Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la
seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello proposto da Confindustria Puglia - Federazione
dell’industria della Puglia, Serveco s.r.l., Calabreseenginerig s.p.a., Impresud
s.r.l., Immobil Daunia s.r.l., Lombardi Ecologia s.r.l., Fosso del Prete Soc.
consortile a r.l., Sud Gas s.r.l., Monticava Strade s.r.l., Ecologica s.p.a.,
Axa s.r.l., Gial Plast s.r.l., Co. Gene s.r.l. e I.CO.M. di Pasquale Muccio,
nelle persone dei legali rappresentanti, rappresentati e difesi dall’avvocato
prof. Ernesto Sticchi Damiani ed elettivamente domiciliati in Roma Via L.
Mantegazza n. 24 presso il cav. L. Gardin;
APPELLANTI
contro
il Presidente p.t. della Regione Puglia, n.q. di Commissario delegato per
l’emergenza ambientale, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello
Stato presso la quale domicilia per legge in Roma Via dei Portoghesi n. 12;
il Ministero dell’interno, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso
dall’Avvocatura Generale dello Stato presso la quale domicilia per legge in Roma
Via dei Portoghesi n. 12;
e nei confronti della Regione Puglia, in persona del legale rappresentante,
rappresentato e difeso dall’avvocato Pietro Nicolardi ed elettivamente
domiciliato in Roma Via L. Mantegazza n. 24 presso il cav. L. Gardin;
APPELLANTE INCIDENTALE
dell’Autorità per la gestione dei
rifiuti urbani del bacino Ba/4, non costituita;
del comune di Spinazzola, non costituito;
con intervento ad opponendum
del Consorzio Co. Ge. Am., in persona del legale rappresentante, rappresentato e
difeso dall’avvocato Pietro Quinto ed elettivamente domiciliato in Roma Via
Cosseria n. 2 presso l’avv. Alfredo Placidi;
ed intervento ad adiuvandum
di Lombardi Ecologia s.r.l., Ing. Orfeo Mazzitelli s.p.a. e Ecoambiente
s.r.l., nelle persone dei legali rappresentanti, rappresentati e difesi
dall’avvocato prof. Ernesto Sticchi Damiani ed elettivamente domiciliati in Roma
Via Bocca di Leone n. 78 (studio B.D.L.);
per l'annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia - Sez.
II di Bari 9.6.2004 n. 2484;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio delle parti appellate e l’appello
incidentale della Regione;
Visti gli atti di intervento;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visto il dispositivo di sentenza n. 73/2005;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica Udienza del 1 febbraio 2005 il Consigliere A. Anastasi;
uditi gli avv.ti E. Sticchi Damiani, P. Nicolardi e P. Quinto;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con bando di gara in data 17 dicembre 2003 il Presidente della Regione Puglia
- Commissario delegato per l’emergenza ambientale ha indetto un pubblico incanto
ai sensi del D. L.vo n. 157 del 1995 per l’affidamento - secondo il criterio
dell’offerta economicamente più vantaggiosa - della progettazione, costruzione e
gestione per la durata di anni 17 e mesi 6 di un sistema impiantistico completo
a servizio del bacino Ba/4 costituito da un centro di selezione ed una linea di
biostabilizzazione (con potenzialità di 300 tonnellate giornaliere) e di un
impianto di produzione di C.D.R. e/o di termovalorizzazione rifiuti, da
realizzare in sito proposto dal concorrente.
Tanto in attuazione dei poteri previsti dall’Ordinanza Ministero dell’interno
22.3.2002 n. 3184 (come integrata dall’Ordinanza P.C.M. 12.3.2003 n. 3271)
secondo cui “ il Commissario delegato - Presidente della Regione Puglia a
seguito di procedure di gara comunitaria, anche con il contributo finanziario
commissariale o attraverso procedure di finanza di progetto, stipula contratti
per la realizzazione e/o gestione di impianti a titolarità pubblica di
produzione di combustibile derivato da rifiuti e/o di termovalorizzazione”.
Il bando e gli atti ad esso presupposti sono stati impugnati da imprese pugliesi
operanti nel settore della gestione rifiuti ed interessate a partecipare alla
procedura concorrenziale nonchè da Confindustria Puglia, nella sua qualità di
associazione rappresentativa del mondo imprenditoriale, statutariamente deputata
a tutelare gli interessi di categoria.
In sintesi, i ricorrenti hanno lamentato gli effetti esasperatamente restrittivi
- in termini di accesso alla procedura - derivanti dalle clausole che fissano i
requisiti soggettivi di partecipazione e le conseguenze discriminatorie
discendenti dalla scelta del Commissario di porre unitariamente a gara attività
e prestazioni del tutto disomogenee.
In particolare, la prima - e centrale - censura dedotta a sostegno del gravame
era volta a contestare la scelta del Commissario di configurare l’affidamento in
questione quale appalto di servizi e non concessione di lavori pubblici, con
conseguente inapplicabilità della legge n. 109 del 1994.
Da tale scelta, come concretizzatasi nelle specifiche clausole del bando, è
derivata l’esclusione dalla gara di tutte le imprese (pure da anni operanti in
ambito regionale nel settore trattamento rifiuti) non in possesso della
qualificazione SOA per le categorie e qualifiche richieste e quindi - in
sostanza - non in grado di eseguire direttamente i lavori di realizzazione degli
impianti.
Da tale scelta è inoltre derivata, naturalmente, la violazione sotto molteplici
profili delle norme comunitarie e interne che disciplinano le concessioni di
lavori pubblici.
Con la seconda censura veniva poi lamentata la violazione delle norme che
impongono, anche nel caso di procedure per l’affidamento di pubblici servizi,
l’indicazione almeno in via presuntiva dell’importo dei lavori posto a base di
gara.
Tale omissione ha in sostanza comportato l’individuazione di requisiti
soggettivi di partecipazione (in termini di fatturato nel triennio ed importo di
servizi svolti) fissati in maniera assai elevata, e comunque indipendentemente
da ogni rapporto di proporzionalità con l’importo complessivo dell’investimento
in concreto richiesto.
In sostanza, a fronte di un intervento di importo massimo stimabile come non
superiore a 35 milioni di Ecu, sono stati esclusi dalla procedura tutti i
soggetti che non avessero svolto nel triennio precedente servizi analoghi per
almeno 15 milioni (pari a 8 volte il requisito minimo legale) e che non avessero
conseguito un fatturato minimo di 30 milioni (pari a tre volte il requisito
minimo legale): così determinandosi una immotivata e discriminatoria restrizione
della platea dei partecipanti.
A ciò deve aggiungersi che nelle varie procedure contestualmente bandite i
requisiti di partecipazione sono stati valorizzati - senza alcuna motivazione -
secondo importi differenti.
Con la terza censura è stata lamentata l’imposizione, con riferimento alle
modalità di determinazione dell’offerta economica da parte dei concorrenti, di
clausole irragionevoli e tali da impedire ex ante il necessario calcolo di
convenienza.
In sostanza, il Commissario - mediante la fondamentale clausola di immutabilità
della tariffa offerta - ha totalmente accollato ai concorrenti l’alea derivante
dalla variabilità del quantitativo totale dei rifiuti conferiti nel periodo di
riferimento.
Con la quarta censura è stata stigmatizzata l’indizione di una gara ad oggetto,
per così dire, variabile, essendo rimessa in toto ai concorrenti la scelta di
realizzare un impianto di produzione CDR o un termovalorizzatore.
In proposito, si sottolinea da un lato che le due diverse tipologie di
trattamento sono in atto sottoposte ad un regime giuridico ben differente (e
cioè pubblicistico per il CDR, imprenditoriale per la termovalorizzazione);
dall’altro che le diverse caratteristiche strutturali e funzionali di tali
impianti rendono impossibile - sia in fase di offerta che in sede di valutazione
- ogni comparazione fra le due opzioni operative consentite dal bando.
Con la quinta censura è stata lamentata la mancata previsione della possibilità
(o obbligo) per l’aggiudicatario di costituire una società di progetto, quale
soggetto economico collettivo cui imputare le obbligazioni nascenti dal rapporto
concessorio.
Con la sesta censura è stata dedotta la violazione del divieto di cumulo (ex
art. 23 c. 4 D. L.vo n. 157 del 1995) in capo allo stesso soggetto affidatario
della attività di progettazione e di quella di realizzazione/gestione dei
servizi appaltati.
E’ stata poi lamentata l’immotivata invasione da parte del Commissario di ambito
operativi di competenza delle Autorità di bacino per la gestione dei rifiuti
nonchè l’introduzione di un regime di privativa pubblica per le attività di
termovalorizzazione, invece oggi liberamente esercitabili in regime di mercato.
Con successivi motivi aggiunti i ricorrenti hanno provveduto ad impugnare
ulteriori provvedimenti commissariali con i quali venivano corretti errori
materiali contenuti negli atti di gara e venivano fornite precisazioni e
rettifiche.
