gazzetta ufficiale (art. 4, primo comma); copia della gazzetta è affissa per tre mesi all’albo dei comuni interessati e depositata presso gli stessi, per consentire agli interessati di prenderne visione (art. 4, secondo comma). Nei successivi tre mesi gli interessati possono proporre opposizione in sede amministrativa e la pronuncia sull’opposizione “ha carattere di provvedimento definitivo” (art. 4, terzo e quarto comma).


Il decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, recante il testo unico delle leggi sui beni culturali e ambientali (oggi sostituito dal codice dei beni culturali e del paesaggio) -della cui violazione pure indistintamente si lamenta l’appellante, non contiene, per quanto rileva, una disciplina significativamente dissimile: le “proposte…contenute negli elenchi” sono pubblicate e depositate presso i comuni interessati (art. 140); gli interessati possono presentare osservazioni alla regione (art. 141, co.1); dopo di che la regione approva l’elenco (art. 141, co.2), che viene pubblicato per tre mesi nella gazzetta ufficiale e nel bollettino regionale (art. 142, co.1); la copia della gazzetta ufficiale è pubblicata per tre mesi all’albo dei comuni interessati (art. 142, co.2). Il testo unico non fa menzione di “provvedimento definitivo”, non essendo contemplata alcuna fase giustiziale in senso tecnico.


Nel delineato contesto deve, in primo luogo, ritenersi -contrariamente a quanto assume l’appellante, invocando, in maniera non del tutto pertinente, un parere di questo Consiglio di Stato (II, 8 febbraio 1978 n. 408)- che il provvedimento di imposizione del vincolo è costituito dal decreto ministeriale (ora delibera regionale) ed è a esso che occorre fare riferimento per valutarne la giuridica esistenza (sostanzialmente in tal senso VI, 2 maggio 2000 n. 201 nonché C.cost. 23 luglio 1997 n. 262, che prendono in esame la specifica questione dell’efficacia del vincolo), mentre la “definitività” di cui è menzione nell’ultimo comma dell’articolo 4, peraltro collegata alla pronuncia sull’opposizione, attiene alla diversa ed eventuale fase giustiziale; in altri termini, è l’approvazione dell’elenco con decreto ministeriale che costituisce il vincolo, non già la pronuncia sull’eventuale opposizione allo stesso.


Il vincolo, una volta apposto, non tollera soluzioni di continuità, nel senso che esso inerisce al bene e lo assoggetta al particolare regime previsto dalla legge in via definitiva (Cass. Pen. 21 dicembre 1981: sicché non assumono rilevanza le successive alienazioni che il bene subisce).


Ne consegue che, una volta costituito il vincolo, la mancata affissione del decreto all’albo pretorio per l’intero periodo di tre mesi, ai sensi del secondo comma dell’articolo 4, di cui si duole l’appellante, può rilevare ed essere fatta valere unicamente dai diretti interessati, esistenti all’epoca dell’imposizione del vincolo, ma non può essere utilizzata, alcuni decenni dopo, per impugnare il vincolo medesimo, invocando una sorta di mancato perfezionamento del dies a quo.


Ciò è tanto più vero ove, come nel caso in esame, l’esistenza del vincolo doveva ritenersi ben nota all’appellante, risultando il vincolo da un certificato di destinazione urbanistica allegato all’acquisizione della proprietà dei terreni in questione da parte della società “Relais Castello di Antognolla” e al contestuale mutamento di denominazione sociale in Antognolla s.r.l., mentre la successiva trasformazione soggettiva nell’odierna Antognolla s.p.a. non ha mai fatto venir meno la titolarità della proprietà dei beni e la persistenza del vincolo anche ai fini della sua conoscenza, la quale, come si è detto, non tollera soluzioni di continuità.


Pertanto, la declaratoria di irricevibilità dell’impugnazione concernente il decreto di vincolo, pronunciata dal primo giudice, merita di essere condivisa.


4. Alla stregua delle svolte considerazioni, l’appello deve essere respinto e la sentenza del Tribunale amministrativo va confermata.


