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 Massime della sentenza

(Segnalata dall'Avv. Maurizio Balletta)

 

 

T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI SEZ I -  29 dicembre 2005, Sentenza n. 20691
 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


N. 20691 reg. Sent
N. 5294 reg. Ric.
anno 2005

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA CAMPANIA
NAPOLI
PRIMA SEZIONE



ha pronunciato la seguente


SENTENZA


Sul ricorso

n. 5294/05 proposto dal Comune di Acerra, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Maurizio Balletta, con lo stesso elettivamente domiciliato in Napoli al corso Vittorio Emanuele n. 142 presso il sig. Bruno Cajano,


contro


Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli, presso la stessa legalmente domiciliato,

e nei confronti di

- Commissario di Governo per l'emergenza rifiuti nella Regione Campania, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli, presso la stessa legalmente domiciliato,

- Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente in carica, rappresentata e difesa dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli, presso la stessa legalmente domiciliata,

- Ministero dell'interno e per il coordinamento della protezione civile, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli, presso la stessa legalmente domiciliato,

- Ministero per i beni e le attività culturali, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli, presso la stessa legalmente domiciliato,

- Provincia di Napoli, in persona del Presidente p.t. della Giunta provinciale, n. c.,

- Regione Campania, in persona del Presidente p.t. della Giunta regionale, n. c.,

- FIBE s.p.a., in persona dell'amministratore delegato legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Massimo Ambroselli, Fabrizio Magrì ed Ennio Magrì, presso gli stessi elettivamente domiciliata in Napoli alla via Carducci n. 19,


per l’annullamento
del parere reso dal Ministero dell'ambiente in data 9/2/2005, relativo all'aggiornamento della compatibilità ambientale dell'impianto di termovalorizzazione del combustibile derivato da rifiuti (CDR) nel comune di Acerra, nonché degli atti connessi, ivi compreso il provvedimento ministeriale costitutivo del Gruppo di lavoro incaricato dell'istruttoria.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Avvocatura erariale;

vista la memoria di costituzione in giudizio della FIBE con la produzione allegata;

viste le memorie difensive e i documenti prodotti dalle parti;

visti gli atti tutti di causa;

alla pubblica udienza del 26/10/2005, relatore il cons. Donadono, uditi gli avvocati presenti di cui al verbale di udienza.


FATTO


Con atto notificato il 2 e 4/7/2005, il Comune di Acerra riferiva che:

- con ordinanza n. 161 del 12/6/2000 del Commissario di Governo per l'emergenza rifiuti nella regione Campania veniva approvata, previo parere di compatibilità ambientale della Commissione prevista dall'art. 3, co. 3 dell'ordinanza ministeriale n. 2948 del 1999, la localizzazione nel comune di Acerra di un impianto di termovalorizzazione di combustibile derivato da rifiuti (CDR);

- con ordinanza commissariale n. 184 del 23/5/2002 veniva approvato il progetto esecutivo;

- le impugnative a suo tempo proposte dal Comune contro gli atti suddetti venivano respinte dal giudice amministrativo (sentenze T.a.r. Campania, sez. I, n. 4441 del 2001 e n. 2456 del 2004);

- successivamente, con il parere in data 9/2/2005, in attuazione dell'ordinanza P.C.M. n. 3369 del 2004, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio si esprimeva favorevolmente in ordine all'aggiornamento sulla compatibilità ambientale del termovalorizzatore.

Avverso tale determinazione è insorto lo stesso Comune con l'impugnativa in epigrafe.

Il Commissariato di Governo, le amministrazioni dello Stato e la FIBE, impresa affidataria degli interventi, si costituivano in giudizio, resistendo al gravame.

Con ordinanza n. 5294 del 6/7/2005 veniva fissata la trattazione nel merito della causa ai sensi dell'art. 23-bis della legge n. 1034 del 1971.
 


DIRITTO


1. Il Comune ricorrente deduce in primo luogo la violazione dell'art. 12, co. 1, della direttiva 2000/76/CE del 14/12/2000 che, sebbene non recepita nei termini, sarebbe vincolante quale norma dettagliata autoesecutiva, nella parte in cui regola la pubblicazione e l'accesso per le domande di autorizzazione degli impianto di incenerimento.

La censura è infondata.

La disposizione invocata (cfr. ora il d. lgs. n. 133 dell'11/5/2005) prevede che siano accessibili, per un periodo di tempo adeguato, in uno o più luoghi aperti al pubblico, le domande di “nuove autorizzazioni”. Sennonché è pacifico che nella specie non vi è una nuova domanda di autorizzazione, ma che si tratta piuttosto di un mero approfondimento del precedente parere di compatibilità ambientale, per cui, in base alle medesima disposizione, è sufficiente la pubblicazione della decisione conclusiva del procedimento.