Con la sentenza in forma semplificata in epigrafe indicata il Tribunale,
accogliendo eccezioni formulate dalla intervenuta Regione Puglia, ha dichiarato
irricevibile per tardività il ricorso nella parte rivolta all’impugnazione del
Decreto n. 313 del 2003 ed ha dichiarato inammissibile per carenza di
legittimazione l’impugnativa proposta dalla Confindustria, ritenendo non provato
che la tutela dei principi di concorrenza e apertura del mercato rientri tra le
finalità statutarie dell’associazione.
Il Tribunale ha invece espressamente disatteso, richiamando i più recenti
orientamenti della giurisprudenza comunitaria, l’ulteriore eccezione di
inammissibilità del ricorso per carenza di interesse dedotta dalla Regione nei
confronti delle singole imprese, sul rilievo che le stesse non avevano
presentato domanda di partecipazione alla gara.
Nel merito, il Tribunale ha respinto il gravame ritenendo in primo luogo
corretta la scelta dell’Amministrazione di qualificare l’oggetto della gara come
appalto di servizio piuttosto che come concessione di costruzione e gestione e
disattendendo per conseguenza tutte le doglianze volte a lamentare violazioni
della normativa sui lavori pubblici nonché quelle volte a denunciare una
presunta indeterminatezza dell’oggetto dell’appalto.
In tal senso, rileva la sentenza impugnata che l’oggetto dell’appalto consiste
nel servizio di recupero dei rifiuti, rispetto al quale la realizzazione degli
impianti infrastrutturali (per CDR o termovalorizzazione, a scelta degli
offerenti) costituisce elemento accessorio.
Inconferente è stata poi ritenuta la doglianza relativa alla mancata previsione
della facoltà per il concessionario di costituire una società di progetto,
trattandosi di istituto previsto unicamente dalla normativa (art. 37 quinquies
L. n. 109 del 1994) relativa alle concessioni di lavori.
Quanto alla mancata indicazione preventiva dell’importo dell’appalto ed alla
conseguente irragionevolezza delle clausole che impongono determinati requisiti
di partecipazione, il Tribunale ha rilevato che il presupposto Decreto
commissariale n. 296/2002 contiene una analitica valutazione dei costi relativi
agli impianti e alla loro gestione, in riferimento alle caratteristiche
peculiari dei diversi bacini di utenza interessati.
Infondate sono state perciò ritenute le censure relative alla omessa indicazione
nel bando di criteri idonei a consentire una valutazione da parte delle imprese
in ordine alla convenienza economico-finanziaria della gara nonché alla asserita
impossibilità di comparare offerte concernenti progetti estremamente diversi per
le soluzioni tecniche adottate.
Quanto al divieto di cumulo in capo allo stesso soggetto delle attività di
progettazione degli impianti e di quelle di realizzazione degli stessi - posto
dall’art. 23 comma 4 D. L.vo n. 157 del 1995 - si è rilevato che esso vale solo
quando la progettazione costituisce fase procedimentale autonoma anteriore allo
svolgimento della gara, mentre nel caso in esame la progettazione costituisce
uno degli oggetti intrinseci dell’appalto.
Infine il Tribunale ha disatteso tutti i motivi di ricorso volti a denunciare
profili di illegittimità o incompetenza nell’esercizio dei poteri straordinari
da parte del Commissario.
La sentenza è impugnata in via principale dagli appellanti in epigrafe indicati
col ricorso all’esame, nel quale si contesta innanzi tutto la dichiarata
inammissibilità dell’impugnazione proposta da Confindustria Puglia, sia in
generale sia in particolare con riferimento alle censure relative alla mancata
previsione nel bando della facoltà di costituzione della società di progetto
nonchè alla introduzione di un regime di privativa pubblica nelle attività di
termovalorizzazione.
Nel merito, gli appellanti tornano a dedurre, in opportuna rimodulazione
rispetto al decisum, tutte le censure già versate in prime cure, sottoponendo in
particolare a serrata critica gli argomenti in base ai quali il Tribunale ha
condiviso la qualificazione della gara in controversia come appalto di servizi.
Si è costituito il Commissario straordinario, instando per il rigetto
dell’appello.
Si è costituita la Regione, la quale torna a proporre in forma incidentale le
eccezioni (già espressamente disattese) di inammissibilità del ricorso in quanto
proposto da imprese che non hanno domandato di partecipare alla gara e di
tardività dell’impugnazione rivolta avverso l’O.M. 3184/2002, considerata atto
immediatamente lesivo.
La Regione eccepisce altresì l’inammissibilità del ricorso per quanto proposto
dalla Confindustria a causa della conflittualità delle posizioni sostanziali
degli imprenditori iscritti; l’inammissibilità del ricorso in quanto proposto in
forma collettiva da imprese aventi differenti caratteristiche e dunque anche
esse in situazione potenzialmente conflittuale; infine, e più in generale, la
assoluta genericità delle censure dedotte senza specifica individuazione delle
clausole del bando immediatamente lesive.
E’ intervenuto in giudizio ad opponendum il Consorzio a r.l. Co. Ge. Am., n.q.
di ammesso a tutte le gare bandite (salvo quella relativa all’ambito di
Brindisi) il quale eccepisce l’inammissibilità del ricorso di primo grado in
quanto proposto da imprese che non hanno partecipato alla gara e da
Confindustria in un contesto di oggettiva conflittualità fra le posizioni di
diversi soggetti imprenditoriali tutti iscritti all’Associazione.
Sotto un diverso profilo il Consorzio deduce l’inammissibilità del gravame in
quanto le imprese ricorrenti lamentano la mancata applicazione della normativa
sui lavori pubblici pur non avendo i requisiti necessari per la partecipazione
ad una eventuale gara per l’affidamento di una concessione di costruzione e
gestione.
Sono intervenute in giudizio ad adiuvandum le Imprese in epigrafe indicate, ivi
compresa la Lombardi Ecologica s.r.l. che in precedenza aveva rinunciato
all’appello.
Con ord.za adottata nella Camera di consiglio del 7 ottobre 2004 la Sezione ha
respinto l’istanza cautelare versata in via incidentale dagli appellanti.
All’udienza del 1 febbraio 2005 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
2. L’appello principale e quello incidentale vanno riuniti perchè rivolti
avverso la stessa sentenza.
Entrambi sono infondati e vanno quindi respinti.
Procedendo all’esame delle questioni di rito, va in primo luogo esaminata la
singolare posizione processuale della Soc. Lombardi Ecologia, la quale dopo aver
impugnato la sentenza di primo grado ha rinunciato all’appello con atto non
notificato ed è successivamente reintervenuta ad adiuvandum.
Tale intervento è ovviamente inammissibile: come chiarito da consolidata
giurisprudenza è infatti inammissibile l’intervento ad adiuvandum nel grado di
appello spiegato nel processo amministrativo da un soggetto che, cointeressato
rispetto all’appellante e parte nel primo grado di giudizio, sia ex se
legittimato a proporre direttamente gravame in via principale, considerato che
in tale ipotesi l’interveniente non fa valere un mero interesse di fatto, bensì
un interesse personale all’impugnazione di capi della sentenza immediatamente
lesivi, che può far valere solo mediante proposizione di appello nei prescritti
termini di impugnazione. (cfr. IV Sez. 15.5.2002 n. 2592).
Per quanto riguarda la precedente rinuncia non notificata, essa dovrebbe
comportare l’improcedibilità dell’appello per sopravvenuto difetto di interesse:
tuttavia, nella descritta situazione processuale non pare al Collegio che la
mera sottoscrizione dell’atto, non ritualmente notificato, possa tuttora
costituire sintomo non equivoco del radicale venir meno dell’interesse della
parte a conseguire una decisione di merito ad essa favorevole.
Sempre con riferimento alle questioni di rito, va confermata l’inammissibilità
del ricorso proposto da Confindustria Puglia.
Come sopra riferito, tale inammissibilità è stata affermata dal Tribunale in
quanto l’Associazione ricorrente non ha provato che la tutela dei principi di
concorrenza e apertura del mercato rientra tra le sue finalità statutarie.
A tale statuizione l’appellante principale oppone due diversi rilievi, il primo
dei quali - di portata generale - concerne la legittimazione dell’Associazione
delle imprese pugliesi a pretendere che le gare indette dal Commissario siano
aperte alla partecipazione di tutti gli imprenditori operanti, in ambito locale,
nel settore dei rifiuti e non ristrette (mediante la previsione di requisiti
economico finanziari sovrastimati) ad esigue entità iperqualificate,
sostanzialmente estranee alla realtà regionale.
Sotto un profilo più particolare l’appellante deduce che in ogni caso
l’ammissibilità del ricorso proposto dall’associazione imprenditoriale appare
evidente in relazione alle censure volte a stigmatizzare da un lato la
surrettizia introduzione, mediante gli atti commissariali, di un regime di
riserva pubblica infraregionale per attività (di recupero dei rifiuti) invece
liberalizzate a livello nazionale; dall’altro, la mancata previsione della
facoltà di costituire società di progetto, strumento fondamentale per la
promozione di sinergie nell’ambito imprenditoriale pugliese.