Va altresì rigettato l’appello incidentale del Comune di Perugia.


Le spese, liquidate in dispositivo, seguono, come di regola, la soccombenza.


P. Q. M.


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, rigetta l’appello principale e l’appello incidentale, confermando la sentenza del Tribunale amministrativo.
Condanna l’appellante al pagamento delle spese del secondo grado, che liquida in cinquemila euro a favore di ciascuna delle amministrazioni appellate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.


Così deciso in Roma, addì 28 ottobre 2004, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale - Sezione Quarta - riunito in camera di consiglio con l’intervento dei Signori:
Gaetano Trotta Presidente
Filippo Patroni Griffi Consigliere estensore
Anna Leoni Consigliere
Nicola Russo Consigliere
Eugenio Mele Consigliere
 

L’ESTENSORE                                              IL PRESIDENTE                                           IL SEGRETARIO                                              per Il Dirigente
Filippo Patroni Griffi                                        Gaetano Trotta                                             Rosario Giorgio Carnabuci                                Giuseppe TESTA

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
31/01/2005
(art. 55, L. 27.4.1982, 186)



 

 

M A S S I M E

Sentenza per esteso

 

1) Beni culturali e Ambientali - Costituzione del vincolo - Mancata affissione del decreto all’albo pretorio - Rilevanza - Limiti - Diretti interessati - Nuovi proprietari - Impugnazione (dopo decenni) - Soluzioni di continuità - Esclusione. In tema di tutela dei beni culturali ed ambientali, il vincolo, una volta apposto, non tollera soluzioni di continuità, nel senso che esso inerisce al bene e lo assoggetta al particolare regime previsto dalla legge in via definitiva (Cass. Pen. 21 dicembre 1981: sicché non assumono rilevanza le successive alienazioni che il bene subisce). Ne consegue che, una volta costituito il vincolo, la mancata affissione del decreto all’albo pretorio per l’intero periodo di tre mesi, ai sensi del secondo comma dell’articolo 4, decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, recante il testo unico delle leggi sui beni culturali e ambientali (oggi sostituito dal codice dei beni culturali e del paesaggio) può rilevare ed essere fatta valere unicamente dai diretti interessati, esistenti all’epoca dell’imposizione del vincolo, ma non può essere utilizzata, alcuni decenni dopo, per impugnare il vincolo medesimo, invocando una sorta di mancato perfezionamento del dies a quo. (Nella specie, l’esistenza del vincolo era, peraltro, ben nota risultando lo stesso nel certificato di destinazione urbanistica allegato all’acquisizione della proprietà dei terreni). Pres. Trotta - Est. Patroni Griffi - Antognolla (avv.ti Crisci e La Spina) c. Ministero per i beni e le attività culturali (Avvocatura generale dello Stato) e Comune di Perugia (avv. Cartasegna), (conferma Tribunale Amministrativo Regionale dell’Umbria n. 508 del 2003) CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 31 gennaio 2005 (C.C. 28 ottobre 2004), Sentenza n. 232

2) Beni culturali e Ambientali - Istituzione del vincolo - C.d. provvedimento definitivo - Successione legislativa - Differenze - D. L.vo 490/1999 (oggi sostituito dal codice dei beni culturali e del paesaggio) e L. n. 1497/1939. Il decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, recante il testo unico delle leggi sui beni culturali e ambientali (oggi sostituito dal codice dei beni culturali e del paesaggio) a differenza della vecchia legge 29 giugno 1939, n. 1497 (art. 4, terzo e quarto comma) non fa menzione di “provvedimento definitivo”, non essendo contemplata alcuna fase giustiziale in senso tecnico. Pres. Trotta - Est. Patroni Griffi - Antognolla (avv.ti Crisci e La Spina) c. Ministero per i beni e le attività culturali (Avvocatura generale dello Stato) e Comune di Perugia (avv. Cartasegna), (conferma Tribunale Amministrativo Regionale dell’Umbria n. 508 del 2003). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 31 gennaio 2005 (C.C. 28 ottobre 2004), Sentenza n. 232

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