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 Massime della sentenza

 

 

T.A.R. EMILIA ROMAGNA, Bologna, Sez. I - 21 settembre 2005, n. 1537

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
PER L'EMILIA ROMAGNA - BOLOGNA
SEZIONE PRIMA


Registro Sentenze:1537/2005
Registro Generale: 1646/2004

nelle persone dei Signori:


Dott. Bartolomeo Perricone Presidente
Dott. Giancarlo Mozzarelli Cons.
Dott. Alberto Pasi Cons, relatore


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


nell'Udienza Pubblica del 19 Maggio 2005

Visto il ricorso 1646/2004 proposto da:
SOCIETA' FONDIARIA INDUSTRIALE ROMAGNOLA S.F.I.R. S.P.A.
rappresentata e difesa da:
CERULLI IRELLI AVV. VINCENZO
MONTANI AVV. ALESSIA
con domicilio eletto in BOLOGNA
STRADA MAGGIORE 47
presso
BUSCAGLIA AVV. MARCELLA

contro

PROVINCIA DI FORLI' CESENA
rappresentata e difesa da:
DACCI AVV. PAOLO
con domicilio eletto in BOLOGNA
VIA SANTO STEFANO 30
presso MASCIOLI AVV. GUIDO

REGIONE EMILIA ROMAGNA

per l'annullamento
del provvedimento della Provincia di Forlì-Cesena in data 30.07.2004, n.391 prot.38226/04 recante l’autorizzazione alle emissioni in atmosfera ai sensi del DPR 24.05.1988 N.203;,


Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della provincia di Forlì - Cesena;
Visti gli atti tutti della causa;
Uditi all’udienza del 19 Maggio 2005 gli Avv. ti presenti come risulta dal verbale d’udienza;


Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO


1.La società ricorrente produce zucchero di barbabietola nei suoi stabilimenti, uno dei quali è ubicato nel territorio della provincia di Forlì - Cesena e precisamente in Forlimpopoli, ottenendo di anno in anno la prescritta autorizzazione.


Con il provvedimento in epigrafe indicato è stata autorizzata alle immissioni in atmosfera, ai sensi del D. P. R. 24 maggio 1988, n. 203, per la campagna saccarifera 2004.


L’autorizzazione è, tuttavia, condizionata ad una serie di prescrizioni e precisamente:


1) i limiti di emissione relativi ai camini degli essiccatori, sono fissati nel flusso di massa corrispondente ad una concentrazione massima di 250 mg/m3;
2) il combustibile, da utilizzarsi da parte dell’impresa, dovrà avere un contenuto di zolfo inferiore o uguale all’ 1%;
3) la ditta dovrà svolgere analitiche verifiche sul tenore dello zolfo contenuto nel combustibile utilizzato attraverso campionature;
4) ogni campione dovrà essere prelevato in doppio ed il controcampione consegnato all’ARPA;
5) la ditta dovrà mantenere il proprio impegno alla metanizzazione degli impianti entro il 2006;
6) la ditta dovrà effettuare una costante manutenzione su tutti gli impianti di essiccamento esistenti presso lo stabilimento, compresi gli impianti di abbattimento ad esso collegati;
7) gli impiani di combustione dovranno essere gestiti garantendo valori di monossido di carbonio compatibili con l’indice di buona combustione;
8) dovrà essere proseguita con oneri a carico dell’impresa, la ricerca effettuata dal prof. Morselli dall’Università di Bologna, e ove essa lo preveda;
9) dovrà essere effettuato un monitoraggio congiunto tra ARPA ed un laboratorio tecnico designato dalla ditta, restando inteso che l’ARPA potrà effettuare controlli al camino in ogni momento;
10) la dittà dovrà comunicare tempestivamente alla Provincia, al Comune, all’AUSL e all’ARPA qualsiasi mal funzionamento degli impianti;
11) al termine della campagna saccarifera 2004, verificato l’andamento dei dati ambientali, i suddetti enti procederanno ad esaminare tutti i dati ambientali e le ricerche attuate.


La società ricorrente ha presentato ricorso al TAR impugnando l’autorizzazione nella parte in cui impone una serie di limitazioni ritenute illegittime,”come quella di limitare la presenza di SOx nei fumi entro il limite del flusso di massa corrispondente a 250 mg/m3 , quella di metanizzare gli impianti entro il 2006 e quella di proseguire nella ricerca condotta dal prof. Morselli dell’Università di Bologna, chiedendone l’annullamento in parte qua.


