Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta
ANNO 2003 ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 8673 del 2003 proposto dal Comune di Nardò, in
persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dal prof. avv. Ernesto
Sticchi Damiani ed elettivamente domiciliato in Roma, Via Mantegazza n. 24,
presso il cav. Luigi Gardin,
contro
la Mediterranea Castelnuovo 2 s.r.l., in persona del suo legale rappresentante,
rappresentata e difesa dal prof. avv. Pier Luigi Portaluri ed elettivamente
domiciliata in Roma, al viale Gorizia n. 25/D, presso lo studio dell'avv. Giulio
Micioni;
e nei confronti
del Commissario Delegato per l'Emergenza Rifiuti in Puglia, non costituito in
giudizio,
per l’annullamento e la riforma
della sentenza n. 1933 in data 14 aprile 2003 pronunciata tra le parti dal
Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sezione staccata di Lecce,
Sez. II;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio e di appello incidentale dell’appellata
Mediterranea Castelnuovo 2 s.r.l.;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore il cons. Corrado Allegretta;
Uditi alla pubblica udienza del 21 maggio 2004 gli avv.ti Sticchi Damiani e
Portaluri;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO
Con la sentenza n. 1933 in data 14 aprile 2003, il Tribunale Amministrativo
Regionale per la Puglia, Sezione staccata di Lecce, Sez. II, ha accolto il
ricorso avanzato dalla società Mediterranea Castelnuovo 2 s.r.l., autorizzata
all'esercizio dell'impianto di smaltimento di rifiuti solidi urbani collocato
nel bacino d'utenza LE 2, contro le deliberazioni n. 357 del 27.12.2001 e n. 90
del 31.1.2002 del Commissario Straordinario del Comune e le relative note
dirigenziali di notificazione, con cui, in ossequio al disposto dei commi 2 e 3
dell' art. 10 della L.R. Puglia n. 17 del 1993, come integrata dalla 1.R. n. 13
del 1996, si istituiva per gli anni 1998, 1999, 2000, 2001 e 2002, apposito
fondo mediante versamento, da parte di essa ricorrente, di quota dei costi
socio-ambientali connessi con la gestione dell'impianto.
Di tale sentenza, siccome errata ed ingiusta, il Comune di Nardò chiede
l’annullamento e la riforma con l’appello in epigrafe.
Si è costituita in giudizio la società appellata, la quale ha controdedotto al
gravame, concludendo per la sua reiezione perché inammissibile ed infondato.
Essa ha riproposto i motivi dell’originario ricorso ritenuti assorbiti dal
Tribunale e, in via ulteriormente gradata, ha formulato appello incidentale
limitatamente alla parte della sentenza in cui il primo giudice, ad avviso
dell’appellante, non avrebbe accolto detti motivi.
La causa è stata trattata all’udienza pubblica del 21 maggio 2004, nella quale,
sentiti i difensori presenti, il Collegio si è riservata la decisione.
DIRITTO
L’appello è infondato.
Si controverte della legittimità delle deliberazioni con le quali il Comune
appellante, nel cui territorio la società appellata gestisce un impianto di
smaltimento di rifiuti solidi urbani, ha istituito per gli anni 1998, 1999,
2000, 2001 e 2002 il fondo previsto dall’art. 10, comma 3, della L.R. Puglia 13
agosto 1993 n. 17, come integrata dalla L.R. 18 luglio 1996 n. 13, e costituito
dai costi socio-ambientali connessi con la gestione dell’impianto, nella misura
di due lire per chilogrammo di rifiuto conferito, ponendone il versamento a
carico di essa ricorrente.
Con la sentenza impugnata, il Tribunale ha accolto il ricorso della società
interessata sul rilievo che, nella specie, il corrispettivo pagato dai Comuni
serviti non include una quota relativa ai costi socio-ambientali dell’impianto,
non essendo previsti tali costi nel “quadro dei costi” proposto con la richiesta
di autorizzazione all’esercizio ed approvato dalla Provincia col progetto
dell’impianto; né potendosi identificare le somme da riscuotere a tale titolo
con quelle da accantonare per la bonifica del sito della discarica dopo la
chiusura, scopo per il quale le disposizioni regionali sopra citate ne escludono
l’utilizzazione.
