Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
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(Segnalata dall'Avv. Francesco D'Alonzo)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello proposto da Appiani Anna e Appiani Mario, quali titolari dell’Azienda agricola “La Simonettina”, con sede in Merlino – Cascina Risorgenza, rappresentati e difesi dagli Avv.ti Andrea Belloli e Giovanna Fiore con elezione di domicilio presso lo studio di quest’ultima in Roma, Via degli Scipioni n.94, int.8;
contro
l’A.G.E.A., Agenzia Politiche Agricole e Forestali - già A.I.M.A. (Agenzia per gli Interventi nel Mercato Agricolo in Liquidazione) rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici è legalmente domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n.12;
e contro
la Regione Lombardia, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Pompa Giuliano M., Colombo Alberto e Fidani Viviani ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in Roma, Via Boncompagni n.71/C;
per l'annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia, sede di Milano, Sez.I, 27 marzo 2000, n.2244;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’AIMA unitamente al Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, e della Regione Lombardia;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del 9 luglio 2004 il Consigliere Lanfranco Balucani e uditi l’Avv. Fiore, l’Avv. dello Stato Giacobbe e l’Avv. Pompa;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
In data 16.3.1995 i titolari dell’azienda agricola “La Simonettina” inviarono alla Regione Lombardia e all’EIMA (poi trasformata in AIMA) una istanza volta ad ottenere l’attribuzione di una quota corrispondente agli obbiettivi del “piano di sviluppo” degli stessi presentato nell’anno 1979 ed approvato con decreto regionale n. 8707/79; e ciò in applicazione dell’art. 2, comma 2 bis L. n. 46/1995 che così disponeva <<I produttori che hanno ottenuto anteriormente alla data di entrata in vigore della legge 26 novembre 1992, n. 468 l’approvazione di un piano di sviluppo o di miglioramento zootecnico da parte della regione … e che hanno realizzato il predetto piano, possono chiedere l’assegnazione di una quota corrispondente all’obiettivo di produzione indicato nel piano medesimo, con effetto dal periodo 1995-96, in sostituzione delle quote A e B ad essi spettanti>>.
Alla istanza anzidetta non veniva dato riscontro ed anzi nei bollettini relativi alle campagne 1995-96, 1996-97 e 1997-98 la quota degli odierni appellanti veniva ridotta.
In data 15.8.1998 veniva loro notificata la <<comunicazione individuale>> contenente le determinazioni sul latte prodotto nelle campagne 1995-96 e 1996-97 e la comunicazione definitiva per la campagna 1997-98 in sostituzione dei precedenti bollettini.
Avverso tali comunicazioni gli interessati presentavano apposito ricorso alla Direzione Regionale della Agricoltura – Servizio Attività Amministrative della regione Lombardia (ai sensi dell’art. 2, 5° e 6° comma L. n. 5/1998) ma questa con decisione del 21.10.1998 rigettava il gravame confermando le assegnazioni produttive indicate nella comunicazione individuale.
Siffatta decisione è stata oggetto di impugnativa dinanzi al TAR Lombardia ove i ricorrenti hanno lamentato la mancata assegnazione di quota conforme al “piano di sviluppo” e la, illegittimità della riduzione della quota B.
Con sentenza 27 marzo 2000, n. 2244 il TAR Lombardia, Sez. I°, dichiarava inammissibili le domande proposte dai ricorrenti: quanto alla prima per non avere azionato la pretesa con le modalità previste per il silenzio-inadempimento, quanto alla domanda relativa alla quota B per la considerazione che la Commissione regionale non aveva assunto alcuna decisione in merito <<nelle more della definizione del giudizio conseguente al ricorso n. 2583/98 proposto dalla Regione Lombardia e ancora pendente avanti a questo Tribunale>>.
Con l’odierno atto di appello i sig.ri Appiani hanno dedotto:
- che la pronuncia di inammissibilità del ricorso di primo grado per non essere stata attivata la procedura del silenzio-inadempimento è errata;
- che ai ricorrenti avrebbe dovuto essere assegnata una quota conforme all’obiettivo del piano di sviluppo;
- che la riduzione della quota B è illegittima e immotivata;
- che è illegittimo il ritardo con il quale è stata inviata la comunicazione individuale riferita alla campagna 1997-98.
Si sono costituiti in giudizio la Regione Lombardia e l’AGEA (succeduta all’AIMA) – unitamente al Ministero delle Politiche Agricole e Forestali – instando per la reiezione dell’appello.
Con ordinanza istruttoria n. 1708 del 30.3.2004 la Sezione ha disposto l’acquisizione di documentati chiarimenti sui fatti di causa.
