Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione
ANNO 2002 ha pronunciato la seguente
decisione
sul ricorso in appello n. 4874/2002, proposto dal Comune di Campi
Bisenzio, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’Avv. Fausto
Falorni con il quale è elettivamente domiciliato in Roma, Lungotevere Flaminio,
n. 46, c/o Studio Grez,
CONTRO
La Galileo Avionica, S.p.A., rappresentata e difesa dall’Avv. Giulio Padoa, con
il quale è elettivamente domiciliato in Roma, Lungotevere Flaminio, n. 46, c/o
Dott. Alfredo Placidi,
per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della
Toscana, II Sezione, del 22.3.2002, n. 619;
Visti gli atti tutti di causa;
Relatore, alla pubblica udienza del 19.10.2004, il Consigliere Claudio
Marchitiello;
Uditi gli avv.ti Sasso e Carenza in sostituzione rispettivamente di Falorni e
Padoa, come da verbale d’udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
La Società Finmeccanica - Unità Officine Galileo, S.p.A., ha impugnato al T.A.R.
della Toscana l’ordinanza del 2.4.1999, n. 166, con la quale il Sindaco del
Comune di Campi Bisenzio ha intimato alla ricorrente, richiamandosi all’art. 14
del D.Lgs 5.2.1997, n. 22, di provvedere entro 20 giorni alla rimozione di
rifiuti abbandonati su area antistante lo stabilimento di sua proprietà.
La Società ricorrente (oggi Galileo Avionica, S.p.A.) ha impugnato anche il
provvedimento sindacale del 21.4.199, n. 189, di proroga del termine per
adempiere all’ordine intimato con la ordinanza n. 166.
Il Comune di Campi Bisenzio si è costituito in primo grado opponendosi
all’accoglimento del ricorso.
Il T.A.R. della Toscana, II Sezione, con la sentenza del 22.3.2002, n. 619, ha
accolto il ricorso annullando gli atti impugnati.
Il Comune di Campi Bisenzio appella la sentenza deducendone la erroneità e
domandandone la riforma.
La Galileo Avionica resiste all’appello chiedendo la conferma della sentenza
appellata.
All’udienza del 19.10.2004, il ricorso in appello è stato ritenuto per la
decisione.
DIRITTO
1.- Il Comune di Campi Bisenzio propone appello avverso la sentenza del
22.3.2002, n. 619, con la quale la II Sezione del T.A.R. della Toscana ha
accolto il ricorso della Soc. Finmeccanica, S.p.A. - Unità Officine Galileo
(oggi Galileo Avionica S.p.A.), e ha annullato la ordinanza sindacale del
2.4.1999, n. 166.
Con l’ordinanza sindacale impugnata in primo grado, il Comune di Campi Bisenzio
ha intimato alla società appellata di rimuovere entro il termine perentorio di
venti giorni (successivamente prorogato con altro provvedimento sindacale) i
rifiuti abbandonati su area antistante lo stabilimento di proprietà della stessa
Soc. Finmeccanica.
Su tale area e su altro terreno contiguo di proprietà comunale, infatti,
sconosciuti hanno riversato nottetempo rifiuti pericolosi.
Il Sindaco ha ritenuto l’applicabilità nella specie dell’art. 14, secondo comma,
del D.Lgs. n. 22 del 1997.
Per tale disposizione, come è noto, il proprietario, il titolare di diritti
reali o personali di godimento di un’area è tenuto, in caso di abbandono
incontrollato di rifiuti sull’area stessa, alla rimozione, all’avvio a recupero
o alla smaltimento dei rifiuti in solido con l’autore dell’abbandono, sempre che
della violazione del divieto di abbandono possa essere ritenuto responsabile a
titolo di dolo o di colpa. La rimozione dei rifiuti abbandonati è disposta con
ordinanza sindacale che indica le operazioni a tal fine necessarie ed il termine
entro cui provvedere. Decorso tale termine il Comune procede all’esecuzione in
danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate.
Il Sindaco di Campi Bisenzio ha affermato la responsabilità della Società
appellata sul rilievo che questa, per la particolare natura della sua attività
produttiva, consistente nella produzione di apparecchiature di ottica
elettronica per armamenti, ha in atto un particolare sistema di sorveglianza (“è
presidiato giorno e notte e dotato anche di telecamere per la vigilanza
all’esterno”). Secondo il Comune, pertanto, l’abbandono di rifiuti sulla
predetta area sarebbe stata da ascrivere alla omissione della dovuta vigilanza
con la conseguente configurazione del comportamento colposo indicato dal citato
art. 14 del D.Lgs. n. 22 del 1997 come presupposto della responsabilità solidale
del proprietario o del titolare di altro diritto reale o personale di godimento
con l’autore dell’abbandono.