Il Comune appellante sostiene, invece, che ciò che rileva è solo il suo obbligo
di destinare agli interventi previsti dall’art. 10 della L.R. n. 17 del 1993 una
quota, non superiore al due per cento, della tariffa di smaltimento; cosicché la
mancata previsione dei costi socio-ambientali da parte del gestore non può
essergli opposta.
A suo avviso, inoltre, per un verso, le somme che il gestore è tenuto a
riscuotere per costi socio-ambientali ben possono essere destinate, ai sensi
della suddetta normativa regionale, alla bonifica del sito inquinato della
discarica dismessa, confluendo esse nel fondo previsto dal citato art. 10. A
tanto non osterebbe la varietà di destinazioni che il legislatore ha
riconosciuto a detto fondo, la quale, lungi dal consentire l’attribuzione alla
nozione di bonifica del sito un peculiare significato a cui resterebbe estranea
la nozione di bonifica della discarica dopo la chiusura, definirebbe soltanto la
tipologia degli interventi che i Comuni possono realizzare.
Per altro verso, nella specie, il gestore avrebbe effettivamente previsto le
somme in questione nel quadro economico del progetto e, pertanto, le avrebbe
effettivamente riscosse con la tariffa di smaltimento, avendo indicato in tale
quadro sia gli oneri relativi alla bonifica ed al recupero o reinserimento
ambientale del sito di discarica, i cui importi confluirebbero nel ripetuto
fondo, sia gli oneri relativi alla gestione post-esercizio.
L’assunto dell’Amministrazione appellante non è condivisibile.
È necessario chiarire il quadro normativo in cui la fattispecie in esame si
colloca.
Nel disciplinare la progettazione, realizzazione e gestione degli impianti di
smaltimento dei rifiuti urbani, in un primo tempo, la Regione Puglia aveva
stabilito con l’art. 10 della legge regionale 13 agosto 1993 n. 17 che, quando a
tanto provveda il Comune nel cui territorio è localizzato l’impianto (non
essendosi costituito tempestivamente il previsto consorzio fra i comuni compresi
in ciascuno dei bacini di utenza individuati dal piano regionale), “i costi di
smaltimento sono ripartiti fra i comuni interessati, in base ad apposite
convenzioni, in proporzione alla quantità dei rifiuti conferiti all’impianto da
ciascun comune. A tal fine il comune obbligato alla realizzazione e gestione
dell’impianto definisce un quadro analitico dei costi di smaltimento, con
separata indicazione di quelli relativi alla gestione e di quelli relativi
all’ammortamento dell’impianto” (comma 2); precisando che “dei costi relativi
alla gestione fanno parte quelli per le attività di sensibilizzazione ed
educazione ambientale, con particolare riguardo al perseguimento degli obiettivi
di riduzione della, quantità dei rifiuti prodotti e della raccolta separata
degli stessi” (comma 3).
I due commi sopra riportati sono stati poi sostituiti dall’art. 4 L.R. 18 luglio
1996 n. 13, che, quanto alla ripartizione dei costi di smaltimento tra i Comuni
interessati in proporzione all’entità dei rifiuti conferiti da ciascuno,
stabilisce debba essere eseguita “tenuto conto del quadro dei costi proposto
all’atto della richiesta di autorizzazione all’esercizio che la competente
provincia approverà in sede di approvazione del progetto” (nuovo comma 2,
secondo periodo). Stabilisce, altresì, che “Il quadro economico di cui al comma
2 dovrà esplicitare i costi relativi agli ammortamenti. Dei costi relativi alla
gestione fanno parte quelli per le attività di sensibilizzazione ed educazione
ambientale, con particolare riguardo al perseguimento degli obiettivi di
riduzione della quantità dei rifiuti prodotti, e della raccolta separata degli,
stessi. Tra i, costi di gestione occorrerà, tener conto dei costi
socio-ambientali connessi con la gestione dell’impianto. Detti costi,
determinati sulla base delle quantità di rifiuti conferiti, confluiranno in un
apposito fondo del Comune sede di impianto e sarà destinato alla bonifica e
riqualificazione di siti inquinati, ivi comprese le aree industriali dismesse,
al recupero delle aree degradate, alla realizzazione di centri di
socializzazione e di attrezzature per lo sport e il tempo libero. L’incidenza
non potrà superare due lire per ogni chilogrammo di rifiuto conferito” (nuovo
comma 3).
