Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
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T.A.R. FRIULI VENEZIA GIULIA – 12 febbraio 2005, n. 25
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
DEL FRIULI VENEZIA GIULIA
Ric. n. 735/04 R.G.R. N.25/2005 Reg. Sent.
Il Tribunale amministrativo regionale del Friuli Venezia Giulia, nelle persone
dei magistrati:
Vincenzo Borea – Presidente
Enzo Di Sciascio – Consigliere, relatore
Oria Settesoldi - Consigliere
ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
sul ricorso n. 735/04 proposto dalla Tecnomaster s.p.a., in persona del legale
rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Roberto Paviotti,
ed elettivamente domiciliato presso la Segreteria del T.A.R., come da mandato a
margine del ricorso;
c o n t r o
il Consorzio per lo sviluppo industriale del Friuli centrale, in persona del
legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio;
per l’annullamento
previa sospensione dell’esecuzione:
della nota del Presidente del Consorzio in parola prot. n. 2036 dd. 6.10.2004 di
comunicazione di avvio del procedimento di adeguamento dei limiti degli scarichi
della ricorrente in acque di fognatura per i parametri piombo e rame;
del provvedimento del Presidente del Consorzio prot. n. 2398 dd. 18.11.2004,
nelle parti in cui modifica, rispetto a quelli autorizzati, i valori limite di
emissione, per i parametri piombo e rame, degli scarichi in fognatura della
ricorrente ed obbliga la stessa ad adeguarli ai nuovi valori entro 15 giorni
dalla data di notificazione dell’atto.
Visto il ricorso, ritualmente notificato e depositato presso la Segreteria
generale con i relativi allegati;
Vista la domanda di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato,
presentata in via incidentale dal ricorrente;
Visti gli atti tutti di causa;
Uditi, nella camera di consiglio del 16 dicembre 2004 i difensori delle parti
costituite;
Rilevato che sussistono le condizioni per la decisione nel merito del ricorso in
forma semplificata;
Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue
FATTO E DIRITTO
La ricorrente azienda della Zona Industriale Udinese, premesso di aver chiesto
ed ottenuto da parte del Presidente del Consorzio intimato l’autorizzazione allo
scarico nella fognatura consortile delle acque reflue dei propri processi
industriali con i valori limite con detto atto consentiti, chiede
l’annullamento, previa sospensione interinale, dei provvedimenti in epigrafe,
che inopinatamente li hanno modificati in senso più restrittivo, imponendo
l’adeguamento degli scarichi entro il termine di 15 giorni dalla notifica.
Deduce al riguardo diversi e articolati motivi di violazione di legge ed eccesso
di potere sotto più profili, in particolare contestando, il difetto dei
presupposti in diritto da parte del Consorzio intimato per l’adozione dei
provvedimenti lesivi del suo interesse.
Invero esso ha impartito le disposizioni all’adeguamento degli scarichi alle
imprese consorziate sulla base dell’assunto, sostenuto dalla Provincia di Udine
e contestato o contestando dal Consorzio con ricorso a questo T.A.R., ma
ciononostante posto a fondamento degli atti oggetto di gravame, della sua natura
di “consorzio costituito per l’effettuazione in comune dello scarico delle acque
reflue provenienti dall’attività dei consorziati” ai sensi dell’art. 45 del D.
Lgs. 11.5.1999 n. 152, cui è rilasciata dalla Provincia l’autorizzazione per lo
scarico e che ha pertanto il compito di far conformare le singole imprese alle
condizioni dell’atto provinciale, anche quando queste siano modificate.
Ritiene invece la ricorrente che il Consorzio per lo sviluppo industriale del
Friuli Centrale sia un ente pubblico economico che, ai sensi della L.R. n. 3/99,
ha come fine principale l’acquisizione o espropriazione di aree attrezzate per
insediamenti produttivi e alla loro vendita ad imprese anche non consorziate,
condizione che è propria della ricorrente, onde nessuna norma consentirebbe ad
un ente siffatto di autorizzare le suddette imprese acquirenti di lotti allo
scarico di reflui ovvero di diminuire i valori di emissione degli scarichi e di
imporne l’adeguamento a tali valori, trattandosi di competenze proprie ed
esclusive dell’amministrazione provinciale.
All’odierna camera di consiglio per l’esame dell’istanza cautelare la causa è
stata trattenuta in decisione direttamente nel merito, ai sensi dell’art. 26, 4°
comma, della L. 6.12.1971 n. 1034 e s.m.i.
Il ricorso non può essere esaminato nel merito, nella parte in cui investe la
comunicazione di avvio del procedimento, atto palesemente non lesivo, ma anzi
posto nell’interesse della ricorrente.
Per quanto riguarda invece l’impugnazione in parte qua dell’ordine del
Presidente del Consorzio di riduzione dei valori di emissione e conseguente
adeguamento degli scarichi nella fognatura consortile, esso è fondato.
