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 Massime della sentenza

 

 

CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 9 marzo 2005 (c.c. 26-11-2004), sentenza n. 968 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
 

DECISIONE


sul ricorso in appello n. 1924/2004 proposto da Immobiliare Fortunato s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Mario Colucci e Maria Carmela D’Aries, ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Maria Saracino, in Roma, via Appia Nuova, n. 251;
contro
Ministero per i beni e le attività culturali, in persona del Ministro pro tempore, costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato e domiciliato presso la stessa in Roma via dei Portoghesi n. 12;
Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio, per il patrimonio storico, artistico e demoetnoantropologico per l’Abruzzo, non costituitasi in giudizio.
e nei confronti
Comune di Vasto, non costituitosi in giudizio;
e sul ricorso in appello n. 2366/2004 proposto dal Comune di Vasto, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall' avv.to Vittorio Emanuele Russo, ed elettivamente domiciliato presso Elisa Russo, in Roma, via Bartolomeo Cueva, n. 45;
contro
Ministero per i beni e le attività culturali, in persona del Ministro pro tempore, costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato e domiciliato presso la stessa in Roma via dei Portoghesi n. 12;
Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio, per il patrimonio storico, artistico e demoetnoantropologico per l’Abruzzo, non costituitasi in giudizio.
e nei confronti
Immobiliare Fortunato s.r.l., non costituitasi in giudizio;
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo, Sezione di Pescara, n. 123/2003;
Visto i ricorsi con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’amministrazione appellata;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Alla pubblica udienza del 26-11-2004 relatore il Consigliere Roberto Chieppa.
Uditi l'Avv. Guidi per delega dell’Avv. Colucci, l’Avv. Russo e l'Avv. dello Stato Gentili;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:


FATTO


Con i ricorsi in appello in epigrafe l’Immobiliare Fortunato s.r.l. e il Comune di Vasto hanno chiesto, per motivi indicati nella parte in diritto della presente decisione, l’annullamento della sentenza n. 123/2003 con la quale il Tar per l’Abruzzo ha respinto i ricorsi proposti avverso il decreto del 16 maggio 2002, con il quale il Soprintendente per i Beni Architettonici e per il Paesaggio, per il Patrimonio Storico, Artistico e Demoetnoantropologico per l’Abruzzo, ha annullato il nulla-osta paesistico del 18 marzo 2002 n. 43700, rilasciato dal Comune di Vasto per la realizzazione di un residence comprendente 68 unità abitative, denominato “Il Ventaglio” ed un parcheggio coperto in località Vasto Marina.


L'amministrazione intimata si è costituita in giudizio, chiedendo la reiezione dell’appello.


All’odierna udienza la causa è stata trattenuta in decisione.


DIRITTO


1. Preliminarmente deve essere disposta la riunione dei due ricorsi, proposti per analoghi motivi avverso la medesima sentenza.


2. Con l’impugnata sentenza il Tar ha respinto il ricorso proposto avverso il menzionato decreto della Soprintendenza di annullamento dell’autorizzazione paesaggistica, ritenendo che:
a) il decreto di annullamento è stato adottato nel rispetto del termine perentorio di 60 giorni, tenuto conto che la documentazione era pervenuta completa alla Soprintendenza solo in data 11 marzo 2002 dopo l’invio di quanto richiesto con la nota del 1° marzo 2002;
b) l’autorizzazione paesaggistica era stata rilasciata dal Comune in assenza di una adeguata motivazione e legittimamente la Soprintendenza la aveva annullata sotto tale profilo.


3. Con il primo motivo dei ricorsi in appello viene dedotta la violazione del principio di leale cooperazione, sotto il profilo dell’omessa comunicazione da parte della Soprintendenza dell’avvio del procedimento di annullamento.


Il motivo, oltre che essere inammissibile perché non proposto in primo grado, è infondato in quanto a seguito della richiesta istruttoria inviata al Comune dalla Soprintendenza il 1° marzo 2003 sia il Comune di Vasto che l’Immobiliare Fortunato hanno avuto la possibilità di partecipare al procedimento, come dimostra anche la nota di risposta inviata dalla società ricorrente in data 11-3-2002.