Il legislatore regionale ha inteso, così, farsi carico delle conseguenze
negative derivanti dalla gestione dell’impianto di smaltimento per il Comune nel
cui territorio esso è localizzato; evidentemente anche in considerazione della
possibilità di localizzazione non consensuale ad opera della Provincia (art. 9,
c. 3, L.R. cit.) e dell’obbligo che grava allo stesso Comune di rendere
disponibile l’impianto a servizio di tutti i Comuni compresi nel relativo bacino
di utenza (nuovo comma 2, primo periodo, art. 10).
Quel che si desume con sicurezza dalle disposizioni che precedono è che:
a) i costi socio-ambientali sono compresi nei costi di gestione, i quali
costituiscono, insieme a quelli per gli ammortamenti, i costi di smaltimento da
ripartire, a mezzo della tariffa dei corrispettivi per la prestazione del
servizio, tra i Comuni interessati in proporzione all’entità dei rifiuti
conferiti da ciascuno;
b) ogni categoria di costi dev’essere indicata nel quadro economico del progetto
per la realizzazione dell’impianto;
c) detto quadro economico forma oggetto di specifica approvazione da parte della
Provincia, in sede di approvazione del progetto.
L’individuazione dei costi, peraltro, va integrata con riferimento alla
previsione di cui all’art. 17, c. 1, L.R. n. 17 del 1993, dal quale si evince
che, nel caso in cui l’esercizio dell’impianto sia affidato ad enti od imprese
specializzate, occorre prevedere i “costi per la chiusura degli impianti in ogni
momento e per la bonifica delle aree interessate dall’impianto, delle
istallazioni e delle attrezzature impiegate”; costi per la copertura dei quali
la legge impone la prestazione di idonee garanzie.
Appare agevole dedurre come, nell’ipotesi di gestione ora detta, che è poi
quella che ricorre nel caso in esame, non vi sia coincidenza tra i costi
socio-ambientali e quelli per la chiusura degli impianti e la bonifica delle
aree interessate.
E ciò, oltre che per l’espresso dettato della legge, anche in considerazione
delle diverse finalità che la stessa normativa persegue attraverso la previsione
delle due distinte poste passive del quadro economico. La prima, destinata a
sopperire “alla bonifica e riqualificazione di siti inquinati, ivi comprese le
aree industriali dismesse, al recupero delle aree degradate, alla realizzazione
di centri di socializzazione e di attrezzature per lo sport e il tempo libero”;
la seconda, relativa alla chiusura degli impianti ed alla bonifica delle aree da
questi interessate.
È appena il caso di sottolineare - tenendo sempre presente che si versa
nell’ipotesi di gestione da parte di soggetto diverso dal Comune nel cui
territorio ricade l’impianto - che non avrebbe senso la separata previsione di
questi ultimi costi, ove essi dovessero intendersi come compresi nei primi o, in
altre parole, se tra i “siti inquinati”, le “aree industriali dismesse” e le
“aree degradate” di cui all’art. 10 il legislatore regionale avesse voluto
ricomprendere anche l’area ed il sito interessati dall’impianto di smaltimento
autorizzato.
Decisiva, ad ogni modo, appare la considerazione che, se la stima dell’impegno
necessario per la chiusura dell’impianto e la bonifica dell’area interessata può
essere lasciata al concessionario, la valutazione della posta per i costi
socio-ambientali, attenendo essa ad esigenze della collettività interessata
suscettibili di essere soddisfatte con l’uso di “centri di socializzazione e di
attrezzature per lo sport e il tempo libero” oltre che con la riqualificazione
di aree degradate (diverse, come s’è visto, da quella impegnata dall’impianto),
deve ritenersi propria della sfera ampimente discrezionale del Comune quale ente
esponenziale di quella collettività.