Si è costituita in giudizio la provincia di Forlì - Cesena intimata, che ha controdedotto alle avverse doglianze ed ha concluso per il rigetto del ricorso.


2. L’istanza cautelare è stata respinta non riscontrandosi un danno grave ed irreparabile.


3. Il ricorso è fondato con riferimento a parte della prima censura.


La società ricorrente deduce, infatti, la violazione e falsa applicazione dell’articolo 4 del d. P. R. n. 203/88 e la violazione e falsa applicazione degli articoli 121 e 122 della l. r. Emilia Romagna n. 3/99 nonché della deliberazione della G. R. 16 giugno 1990, n. 960, ritenendo illegittime le prescrizioni della Provincia per la parte in cui sono più restrittive di quelle previste nella normativa statale, richiamata espressamente dalla normativa regionale.


In effetti, il quadro normativo sopra indicato, per quanto concerne la legittimità formale del provvedimento autorizzatorio contestato, consente la prescrizione di limitazioni più restrittive di quelle indicate dalla normativa generale statale soltanto subordinatamente all’adozione di appositi piani di protezione ambientale adottati dagli Enti Locali, ricomprendenti l’area in cui è ubicato lo stabilimento in parola, che non risultano al momento essere ancora vigenti per la provincia di Forlì - Cesena.


Il d. P. R. 24 maggio 1988, n. 203, attribuisce alla Regione la tutela dell’ambiente dall’inquinamento atmosferico, ivi compresa la fissazione dei limiti di qualità dell’aria, e la fissazione dei valori delle emissioni degli impianti, sulla base della migliore tecnologia disponibile. In particolare il punto d) del citato articolo prevede che, in mancanza di determinazioni regionali, non deve essere comunque superato il più elevato dei valori di emissione definiti dalle linee guida. Il punto e) del citato articolo 4, inoltre, prevede che le Regioni fissino per zone particolarmente inquinate o per specifiche esigenze di tutela dell’ambiente valori di emissione più restrittivi rispetto a quelli delle linee guida, nell’ambito di appositi piani di rilevamento, prevenzione, conservazione e risanamento.


La legge regionale 21 aprile 1999, n. 3, ha delegato alle amministrazioni provinciali le funzioni amministrative inerenti le autorizzazioni per le emissioni in atmosfera di cui al citato d. P. R. 203/19888, da esercitarsi sulla base di direttive regionali ed in particolare l’articolo 122 della citata legge regionale attribuisce alla Provincia il compito di individuare le zone per le quali è necessario predisporre un piano di risanamento atmosferico.


Dal quadro normativo sopra delineato emerge che, in materia di emissioni in atmosfera sussiste un “regime legale” ossia la previsione di limiti di riferimento che individuano i valori limite, fissati dal D. M. 12 luglio 1990 e successive modificazioni (vedi altresì i D. M. 60/2002 e 261/2002) cui è possibile derogare con prescrizioni più restrittive a seguito dell’adozione di un apposito piano di protezione particolare con riferimento ad aree specifiche.

Contrariamente a quanto sostenuto dalla Provincia, in mancanza dei suddetti piani, non sussiste né un potere normativo né una facoltà discrezionale della Provincia stessa, in mancanza di una specifica attribuzione di potere contenuta nella legislazione regionale, di adottare limiti più restrittivi di quelli contenuti nella normativa generale statale ( o regionale ove venisse emanata). Non sussiste, infatti, una sorta di potere di salvaguardia, nel senso che la Provincia non può in attesa dell’adozione dei piani di risanamento anticiparne il contenuto prevedendo limiti più restrittivi, non essendogli attribuito tale potere dalla normativa regionale.


Indubbiamente le esigenze di tutela dall’inquinamento atmosferico costituiscono finalità da perseguire con il massimo rigore ( e queste costituiscono indubbiamente una preoccupazione della Provincia) ma ciò deve avvenire nel rispetto delle competenze e dei poteri stabiliti dalla normativa statale e regionale che consentono appunto, in presenza di particolare esigenze di tutela, all’Amministrazione provinciale di adottare un apposito piano di risanamento nell’ambito del quale prevedere limiti di emissione più restrittivi.


