Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
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T.A.R. CAMPANIA -
NAPOLI SEZ I - 27 maggio 2005, Sentenza n. 7269
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 7269 reg. Sent
N. 4246 reg. Ric.
anno 2003
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
PER LA CAMPANIA
NAPOLI
PRIMA SEZIONE
nelle persone dei Signori:
GIANCARLO CORAGGIO Presidente
LUIGI DOMENICO NAPPI Cons.
CARLO BUONAURO Ref., relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Sul ricorso n. 4246/2003 proposto da:
Associazione Italiana per il World Wide Fund For Nature (W.W.F. ITALIA) –
O.N.L.U.S., in persona del Presidente nazionale e rappresentante legale
dell’Ente, Arch, Fulco Pratesi, rappresentata e difesa dall’avv. Maurizio
Balletta, con domicilio eletto in Napoli, alla via A. Da Salerno n. 13, presso
la sede della Sezione Regionale W.W.F. Campania,
contro
della Provincia di Caserta, in persona del Presidente p.t. della Giunta
Provinciale, non costituita;
per l’annullamento previa sospensione dell’esecuzione
1) del piano faunistico venatorio della Provincia di Caserta, approvato con
delibera del consiglio provinciale n. 9/2003 del 28 gennaio 2003
2) del parere del Comitato Tecnico Faunistico Venatorio richiamato nella
delibera impugnata;
3) di ogni atto connesso e presupposto;
Visti gli atti e i documenti depositati con il ricorso;
Uditi il relatore Ref. CARLO BUONAURO
Uditi altresì per le parti gli avvocati come da verbale;
Ritento e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Con il ricorso in esame il WWF Italia O.n.l.u.s. , associazione ambientalista
individuata con d.m. 20 febbraio 1987 ai sensi dell’articolo 13 della legge 349
del 1986, agli effetti dell’articolo 18, commi 4 e 5, della medesima legge
349/1986, impugna il piano faunistico venatorio della Provincia di Caserta,
approvato con delibera del consiglio provinciale n. 9/2003 del 28 gennaio 2003,
sotto i profili e per i motivi di seguito in sintesi tratteggiati.
Non si è costituita in giudizio, benché ritualmente citata, l’amministrazione
provinciale.
Alla pubblica udienza del 6 aprile 2005 la causa è stata chiamata e trattenuta
per la decisione.
DIRITTO
Il ricorso è fondato e merita accoglimento. Risultano difatti fondati gran parte
dei motivi di censura sollevati dall’associazione ricorrente, diretti ciascuno
avverso distinte previsioni del piano impugnato, e che andranno pertanto
partitamene esaminati.
Il complesso gravame dell’associazione ambientalista ricorrente può
sinteticamente suddividersi nei seguenti gruppi di censure:
a) motivi A 1-2, relativi alla ripartizione del territorio
agrosilvopastorale provinciale in un unico A.T.C. di dimensione coincidente con
l’intera provincia di Caserta;
b) motivo B 1-2 e D 1-3, relativo al computo della superficie
agrosilvopastorale sottratta all’esercizio venatorio;
c) motivi E, relativi alla rotazione quinquennale delle zone di
ripopolamento;
d) motivi F), relativo al contenuto formale del piano;
e) motivo E, relativo all’ampliamento del comitato faunistico venatorio.
Occorre dunque procedere alla disamina analitica dei singoli motivi di ricorso.
E’ fondata in primo luogo la doglianza (motivi “A.1, A.2” del ricorso)
diretta a denunciare l’illegittimità della ripartizione del territorio
provinciale in un unico A.T.C. di dimensione coincidente con l’intera provincia
di Caserta.
La previsione normativa di cui all’art. 14 co. 1 L. 157/92, secondo cui gli
ambiti territoriali devono avere dimensioni subprovinciali, ha stabilito senza
ombra di dubbio l’esigenza che la delimitazione dei territori di caccia debbano
avere dimensioni tali da garantire l’omogeneità naturale di ciascun ambito; ora,
al di là dell’indubbia volontà del legislatore, l’omogeneità dell’ambito di
caccia contrasta con la previsione di ricomprendere l’intero territorio
provinciale in un ambito unico: non solo il territorio della provincia di
Caserta non è di irrilevanti dimensioni, ma soprattutto è innegabile che esso
sia geograficamente disomogeneo, andando da tratti di costa pianeggiante del
litorale domizio ad aree collinari e montuose dell’Appennino meridionale, di tal
che la scelta operata nell’impugnato provvedimento appare in immotivato
contrasto con la citata previsione normativa e la sottostante ratio, favorendo
peraltro, in contrasto con le finalità del piano stesso, il fenomeno del cd.
nomadismo venatorio.