Il T.A.R. ha annullato l’ordinanza, escludendo che nella fattispecie potesse
configurarsi il presupposto della colpa necessario per addossare alla soc.
Finmeccanica l’obbligo di bonificare il fondo.
2.- L’appello del Comune di Campi Bisenzio da respingere.
Con un primo rilievo, il Comune appellante oppone alla pronuncia del T.A.R. la
esistenza di un principio generale, desumibile dagli artt. 2051 e 2053 c.c., per
il quale graverebbe sul proprietario di un immobile, o del soggetto che lo ha in
custodia, un generale onere di vigilanza “in quanto responsabile dello stato di
conservazione dell’immobile stesso e dei danni che derivano dalla sua omessa
custodia, salvo che non provi che i danni medesimi siano dovuti a caso
fortuito”.
Il rilievo è inconferente. L’art. 2051 c.c. (“responsabilità per danno cagionato
da cose in custodia”), su cui si sofferma il Comune appellante (l’altra
disposizione relativa alla “rovina di edificio”, di cui all’art. 2053 c.c., è
stata solo citata), non è affatto espressione di un principio di carattere
generale dell’ordinamento né da essa può inferirsi siffatto principio di
generale applicazione. Al contrario, si tratta di un’eccezione, di uno specifico
caso di responsabilità aggravata in cui l’evento dannoso è posto a carico di chi
ha in custodia la cosa, che deroga in favore del danneggiato (in ragione della
difficoltà di stabilire come sia stato causato il danno) al principio generale
per il quale spetta al danneggiato provare oltre al danno e al rapporto di
causalità anche l’elemento soggettivo del dolo o della colpa del soggetto che il
danno ha provocato, salvo la prova del caso fortuito ovvero del fatto del terzo
o dello stesso danneggiato.
Il fatto all’origine della presente controversia, invece, configura una figura
specifica di atto illecito, punito dall’ordinamento con sanzioni amministrative
in quanto viola una norma di tutela ambientale in danno della collettività, che
ripone la responsabilità del proprietario o del conduttore di un’area per il
danno causato all’ambiente dall’abbandono incontrollato di rifiuti proprio
sull’elemento soggettivo del dolo o della colpa.
Si rivela incongruo anche l’altro argomento prospettato dal Comune appellante
secondo cui la società appellata, per il dovere di vigilanza gravante su di essa
in quanto stabilimento con attività diretta alla produzione di componenti di
armi, avrebbe dovuto avvedersi dell’abbandono abusivo dei rifiuti sull’area di
sua proprietà.
L’abbandono dei rifiuti, secondo il Comune di Campi Bisenzio, sarebbe stato reso
possibile dalla violazione delle misure di sorveglianza intese a salvaguardare
la sicurezza dello stabilimento.
La tesi in esame parte da un erroneo presupposto in fatto e giunge a conclusioni
errate nell’inquadramento giuridico della fattispecie.
Le misure di vigilanza adottate dalla società appellata per uniformarsi al
decreto del Prefetto di Firenze del 25.9.1998, di autorizzazione alla produzione
di armamenti emanato ai sensi dell’art. 28 del T.U.L.P.S., r.d. 18 giugno 1931
n. 773, sono costituite soltanto da “impianti anti intrusione”, cioè, per quanto
qui interessa, da una recinzione sormontata da filo spinato, illuminata di notte
e vigilata con telecamere e da altre telecamere che esplorano gli spazi tra il
muro di recinzione e gli edifici costituenti l’opificio.
Si tratta, quindi, come correttamente è stato evidenziato dal T.A.R., di misure
funzionali ad impedire l’accesso di intrusi nello stabilimento e non a vigilare
anche sui terreni contigui.
La circostanza che tali misure non consentano di vigilare sulla strada e sui
terreni antistanti, anche se di proprietà della società appellata (con alcuni
pozzi ed altre pertinenze dello stabilimento) elimina in radice l’ipotesi di una
colpa fondata sull’omissione della dovuta sorveglianza imposta alla società
appellata dallo speciale regime autorizzatorio che la concerne.
L’accertamento della colpa e del conseguente addebito alla società appellata
dell’obbligo di bonifica dell’area sarebbe dovuto essere compiuto, pertanto,
alla stregua dei parametri comuni, ordinariamente impiegati per accertare la
responsabilità per colpa ex art. 14, comma secondo, del D.Lgs. n. 22 del 1997.