Assorbente è la appena riportata censura di eccesso di potere per difetto di
presupposto.
Invero, come risulta dalle premesse di detto atto impugnato, esso è stato
adottato sulla base di un provvedimento della Provincia di Udine, che ha
ribassato i valori limite di emissione dei parametri relativi allo zinco, al
rame e al piombo, per lo scarico in acque superficiali (nella specie Roggia di
Palma) dell’impianto di depurazione consortile.
Classificando invero il Consorzio Sviluppo Industriale del Friuli Centrale come
“consorzio per l’effettuazione in comune dello scarico di acque reflue,
provenienti dall’attività dei consorziati” l’amministrazione gli ha rilasciato
l’autorizzazione allo scarico nella fognatura consortile, ai sensi dell’art. 45,
2° comma, del D. Lgs. 11.5.1999 n. 152, con la conseguenza che, a sua volta, il
Consorzio ha provveduto a rilasciare singole autorizzazioni conformi a quella
provinciale alle imprese, insediate nella zona di competenza.
Con il variare delle condizioni dell’autorizzazione provinciale allo scarico al
Consorzio stesso, viene giustificata l’adozione di provvedimento, quali quello
impugnato, con cui vengono modificate le condizioni per le autorizzazioni
rilasciate alle singole imprese e le condizioni a cui sono sottoposte.
La legittimità di tale costruzione è condizionata alla sussumibilità del
Consorzio intimato fra quelli di cui all’art. 45, 2° comma, del D. Lgs. n.
152/99, costituiti da imprese che si consorziano per gestire in comune uno
scarico di acque reflue, originato dalle loro attività.
Se tale definizione può forse attagliarsi ad alcuni Consorzi nel Friuli Venezia
Giulia (ad es. il Consorzio depurazione acque Bassa Friulana) essa non individua
certamente le funzioni del Consorzio intimato.
Esso è, infatti, uno dei Consorzi per lo sviluppo industriale, che, ai sensi
dell’art. 1 della L.R. 18.1.1999 n. 3, hanno natura di ente pubblico economico e
sono costituiti ciascuno in relazione a un ambito industriale di interesse
regionale.
Loro funzione, ai sensi del successivo art. 2, è, fondamentalmente, quella di
promuovere nell’ambito di competenza le condizioni necessarie per lo sviluppo di
attività produttive nel settore dell’industria.
“A tal fine – recita l’ultima parte della norma menzionata – realizzano e
gestiscono infrastrutture per le attività industriali, promuovono o gestiscono
servizi alle imprese”.
Non ha quindi rilievo particolare che, fra le infrastrutture alla cui
realizzazione e gestione provvedono i predetti Consorzi – come avviene per
quello intimato – vi siano la “costruzione e gestione degli impianti di
depurazione degli scarichi degli insediamenti produttivi” (art. 2, 3° comma,
lett. e) della L.R. n. 3/99).
Invero i Consorzi di sviluppo industriale hanno lo scopo di acquisire, mediante
acquisto o espropriazione, aree nell’ambito industriale di spettanza, di
provvederle delle necessarie infrastrutture e servizi e di venderle a imprese,
che vengono in tal modo attirate ad insediarsi nella zona (nel caso di specie
nella Zona Industriale Udinese o Z.I.U.) proprio perché è già debitamente
attrezzata.
La realizzazione e gestione di depuratori non è perciò attività comune delle
imprese, che il Consorzio cura su loro incarico, ma semplicemente
un’infrastruttura indispensabile per determinate lavorazioni industriali, che
producono reflui, destinata ad accrescere il pregio dell’ambito industriale e a
renderne appetibili le aree.
Nonostante il nome, pertanto, il Consorzio esercita la sua funzione di promotore
di insediamenti industriali senza perciò ricorrere a forme consortili, avendo
una struttura privatistica accentrata, di cui, di regola, le imprese che sì
insediano nella zona da esso gestita, non fanno parte (ed è questo il caso della
ricorrente, impresa non consorziata) e al quale la legge istitutiva di tali enti
non attribuisce alcuna funzione autorizzatoria, sia pure in via derivata, in
materia di scarichi industriali, funzione che, pertanto, nel caso di specie, è
stata indebitamente esercitata.
I consorzi disciplinati dall’art. 45, 2° comma, del D. Lgs. n. 152/99 hanno
tutt’altra natura e struttura.
Si tratta invero di “consorzi tra imprese”, il che significa che prima esistono
dette imprese e poi esse si associano in consorzio, che ha come unico scopo
“l’effettuazione in comune dello scarico delle acque reflue, provenienti dalle
attività dei consorziati” e ad essi viene conferita l’autorizzazione per lo
scarico comune.