Espletato l’incombente istruttorio la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Con la sentenza appellata il giudice di prime cure ha ritenuto inammissibili le istanze con le quali gli odierni appellanti, sig.ri Appiani, (titolari di una azienda agricola che produce anche latte) da un lato rivendicavano l’attribuzione di una quota latte conforme all’obiettivo del “piano di sviluppo” approvato dalla Regione e realizzato dall’azienda, dall’altro lamentavano la avvenuta riduzione della quota B.
Le censure avanzate nei riguardi della anzidetta sentenza con l’atto di appello all’esame del Collegio si appalesano fondate solo con riguardo alla statuizione di inammissibilità relativa alla prima istanza.
La base normativa sulla quale si fonda la pretesa dei ricorrenti è l’art. 2, comma 2 bis, del D.L. 23 dicembre 1994, n. 727, conv. in L. 24 febbraio 1995, n. 46 (recante “norme per il rientro della produzione lattiera nella quota comunitaria”) che così recita: <<I produttori che hanno ottenuto anteriormente alla data di entrata in vigore della legge 26 novembre 1992, n. 468 l’approvazione di un piano di sviluppo o di miglioramento zootecnico da parte della regione o della provincia autonoma e che hanno realizzato il predetto piano possono chiedere l’assegnazione di una quota corrispondente all’obiettivo di produzione indicato nel piano medesimo, con effetto dal periodo 1995-96, in sostituzione delle quote A e B ad essi spettanti>>.
Nella fattispecie in esame è del tutto pacifico, oltre che puntualmente documentato, che i sig.ri Appiani hanno presentato nell’anno 1979 un piano di sviluppo aziendale; che il piano è stato approvato con decreto regionale n. 8707/79; che con atto in data 27.6.1995 la Regione Lombardia ha certificato il raggiungimento degli obbiettivi del piano stesso; che infine, i sig.ri Appiani hanno chiesto in data 16.3.1995 la attribuzione di una quota latte corrispondente agli obiettivi del piano richiamandosi alle disposizioni di cui all’art. 2, comma 2 bis, sopracitato.
Orbene, poiché l’anzidetta richiesta, inviata sia alla Regione che all’AIMA, non aveva ricevuto alcun riscontro, e soltanto in sede di proposizione del <<ricorso di riesame>> (presentato dai sig.ri Appiani ai sensi dell’art. 2, comma 5° e seguenti, del D.L. 1 dicembre 1997, n. 411, conv. in L. 27 gennaio 1998, n. 5) la richiesta medesima era stata esaminata dai competenti organi regionali, peraltro con esito negativo, deve ritenersi pienamente rituale e dunque ammissibile l’impugnativa rivolta nei confronti di detta decisione con il ricorso giurisdizionale al TAR Lombardia.
La dichiarazione di inammissibilità della impugnativa, motivata con la considerazione che i ricorrenti avrebbero omesso di attivare la procedura del silenzio inadempimento, è conseguentemente errata per l’assorbente rilievo che la lesione all’interesse dei ricorrenti è riconducibile ad uno specifico provvedimento ritualmente impugnato, vale a dire la decisione assunta dalla Regione in data 21.10.1998 sul <<ricorso di riesame>> ex art. 2 D.L. n. 411/1997.
Passando al merito della pretesa dedotta in giudizio dai sig.ri Appiani, essa appare però destituita di fondamento.
La richiesta da questi formulata per ottenere una quota di latte corrispondente all’obiettivo di produzione contenuto nel “piano di sviluppo” è stata disattesa con la seguente motivazione: <<… considerando che il piano di sviluppo è stato approvato nel 1979 e concluso nel 1985 per la realizzazione di una stalla da latte della capienza di ottanta vacche da latte e per un obiettivo di produzione comunque (anche qualora si moltiplicasse il numero di vacche per la produzione media anno 1985, sia aziendale, che provinciale, che nazionale) superiore alla quota assegnata al produttore per l’anno di riferimento …>>.
Nei riguardi della anzidetta motivazione l’appellante ripropone le doglianze già avanzate in primo grado lamentando che sia stata presa a riferimento la produzione di latte dell’annata 1985 anziché dell’annata in cui il produttore ha chiesto l’assegnazione di una quota corrispondente all’obiettivo di produzione indicato nel piano di sviluppo; che è inoltre irragionevole assumere quale parametro un indice di produzione media unico per tutto il territorio nazionale dal momento che la media nazionale viene calcolata comprendendo anche zone svantaggiate ove la produzione di latte è inferiore; che in ogni caso il criterio di calcolo seguito dalla Amministrazione appare incompatibile con le finalità proprie del piano di sviluppo che tendono a far conseguire <<un reddito da lavoro comparabile a quello dei settori extra-agricoli>> in linea con quanto disposto dall’art. 3 L.R. Lombardia 11 novembre 1976, n. 51.