Tirando le fila del discorso, la normativa regionale va intesa nel senso che il
Comune il cui territorio ospita l’impianto di smaltimento è abilitato ad
inserire nel quadro economico del progetto una voce negativa, costituita dai
ripetuti costi socio-ambientali, perché sia ripartita tra i Comuni del bacino
d’utenza attraverso la tariffa, per l’ammontare massimo indicato nell’art. 10,
comma 3, ultimo periodo, L.R. n. 17 del 1993 (testo vigente); che detta posta
negativa richiede una specifica approvazione da parte della Provincia; e che, in
caso di esercizio affidato a soggetti specializzati, le spese per la chiusura
dell’impianto e la bonifica dell’area da questo interessata non possono essere
fronteggiate con le somme destinate a coprire i costi socio-ambientali e
confluite nel previsto apposito fondo.
Nel caso di specie, nulla di tutto questo è avvenuto. Il quadro economico
dell’impianto di cui si tratta, come approvato dalla Provincia, non reca alcuna
specificazione dei ripetuti costi socio-ambientali. Questi, pertanto, non hanno
concorso a determinare la tariffa a mezzo della quale, siccome costi di
gestione, avrebbero dovuto essere ripartiti tra i Comuni utenti del servizio
gestito in concessione dalla società appellata, che, a sua volta, non può aver
riscosso somma alcuna a tale titolo né per lo stesso titolo può essere escussa.
Per le considerazioni tutte che precedono, che esimono il Collegio dall’esame di
ogni altra deduzione ed eccezione, l’appello principale va respinto e quello
incidentale va dichiarato inammissibile per difetto d’interesse.
Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti in causa spese e competenze
del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, respinge
l’appello principale e dichiara inammissibile quello incidentale.
Compensa tra le parti spese e competenze del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione
Quinta, nella camera di consiglio del 21 maggio 2004 con l’intervento dei
Signori:
Emidio Frascione Presidente
Corrado Allegretta Consigliere rel. est.
Aldo Fera Consigliere
Marzio Branca Consigliere
Aniello Cerreto Consigliere
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
IL SEGRETARIO
IL DIRIGENTE
f.to Corrado Allegretta
f.to Emidio Frascione
f.to Agatina Maria Vilardo
f.to Antonio Natale
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
L’8 marzo 2005
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
1) Rifiuti - Impianti di smaltimento - Regione Puglia - Comune - Quadro economico del progetto - Costi socio-ambientali - Ripartizione - Bacino d’utenza - Tariffa - Gestione affidata a soggetti specializzati - Chiusura e bonifica dell’impianto - Onere a carico del fondo per i costi socio-ambientali - Esclusione. In tema di progettazione, realizzazione e gestione degli impianti di smaltimento di rifiuti solidi urbani, la normativa della Regione Puglia (L.R. Puglia n. 17 del 1993, come integrata dalla L.R. 18 luglio 1996 n. 13) va intesa nel senso che il Comune il cui territorio ospita l’impianto di smaltimento è abilitato ad inserire nel quadro economico del progetto una voce negativa, costituita dai costi socio-ambientali, perché sia ripartita tra i Comuni del bacino d’utenza attraverso la tariffa, per l’ammontare massimo indicato nell’art. 10, comma 3, ultimo periodo, l. n. 17 del 1993 (testo vigente); che detta posta negativa richiede una specifica approvazione da parte della Provincia; e che, in caso di esercizio affidato a soggetti specializzati, le spese per la chiusura dell’impianto e la bonifica dell’area da questo interessata non possono essere fronteggiate con le somme destinate a coprire i costi socio-ambientali e confluite nel previsto apposito fondo. Pres. Frascione, Est. Allegretta - Comune di Nardò (Avv. Sticchi Damiani) c. M.C. 2 s.r.l. (Avv. Portaluri) - (Conferma T.A.R. PUGLIA, Lecce, Sez. II, n. 1933/2003) - CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - 8 marzo 2005 (C.C. 21 maggio 2004), Sentenza n. 938
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