2. Con il secondo motivo si deduce la violazione dell'art. 1 dell'ordinanza P.C.M. n. 3370 del 2004 nella parte in cui prevede la partecipazione del Comune ricorrente alla fase istruttoria del procedimento di aggiornamento; infatti l'autorità ministeriale non avrebbe chiesto al Comune di nominare i propri tecnici in seno all'apposito Gruppo di lavoro, né avrebbe invitato il Sindaco, che si sarebbe all'uopo nominato come rappresentante del Comune stesso.

Al riguardo, giova premettere che, con l'ordinanza P.C.M. n. 3369 del 13/8/2004, pur facendosi salva la piena vigenza delle determinazioni già assunte in ordine alla valutazione di impatto ambientale dell'inceneritore di Acerra, è stata disposta l'effettuazione, a cura del Ministero dell'ambiente, di una procedura di aggiornamento dell'accertamento di compatibilità ambientale. Per la conclusione di tale procedura, in relazione al contesto di somma urgenza dell'intervento, è stato stabilito un termine di 45 giorni dall'emanazione dell'ordinanza medesima.

Con la successiva ordinanza P.C.M. n. 3370 del 27/8/2004, venendo incontro alle istanze formulate dall'amministrazione comunale di Acerra, si è consentito al Sindaco di nominare due tecnici per la partecipazione alla procedura di valutazione ambientale, facendo salva peraltro l'osservanza dei tempi già imposti per la conclusione del procedimento in questione.

Orbene non può essere contestato che l'amministrazione comunale ricorrente fosse a conoscenza della citata ordinanza n. 3370, provocata peraltro dall'impulso e dalle sollecitazioni esercitate dallo stesso Comune. Del resto la consapevolezza del procedimento in corso (e dei conseguenti dei poteri-doveri riconosciuti all'ente) risulta pacificamente dalla nota prot. n. 263 del 7/9/2004 (con la quale il Comune poneva alcuni quesiti, ai quali l'autorità ministeriale ha prontamente risposto con la nota prot. DPC/CG/41277 del 14/9/2004).

Nondimeno, in relazione a quanto precede, il Sindaco di Acerra, solo con nota prot. n. 343 dell'1/12/2004 indirizzata al Presidente del Consiglio dei ministri, al Dipartimento della protezione civile ed al Commissario per l'emergenza rifiuti, ha indicato se medesimo come “il primo dei nominativi richiesti”.

E' agevole osservare che tale nota:

- è inviata dopo oltre tre mesi dall'ordinanza n. 3370, e quindi in tempi certamente non coerenti con l'urgenza imposta per l'istruttoria in questione;

- non è diretta al Ministero dell'ambiente, competente all'espletamento dell'istruttoria stessa;

- non contiene la nomina di un “tecnico”, come previsto dall'ordinanza n. 3370, non risultando dagli atti di causa che al Sindaco di Acerra sia in concreto attribuibile tale qualità.

Sta di fatto che, secondo quanto emerge dalla stessa documentazione prodotta dal Comune ricorrente, la lettera in questione perviene al Ministero dell'ambiente ad istruttoria ormai terminata, ben oltre i termini stabiliti per la conclusione della procedura, con un'inerzia imputabile in primo luogo e principalmente alla stessa amministrazione ricorrente.

Alla luce di tali elementi il parere impugnato risulta immune dai vizi dedotti con le censure in esame.

3. Con il terzo motivo si deduce la violazione dell'art. 1, co. 4, della citata ordinanza P.C.M. n. 3369 del 2004 in quanto il progetto valutato in sede di aggiornamento della compatibilità ambientale sarebbe inesistente e comunque diverso da quello approvato con l'ordinanza ministeriale n. 184 del 23/2/2002.

Al riguardo è da osservare che le modifiche impiantistiche prospettate nell'atto impugnato sono in realtà quelle conseguenti alle prescrizioni impartite dalla stessa autorità ministeriale. In altre parole, il parere favorevole è dato sul presupposto che siano osservate le indicazioni prescritte per la realizzazione e l'esercizio dell'impianto in questione.

Le censure sono pertanto prive di fondamento.

4. Con il quarto motivo si deduce il travisamento dei fatti e la carenza di istruttoria in quanto l'allegato A del parere impugnato presupporrebbe che l'impianto utilizzi CDR rispondente alle caratteristiche indicate dal decreto ministeriale del 5/2/1998, laddove invece il CDR prodotto in Campania non sarebbe conforme alle suddette specifiche.