Il Collegio non condivide tale prospettazione, non ravvisando nella fattispecie
motivi per discostarsi dall’orientamento giurisprudenziale consolidato - e di
recente ribadito da VI Sez. 21.4.2004 n. 2281, con riferimento a controversia
azionata dall’Associazione di categoria di tutti i costruttori edili a tutela
però solo degli iscritti di dimensioni medie o piccole - secondo cui la
legittimazione delle Associazioni di categoria a proporre ricorso
giurisdizionale è da escludere quando l’associazione insorge in giudizio per far
valere gli interessi solo di una parte dei suoi componenti e trascurando quelli,
eventualmente, di segno contrario.
Al riguardo, si premette da un lato che la questione ora specificamente evocata
non è in realtà coperta da giudicato, non avendo la sentenza impugnata
espressamente rigettato ma solo assorbito la relativa eccezione, a fronte di
altri rilievi di inammissibilità reputati prevalenti; dall’altro che in ogni
caso l’eccezione relativa al conflitto di interessi fra gli iscritti
all’associazione è stata qui riproposta in forma incidentale dalla Regione.
Tanto chiarito, si osserva in primo luogo che nel caso in esame l’associazione
agisce - essenzialmente - a tutela delle imprese già operanti nel settore del
trattamento rifiuti, ma non in grado di eseguire i lavori impiantistici per
mancanza dell’attestazione SOA o di partecipare alla gara per difetto dei
requisiti economico-finanziari.
In proposito, come si vedrà in seguito, è contestato se il bando di gara
precludesse veramente la partecipazione in forma associata ad imprese di servizi
prive di SOA, di talchè l’impugnativa proposta da Confindustria appare già
potenzialmente confliggente con la posizione differenziata acquisita da quelle
Imprese di settore (ad es. la predetta Lombardi o la soc. CISA poi confluita nel
consorzio interveniente) che hanno comunque obiettivamente partecipato anche con
successo alla selezione, pur in difetto del grado di qualificazione
asseritamente necessario.
In disparte tale dirimente rilievo, sta di fatto che il contesto produttivo
regionale, per come rappresentato negli atti di causa, registra in riferimento
agli atti adottati dal Commissario una marcata contrapposizione tra gli
interessi reali di varie categorie di imprese differenziate per tipologia
funzionale (costruzioni, impiantistica o servizi) e per dimensione strutturale
(grandi o medio-piccole) ma parimenti radicate anche in ambito regionale e da
ritenere riconducibili alla realtà associativa, il cui carattere ontologicamente
variegato la stessa appellante non può non ammettere.
Ne deriva che nel caso in esame non sembrano valorizzabili quelle aperture
giurisprudenziali (puntualmente richiamate dall’appellante) le quali, facendo
leva sul carattere qualitativamente unitario e metaindividuale dell’interesse di
categoria, ne ammettono l’azionabilità in sede giurisdizionale da parte
dell’Ordine o Associazione esponenziale anche in caso di conflitto con posizioni
di singoli iscritti, in ipotesi beneficiari di provvedimenti che quell’interesse
invece ledono.
In tal senso, in giurisprudenza è stato effettivamente rilevato ad esempio che
la legittimazione di un Ordine professionale ad agire in giudizio per ottenere
un vantaggio giuridicamente riferibile all'intera sfera della categoria, non può
essere esclusa per conflitto di interessi interni alla stessa in base alla
circostanza di mero fatto che alcuni professionisti possano aver beneficiato del
provvedimento che l'Ordine assume lesivo dell'interesse istituzionalizzato di
categoria (cfr. per una completa disamina della problematica V Sez. 3.6.1996 n.
624, nonchè 7.3.2001 n. 1339).
E tuttavia nel caso in esame, come si è visto, la contrapposizione non riguarda
la categoria delle imprese pugliesi unitariamente intesa e alcune tra queste
occasionalmente beneficiarie dei provvedimenti commissariali, ma gruppi
tipologicamente individuabili di imprese iscritte che hanno interessi
reciprocamente confliggenti.
A ciò si aggiunga che - come ben posto in evidenza dal Tribunale - il petitum
sostanziale in base al quale l’Associazione agisce in giudizio nemmeno si
inquadra, a ben vedere, nella missione statutaria o istituzionale della stessa.
Infatti, nonostante gli sforzi difensivi profusi dall’appellante ed a
prescindere da ogni ulteriore approfondimento in ordine alla indubbia
polivalenza se non genericità delle pertinenti previsioni statutarie nazionali e
regionali, deve rilevarsi che nella specie Confindustria fornisce una
prospettazione della situazione giuridica lesa in termini di depotenziamento del
livello di concorrenzialità e di restrizioni all’accesso alla selezione, mentre
in realtà la vera ragione del suo domandare risiede - in sintesi - nella
fissazione di requisiti di ammissione alla stessa reputati troppo elevati in
rapporto al livello medio dell’imprenditoria di settore.
In sostanza, l’Associazione affronta una problematica ordinamentale - quella
della qualificazione doverosamente adeguata delle imprese che contrattano con la
mano pubblica - che è estranea ai suoi fini statutari e rispetto alla quale,
quindi, neanche in termini presuntivi (cioè in astratto, secondo TAR Lazio III
Sez. 11.3.2004 n. 2375 poi annullata dalla dec. 2281/2004 all’inizio citata) può
ipotizzarsi un interesse unitario della categoria rappresentata, prevalente su
quello opposto delle imprese iscritte in possesso dei requisiti.
Diversamente da come sostiene l’appellante, la rilevata carenza di
legittimazione al ricorso di Confindustria sussiste anche con riferimento alle
due specifiche censure sopra richiamate (società di progetto e privativa
pubblica) essendo evidente - ancora una volta, al di là della suggestiva
prospettazione di parte - che l’Associazione deducendo tali doglianze trascura
del tutto la posizione delle aderenti qualificate, le quali vantano un interesse
diametralmente opposto all’accoglimento di tali motivi.
3. La Regione torna a prospettare in forma incidentale l’eccezione - già
disattesa nella sentenza impugnata - di inammissibilità del ricorso in quanto
proposto da soggetti che non hanno partecipato alla gara.
L’eccezione va ad avviso del Collegio respinta.
Al riguardo, la giurisprudenza amministrativa di primo e secondo grado è tuttora
prevalentemente orientata nel senso che solo con la presentazione della domanda
di partecipazione alla gara d' appalto l’Impresa assume una situazione giuridica
differenziata rispetto a quella delle altre ditte presenti sul mercato,
ergendosi solo in tal caso essa a titolare di un interesse legittimo
giudizialmente tutelato, che la abilita a sindacare la legittimità del bando di
gara alla quale ha dimostrato in concreto di voler partecipare (cfr. fra le
recenti, oltre ad Ap. 29.1.2003 n. 1, V Sez. 4.4.2004 n. 2705 e 23.8.2004 n.
5572).
In tale prospettiva si rileva da un lato che la domanda giudiziale volta alla
caducazione degli atti di una procedura concorsuale di cui si contesti la
legittimità presuppone che l’attore qualifichi e differenzi il proprio interesse
in termini di attualità e concretezza ex art. 100 cod. proc. civ. rispetto a
quello della generalità dei consociati mediante la proposizione di una domanda
di partecipazione alla gara o la formulazione della propria offerta; dall’altro
che l’interesse tutelato non può essere quello generico al rifacimento della
gara, proprio di tutte le imprese rimaste estranee al procedimento, bensì quello
specifico ad una partecipazione finalizzata all’ottenimento dell’aggiudicazione,
cui possono aspirare soltanto i partecipanti alla gara medesima, anche
attraverso l’eliminazione di clausole eventualmente lesive.
A tale prevalente impostazione si è contrapposto - in tema di gare - un
indirizzo sin qui obiettivamente minoritario del quale costituiscono
significativa espressione per quanto riguarda il Consiglio di Stato - oltre alla
sovente citata V Sez. 20.9.2001 n. 4970, in realtà relativa al caso peculiare
dell’aggiudicatario di gara annullata che ne impugni la riedizione senza
parteciparvi - in particolare le decisioni VI Sez. 24.5.2004 n. 3386 e V Sez.
14.2.2003 n. 794 nonchè il parere II Sez. 7.3.2001 n 149.
A sostegno di tale indirizzo si rileva da un lato che qualora il ricorrente
risulti leso in quanto la partecipazione alla procedura è preclusa dallo stesso
bando, sussiste l’interesse a gravare la relativa determinazione - a prescindere
dalla mancata presentazione della domanda - posto che l’impugnante ha proprio
interesse a impedire lo svolgimento della procedura selettiva (dec. n. 794 del
2003 cit.); dall’altro che in presenza di una clausola preclusiva la
presentazione della domanda si risolve in un adempimento formale inevitabilmente
seguito da un atto di estromissione, con un risultato analogo a quello di
un'originaria preclusione e perciò privo di una effettiva utilità pratica
ulteriore (par. n. 149 del 2001 cit.).