Si ricorda che questa Sezione ha affermato la sussistenza dell’obbligo dell’amministrazione dei beni culturali di comunicare al privato l’avvio del procedimento di annullamento delle autorizzazioni paesaggistiche, ma ha anche precisato che il rispetto di tale obbligo deve essere verificato in concreto, tenendo presente che la disposizione di cui all’art. 7 della legge n. 241/90 non può essere applicata meccanicamente e formalisticamente, dovendosi escludere il vizio nei casi in cui lo scopo della partecipazione del privato sia stato comunque raggiunto o vi sia comunque un atto equipollente alla formale comunicazione (cfr., fra tutte, Cons. Stato, VI, n. 2984/2002).


Nel caso di specie, la richiesta istruttoria costituisce senza dubbio atto equipollente alla formale comunicazione e la citata nota di risposta dell’Immobiliare Fortunato dimostra come lo scopo della partecipazione fosse stato comunque raggiunto.


4. Con altro motivo gli appellanti lamentano la violazione del termine perentorio di 60 giorni, previsto per l’annullamento delle autorizzazioni paesaggistiche e sostengono l’inidoneità della menzionata richiesta istruttoria ad interrompere il termine.


Al riguardo, si rileva che la giurisprudenza, data ormai per pacifica la perentorietà del termine di 60 giorni (cfr., Cons. Stato, VI, n. 1267/94, n. 558/96, 1825/96 e n. 129/98), previsto per l’esercizio del potere di annullamento, ha ritenuto che tale termine decorra dalla ricezione da parte della Soprintendenza dell’autorizzazione rilasciata e della documentazione tecnico - amministrativa, sulla cui base il provvedimento è stato adottato; in caso di omessa o incompleta trasmissione di detta documentazione, il termine non decorre e la Soprintendenza legittimamente richiede gli atti mancanti (cfr. fra tutte, Cons. Stato, VI, n. 114/98).


Con la sentenza n. 4182/2002, questa Sezione ha anche precisato: che tale richiesta istruttoria può essere effettuata nel solo caso di mancata trasmissione della documentazione, sulla cui base l’autorizzazione è stata rilasciata, senza che il termine possa essere interrotto da richieste istruttorie, relative a documenti diversi ed ulteriori, rispetto quelli acquisiti nel procedimento conclusosi con l’autorizzazione; che una diversa interpretazione attribuirebbe alla suddetta autorità un potere, che potrebbe agevolmente essere sospeso indefinitamente con richieste di elementi integrativi, che condurrebbero al concreto risultato dell’elusione del termine perentorio; che una siffatta elusione del termine perentorio finirebbe per porsi in contrasto con i principi affermati dalla Corte Costituzionale in materia di distribuzione legislativa, tra Stato e Regioni, dei poteri autorizzatori in ambito paesaggistico, alterando, attraverso un potere di annullamento in pratica esercitabile senza termine certo, quel principio di giusto equilibrio tra i poteri di varie autorità, valorizzato dal giudice delle leggi (cfr., Corte Cost., n. 359/85, n. 153/86, n. 302/88 e n. 1112/88).


Nel citato precedente la Sezione ha ritenuto non idonea ad interrompere il termine una richiesta istruttoria, relativa a sole nuove fotografie effettuate da una diversa visuale ed ad un atto non rilevante ed estraneo rispetto al procedimento in esame.


In relazione ai suddetti principi la Sezione ritiene di dover svolgere ulteriori precisazioni.


Innanzitutto, si deve tenere conto che la questione è stata successivamente oggetto di interventi normativi.


Dapprima, con D.M. 19 giugno 2002, n. 165 è stato introdotto il comma 6-bis dell’art. 6 del D.M. 13-6-1994 n. 495, che così dispone per i procedimenti di competenza dell’amministrazione dei beni culturali: “Qualora, in sede di istruttoria, emerga la necessità di ottenere chiarimenti o di acquisire elementi integrativi di giudizio, ovvero di procedere ad accertamenti di natura tecnica, il responsabile del procedimento ne dà immediata comunicazione ai soggetti indicati all'articolo 4, comma 1, nonché, ove opportuno, all'amministrazione che ha trasmesso la documentazione da integrare. In tal caso, il termine per la conclusione del procedimento è interrotto, per una sola volta e per un periodo non superiore a trenta giorni, dalla data della comunicazione e riprende a decorrere dal ricevimento della documentazione o dall'acquisizione delle risultanze degli accertamenti tecnici”


Successivamente, l’applicabilità delle disposizioni di cui al citato art. 6 bis è stata espressamente prevista dall’art. 159, comma 2, del D. Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42 con specifico riguardo al procedimento di autorizzazione paesaggistica in via transitoria (vigente fino all’entrata in vigore del nuovo procedimento introdotto dall’art. 146 del medesimo D. Lgs.).