Ma nessuna delle anzidette censure merita di essere condivisa per la decisiva considerazione che il criterio di calcolo fatto proprio dalla decisione regionale 21.10.1998 (impugnata in primo grado) è quello prescritto dalla Circolare del Ministero delle Risorse Agricole Alimentari e Forestali 31 marzo 1995, n. 4 (emanata in applicazione della L. 24 febbraio 1995, n. 46) che testualmente dispone:
<<… nei casi in cui il piano preveda, in luogo di un obiettivo di produzione, un numero di lattifere da impiegare in azienda, l’obiettivo di produzione può essere calcolato dall’amministrazione regionale utilizzando il dato di produzione annuale di Kg. 4.537 per lattifera, da indicare inderogabilmente a prescindere dalla razza presente in azienda o indicata nel piano>>.
In assenza di impugnativa della predetta Circolare – cui la decisione 21.10.1998 si è puntualmente conformata per quanto concerne il criterio di calcolo della produzione lattiera – le censure riproposte dai ricorrenti in ordine alla mancata attribuzione di una quota maggiore si rivelano prive di pregio.
Passando all’esame della doglianza relativa alla riduzione della quota B, deve essere invece confermata la dichiarazione di inammissibilità resa sul punto dal giudice di prime cure dal momento che la Regione ha correttamente ritenuto di doversi astenere da ogni decisione sulla questione sollevata dai sig.ri Appiani nelle more della definizione del giudizio instaurato dinanzi allo stesso TAR Lombardia dalla Regione nei confronti dell’AIMA per la definizione della contestata quota B.
Per le considerazioni che precedono l’appello in esame va respinto ma con diversa motivazione, dovendosi ritenere infondato e non già inammissibile il ricorso introduttivo dei sig.ri Appiani.
Sussistono giusti motivi per compensare le spese processuali del presente grado di giudizio tra le parti in causa.
P.Q.M.
il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, respinge il ricorso in appello in epigrafe indicato nei sensi di cui in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, il 9 luglio 2004 dal Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale - Sez.VI - nella Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori:
Giorgio GIOVANNINI Presidente
Luigi MARUOTTI Consigliere
Giuseppe ROMEO Consigliere
Giuseppe MINICONE Consigliere
Lanfranco BALUCANI Consigliere Est.
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il 10 gennaio 2005
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
Il Direttore della Sezione
1) Agricoltura - Piano di sviluppo aziendale - Approvazione regionale - Obiettivo di produzione - Raggiungimento certificato - Quota latte corrispondente all’obiettivo - Richiesta di attribuzione - Diniego - Motivazione - Applicazione del criterio di calcolo di cui alla circolare ministeriale 31 marzo 1995 n. 4 - Omessa impugnazione giudiziale - Conseguenze. È legittimo il diniego opposto dalla Regione alla domanda di attribuzione di una quota latte corrispondente al raggiunto obiettivo di produzione (pur certificato) contenuto nel piano di sviluppo aziendale approvato dalla Regione medesima, ai sensi dell’art. 2, co. 2 bis, del d.l. 23 dicembre 1994 n. 727, conv. in l. 24 febbraio 1995 n. 46 (recante “norme per il rientro della produzione lattiera nella quota comunitaria”) - secondo cui, i produttori che hanno ottenuto, anteriormente alla data di entrata in vigore della legge 26 novembre 1992 n. 468, l’approvazione di un piano di sviluppo o di miglioramento zootecnico da parte della regione o della provincia autonoma e che hanno realizzato il predetto piano, possono chiedere l’assegnazione di una quota corrispondente all’obiettivo di produzione indicato nel piano medesimo, con effetto dal periodo 1995-96, in sostituzione delle quote A e B ad essi spettanti, - motivato con l’espressa applicazione del criterio di calcolo della produzione lattiera prescritto dalla circolare del Ministero delle Risorse Agricole Alimentari e Forestali del 31 marzo 1995 n. 4 (emanata in applicazione della l. 24 febbraio 1995 n. 46) - secondo cui, nei casi in cui il piano preveda, in luogo di un obiettivo di produzione, un numero di lattifere da impiegare in azienda, l’obiettivo di produzione può essere calcolato dall’amministrazione regionale utilizzando il dato di produzione annuale di Kg. 4.537 per lattifera, da indicare inderogabilmente a prescindere dalla razza presente in azienda o indicata nel piano, - qualora la parte ricorrente abbia omesso di impugnare (contestualmente) in via giudiziale anche la circolare predetta. Pres. Giovannini, Est. Balucani; Appiani ed altri (avv. Belloli, Fiore) c. A.G.E.A. Agenzia Politiche Agricole e Forestali (avv. gen. Stato), Regione Lombardia (avv. Pompa, Colombo, Fidani Viviani). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 10 gennaio 2005, Sentenza n. 6
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