Nella stessa prospettiva - sia pure con riferimento a pubblico concorso - è
stato del resto rilevato sul piano sistematico che la domanda di partecipazione
formale non costituisce in realtà elemento che diversifica e qualifica la
posizione di un soggetto rispetto a quella di tutti gli altri soggetti
potenzialmente lesi e dei quali non è dato sapere se abbiano o meno un concreto
interesse a partecipare alla procedura e che la legittimazione del ricorrente,
in termini di qualificazione e differenziazione, più che al dato meramente
formale dell'istanza di partecipazione, deve riconnettersi al possesso di tutti
gli altri requisiti previsti dal bando (cfr. VI 20.10.2003 n. 6429)
Con decisione 12.2.2004 - C7230/02 la Corte di Giustizia C.E. ha comunque
rilevato che nell'ipotesi in cui un'impresa non abbia presentato un'offerta a
causa della presenza di specifiche che asserisce discriminatorie nei documenti
relativi al bando di gara o nel disciplinare, le quali le avrebbero proprio
impedito di essere in grado di fornire l'insieme delle prestazioni richieste,
essa avrebbe tuttavia il diritto di presentare un ricorso direttamente avverso
tali specifiche, e ciò prima ancora che si concluda il procedimento di
aggiudicazione dell'appalto pubblico interessato.
Infatti, secondo la Corte, sarebbe eccessivo esigere che un'impresa che
asserisca di essere lesa da clausole discriminatorie contenute nei documenti
relativi al bando di gara, prima di poter utilizzare le procedure di ricorso
previste dalla direttiva 89/665 contro tali specifiche, presenti un'offerta
nell'ambito del procedimento di aggiudicazione dell'appalto di cui trattasi,
quando persino le probabilità che le venga aggiudicato tale appalto sarebbero
nulle a causa dell'esistenza delle dette specifiche.
Da tale arresto - del quale hanno preso atto tra l’altro V Sez. 11.11.2004 n.
7341 e VI Sez. (ord.za) 21.12.2004 n. 6110 - discende in generale che non è più
sostenibile l'esigenza della presentazione della domanda di partecipazione
nell'ipotesi in cui le prescrizioni di un bando di gara comunitaria siano in
modo assoluto preclusive della partecipazione a determinati soggetti, aventi in
astratto titolo a parteciparvi: l’eccezione in rassegna va quindi disattesa.
In proposito, la Regione eccepisce ulteriormente che le ricorrenti nemmeno
avrebbero dato prova certa del fatto che una eventuale loro domanda sarebbe
stata respinta.
Aggiunge l’interveniente Consorzio che anzi il bando di gara, ove correttamente
interpretato, consentiva in realtà la partecipazione anche di imprese non
qualificate.
A ben vedere, dunque, si eccepisce che in concreto le imprese non avrebbero
avuto interesse a contestare una clausola in realtà non preclusiva nei loro
confronti.
Al riguardo osserva il Collegio da un lato e soprattutto che - come dedotto
dalle appellanti principali - l’interpretazione della clausola del bando
asseritamente preclusiva sostenuta dalle imprese è stata fatta propria dal primo
giudice con statuizione non gravata in via incidentale; dall’altro che comunque
le condizioni dell’azione vanno tendenzialmente verificate in termini di
allegazione, mentre l’effettiva sussistenza dei fatti costitutivi e lesivi della
posizione giuridica che si assume violata costituisce oggetto della fase di
cognizione.
Il Consorzio interveniente prospetta un nuovo profilo di inammissibilità del
ricorso introduttivo per difetto di interesse, osservando che le Imprese
ricorrenti - giusta quanto si deduce dalle allegate visure camerali - non
avrebbero in realtà i requisiti (di capitale minimo) necessari per partecipare
alle invocate gare per concessioni di lavori pubblici.
In sostanza, secondo Cogeam, le ricorrenti domandano un bene della vita -
configurazione dell’appalto come di lavori anzichè di servizi - al cui
conseguimento non hanno interesse concreto, in quanto non potrebbero comunque
partecipare alla eventuale gara.
L’eccezione - che va comunque esaminata coinvolgendo questioni rilevabili
d’ufficio in grado di appello in difetto di pronuncia espressa da parte del
primo giudice - deve però essere disattesa.
Dovendosi - per il profilo ora in rassegna - ragionare in termini di concessione
di lavori, la partecipazione dell’impresa alla auspicata gara potrebbe infatti
in teoria realizzarsi, oltre che in forma individuale, anche tramite R.T.I. o
consorzio, nel qual caso il requisito previsto dall’art. 98 c. 1 lett. b) del
DPR n. 554 del 1999 (e cioè il capitale sociale capitale sociale non inferiore
ad un ventesimo dell’investimento) andrà verificato secondo le percentuali di
riduzione indicate nell’art. 95 dello stesso Regolamento.
4. Sulla scorta delle considerazioni sin qui svolte, occorre ora procedere al
vaglio delle doglianze di merito dedotte con l’appello principale.
Con il fondamentale motivo le appellanti tornano a dedurre che illegittimamente
il Commissario ha configurato la procedura in termini di appalto di servizio
sottoposto alle regole del D. L.vo n. 157 del 1995, e ciò in quanto nel caso in
esame l’affidamento doveva qualificarsi (alternativamente) quale concessione di
pubblico servizio oppure soprattutto quale concessione di costruzione e gestione
di opere pubbliche o pubblica utilità.
Il mezzo non è fondato.
Per quanto riguarda il primo profilo - che in realtà non risulta evocato in
primo grado in modo adeguatamente nitido e che di fatto non è stato esaminato
dal Tribunale - l’appellante evidenzia i tratti distintivi tra i due moduli,
osservando che nell’appalto il rapporto giuridico è bilaterale e la
remunerazione dell’attività svolta dall’appaltatore è a carico diretto della
stazione appaltante senza rischio di gestione; mentre nella concessione il
rapporto è trilaterale e coinvolge anche il fruitore o utente a carico del quale
grava il costo del servizio.
A giudizio del Collegio, la ricostruzione sistematica fornita dall’appellante -
nella misura in cui prescinde dall’attribuire rilievo predominante alla
qualificazione formale del titolo di affidamento ponendo invece l’accento sulla
diversità dell’oggetto sostanziale dei due contigui istituti giuridici, appare
senz’altro in linea con i più recenti esiti della giurisprudenza sia comunitaria
che di questo Consiglio di Stato (cfr. per tutte V Sez. 22.7.2002 n. 4012).
E tuttavia occorre osservare per un verso che nel caso in esame non tutto
l’investimento sarà remunerato dall’utenza in quanto parte dei costi di impianto
è coperta da finanziamenti pubblici; per l’altro, soprattutto, che dalla
richiamata distinzione non consegue in alcun modo la necessaria applicabilità
alla procedura in controversia (ove anche inquadrata nell’ottica concessoria)
delle regole specifiche divisate dalla normativa regolamentare sui lavori
pubblici.
Con il che, tutti gli sforzi difensivi profusi sul punto dagli appellanti si
rivelano non produttivi.
Infatti, anche volendo ipotizzare che quella in controversia fosse una procedura
di selezione a fini concessori e quindi non direttamente disciplinata dal D.
L.vo n. 157 del 1995, non perciò la stazione appaltante era vincolata ad
applicare la normativa di cui alla legge n. 109 del 1994, potendo essa limitarsi
a garantire il rispetto dei principi comunitari di proporzionalità, adeguatezza
e non discriminazione la cui violazione in via autonoma non è stata però in
generale posta in discussione.
Per quanto riguarda il secondo e nodale profilo, gli appellanti affermano che la
procedura indetta dal Commissario riguarda in realtà non un appalto di servizi
ma una concessione di costruzione e gestione di opere pubbliche o di pubblica
utilità.
In sostanza, l’oggetto proprio e verace delle gare è la realizzazione di
impianti (per produzione CDR. termovalorizzazione, selezione, biostabilizzazione
e discarica) in precedenza non esistenti, da remunerarsi con la riscossione di
tariffe gestionali a carico dei fruitori: di talchè la gestione - riguardata dal
punto di vista obiettivo - costituisce elemento accessorio, in definitiva
funzionale solo a consentire l’esecuzione dei lavori senza oneri per
l’Amministrazione.
Come risulta dalla narrativa, a fronte di tale impostazione la sentenza
appellata ha invece ritenuto oggetto primario dei provvedimenti impugnati la
gestione innovativa del servizio di smaltimento e trattamento r.u., rispetto
alla quale la realizzazione di nuovi impianti o il potenziamento di quelli
esistenti si pone in termini obiettivamente accessori o secondari, comprovati
dal fatto che la scelta fra le diverse soluzioni strutturali ipotizzabili (CDR o
termovalorizzazione) è dal bando rimessa alle imprese concorrenti.