Nel caso del Consorzio Sviluppo Industriale Friuli Centrale il consorzio è un
ente pubblico economico autonomo, che preesiste alle imprese che verranno a
stanziarsi nell’ambito industriale da esso gestito, e che ha lo scopo
istituzionale, come si è visto, di dotare di infrastrutture e servizi detto
ambito, per poterne vendere le aree ad imprese, che trovano conveniente
insediarvisi, onde non è costituito per la realizzazione di uno scarico in
comune con le imprese, né queste si consorziano a tale scopo, ma semmai, ove
esso sia realizzato, si avvalgono del depuratore dell’ente.
Invece la legislazione regionale e quella nazionale convergono nell’identificare
nella Provincia il soggetto competente a rilasciare autorizzazioni per scarichi
industriali non recapitati in fognature urbane. In tal senso invero dispone
l’art. 45, 6° comma, del D. Lgs. n. 152/99 “salvo diversa disciplina regionale”.
La Regione Friuli Venezia Giulia non ha inteso derogare a questa attribuzione di
competenze, dal momento che, con l’art. 4, 31° comma, della L.R. 22.2.2000 n. 2,
ha disposto che, nel suo territorio, “in materia di tutela delle acque
dall’inquinamento si applicano le disposizioni di cui al decreto legislativo
152/99” soggiungendo, al successivo 32° comma, che “rientrano nella competenza
autorizzatoria attribuita alle Province dal decreto legislativo 152/1999” anche
ulteriori autorizzazioni previste autonomamente dalla normativa regionale,
sempre in materia di tutela delle acque dall’inquinamento, e, a mezzo del
successivo 34° comma, ha attribuito alle amministrazioni provinciali anche le
funzioni sanzionatorie, previste dalla medesima legge delegata.
E’ pertanto necessario concludere che, non costituendo il Consorzio intimato un
consorzio tra imprese con le finalità di cui all’art. 45, 2° comma, i
provvedimenti autorizzatori e le loro modifiche, ivi compresa l’impugnata
modifica, rispetto a quelli autorizzati, dei valori limite di emissione, per i
parametri piombo e rame, dello scarico dell’impresa ricorrente, con obbligo di
adeguamento entro quindici giorni non possono essere adottati dal medesimo ente,
che erroneamente ha ritenuto di essere un soggetto consortile del tipo
descritto.
Non essendo invece esso soggetto ad autorizzazione per conto delle imprese
stesse, l’autorizzazione in parola deve essere rilasciata ad ogni singola
impresa, in relazione al proprio scarico, dalla Provincia, unica a poterne
modificare le condizioni ed a poter disporre, eventualmente, l’adeguamento in
via obbligatoria alle proprie prescrizioni.
Di conseguenza il ricorso va dichiarato in parte inammissibile, là dove impugna
la comunicazione di avvio del procedimento, e in parte va accolto, con
annullamento, nella parte impugnata, del provvedimento di modificazione dei
valori limite dello scarico, con obbligo di adeguamento.
Sussistono motivi per compensare le spese di giudizio fra le parti.
P. Q. M.
il Tribunale amministrativo regionale del Friuli Venezia Giulia, definitivamente
pronunziando sul ricorso in premessa, respinta ogni contraria istanza ed
eccezione, in parte lo dichiara inammissibile e in parte lo accoglie, nei
termini di cui in motivazione e, di conseguenza, annulla in parte qua il
provvedimento del Presidente del Consorzio per lo sviluppo industriale del
Friuli centrale prot. n. 2398 dd. 18.11.2004.
Dispone la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Trieste, in camera di consiglio, il 16 dicembre 2004.
f.to Vincenzo Borea - Presidente
f.to Enzo Di Sciascio - Estensore
f.to Eliana Nardon - Segretario
Depositata nella segreteria del Tribunale
il 12 febbraio 2005
f.to Eliana Nardon.
1) Acqua e inquinamento idrico – Consorzi di sviluppo industriale – Adozione di provvedimenti autorizzatori alle emissioni o di modifiche ai valori limite di scarico – Competenza – Esclusione – L’autorizzazione va rilasciata dalla Provincia ad ogni singola impresa. I consorzi di sviluppo industriale ex L.R. 3/99, non aventi natura di “consorzi tra imprese” ai sensi dell’art. 45, 2° comma, del D. lgs. 152/99, non sono legittimati all’adozione, nei confronti delle singole imprese aderenti, di provvedimenti autorizzatori alle emissioni, né di modifiche dei valori limite di scarico. Non essendo infatti detti consorzi soggetti ad autorizzazione per conto delle imprese stesse, l’autorizzazione in parola deve essere rilasciata ad ogni singola impresa, in relazione al proprio scarico, dalla Provincia, unica a poterne modificare le condizioni ed a poter disporre l’adeguamento in via obbligatoria alle proprie prescrizioni. Pres. Borea, Est. Di Sciascio – T. s.p.a. (Avv. Paviotti) c. Consorzio per lo Sviluppo Industriale del Friuli Centrale (n.c.) - T.A.R. FRIULI VENEZIA GIULIA – 12 febbraio 2005, n. 25
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