La censura è infondata.

E' evidente, infatti, che l'impianto di termovalorizzazione può trattare unicamente CDR del tipo previsto dalla normativa vigente. L'anomalia denunciata dal Comune ricorrente implica che il materiale prodotto non può essere utilizzato nell'impianto, a meno che non sia adeguato ai requisiti previsti per la qualificazione del CDR e quindi per il suo impiego ai fini della termovalorizzazione.

5. Con il quinto motivo si deduce che l'art. 1, co. 4, della ripetuta ordinanza n. 3369 contemplerebbe la prosecuzione dei lavori, a meno che non sia accertata la incompatibilità ambientale dei lavori, mentre non sarebbe stata presa in considerazione l'alternativa dell'interruzione dei lavori; i risultati della procedura sarebbero stati diversi se non si fosse trattato di una procedura di emergenza.

Le censure si riflettono essenzialmente in una contestazione della stessa ordinanza n. 3369 che ha dettato le regole, l'ambito ed i termini per l'aggiornamento della compatibilità ambientale. Sennonché tale ordinanza non risulta ritualmente impugnata con il ricorso qui in esame, per cui le doglianze dedotte risultano inammissibili.

6. Con il sesto motivo si lamenta la violazione dell'art. 3 della direttiva 85/337/CEE nella parte in cui indica i vari aspetti da prendere in considerazione ai fini della valutazione di impatto ambientale; infatti il parere impugnato non coprirebbe tutti i profili richiesti, mancando l'apprezzamento degli effetti dell'intervento su flora, fauna, clima, paesaggio, beni materiali e culturali nonché sull'interazione tra tali fattori.

Con il settimo motivo si denuncia, altresì, la violazione dell'art. 15 della legge n. 306 del 2003 nella parte in cui disciplina l'approvazione dei progetti collegati a situazioni di emergenza ai sensi dell'art. 5 della legge n. 225 del 1992.

Giova premettere che la pronuncia di compatibilità ambientale dell'intervento risulta già emanata in data 20/12/1999. Nella specie l'ordinanza n. 3369 del 2004 ha disposto non già un completo riesame, ma piuttosto un mero aggiornamento delle suddette valutazioni.

Tale aggiornamento viene specificamente riferito “al possibile mutato contesto derivante sia dai limiti di emissione previsti dalla vigente normativa comunitaria, sia da altre situazioni rilevanti sotto il profilo tecnico-ambientale, che da altri interventi ed opere ricadenti nell'area interessata”.

Ne consegue che lo studio ed il parere ora impugnati hanno un ambito ed un'ampiezza particolari, delimitati a determinati aspetti, sui quali viene ritenuta l'opportunità di una riconsiderazione della compatibilità ambientale in relazione al mutamento dei contesti ambientali ed alla evoluzione del quadro normativo sopravvenuti dopo il 1999, data di elaborazione della originaria valutazione.

Per il resto la citata ordinanza n. 3369 fa espressamente salva la piena vigenza delle determinazioni già adottate in merito.

Le censure in esame si rivelano pertanto infondate.

7. E' appena il caso di soggiungere, infine, che nel processo amministrativo la materia del contendere è delimitata dalle contestazioni tempestivamente e ritualmente dedotte con l'atto introduttivo del giudizio (nonché eventualmente con i motivi aggiunti e/o con un ricorso incidentale). Non è invece ammissibile l'integrazione o l'ampliamento dell'oggetto della controversia con l'introduzione di nuove censure, mediante il deposito di memorie difensive o di altri documenti di parte, sulle quali non sia stato instaurato il contraddittorio nei confronti di tutte le parti resistenti con le formalità previste dall'ordinamento processuale.

Pertanto è da escludere che possano essere prese in considerazione, nella presente sede giudiziale, le contrapposte argomentazioni contenute nelle relazioni tecniche prodotte dal Comune ricorrente e dall'impresa affidataria dei lavori.

8. In conclusione, il ricorso in esame va pertanto respinto.

Sussistono tuttavia giusti motivi per la compensazione delle spese di causa.


P.Q.M.


Il Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sezione prima, respinge il ricorso n. 5294/05.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli, addì 26 ottobre 2005, in camera di consiglio con l'intervento dei signori:

Giancarlo Coraggio Presidente

Fabio Donadono consigliere estensore

Carlo Buonauro referendario

Il Presidente

L'estensore
 

M A S S I M E

Sentenza per esteso


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