Ed a tale approdo ermeneutico il Tribunale è pervenuto da un lato valorizzando
la previsione dell’art. 27 del D. L.vo n. 22 del 1997, espressiva del favor
legislativo verso l’accorpamento in capo ad un unico soggetto della
realizzazione degli impianti e della gestione del servizio; dall’altro
richiamando quegli arresti giurisprudenziali che, in riferimento a gare aventi
per oggetto l’affidamento di attività a carattere imprenditoriale a servizio
della collettività, considerano necessario lo strumento dell’appalto di servizi.
A tali condivisibili rilievi, il Collegio ritiene di dover aggiungere già sul
piano generale che nel caso in esame sembrano difettare i connotati essenziali
dell’istituto relativo alla concessione di costruzione e gestione in quanto la
tariffa posta a carico dei fruitori - lungi dal collegarsi sinallagmaticamente
ed unicamente ex art. 19 c. 2 L. n. 109 all’investimento necessario per
realizzare i lavori - è in realtà volta a remunerare un servizio unitario e più
complesso.
In effetti, come chiarito dalla giurisprudenza, qualora un affidamento contempli
l’esecuzione di lavori congiuntamente alla gestione di un servizio, la linea di
demarcazione tra i diversi istituti va individuata avendo di mira la direzione
del nesso di strumentalità che lega gestione del servizio ed esecuzione dei
lavori, nel senso che solo laddove la gestione del servizio sia strumentale alla
costruzione dell’opera in quanto consente il reperimento dei mezzi finanziari
necessari alla sua realizzazione è configurabile l’ipotesi della concessione di
lavori pubblici (cfr. V Sez. 11.9.2000 n. 4795).
In conclusione, in un contesto in cui viene in rilievo il servizio di gestione
di un sistema integrato (oltre che di raccolta, di compostaggio, smaltimento,
recupero e riutilizzo energetico) dei rifiuti, non convince la tesi secondo cui
i proventi ritraibili da detta gestione rappresenterebbero il mero corrispettivo
per gli oneri di costruzione degli (eventuali) impianti.
Di talchè, una volta esclusa la ricorrenza dei presupposti necessari per
configurare una concessione di costruzione e gestione, appare non concludente il
richiamo degli appellanti a quel filone giurisprudenziale secondo il quale in
ambito concessorio non rileva la eventuale prevalenza quantitativa del profilo
gestionale rispetto a quello infrastrutturale.
Riguardando allora la questione sotto una diversa prospettiva, si osserva poi
che gli appellanti omettono del tutto di considerare il valore economico delle
due diverse prestazioni oggetto del contratto (“misto”) da stipulare, e ciò in
un contesto in cui gli esiti delle gare - come del resto sostenuto
dall’interveniente Consorzio senza contestazioni ex adverso - sembrano ormai
evidenziare una incidenza dei lavori inferiore al 50% delle offerte complessive,
con conseguente legittima applicazione della normativa sugli appalti di servizi
secondo il discrimine obiettivo fissato dall’art. 2 c. 1 L. n. 109 del 1994 come
modificato dalla L. n. 415 del 1998 e dall’art. art. 3 c. 3 D. L.vo n. 157 del
1995 come modificato dal D. L.vo n. 65 del 2000).
In disparte ogni approfondimento in ordine ai rapporti che intercorrono tra il
criterio quantitativo introdotto dalle disposizioni interne ora citate rispetto
a quello della accessorietà valorizzato in sede comunitaria per i contratti
misti di lavori e servizi (cfr. 16^ considerando Dir. 92/50 sugli appalti di
servizi nonchè Corte di giustizia C.E. 19.4.1994 n. 331/92 per appalto misto di
esecuzione lavori e cessione di beni), resta poi ad avviso del Collegio che nel
caso in esame i lavori, indipendentemente dalla loro sub-valenza sul piano
quantitativo, non hanno - ciò va ribadito - quel carattere principale sotto il
profilo funzionale che gli appellanti pretendono.
In tal senso, come precisamente posto in luce dal Tribunale, è intanto
assorbente il rilievo che la centralità dei lavori impiantistici (affermata
dagli appellanti nell’ottica dell’intento negoziale unitario) è incompatibile
con una procedura di evidenza nell’ambito della quale la scelta sulla tipologia
della struttura da realizzare (termovalorizzatore o impianto CDR) è rimessa ai
concorrenti, il che fa evidente a giudizio del Collegio come l’infrastruttura
materiale costituisca elemento secondario nella logica complessiva dell’appalto.
In secondo luogo - come anche si vedrà in seguito - l’oggetto primario e
centrale dell’intervento commissariale concretizzatosi nei provvedimenti
impugnati attiene al completamento del ciclo di gestione dei rifiuti e dunque
all’aspetto gestionale, rispetto al quale le realizzazioni infrastrutturali
assumono funzione ontologicamente subordinata: profilo questo già del resto
evidenziato da quella giurisprudenza (cfr. V Sez. 10.6.2002 n. 3207 variamente
interpretata dalle parti) la quale proprio tenendo presente il criterio
discretivo dell’accessorietà divisato dal testo originario dell’art. 3 del D.
L.vo n. 157 del 1995 ha affermato che la realizzazione di un impianto di
discarica, nell’ambito del piano regionale di smaltimento rifiuti, ha funzione
soltanto strumentale e valore marginale rispetto a quello relativo alla
progettazione e gestione successiva, con conseguente inapplicabilità della
normativa sull’appalto di lavori.
E quindi, già sul piano dell’analisi generale, deve concludersi nel senso che
l’affidamento in controversia è suscettibile di inquadrarsi a legittimo titolo
nella sistematica dell’appalto di servizi.
Ciò detto, sembra però al Collegio doveroso osservare che l’impostazione
difensiva degli appellanti trascura i profili essenziali (e al di là di tutto
decisivi) inerenti l’estensione dei poteri derogatori intestati al Commissario e
la individuazione della vera natura della missione emergenziale a tale Organo
affidata.
Per quanto riguarda i poteri derogatori, fermo restando il necessario rispetto
dei principi generali dell’ordinamento essi risultano disegnati in modo
progressivamente più ampio ed incisivo dalle varie Ordinanze di Protezione
civile (nn. 2450 del 1996, 2985 del 1999, 3045 del 2000, 3077 del 2000, e 3184
del 2002) succedutesi nel tempo al fine di fronteggiare la risalente situazione
regionale di emergenza nel settore dei rifiuti urbani:di talchè può affermarsi
che all’epoca dell’intervento in contestazione il Commissario delegato era
tributario di margini operativi particolarmente ampi, potendo derogare - in
sostanza - all’ordinario corpus normativo relativo all’affidamento di appalti di
lavori o servizi.
Nè, diversamente da come sostenuto dagli appellanti, vincoli rilevanti ai fini
della perimetrazione dei poteri derogatori ora in rassegna possono farsi
discendere dall’art. 4 comma 1 O.M. 22.3.2002 n. 3184 come modificato dall’O.p.c.m.
n. 3271 del 2003 secondo cui “ Il commissario delegato - presidente della
regione Puglia, a seguito di procedure di gara comunitarie, anche con il
contributo finanziario commissariale o attraverso procedure di finanza di
progetto, stipula contratti per la realizzazione e/o gestione di impianti a
titolarità pubblica di produzione di combustibile derivato dai rifiuti e/o di
termovalorizzazione “.
Ed infatti, una volta scartata l’alternativa della finanza di progetto e scelta
quella del contributo, l’unico vincolo discendente dalla trascritta disposizione
(e puntualmente rispettato) era quello di dar luogo a gare comunitarie, non
risultando quindi obbligato il ricorso allo schema puro della concessione di
costruzione e gestione.
Per quanto riguarda poi i connotati specifici della missione commissariale,
sembra evidente come essa sia finalizzata - in sintesi - all’obiettivo di
pervenire, mediante il completamento di una rete impiantistica integrata e la
realizzazione delle condizioni necessarie per una gestione unitaria in ambito
territoriale, alla complessiva ottimizzazione di un sistema di smaltimento a
ciclo completo:il che, conclusivamente, dà ulteriore ragione della congruità
della scelta prospettica valorizzata dal Commissario nell’orientare la selezione
alla individuazione di soggetti imprenditoriali in possesso di requisiti di
specializzazione ed affidabilità atti a consentire prima il superamento della
fase emergenziale e poi a garantire nel futuro la continuità del servizio
integrato.
Tanto chiarito in ordine al tema nodale della controversia, l’esame del ricorso
principale si avvia allora ad una conclusione obbligata, risultando strettamente
conseguente - come ben evidenziato dal Tribunale - l’infondatezza di tutte le
doglianze volte a denunciare sotto diversi profili la violazione della normativa
sui lavori pubblici.
