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 Massime della sentenza

 

 

T.A.R. LOMBARDIA, Brescia - 19 dicembre 2005, n. 1343
 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

 per la Lombardia - Sezione staccata di Brescia - ha pronunciato la seguente


SENTENZA


su ricorso n. 31/1992, proposto da

COMUNE DI MONZAMBANO
in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Alberto Arrigo Gianolio con domicilio eletto presso la Segreteria della Sezione in Brescia, via Malta n. 12,
contro
REGIONE LOMBARDIA
in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avv. Paolo Bertoni ed Ezio Antonini con domicilio eletto presso il primo, in Brescia, C.tto S.Agata n. 22;
PROVINCIA DI MANTOVA
in persona del Presidente pro tempore, non costituitasi in giudizio
per l'annullamento
della delibera di Giunta regionale 1.8.1991 n. V/12425, recante chiusura della discarica abusiva di rifiuti inerti e di rifiuti solidi urbani su area privata del Comune di Monzambano;
Visti il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Lombardia, con i relativi allegati;
Viste le memorie depositate dalle parti a sostegno delle rispettive domande e difese;
Visti tutti gli atti della causa;
Designato, quale relatore alla pubblica udienza del 6.12.2005, il dott. Gianluca Morri;
Uditi i difensori delle parti;
Rilevato quanto segue in:


FATTO E DIRITTO


Il Comune di Monzambano propone ricorso contro la delibera della Giunta regionale rubricata in epigrafe con la quale si ordinava, all’ente locale ricorrente, l’immediata chiusura della discarica sita in loc. Bellaria su terreni di proprietà della stessa Amministrazione comunale, poiché priva della prescritta autorizzazione, oltre alla predisposizione di un progetto di bonifica e di recupero ambientale del sito, da definirsi in accordo con l’Amministrazione provinciale di Mantova che avrebbe dovuto controllarne l’attuazione.


Avverso la predetta delibera, il Comune deduce:


1. Violazione e falsa applicazione della L.r. 7.6.1980 n. 94, del D.p.r. 10.9.1982 n. 915, del R.r. 9.1.1982 n. 2, nonché eccesso di potere per travisamento dei fatti e irrazionalità, poiché la discarica sarebbe stata definitivamente chiusa nel 1978, per cui non potrebbero trovare applicazione le norme sopra indicate;


2. Violazione della L.r. n. 94 del 1980 nonché eccesso di potere per carenza di attività istruttoria, in quanto la Regione non avrebbe indicato il grave nocumento o pericolo per l’ambiente o la salute pubblica che legittimerebbe l’ordine di predisposizione del progetto di bonifica, recupero e di ripristino dello stato dei luoghi;


3. Violazione dell’art. 17 della L.r. n. 94 del 1980 nonché eccesso di potere, poiché la delibera impugnata venne adottata senza l’acquisizione del parere del comitato tecnico di esperti previsto dalla citata normativa;


4. Violazione degli artt. 11, 23, 30 e 31 della L.r. n. 94 del 1980, poiché la Regione avrebbe omesso di indicare le prescrizioni tecniche per l’elaborazione del progetto di recupero;


5. Violazione della Legge n. 241 del 1990 poiché l’impugnata deliberazione sarebbe affetta da difetto di motivazione e la relativa adozione non è stata preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento.


Si è costituita in giudizio con la sola Regione Lombardia che eccepisce, preliminarmente, l’inammissibilità del ricorso per omessa notifica alla Provincia di Mantova in qualità di controinteressata. In punto di fatto evidenzia che l’esistenza di una discarica abusiva venne constatata attraverso un sopralluogo in loco effettuato in data 10.12.1990, nel corso del quale vennero rilevati rifiuti recenti quali fiori e corone provenienti da addobbi cimiteriali, sacchetti di plastica con rifiuti solidi urbani e contenitori vuoti di vernici. Lo stesso Sindaco avrebbe dichiarato agli Agenti rilevatori che l’area veniva utilizzata per lo scarico del materiale proveniente da lavori effettuati nell’ambito del territorio comunale. Nel merito, la Regione contesta le deduzioni di parte ricorrente chiedendo la reiezione poiché ritenute infondate.


All’udienza del 6.12.2005 la causa è stata trattenuta per la decisione.


Occorre procedere con l’esame dell’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dalla Regione Lombardia per mancata notifica dello stesso all’Amministrazione provinciale in qualità di controinteressata.


L’eccezione è infondata poiché in calce al secondo originale del ricorso, depositato in giudizio, risulta apposta la relazione di notifica effettuata in data 16.12.1991 all’Amministrazione provinciale di Mantova nella propria sede in Mantova, Via Principe Amedeo, nelle mani del Vice Segretario Generale.


La circostanza che nell’epigrafe del ricorso non sia stata riportata l’indicazione della controinteressata non rileva ai fini dell’ammissibilità dello stesso, qualora la Provincia sia stata comunque regolarmente evocata in giudizio attraverso la notifica dell’atto introduttivo entro i termini stabiliti.


Nel merito il ricorso è fondato nei termini che seguono.