Pertanto, in mancanza del piano suddetto, che nel rispetto delle linee di indirizzo regionale potrà essere adottato non appena possibile ove la Provincia lo ritenga opportuno, le autorizzazioni dovranno avere come riferimento i limiti di emissione stabiliti dalla normativa statale e regionale.


L’autorizzazione in parola, pertanto, è illegittima e va annullata nella parte in cui prevede limiti di emissione più restrittivi rispetto a quelli previsti dalla normativa statale e regionale.


Competerà, tuttavia, alla Provincia, sul piano tecnico, in attuazione del suddetto principio, provvedere a determinare i limiti di emissione di riferimento coerentemente con le previsioni normative statali e regionali potendo adottare limiti più restrittivi, per la zona in parola, soltanto previa adozione dei previsti piani di risanamento in applicazione delle linee di indirizzo regionale.


Infatti, avendo comunque l’atto impugnato esaurito i propri effetti con la campagna saccarifera del 2004 e sussistendo un interesse della ricorrente, secondo quanto dalla stessa prospettato, limitatamente alla circostanza di fatto che l’Amministrazione per le autorizzazioni annuali successive prende come dato di partenza i limiti individuati nell’autorizzazione dell’anno precedente, appare superfluo in questa sede disporre un’apposita consulenza tecnica diretta ad individuare l’incidenza delle restrizioni imposte dalla provincia rispetto ai limiti generali stabiliti dalla normativa di riferimento, essendo sufficiente a soddisfare l‘interesse del ricorrente, secondo l’esigenza prospettata dallo stesso, l’accoglimento del primo motivo di ricorso per la parte in cui si duole della previsione di limiti di emissione più restrittivi in mancanza dei citati piani.


4. E’, invece, infondata la seconda censura dedotta con la quale la società ricorrente contesta l’autorizzazione nella parte in cui imporrebbe il rispetto contestuale di due criteri generali ossia quello dell’utilizzo di combustibile liquido con contenuto di zolfo uguale od inferiore all’1% e l’emissione di ossidi di zolfo non superiore a 1.700 mg/m3, per violazione delle linee guida di cui al D. M. 12/7/1990. Secondo la prospettazione della difesa della società ricorrente i due criteri non possono concorrere ma sono alternativi.


Tale prospettazione non può esser condivisa.


Come esattamente rilevato dalla difesa della Provincia, infatti, l’allegato II, al punto 1.2, del citato D. M. 12/7/1990, che prevederebbe l’alternativa tra l’utilizzo di combustibile con contenuto di zolfo uguale od inferiore all’1% ed i valori di emissione di 1.700 mg/m3, che si considerano rispettati ex lege in caso di utilizzo del predetto combustibile, riguarda i soli impianti di combustione diversi dagli essiccatori per i quali si applica il solo paragrafo 2. Infatti il paragrafo 1 (e quindi anche le previsioni del punto 1.2) precisa nella parte iniziale che “il presente paragrafo si applica agli impianti di combustione….e non si applica agli impianti in cui i prodotti della conbustione sono utilizzati prevalentemente per il riscaldamento diretto, l’essiccazione o qualsiasi altro trattamento degli oggetti o dei materiali come i forni di riscaldo e forni di trattamento termico”.