Così è per il motivo mediante il quale si lamenta l’illegittimità delle clausole
che precludono la partecipazione alla gare alle imprese non in grado di eseguire
direttamente i lavori e non in possesso di adeguata S.O.A.:a prescindere
dall’interpretazione delle clausole in questione nel caso concreto di
partecipanti riuniti in A.T.I., nell’appalto di servizi infatti i lavori
accessori non possono essere eseguiti - secondo i principi generali e la regola
espressa di cui all’art. 8 comma 11 septies L. n. 109- che da soggetti
adeguatamente qualificati, essendo dunque irrilevante ai fini in controversia il
parzialmente diverso regime dettato per la concessione di lavori.
Così è, con piena evidenza, per i motivi mediante i quali si lamenta la
previsione di aggiudicazione in base a pubblico incanto anzichè con licitazione
privata e la omessa predisposizione del progetto preliminare, venendo infatti
dedotta in entrambi i casi la violazione di norme della legge n. 109
inapplicabili al caso che ne occupa.
Analogamente deve dirsi, come evidenziato dal Tribunale con argomentazioni che
ad avviso del Collegio resistono alle serrate critiche mosse dagli appellanti
specie ove si tenga conto delle disposizioni dell’O.M. n. 3184 del 2002 sopra
trascritte, per quanto riguarda la mancata previsione della facoltà di
costituzione della società di progetto ex art. 37 quinquies L. n. 109.
Infondato è anche il motivo mediante il quale si lamenta la omessa indicazione
dell’importo dei lavori e servizi posti a base di gara.
Per la verità, il mezzo esibisce anche profili di inammissibilità per difetto di
interesse, in quanto proposto da soggetti che non hanno partecipato alla gara.
Comunque, anche a voler ragionare nell’ottica della clausola preclusiva, il
mezzo trascura di considerare da un lato che il bando correlava i requisiti
all’importo presuntivo dell’appalto; dall’altro, e soprattutto, che i vari atti
di programmazione e di ordinanza presupposti al bando e da questo richiamati
avevano già definito i costi da affrontare in relazione al dimensionamento degli
impianti per ogni bacino di utenza ed in relazione al quantitativo (ovviamente
stimato) di rifiuti da trattare giornalmente: l’operatore di settore, quali le
ricorrenti, disponeva quindi di tutti gli elementi per eleborare un quadro di
convenienza.
Inammissibili per difetto di interesse sono infine tutti gli ulteriori motivi
volti a denunciare profili di anomalia o contraddittorietà, per così dire, tutta
interna alla disciplina di gara.
Come risulta dalle considerazioni inizialmente svolte, il ricorso proposto dal
concorrente che non ha domandato di partecipare alla gara in tanto è ammissibile
in quanto volto a contestare la presenza di clausole che gli precludono una
utile partecipazione.
Il ricorso del non partecipante resta invece inammissibile ove volto a
contestare clausole non impeditive e dunque lesive nei confronti dei soli
concorrenti: diversamente ragionando, infatti, si finirebbe per consentire al
quisque di agire a tutela di un mero interesse semplice alla legalità,
economicità e buon andamento dell’azione amministrativa.
Inammissibile per difetto di interesse attuale è la doglianza mediante la quale
si lamenta (in un’ottica peraltro dichiaratamente tuzioristica) l’illegittima
introduzione di un regime di privativa pubblica in ambito regionale per
l’attività di termovalorizzazione liberalizzata in ambito nazionale con
decorrenza dal gennaio del 2003, trattandosi di questione certamente esulante
dall’ambito di operatività del bando impugnato.
Da ultimo va esaminato il motivo mediante il quale si deduce l’incompetenza del
Commissario delegato il quale si è sostituito alle Autorità di gestione dei
rifiuti urbani formalmente costituite sin dal dicembre del 2002 tra i comuni,
quali enti territoriali ordinariamente competenti, di ciascun A.T.O. pugliese.
Il mezzo, pur suggestivamente proposto con riferimento ai principi
costituzionali di sussidiarietà e di leale collaborazione, è inammissibile, non
avendo le imprese ricorrenti nè titolo nè interesse per lamentare una lesione
delle prerogative comunali in concreto prodotta dal fatto che il Commissario ha
omessa la previa diffida o la previa consultazione degli enti prima di procedere
in via sostitutiva.
Sulla scorta delle considerazioni che precedono la sentenza impugnata va quindi
integralmente confermata, con rigetto dell’appello principale e di quello
incidentale.
Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione tra le parti delle spese
di questo grado del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, definitivamente
pronunciando, respinge l’appello principale e quello incidentale.
Le spese del grado sono integralmente compensate.
Così deciso in Roma il 1 febbraio 2005 dal Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale, Sezione Quarta, nella Camera di Consiglio con l'intervento dei
Signori:
Paolo SALVATORE Presidente
Antonino ANASTASI estensore Consigliere
Vito POLI Consigliere
Carlo DEODATO Consigliere
Salvatore CACACE Consigliere
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
IL SEGRETARIO
Antonino Anastasi
Paolo Salvatore
Rosario Giorgio Carnabuci
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
30 maggio 2005
(art. 55, L. 27.4.1982 n. 186)
Il Dirigente
Antonio Serrao
1) Appalti - Gare d’appalti - Presentazione dell’offerta - Discriminazione nei documenti relativi al bando di gara o nel disciplinare - Impugnazione - Legittimità - Presupposti - Domanda di partecipazione - Ininfluenza - Corte di Giustizia C.E.. In tema di gare d’appalti, la Corte di Giustizia C.E. con decisione 12.2.2004 - C7230/02 ha rilevato che nell'ipotesi in cui un'impresa non abbia presentato un'offerta a causa della presenza di specifiche che asserisce discriminatorie nei documenti relativi al bando di gara o nel disciplinare, le quali le avrebbero proprio impedito di essere in grado di fornire l'insieme delle prestazioni richieste, essa ha tuttavia il diritto di presentare un ricorso direttamente avverso tali specifiche, e ciò prima ancora che si concluda il procedimento di aggiudicazione dell'appalto pubblico interessato. Nei fatti, sarebbe eccessivo esigere che un'impresa che asserisca di essere lesa da clausole discriminatorie contenute nei documenti relativi al bando di gara, prima di poter utilizzare le procedure di ricorso previste dalla direttiva 89/665 contro tali specifiche, presenti un'offerta nell'ambito del procedimento di aggiudicazione dell'appalto di cui trattasi, quando persino le probabilità che le venga aggiudicato tale appalto sarebbero nulle a causa dell'esistenza delle dette specifiche. Da tale principio - del quale hanno preso atto tra l’altro V Sez. 11.11.2004 n. 7341 e VI Sez. (ord.za) 21.12.2004 n. 6110 - discende in generale che non è più sostenibile l'esigenza della presentazione della domanda di partecipazione nell'ipotesi in cui le prescrizioni di un bando di gara comunitaria siano in modo assoluto preclusive della partecipazione a determinati soggetti, aventi in astratto titolo a parteciparvi. Conf.: C.d.S. sez. IV, 30/05/2004 nn. 2810; 2808; 2807; 2805; 2804; C.d.S. sez. IV, 14/06/2005, Sent.n. 3113; C.d.S. Sez. IV, 14 giugno 2005 (C.c. 1/2/2005), Sent. n. 3114. Pres. Salvatore - Est. Anastasi - Confindustria Puglia (avv. Sticchi Damiani) c. Presidente p.t. della Regione Puglia, n.q. di Commissario delegato per l’emergenza ambientale (Avvocatura Generale dello Stato) - (conferma T. A. R. Puglia - Sez. II di Bari 9.6.2004 n. 2484). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 30 maggio 2005, (C.C.1/02/2005), Sentenza n. 2811