Tali due disposizioni non sono temporalmente applicabili agli atti oggetto della presente controversia, ma possono ritenersi ricognitive del principio della possibilità da parte delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo di effettuare richieste istruttorie, idonee ad incidere sul decorso dei termini: oltre all’ipotesi di documentazione non trasmessa ed utilizzata in sede di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, tali richieste possono riguardare anche accertamenti, chiarimenti ed elementi integrativi di giudizio.


I rischi di elusione del termine perentorio e di attribuzione alle Soprintendenza di un potere di annullamento esercitabile senza termine certo, evidenziati nel citato precedente della Sezione, vengono evitati attraverso il contenimento temporale, derivante dall’applicazione del citato art. 6 bis.


Pur ribadendo la non applicabilità delle due disposizioni alla controversia in esame, la richiamata natura anche ricognitiva dei principi appena illustrati, impone di considerare in senso ampio i casi di mancata trasmissione della documentazione, sulla cui base l’autorizzazione è stata rilasciata, ritenuti in passato dalla Sezione idonei ad interrompere il termine, includendovi anche le ipotesi di necessità di acquisizione degli elementi in base a cui l’autorizzazione paesaggistica è stata rilasciata.


Qualora la Soprintendenza rilevi che nella documentazione trasmessa manchino elementi, che sono stati valutati dalla amministrazione preposta in prima battuta alla tutela del vincolo paesaggistico, può essere effettuata una richiesta istruttoria e tale richiesta è idonea ad interrompere il termine perentorio, ferma restando la necessità di portare gli interessati a conoscenza dell’avvio del procedimento.


Ovviamente, ciò non significa che ogni richiesta istruttoria è idonea ad interrompere il termine perentorio, in quanto resta anche ferma la possibilità di dedurre in giudizio la insussistenza dei descritti presupposti, in base ai quali la richiesta può essere ritenuta legittima.


Applicando al caso di specie detti principi, si rileva che con la nota del 1° marzo 2002 la Soprintendenza ha richiesto nuove fotografie da diverse vedute e un montaggio fotografico con indicazione delle volumetrie previste.


Mentre la richiesta di mere nuove fotografie non può essere ritenuta idonea ad interrompere il termine perentorio, il montaggio fotografico soprattutto con l’indicazione delle volumetrie previste rappresenta un elemento su cui il comune si è pronunciato nel suo giudizio di compatibilità con il vincolo ambientale e che doveva essere quindi valutato dalla Soprintendenza, tenuto anche conto che nel caso di specie doveva essere ben chiarita la differenza tra il nuovo progetto e quello precedentemente assentito (che, come si vedrà oltre, costituisce un punto controverso).


Considerata la legittimità della richiesta istruttoria e il suo effetto interruttivo sulla decorrenza del termine perentorio, ne consegue che l’impugnato provvedimento di annullamento è stato adottato nel rispetto del termine (la autorizzazione è pervenuta alla Soprintendenza il 15-1-2002, la richiesta è stata inviata il 1°-3-2002 ed a seguito della documentazione pervenuta l’11-3, in data 13-4 è stato adottato il decreto di annullamento).


5. Con ulteriori censure gli appellanti sostengono che l’autorizzazione annullata non era viziata sotto il profilo del difetto di motivazione e che invece da tale vizio era affetto l’impugnato decreto di annullamento.


Il motivo è privo di fondamento.


Il giudice di primo ha correttamente così ricostruito il procedimento seguito dal Comune di Vasto per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica:
- il tecnico comunale istruttore della pratica aveva rilevato testualmente che a suo avviso “la tipologia adottata si conforma alle realizzazioni preesistenti non arrecando ulteriore pregiudizio ambientale in un contesto già urbanizzato”;
- la speciale Commissione comunale ambientale aveva espresso in data 14 marzo 2002, verb. n. 4, parere favorevole senza nulla rilevare in merito;
- il Dirigente del settore urbanistica, dopo aver richiamato il predetto parere favorevole della Commissione comunale ambientale, aveva rilasciato il nulla osta in parola limitandosi genericamente ad affermare che le realizzazioni preventivate “non recano pregiudizio alla conservazione delle caratteristiche ambientali dei luoghi interessati dall’intervento”.


E’ evidente che le richiamate frasi di stile non sono idonee a costituire una adeguata motivazione dell’autorizzazione paesaggistica.


Il Comune avrebbe dovuto evidenziare in primo luogo le differenze rispetto al progetto in precedenza autorizzato e poi le ragioni del nuovo giudizio di compatibilità ambientale.