Fondati devono giudicarsi altresì i motivi di cui ai punti B 1-2 e D 1-3,
relativi al computo della superficie agrosilvopastorale sottratta all’esercizio
venatorio. Ed, invero, da un lato, come già statuito da questa Sezione con
Sentenza n. 4639/01, confermata dal Consiglio di Stato con decisione n. 4972/02,
deve considerarsi illegittima la riduzione di aree di protezione della fauna
operata dal piano venatorio sulla base di una terrena determinazione delle aree
sottratte all’attività venatoria (con inclusione delle fasce di rispetto nelle
quali la caccia è esclusa per motivi di sicurezza). Ed invero, premesso che
a) il fine pubblico primario e prevalente perseguito dalla legge n. 157/92
(anche in attuazione di obblighi comunitari e internazionali) consiste nella
protezione della fauna, obiettivo prioritario al quale deve subordinarsi e
aderire la regolamentazione dell’attività venatoria. (Corte Cost. 27 ottobre
1988 n. 1002 e 14 maggio 1999 n. 169 che, in relazione all’appartenenza della
fauna selvatica al patrimonio dello Stato, parla di sistema ispirato alla
preminente finalità della tutela della fauna e di affievolimento del
tradizionale “diritto di caccia”, che viene subordinato all’istanza prevalente
della conservazione del patrimonio faunistico e della salvaguardia della
produzione agricola nell’ambito di un regime di caccia programmata per
tutto il territorio nazionale al fine di realizzare la costante
consonanza tra ordinamento nazionale e disciplina comunitaria e internazionale.
b) Spetta alle provincia la competenza alla definizione del territorio
agro-silvo-pastorale destinato (per una quota dal 20 al 30 per cento) a
protezione della fauna selvatica attraverso le oasi di protezione, le zone di
ripopolamento e cattura, i centri pubblici (e privati) di riproduzione, le zone
di ripopolamento e cattura, i centri pubblici (e privati) di riproduzione della
fauna selvatica allo stato naturale (a mente dell’articolo 10, comma 7, della
legge 157/92, riprodotto dall’articolo 11 della legge regionale attuativa n. 8
del 1996).
Ciò premesso, l’impugnata previsione del piano venatorio provinciale si appalesa
effettivamente illegittima, siccome in contrasto con i principi e i dettami del
quadro normativo nazionale e regionale sopra delineato, avendo la provincia
assunto a base delle sue valutazioni, in sede di dimensionamento del
territorio agro-silvo-pastorale destinato a protezione della fauna selvatica,
non già le sole aree di protezione, ma indebitamente, anche vasti territori
(aree di rispetto) sottratti alla caccia per ragioni di sicurezza che nulla
hanno a che vedere con la normativa della cui applicazione si tratta e che
nessuna influenza avrebbero dovuto svolgere nel formarsi della scelta
amministrativa di pianificazione venatoria.
Sul punto occorre considerare che se è vero che l’articolo 10, comma 3, secondo
periodo, della legge 157 in esame afferma che In dette percentuali sono
compresi i territori ove sia comunque vietata l’attività venatoria anche per
effetto di altre leggi o disposizioni, è altresì vero che il successivo
comma 4 chiarisce che Il territorio di protezione di cui al comma 3 comprende
anche i territori di cui al comma 8, lettere a), b) e c) – oasi si protezione,
zone di ripopolamento e cattura, centri pubblici di riproduzione della fauna
selvatica – e che Si intende per protezione il divieto di abbattimento e
cattura a fini venatori accompagnato da provvedimenti atti ad agevolare la sosta
della fauna, la riproduzione, la cura della prole. La legge dunque chiarisce
in modo in equivoco che per territori di protezione, da riservarsi in una
percentuale dal 20 al 30% della SASP, si intende e deve intendersi solo quelli
che rispondano al duplice requisito cumulativo del divieto di caccia (anche
per effetto di altre leggi o disposizioni) e della presenza e operatività,
su tali territori, di provvedimenti atti ad agevolare la sosta della fauna,
la riproduzione, la cura della prole. La locuzione In dette percentuali
sono compresi i territori ove sia comunque vietata l’attività venatoria anche
per effetto di altre leggi o disposizioni, deve logicamente interpretarsi
nel senso di essere riferita ai territori oggetto di protezione ad altro titolo
ambientale (parchi nazionali, parchi e riserve regionali, foreste demaniali etc.).