2) Appalti - Domanda di partecipazione alla gara d'appalto - Interesse legittimo giudizialmente tutelato - Orientamenti giurisprudenziali. In tema di gare d’appalti, solo con la presentazione della domanda di partecipazione alla gara d'appalto l’Impresa assume una situazione giuridica differenziata rispetto a quella delle altre ditte presenti sul mercato, ergendosi solo in tal caso essa a titolare di un interesse legittimo giudizialmente tutelato, che la abilita a sindacare la legittimità del bando di gara alla quale ha dimostrato in concreto di voler partecipare (cfr. fra le recenti, oltre ad Ap. 29.1.2003 n. 1, V Sez. 4.4.2004 n. 2705 e 23.8.2004 n. 5572). In tale prospettiva si rileva da un lato che la domanda giudiziale volta alla caducazione degli atti di una procedura concorsuale di cui si contesti la legittimità presuppone che l’attore qualifichi e differenzi il proprio interesse in termini di attualità e concretezza ex art. 100 cod. proc. civ. rispetto a quello della generalità dei consociati mediante la proposizione di una domanda di partecipazione alla gara o la formulazione della propria offerta; dall’altro che l’interesse tutelato non può essere quello generico al rifacimento della gara, proprio di tutte le imprese rimaste estranee al procedimento, bensì quello specifico ad una partecipazione finalizzata all’ottenimento dell’aggiudicazione, cui possono aspirare soltanto i partecipanti alla gara medesima, anche attraverso l’eliminazione di clausole eventualmente lesive. Il ricorso del non partecipante resta invece inammissibile ove volto a contestare clausole non impeditive e dunque lesive nei confronti dei soli concorrenti: diversamente ragionando, infatti, si finirebbe per consentire al quisque di agire a tutela di un mero interesse semplice alla legalità, economicità e buon andamento dell’azione amministrativa. (Contra: Consiglio di Stato Sez. V, 20.9.2001 n. 4970, (relativa al caso peculiare dell’aggiudicatario di gara annullata che ne impugni la riedizione senza parteciparvi - in particolare le decisioni CdS Sez. VI, 24.5.2004 n. 3386 e CdS Sez. V, 14.2.2003 n. 794 nonchè il parere Sez. II, 7.3.2001 n 149. A sostegno di tale indirizzo si rileva da un lato che qualora il ricorrente risulti leso in quanto la partecipazione alla procedura è preclusa dallo stesso bando, sussiste l’interesse a gravare la relativa determinazione - a prescindere dalla mancata presentazione della domanda - posto che l’impugnante ha proprio interesse a impedire lo svolgimento della procedura selettiva (dec. n. 794 del 2003 cit.); dall’altro che in presenza di una clausola preclusiva la presentazione della domanda si risolve in un adempimento formale inevitabilmente seguito da un atto di estromissione, con un risultato analogo a quello di un'originaria preclusione e perciò privo di una effettiva utilità pratica ulteriore (par. n. 149 del 2001 cit.). Nella stessa prospettiva - sia pure con riferimento a pubblico concorso - è stato del resto rilevato sul piano sistematico che la domanda di partecipazione formale non costituisce in realtà elemento che diversifica e qualifica la posizione di un soggetto rispetto a quella di tutti gli altri soggetti potenzialmente lesi e dei quali non è dato sapere se abbiano o meno un concreto interesse a partecipare alla procedura e che la legittimazione del ricorrente, in termini di qualificazione e differenziazione, più che al dato meramente formale dell'istanza di partecipazione, deve riconnettersi al possesso di tutti gli altri requisiti previsti dal bando C.d.S. Sez.VI, 20.10.2003 n. 6429). Conf.: C.d.S. sez. IV, 30/05/2004 nn. 2810; 2808; 2807; 2805; 2804; C.d.S. sez. IV, 14/06/2005, Sent.n. 3113; C.d.S. Sez. IV, 14 giugno 2005 (C.c. 1/2/2005), Sent. n. 3114. Pres. Salvatore - Est. Anastasi - Confindustria Puglia (avv. Sticchi Damiani) c. Presidente p.t. della Regione Puglia, n.q. di Commissario delegato per l’emergenza ambientale (Avvocatura Generale dello Stato) - (conferma T. A. R. Puglia - Sez. II di Bari 9.6.2004 n. 2484). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 30 maggio 2005, (C.C.1/02/2005), Sentenza n. 2811
3) Appalti - Rifiuti - Affidamento per l’esecuzione di lavori congiuntamente alla gestione di un servizio - Normativa applicabile - Individuazione - Nesso di strumentalità - Fattispecie: gestione di un sistema integrato dei rifiuti. Qualora un affidamento contempli l’esecuzione di lavori congiuntamente alla gestione di un servizio, la linea di demarcazione tra i diversi istituti va individuata avendo di mira la direzione del nesso di strumentalità che lega gestione del servizio ed esecuzione dei lavori, nel senso che solo laddove la gestione del servizio sia strumentale alla costruzione dell’opera in quanto consente il reperimento dei mezzi finanziari necessari alla sua realizzazione è configurabile l’ipotesi della concessione di lavori pubblici (C.d.S. Sez. V, 11.9.2000 n. 4795). Inoltre, in ambito concessorio non rileva la eventuale prevalenza quantitativa del profilo gestionale rispetto a quello infrastrutturale. Fattispecie: servizio di gestione di un sistema integrato dei rifiuti (oltre che di raccolta, di compostaggio, smaltimento, recupero e riutilizzo energetico) e costruzione degli (eventuali) impianti. Conf.: C.d.S. sez. IV, 30/05/2004 nn. 2810; 2808; 2807; 2805; 2804; C.d.S. sez. IV, 14/06/2005, Sent.n. 3113; C.d.S. Sez. IV, 14 giugno 2005 (C.c. 1/2/2005), Sent. n. 3114. Pres. Salvatore - Est. Anastasi - Confindustria Puglia (avv. Sticchi Damiani) c. Presidente p.t. della Regione Puglia, n.q. di Commissario delegato per l’emergenza ambientale (Avvocatura Generale dello Stato) - (conferma T. A. R. Puglia - Sez. II di Bari 9.6.2004 n. 2484). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 30 maggio 2005, (C.C.1/02/2005), Sentenza n. 2811
4) Rifiuti - Appalti - Gestione innovativa del servizio di smaltimento e trattamento - Poteri del Commissario - Criterio discretivo dell’accessorietà - Realizzazione di un impianto di discarica - Piano regionale di smaltimento rifiuti - Funzione strumentale - Inapplicabilità della normativa sull’appalto di lavori - Normativa sull’appalto di servizi - Applicabilità. In tema di rifiuti, l’oggetto primario e centrale dell’intervento commissariale attiene, in specie, al completamento del ciclo di gestione dei rifiuti e dunque all’aspetto gestionale, rispetto al quale le realizzazioni infrastrutturali assumono funzione ontologicamente subordinata: Sicché, il criterio discretivo dell’accessorietà divisato dal testo originario dell’art. 3 del D. L.vo n. 157 del 1995 ha affermato che la realizzazione di un impianto di discarica, nell’ambito del piano regionale di smaltimento rifiuti, ha funzione soltanto strumentale e valore marginale rispetto a quello relativo alla progettazione e gestione successiva, con conseguente inapplicabilità della normativa sull’appalto di lavori (C.D.S. Sez. V, 10.6.2002 n. 3207). Pertanto, deve concludersi nel senso che l’affidamento in controversia è suscettibile di inquadrarsi a legittimo titolo nella sistematica dell’appalto di servizi. Conf.: C.d.S. sez. IV, 30/05/2004 nn. 2810; 2808; 2807; 2805; 2804; C.d.S. sez. IV, 14/06/2005, Sent.n. 3113; C.d.S. Sez. IV, 14 giugno 2005 (C.c. 1/2/2005), Sent. n. 3114. Pres. Salvatore - Est. Anastasi - Confindustria Puglia (avv. Sticchi Damiani) c. Presidente p.t. della Regione Puglia, n.q. di Commissario delegato per l’emergenza ambientale (Avvocatura Generale dello Stato) - (conferma T. A. R. Puglia - Sez. II di Bari 9.6.2004 n. 2484). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 30 maggio 2005, (C.C.1/02/2005), Sentenza n. 2811
5) Appalti - Attività di progettazione - Divieto di cumulo - Art. 23 comma 4 D. L.vo n. 157/1995 - Presupposti. Il divieto di cumulo in capo allo stesso soggetto delle attività di progettazione degli impianti e di quelle di realizzazione degli stessi - posto dall’art. 23 comma 4 D. L.vo n. 157 del 1995 - vale solo quando la progettazione costituisce fase procedimentale autonoma anteriore allo svolgimento della gara, nella specie in esame la progettazione costituisce uno degli oggetti intrinseci dell’appalto. Conf.: C.d.S. sez. IV, 30/05/2004 nn. 2810; 2808; 2807; 2805; 2804; C.d.S. sez. IV, 14/06/2005, Sent.n. 3113; C.d.S. Sez. IV, 14 giugno 2005 (C.c. 1/2/2005), Sent. n. 3114. Pres. Salvatore - Est. Anastasi - Confindustria Puglia (avv. Sticchi Damiani) c. Presidente p.t. della Regione Puglia, n.q. di Commissario delegato per l’emergenza ambientale (Avvocatura Generale dello Stato) - (conferma T. A. R. Puglia - Sez. II di Bari 9.6.2004 n. 2484). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 30 maggio 2005, (C.C.1/02/2005), Sentenza n. 2811