Non avendolo fatto, correttamente la Soprintendenza ha annullato l’autorizzazione, rilevando che la stessa era viziata da eccesso di potere sotto il profilo del difetto di motivazione.


Sotto tale profilo il provvedimento della Soprintendenza è sufficientemente motivato, essendo evidenziate le carenze del provvedimento annullato, che - afferma la amministrazione statale - non fa riferimento al vincolo paesaggistico vigente sulla zona e motiva la propria decisione con le affermazioni generiche richiamate in precedenza.


6. Come rilevato dal Tar, la carenza della motivazione costituisce vizio che da solo è sufficiente a supportare l’impugnato provvedimento di annullamento, risultando così irrilevanti ulteriori contestazioni mosse dagli appellanti in relazioni ad ulteriori parti del decreto di annullamento.


Con riferimento alle ulteriori censure proposte, è quindi sufficiente rilevare che:
a) la circostanza che l’intervento in questione rientrasse tra le trasformazioni ammissibili in base al piano paesistico regionale non esonerava l’amministrazione preposta alla tutela del vincolo a verificare la compatibilità dell’opera da autorizzare con le esigenze di conservazione delle bellezze naturali oggetto del vincolo stesso, con una motivata valutazione sull’incidenza complessiva e sulla visibilità dell’intervento progettato nel più vasto contesto ambientale, non potendo certamente limitarsi ad accertare soltanto se l’intervento progettato fosse o meno conforme alle previsioni del P.R.G. vigente nel Comune;
b) non costituisce vizio di legittimità dell’atto impugnato la circostanza che la Sovrintendenza non aveva indicato le specifiche norme del Piano Paesistico Regionale che sarebbero state violate e ciò in quanto tale piano aveva individuato e determinato le sole destinazioni degli interventi ammissibili nella aree in questione, senza, peraltro, fissare predeterminati e trasparenti criteri ai fini dell’esame delle domande di rilascio delle singole autorizzazioni e fermo restando che, come già detto, l’autorizzazione è stata annullata per difetto di motivazione, in relazione al quale la menzione delle norme del PTP non è certo necessaria;
c) l’annullamento dell’autorizzazione per difetto di motivazione esclude che la Soprintendenza possa avere effettuato un (non consentito) riesame nel merito dell’autorizzazione comunale;
d) la circostanza evidenziata dalla parte ricorrente, secondo cui la zona in questione era già completamente edificata e non vi sarebbero più da salvaguardare aspetti ambientali e paesaggistici non è stata in alcun modo travisata dalla Soprintendenza e comunque non esonerava di certo il Comune dal verificare con attenzione anche tale circostanza e dal motivare puntualmente in ordine agli aspetti sopra evidenziati;
e) il richiamo alle autorizzazione in precedenza rilasciate e al minor impatto del nuovo intervento richiesto non può costituire ragione per non svolgere un accurato esame della compatibilità paesaggistica di un progetto, certamente diverso rispetto al precedente (basti evidenziare che le nuove costruzione avrebbero un’altezza doppia rispetto alle precedenti autorizzate e che anche la volumetria da assentire è maggiore per comprendere come gli elementi evidenziati dagli appellanti - maggiore copertura del progetto già assentito e maggiori spazi a verde del nuovo progetto - dovevano essere valutati dall’amministrazione comunale, ma non costituivano di per sé ragioni per escludere o affievolire l’obbligo per il Comune di valutare attentamente l’intervento sotto il profilo paesaggistico, motivando le decisioni assunte;
f) l’annullamento della autorizzazioni paesaggistiche da parte della Soprintendenza si inserisce nella co-gestione del bene ambiente da parte di Stato e Regioni e non costituisce esercizio di un vero e proprio potere di autotutela, non essendo quindi richiesta la sussistenza di specifiche ragioni di pubblico interesse per procedere all’annullamento.


6. In conclusione, gli appelli riuniti devono essere respinti.


Ricorrono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di giudizio.


P.Q.M.


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, previa riunione dei ricorsi in appello in epigrafe, li respinge.
Compensa tra le parti le spese del giudizio.


Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, il 26-11-2004 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale - Sez.VI -, riunito in Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori:
Giorgio GIOVANNINI Presidente
Luigi MARUOTTI Consigliere
Giuseppe ROMEO Consigliere
Francesco D’OTTAVI Consigliere
Roberto CHIEPPA Consigliere Est.
 