Ne consegue che le aree di rispetto stradali, ferroviarie etc, nulla hanno a che
vedere con la percentuale di territori protetti di cui all’articolo 10 comma 7
in esame, ed ha errato la provincia di Caserta a prendere in decisiva
considerazione tali aree di rispetto per valutare la necessità od opportunità di
un ridimensionamento delle complessive aree sottratte alla caccia nel territorio
regionale.
Così operando la provincia – come condivisibilmente denunciato in ricorso – ha
eluso i principi ispiratori della legislazione della materia (anteponendo il
diritto alla caccia al preminente interesse pubblico alla protezione della
fauna), ha violato i dettami degli articoli 10 della legge nazionale e 11 della
legge regionale ed è infine incorsa in eccesso di potere sotto il profilo della
erroneità dei presupposti assunti a base delle proprie determinazioni,
pretendendo di giustificare la riduzione delle aree di protezione a motivo della
sempre maggiore antropizzazione e infrastrutturazione del territorio (vie di
comunicazione, abitati etc.), ciò che, nella logica della legge, avrebbe dovuto
viceversa giustificare un rafforzamento delle misure di tutela anziché un
incremento del residuato territorio agro-silvo-pastorale assoggettato alla
caccia.
Concludendo sul punto deve ribadirsi che la corretta interpretazione del co. 3
dell’art. 10 L. 157/92 è quella per cui nelle percentuali di territorio da
destinare a protezione della fauna selvatica vanno computate quelle aree in cui
la caccia è vietata per ragioni prettamente ambientali e non perché meramente
inidonee, ad esempio i centri abitati o le fasce di rispetto stradali o
ferroviarie.
In secondo luogo appare fondata l’ulteriore censura con cui la ricorrente si
duole che nelle aree di protezione siano state doppiamente computate alcune aree
(vivai e semenzai, allevamenti estensivi, orti familiari, battigia e
coltivazioni protette – serre), già considerate nella superficie di protezione
interdetta all’esercizio dell’attività venatorio in quanto compresa nel
perimetro dei parchi e delle riserve naturali regionali esistenti sul territorio
provinciale, Ed, invero, come già osservato in giurisprudenza (TAR Liguria,
sentenza 1124/2002) la contestata statuizione appare soprattutto in contrasto
con i principi della logica; se una determinata percentuale di terreni deve
essere sottratta alle attività venatorie, tale percentuale deve risultare da una
somma di aree distinte e non tanto da aree più volte computate, perchè
variamente inidonee a diverso titolo.
Infine, gli esiti della ridefinizione provinciale – accanto ai già evidenziati
profili di illegittimità nel modo di esercizio della funzione – si pongono in
diretto contrasto con il precetto di legge di riservare al meno un 20% della
SASP a territori di protezione faunistica, atteso che, come dedotto in ricorso,
la superficie ultima interdetta alla caccia (ettaro 38.967) ammonta al 17,53
della SASP.
Fondato è anche il motivo E, relativi alla rotazione quinquennale delle zone di
ripopolamento. Come già osservato nella citata sentenza di questa Sezione, la
relativa statuizione evidenzia un ulteriore profilo di eccesso si potere, per il
difetto di motivazione puntuale sulla disposta riduzione delle aree di
protezione e sulle ragioni ambientali che possano logicamente sorreggere una
misura quale la “rotazione” quinquennale tra zone di ripopolamento. L’operato
provinciale mostra inoltre di non avere tenuto in debito conto gli indirizzi
espressi dall’Istituto Nazionale della Fauna selvatica, contenuti nel primo
documento orientativo circa i criteri di omogeneità e congruenza che
orienteranno la pianificazione faunistico, in violazione della specifica
previsione vincolante dell’articolo 10, comma 11, della legge 157 del 1992.
Risulta invece infondato il motivo di ricorso (motivi F relativo al
contenuto formale del piano) con cui si deduce la violazione dell’art. 11, comma
2, l. Campania n. 8/1996 per pretesa assenza di perimetrazione delle strutture
faunistiche.
In disparte la genericità della censura, deve osservarsi che l’impugnato
provvedimento provvede a comprendere le necessarie indicazioni e perimetrazioni
di massima dove potranno essere istituite le strutture previste dal citato art.
11, capoverso.