6) Pubblica Amministrazione - Appalti - Qualifica dell’oggetto della gara - Indeterminatezza dell’oggetto - Appalto di servizio - Normativa sui lavori pubblici. In tema di appalti, è corretta la scelta dell’Amministrazione di qualificare l’oggetto della gara (servizio di recupero dei rifiuti, rispetto al quale la realizzazione degli impianti infrastrutturali - per CDR o termovalorizzazione, a scelta degli offerenti - costituisce elemento accessorio), come appalto di servizio piuttosto che come concessione di costruzione e gestione e disattendendo per conseguenza tutte le doglianze volte a lamentare violazioni della normativa sui lavori pubblici nonché quelle volte a denunciare una presunta indeterminatezza dell’oggetto dell’appalto. Conf.: C.d.S. sez. IV, 30/05/2004 nn. 2810; 2808; 2807; 2805; 2804; C.d.S. sez. IV, 14/06/2005, Sent.n. 3113; C.d.S. Sez. IV, 14 giugno 2005 (C.c. 1/2/2005), Sent. n. 3114. Pres. Salvatore - Est. Anastasi - Confindustria Puglia (avv. Sticchi Damiani) c. Presidente p.t. della Regione Puglia, n.q. di Commissario delegato per l’emergenza ambientale (Avvocatura Generale dello Stato) - (conferma T. A. R. Puglia - Sez. II di Bari 9.6.2004 n. 2484). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 30 maggio 2005, (C.C.1/02/2005), Sentenza n. 2811
7) Procedura e varie - Soggetto cointeressato e legittimato a proporre direttamente gravame in via principale - Intervento ad adiuvandum nel processo amministrativo - Inammissibilità. E' inammissibile l’intervento ad adiuvandum nel grado di appello spiegato nel processo amministrativo da un soggetto che, cointeressato rispetto all’appellante e parte nel primo grado di giudizio, sia ex se legittimato a proporre direttamente gravame in via principale, considerato che in tale ipotesi l’interveniente non fa valere un mero interesse di fatto, bensì un interesse personale all’impugnazione di capi della sentenza immediatamente lesivi, che può far valere solo mediante proposizione di appello nei prescritti termini di impugnazione. (cfr. IV Sez. 15.5.2002 n. 2592). Conf.: C.d.S. sez. IV, 30/05/2004 nn. 2810; 2808; 2807; 2805; 2804; C.d.S. sez. IV, 14/06/2005, Sent.n. 3113; C.d.S. Sez. IV, 14 giugno 2005 (C.c. 1/2/2005), Sent. n. 3114. Pres. Salvatore - Est. Anastasi - Confindustria Puglia (avv. Sticchi Damiani) c. Presidente p.t. della Regione Puglia, n.q. di Commissario delegato per l’emergenza ambientale (Avvocatura Generale dello Stato) - (conferma T. A. R. Puglia - Sez. II di Bari 9.6.2004 n. 2484). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 30 maggio 2005, (C.C.1/02/2005), Sentenza n. 2811 (vedi: sentenza per esteso)
8) Procedura e varie - Associazioni di categoria - Tutela degli interessi di solo una parte degli iscritti - Legittimazione processuale - Esclusione - Legittimità. In tema di legittimazione processuale, è da escludere la legittimazione delle Associazioni di categoria a proporre ricorso giurisdizionale quando l’associazione insorge in giudizio per far valere gli interessi solo di una parte dei suoi componenti trascurando quelli, eventualmente, di segno contrario. (C.d.S. Sez. VI, 21.4.2004 n. 2281, fattispecie, controversia azionata dall’Associazione di categoria di tutti i costruttori edili a tutela però solo degli iscritti di dimensioni medie o piccole). Conf.: C.d.S. sez. IV, 30/05/2004 nn. 2810; 2808; 2807; 2805; 2804; C.d.S. sez. IV, 14/06/2005, Sent.n. 3113; C.d.S. Sez. IV, 14 giugno 2005 (C.c. 1/2/2005), Sent. n. 3114. Pres. Salvatore - Est. Anastasi - Confindustria Puglia (avv. Sticchi Damiani) c. Presidente p.t. della Regione Puglia, n.q. di Commissario delegato per l’emergenza ambientale (Avvocatura Generale dello Stato) - (conferma T. A. R. Puglia - Sez. II di Bari 9.6.2004 n. 2484). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 30 maggio 2005, (C.C.1/02/2005), Sentenza n. 2811
9) Procedura e varie - Ordine professionale - Legittimazione ad agire in giudizio - Fondamento. La legittimazione di un Ordine professionale ad agire in giudizio per ottenere un vantaggio giuridicamente riferibile all'intera sfera della categoria, non può essere esclusa per conflitto di interessi interni alla stessa in base alla circostanza di mero fatto che alcuni professionisti possano aver beneficiato del provvedimento che l'Ordine assume lesivo dell'interesse istituzionalizzato di categoria (cfr. per una completa disamina della problematica C.d.S. Sez.V, 3.6.1996 n. 624, nonchè C.d.S. 7.3.2001 n. 1339). Conf.: C.d.S. sez. IV, 30/05/2004 nn. 2810; 2808; 2807; 2805; 2804; C.d.S. sez. IV, 14/06/2005, Sent.n. 3113; C.d.S. Sez. IV, 14 giugno 2005 (C.c. 1/2/2005), Sent. n. 3114. Pres. Salvatore - Est. Anastasi - Confindustria Puglia (avv. Sticchi Damiani) c. Presidente p.t. della Regione Puglia, n.q. di Commissario delegato per l’emergenza ambientale (Avvocatura Generale dello Stato) - (conferma T. A. R. Puglia - Sez. II di Bari 9.6.2004 n. 2484). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 30 maggio 2005, (C.C.1/02/2005), Sentenza n. 2811
10) Rifiuti - Poteri del Commissario - Incompetenza sollevata dagli A.T.O. - Inammissibilità. Il motivo mediante il quale si deduce l’incompetenza del Commissario delegato il quale si è sostituito alle Autorità di gestione dei rifiuti urbani (formalmente costituite sin dal dicembre del 2002 tra i comuni, quali enti territoriali ordinariamente competenti), di ciascun A.T.O. pugliese con riferimento ai principi costituzionali di sussidiarietà e di leale collaborazione, è inammissibile, non avendo le imprese ricorrenti nè titolo nè interesse per lamentare una lesione delle prerogative comunali in concreto prodotta dal fatto che il Commissario ha omessa la previa diffida o la previa consultazione degli enti prima di procedere in via sostitutiva. Conf.: C.d.S. sez. IV, 30/05/2004 nn. 2810; 2808; 2807; 2805; 2804; C.d.S. sez. IV, 14/06/2005, Sent.n. 3113; C.d.S. Sez. IV, 14 giugno 2005 (C.c. 1/2/2005), Sent. n. 3114. Pres. Salvatore - Est. Anastasi - Confindustria Puglia (avv. Sticchi Damiani) c. Presidente p.t. della Regione Puglia, n.q. di Commissario delegato per l’emergenza ambientale (Avvocatura Generale dello Stato) - (conferma T. A. R. Puglia - Sez. II di Bari 9.6.2004 n. 2484). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 30 maggio 2005, (C.C.1/02/2005), Sentenza n. 2811
11) Rifiuti - Emergenza regionale nel settore dei rifiuti urbani - Poteri derogatori del Commissario. I poteri derogatori, del Commissario, fermo restando il necessario rispetto dei principi generali dell’ordinamento essi risultano disegnati in modo progressivamente più ampio ed incisivo dalle varie Ordinanze di Protezione civile (nn. 2450 del 1996, 2985 del 1999, 3045 del 2000, 3077 del 2000, e 3184 del 2002) succedutesi nel tempo al fine di fronteggiare la risalente situazione regionale di emergenza nel settore dei rifiuti urbani: di talchè può affermarsi che all’epoca dell’intervento in contestazione il Commissario delegato era tributario di margini operativi particolarmente ampi, potendo derogare - in sostanza - all’ordinario corpus normativo relativo all’affidamento di appalti di lavori o servizi. Nè, diversamente, vincoli rilevanti ai fini della perimetrazione dei poteri derogatori ora in rassegna possono farsi discendere dall’art. 4 comma 1 O.M. 22.3.2002 n. 3184 come modificato dall’O.p.c.m. n. 3271 del 2003 secondo cui “Il commissario delegato - presidente della regione Puglia, a seguito di procedure di gara comunitarie, anche con il contributo finanziario commissariale o attraverso procedure di finanza di progetto, stipula contratti per la realizzazione e/o gestione di impianti a titolarità pubblica di produzione di combustibile derivato dai rifiuti e/o di termovalorizzazione”. Conf.: C.d.S. sez. IV, 30/05/2004 nn. 2810; 2808; 2807; 2805; 2804; C.d.S. sez. IV, 14/06/2005, Sent.n. 3113; C.d.S. Sez. IV, 14 giugno 2005 (C.c. 1/2/2005), Sent. n. 3114. Pres. Salvatore - Est. Anastasi - Confindustria Puglia (avv. Sticchi Damiani) c. Presidente p.t. della Regione Puglia, n.q. di Commissario delegato per l’emergenza ambientale (Avvocatura Generale dello Stato) - (conferma T. A. R. Puglia - Sez. II di Bari 9.6.2004 n. 2484). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 30 maggio 2005, (C.C.1/02/2005), Sentenza n. 2811
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