Si tratta, come appare chiaro ad ogni tentativo di analisi tendente a
puntualizzarne la definizione, di un concetto non agevolmente configurabile. In
ogni caso, il dovere di diligenza, che fa carico al Titolare del fondo,non può
arrivare al punto di richiedere una costante vigilanza, da esercitarsi giorno e
notte, per impedire ad estranei di invadere l’area e, per quanto riguarda la
fattispecie regolata dall’art. 14 citato, di abbandonarvi dei rifiuti. La
richiesta di un impegno di tale entità travalicherebbe oltremodo gli ordinari
canoni della diligenza media (o del buon padre di famiglia) che è alla base
della nozione di colpa, quando questa è indicata in modo generico, come nella
specie, senza ulteriori specificazioni.
In tale quadro, le modalità con le quali si è verificato l’abbandono di rifiuti
nella fattispecie in esame sono state tali da escludere del tutto la
configurabilità di un comportamento colposo addebitabile alla società appellata.
Come emerge dagli atti depositati nel corso del giudizio di primo grado, l’area
su cui sono stati abbandonati i rifiuti è un’area di campagna separata da una
strada dall’area perimetrale immediatamente contigua alla recinzione dello
stabilimento e i rifiuti sono stati abbandonati durante le ore notturne, dopo
avere forzato cancello che bloccava l’accesso alla strada e quindi al luogo in
cui i rifiuti sono stati versati (secondo quanto denunciato dalla società
appellata alle forze dell’ordine).
La tesi del Comune, in definitiva, non ha alcun fondamento.
Le ulteriori deduzioni dell’ente appellante, contenute nella memoria datata
7.10.2004, non valgono a modificare le conclusioni alle quali è pervenuta la
Sezione.
Al riguardo, si rileva, innanzitutto, che alcuni argomenti, quelli relativi alle
distanze del luogo, in cui sono stati versati i rifiuti, dallo stabilimento,
alla esistenza sull’area interessata di pozzi facenti parte dell’apparato
industriale dello stabilimento, alla circostanza (tra l’altro non suffragata da
alcun elemento probatorio) che sarebbero transitati sull’area interessata ben
quattro automezzi, sono irrilevanti e non apportano alcun elemento di supporto
alle tesi già esposte dall’ente appellante. Per l’altro argomento, secondo cui
l’art. 14 del D.Lgs. n. 22 del 1997 dovrebbe interpretarsi alla stregua dei
principi comunitari di tal che quanto al dovere di vigilanza opererebbe
un’inversione dell’onere della prova e spetterebbe, quindi, al proprietario
provare il caso fortuito, si richiamano le considerazioni già svolte a proposito
del richiamo alla responsabilità ex art. 2051 c.c. Ciò non senza sottolineare
come il richiamo al caso fortuito come discriminante per un comportamento altrui
costituisce un vero non senso sotto il profilo logico ancor prima del profilo
giuridico.
L’appello del Comune di Campi Bisanzio, in conclusione, va respinto.
Le spese del secondo grado del giudizio sussistendo giusti motivi possono
compensarsi fra le parti costituite.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione, respinge
l’appello in epigrafe.
Compensa le spese del secondo grado del giudizio
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.
Così deciso, in Roma,in Camera di Consiglio, il 19.10.2004, con l'intervento dei
signori:
Raffaele Iannotta Presidente
Raffaele Carboni Consigliere
Chiarenza Millemaggi Cogliani Consigliere
Paolo Buonvino Consigliere
Claudio Marchitiello Consigliere estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
IL SEGRETARIO
IL DIRIGENTE
Claudio Marchitiello
Raffaele Iannotta
Rosi Graziano
Antonio Natale
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
L’8 marzo 2005
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
1) Rifiuti - Abbandono - Art. 14 d.lgs. 22/97 - Titolare del fondo - Dovere di diligenza - Limiti. Il dovere di diligenza che fa carico al titolare del fondo, ai sensi dell’art. 14 del d. lgs. 22/97, non può arrivare al punto di richiedere una costante vigilanza, da esercitarsi giorno e notte, per impedire ad estranei di invadere l’area e di abbandonarvi dei rifiuti. La richiesta di un impegno di tale entità travalica gli ordinari canoni della diligenza media (o del buon padre di famiglia) che è alla base della nozione di colpa, quando questa è indicata in modo generico, come nell’art. 14, senza ulteriori specificazioni. Pres. Iannotta, Est. Marchitiello - Comune di Campi Bisenzio (Avv. Falorni) c. G.A. s.p.a. (Avv. Padoa - (Conferma T.A.R. TOSCANA, Sez. II, n. 619/2002) - CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - 8 marzo 2005 (C.C. 19 ottobre 2004), Sentenza n. 935
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