5. Sono, invece, infondate le ulteriori doglianze contenute in parte nello stesso primo motivo di ricorso ed in parte nei successivi, concernenti le ulteriori prescrizioni dell’autorizzazione. Infatti, tutte le prescrizioni contestate dal punto 3 al punto 11 dell’autorizzazioni, non riguardanti la previsioni di limiti di emissione bensì l’imposizioni di obblighi di ricerca, monitoraggio, controllo e campionamento, ben possono essere imposte dalla Provincia poiché la legislazione regionale sopra indicata, ed in particoalre l’articolo 122 della legge regionale n. 3 del 1999 attribuisce alla stessa l’esercizio delle funzioni amministrative di controllo sulle emissioni. Pertanto, le scelte effettuate con le suddette prescrizioni costituiscono valutazioni tecnico - discrezionali, che non appaiono sindacabili in queste sede di legittimità non apparendo incongrue ne’ illogiche, ne’ sussistendo alcuna illegittimità secondo i profili dedotti con la terza e quarta censura non emergendo alcuno sviamento di potere ne’ irragionevolezza, perplessità o violazione del principio di proporzionalità, essendo dirette a garantire il controllo necessario al fine di garantire la miglior tutela ambientale possibile nel rispetto del quadro normativo di riferimento. Naturalmente il punto 8 della prescrizione che impone di proseguire la ricerca effettuata dal prof. Morselli dell’Università di Bologna va inteso nel senso che la ricerca va proseguita con l’esperto prescelto dalla stessa ditta che, ove lo ritenga opportuno, potrà sostituirlo con un esperto di pari livello. Invece, la prescrizione n. 5 concernente la metanizzazione dell’impianto non costituisce una nuova prescrizione ma riproduce, senza nulla innovare e quindi senza un’autonoma portata lesiva, soltanto l’impegno che la stessa ditta ha volontariamente assunto già con altri atti e, pertanto, l’impugnativa della stessa è inammissibile in questa sede.


6. Per tali ragioni, di carattere assorbente rispetto alle ulteriori censure dedotte, il ricorso in parte va accolto nei limiti di cui in motivazione ed in parte va respinto e, per l’effetto, va annullata in parte qua l’autorizzazione impugnata con riferimento alle prescrizioni incompatibili con quanto affermato al punto 3 della presente sentenza.


7. Sussistono gustificate ragioni per la compensazione tra le parti delle spese di causa.


P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia-Romagna, Sezione Seconda, accoglie in parte, nei limiti di cui in motivazione ed in parte respinge il ricorso in epigrafe indicato.


Spese compensate.


Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.


Così deciso in Bologna, il giorno 19/5/2005.


Presidente (B.Perricone)
Consigliere (A.Pasi)


Depositata in Segretaria ai sensi dell’art.55 L. 18/4/82, n.186.
Bologna, li 21 settembre 2005


Il Segretario
Livia Monari

 

M A S S I M E

 

Sentenza per esteso

 

1) Inquinamento atmosferico - Emissioni - Regione Emilia Romagna - Province - Prescrizioni più restrittive rispetto al “regime legale” di cui al D.M. 12 luglio 1990 e ss.mm. - Preventiva adozione dei piani di protezione ambientale - Necessità - Potere di salvaguardia in attesa dell’adozione - Esclusione - Prescrizioni ammissibili - Individuazione. Dal quadro normativo delineato dall’art. 4 del d.P.R. n. 203/88, dagli artt. 121 e 122 della l.r. Emilia Romagna n. 3/99 e dalla deliberazione della G.R. 16 giugno 1990, n. 960 emerge che, in materia di emissioni in atmosfera, sussiste un regime legale, ossia la previsione di limiti di riferimento che individuano i valori limite, fissati dal D.M. 12 luglio 1990 e successive modificazioni (si vedano altresì i D. M. 60/2002 e 261/2002), cui è possibile derogare con prescrizioni più restrittive soltanto subordinatamente all’adozione di appositi piani di protezione ambientale adottati dagli Enti Locali, con riferimento ad aree specifiche. In mancanza dei cennati piani non sussiste né un potere normativo, né una facoltà discrezionale della Provincia di adottare limiti più restrittivi di quelli contenuti nella normativa generale statale (o regionale, ove venisse emanata). Non sussiste, infatti, un potere di salvaguardia, nel senso che la Provincia non può in attesa dell’adozione dei piani di risanamento anticiparne il contenuto. Possono invece essere imposte dalla Provincia le prescrizioni non riguardanti la previsione di limiti di emissione, bensì l’imposizione di obblighi di ricerca, monitoraggio, controllo e campionamento, poiché l’art. 122 della L. R. 3/99 attribuisce alle province l’esercizio delle funzioni amministrative di controllo sulle emissioni. Pres. Perricone, Est. Pasi - S. s.p.a. (Avv.ti Cerulli Irelli e Montani) c. Provincia di Forlì Cesena (Avv. Dacci) e Regione Emilia Romagna (n.c.) - T.A.R. EMILIA ROMAGNA, Bologna, Sez. I - 21 settembre 2005, n. 1537

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