E’ infine fondato l’ultimo motivo di ricorso (ivi rubricato “G”). Si
palese invero illegittima – per evidente violazione dell’articolo 9, comma 3, l.
Campania n. 8/1996 – la previsione censurata laddove innova la composizione del
Comitato Faunistico Venatorio Provinciale, mediante l’inserimento di “altre
figure non espressamene previste dalla LR 8/96 ed in particolare almeno due
dipendenti esperti nel settore faunistico”. Ed invero, la richiamata normativa
regionale, nel disciplinare dettagliatamente ed esaustivamente la composizione
dell’organo consultivo in questione, non attribuisce alcun potere modificativo
in capo all’ente provinciale, con conseguente inammissibilità di un intervento
in tal senso.
Per tutti gli esposti motivi il ricorso deve giudicarsi in larga parte fondato e
meritevole di accoglimento, con conseguente annullamento del piano faunistico
venatorio della Provincia di Caserta, approvato con delibera del consiglio
provinciale n,. 9/2003 del 28 gennaio 2003, nei limiti e nelle parti sopra
analiticamente indicati, salvi gli ulteriori atti dell’amministrazione intimata.
Le spese del presente giudizio possono essere compensate sussistendone giusti
motivi.
P.Q.M.
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DELLA CAMPANIA, SEZIONE I^,
definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe indicato, lo accoglie, nei
sensi e nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla il piano
faunistico venatorio della Provincia di Caserta, approvato con delibera del
consiglio provinciale n. 9/2003 del 28 gennaio 2003, nei limiti e nelle parti
sopra analiticamente indicati, salvi gli ulteriori atti dell’amministrazione
intimata.
Spese compensate
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso in Napoli nelle Camere di Consiglio del 6 aprile 2005
Il Presidente Giancarlo Coraggio
Il relatore Carlo Buonauro
Depositata in cancelleria il 27 maggio 2005
1) Caccia – L. 157/92 – Finalità primaria – Protezione della fauna. Il fine pubblico primario e prevalente perseguito dalla L. 157/92 (anche in attuazione di obblighi comunitari e internazionali) consiste nella protezione della fauna, obiettivo prioritario al quale deve subordinarsi e aderire la regolamentazione dell’attività venatoria. Pres. Coraggio, Est. Buonauro - W.W.F. Italia (Avv. Balletta) c. Provincia di Caserta (n.c.) - T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. I - 27 maggio 2005, n. 7269
2) Caccia – Ambiti territoriali di caccia – Dimensionamento – Omogeneità naturale – Requisito necessario – Ambito territoriale non omogeneo di estensione provinciale – Illegittimità – Art. 14, c. 1 L. 157/92. L’art. 14, co. 1 della L. 157/92, nel disciplinare gli ambiti territoriali di caccia, ne richiede espressamente dimensioni subprovinciali, al fine di garantire l’omogeneità naturale dei territori in essi inclusi. E’ pertanto illegittima la previsione di un unico ambito territoriale di estensione provinciale che ricomprenda in sé aree geograficamente disomogenee. Pres. Coraggio, Est. Buonauro - W.W.F. Italia (Avv. Balletta) c. Provincia di Caserta (n.c.) - T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. I - 27 maggio 2005, n. 7269
3) Caccia – Ambiti territoriali – Percentuale di territorio da destinare a protezione della fauna selvatica – Aree meramente inidonee alla caccia (centri abitati o fasce di rispetto) – Non vanno computate. La corretta interpretazione del co. 3 dell’art. 10 della L. 157/92 è quella per cui nelle percentuali di territorio da destinare a protezione della fauna selvatica vanno computate quelle aree in cui la caccia è vietata per ragioni prettamente ambientali e non perché meramente inidonee, quali ad esempio i centri abitati o le fasce di rispetto. Pres. Coraggio, Est. Buonauro - W.W.F. Italia (Avv. Balletta) c. Provincia di Caserta (n.c.) - T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. I - 27 maggio 2005, n. 7269
4) Caccia – Comitato Faunistico Provinciale – Composizione – Potere modificativo in capo alla Provincia – Esclusione. La legge regionale della Campania, n. 8/1996, nel disciplinare dettagliatamente ed esaustivamente la composizione del Comitato Faunistico Provinciale, non attribuisce alcun potere modificativo in capo all'ente provinciale. Pres. Coraggio, Est. Buonauro - W.W.F. Italia (Avv. Balletta) c. Provincia di Caserta (n.c.) - T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. I - 27 maggio 2005, n. 7269
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