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 9.03.2005
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
Il Direttore della Sezione


 

M A S S I M E

Sentenza per esteso


1) Beni culturali ed ambientali - Annullamento delle autorizzazioni paesaggistiche - Comunicazione dell’avvio del procedimento - Obbligo - Atto equipollente alla formale comunicazione. Sussiste l’obbligo dell’amministrazione dei beni culturali di comunicare al privato l’avvio del procedimento di annullamento delle autorizzazioni paesaggistiche, il rispetto di tale obbligo deve essere verificato in concreto, tenendo presente che la disposizione di cui all’art. 7 della legge n. 241/90 non può essere applicata meccanicamente e formalisticamente, dovendosi escludere il vizio nei casi in cui lo scopo della partecipazione del privato sia stato comunque raggiunto o vi sia comunque un atto equipollente alla formale comunicazione (Cons. Stato, VI, n. 2984/2002). Pres. GIOVANNINI Est. CHIEPPA - Immobiliare Fortunato s.r.l. (avv.ti Colucci e D’Aries) c. Ministero per i beni e le attività culturali (Avvocatura Generale dello Stato) (conferma TAR Abruzzo, Sezione di Pescara, n. 123/2003). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 9.03.2005 (c.c. 26-11-2004), sentenza n. 968

2) Beni culturali ed ambientali - Annullamento delle autorizzazioni paesaggistiche - Termine di 60 giorni - Decorrenza - Funzione. La perentorietà del termine di 60 giorni (Cons. Stato, VI, n. 1267/94, n. 558/96, 1825/96 e n. 129/98), previsto per l’esercizio del potere di annullamento, ha ritenuto che tale termine decorra dalla ricezione da parte della Soprintendenza dell’autorizzazione rilasciata e della documentazione tecnico - amministrativa, sulla cui base il provvedimento è stato adottato; in caso di omessa o incompleta trasmissione di detta documentazione, il termine non decorre e la Soprintendenza legittimamente richiede gli atti mancanti (cfr. fra tutte, Cons. Stato, VI, n. 114/98). Con la sentenza n. 4182/2002, questa Sezione ha anche precisato: che tale richiesta istruttoria può essere effettuata nel solo caso di mancata trasmissione della documentazione, sulla cui base l’autorizzazione è stata rilasciata, senza che il termine possa essere interrotto da richieste istruttorie, relative a documenti diversi ed ulteriori, rispetto quelli acquisiti nel procedimento conclusosi con l’autorizzazione; che una diversa interpretazione attribuirebbe alla suddetta autorità un potere, che potrebbe agevolmente essere sospeso indefinitamente con richieste di elementi integrativi, che condurrebbero al concreto risultato dell’elusione del termine perentorio; che una siffatta elusione del termine perentorio finirebbe per porsi in contrasto con i principi affermati dalla Corte Costituzionale in materia di distribuzione legislativa, tra Stato e Regioni, dei poteri autorizzatori in ambito paesaggistico, alterando, attraverso un potere di annullamento in pratica esercitabile senza termine certo, quel principio di giusto equilibrio tra i poteri di varie autorità, valorizzato dal giudice delle leggi (Corte Cost., n. 359/85, n. 153/86, n. 302/88 e n. 1112/88). Pres. GIOVANNINI Est. CHIEPPA - Immobiliare Fortunato s.r.l. (avv.ti Colucci e D’Aries) c. Ministero per i beni e le attività culturali (Avvocatura Generale dello Stato) (conferma TAR Abruzzo, Sezione di Pescara, n. 123/2003). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 9.03.2005 (c.c. 26-11-2004), sentenza n. 968


3) Beni culturali ed ambientali - Tutela del vincolo paesaggistico - Richiesta istruttoria - Avvio del procedimento - Comunicazione - Interruzione del termine. Qualora la Soprintendenza rilevi che nella documentazione trasmessa manchino elementi, che sono stati valutati dalla amministrazione preposta in prima battuta alla tutela del vincolo paesaggistico, può essere effettuata una richiesta istruttoria e tale richiesta è idonea ad interrompere il termine perentorio, ferma restando la necessità di portare gli interessati a conoscenza dell’avvio del procedimento. Pres. GIOVANNINI Est. CHIEPPA - Immobiliare Fortunato s.r.l. (avv.ti Colucci e D’Aries) c. Ministero per i beni e le attività culturali (Avvocatura Generale dello Stato) (conferma TAR Abruzzo, Sezione di Pescara, n. 123/2003). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 9.03.2005 (c.c. 26-11-2004), sentenza n. 968

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