Relativamente al primo motivo di ricorso con cui si deduce violazione e falsa applicazione della L.r. 7.6.1980 n. 94, del D.p.r. 10.9.1982 n. 915, del R.r. 9.1.1982 n. 2, nonché eccesso di potere per travisamento dei fatti e irrazionalità, poiché la discarica sarebbe stata definitivamente chiusa nel 1978, per cui non potrebbero trovare applicazione le norme sopra indicate, occorre osservare che nessuna delle parti ha fornito la prova certa e inequivocabile che alla data di adozione del provvedimento impugnato fosse presente o assente una vera e propria discarica.


Risulta comunque pacifico che il sito venne utilizzato, per un certo periodo, come discarica di rifiuti.


Le prove offerte dal Comune al fine di dimostrare l’avvenuta definitiva chiusura nell’anno 1978, non possono basarsi solo sulle analisi del PMIP della Usl n. 47 di Mantova, secondo cui dall’esame dei campioni si potrebbe dedurre che la massa di rifiuti in loco era presente da tempo e non da epoca recente. Tale circostanza può costituire un utile indizio, ma, proprio perché basata su campioni, non può ritenersi indice di una valutazione completa svolta su tutto il materiale presente. Analogamente deve osservarsi per quanto concerne le dichiarazioni rese dal Presidente della Cooperativa netturbini di Sirmione, le quali non escludono che altri soggetti possano aver conferito rifiuti nell’area in oggetto dopo il 1978.


Allo stesso modo, le deduzioni della Regione secondo cui al momento del sopralluogo svolto nel mese di dicembre 1990, erano presenti nel sito rifiuti recenti quali fiori e corone, sacchetti di plastica con rifiuti solidi urbani e contenitori vuoti di vernici, unitamente alle dichiarazioni rese dal Sindaco circa il conferimento di materiali provenienti da lavori edili, non offrono la prova certa che si trattasse di una vera e propria discarica, ancorché possano ritenersi utili indizi al riguardo.


Giova rilevare, al riguardo, che a norma dell’art. 3 comma 1 della L.r. n. 94 del 1980 per impianto di smaltimento si intende il complesso delle strutture immobiliari e degli apparati meccanici e tecnici di ammasso, ivi comprese le discariche, atti a riutilizzare, riciclare, recuperare, confinare o rendere innocui i rifiuti. Appare evidente, pertanto, che l’abbandono incontrollato di quantità imprecisata di rifiuti non può ex se dar luogo ad un “impianto” in senso tecnico a cui applicare la disciplina repressiva di cui alla citata L.r. n. n. 94 del 1980.


Ne consegue che il provvedimento impugnato è affetto, sotto questo profilo, quantomeno da un vizio istruttorio poiché, nel caso in esame, l’onere della prova circa l’effettiva sussistenza dell’attività ritenuta abusiva (impianto di smaltimento o discarica di rifiuti) avrebbe dovuto essere assolto dall’amministrazione procedente, ossia la Regione.


Deve ritenersi fondato anche il secondo motivo con cui si deduce violazione della L.r. n. 94 del 1980 nonché eccesso di potere per carenza di attività istruttoria, in quanto la Regione non avrebbe indicato il grave nocumento o pericolo per l’ambiente o la salute pubblica che legittimerebbe l’ordine di predisposizione del progetto di bonifica, recupero e di ripristino dello stato dei luoghi.


Occorre osservare, al riguardo, che sia l’art. 28 della L.r. n. 94 del 1980, che il successivo art. 31, riguardanti, rispettivamente, gli impianti esistenti alla data di entrata in vigore della citata Legge regionale (compresi quelli chiusi da non più di quindici anni) e l’attivazione, il mantenimento in funzione o l’esercizio di un impianto di smaltimento in assenza di autorizzazione o in contrasto con le prescrizioni della stessa, richiedono, ai fini del ripristino dei luoghi, la presenza di rilevanti danni alla collettività o all'ambiente (art. 28) o, in altri termini, un grave nocumento o pericolo per l'ambiente o la salute pubblica (art. 31).


Al contrario di quanto sostiene la Regione, secondo cui il periculum sarebbe da considerarsi in re ipsa per il solo fatto dell’assenza della prescritta autorizzazione, l’ordinamento impone una valutazione ben più pregnante circa l’incompatibilità del nuovo assetto dei luoghi con le esigenze di salvaguardia della collettività e dell’ambiente. Ciò significa, pertanto, che ben potrebbe tollerarsi la presenza di impianti chiusi e conservati tali da non recare alcun pregiudizio.


Nel caso in esame l’impugnato provvedimento non reca alcuna valutazione in tal senso, sia con riferimento all’art. 28 (impianti esistenti alla data di entrata in vigore della L.r. n. 94 del 1980 ancorché dismessi da non più di 15 anni) sia con riferimento all’art. 31 (impianti attivati e gestiti successivamente e senza autorizzazione). Ciò denota, pertanto, un vizio dell’attività istruttoria ed una carenza di motivazione.


Con il terzo motivo si deduce violazione dell’art. 17 della L.r. n. 94 del 1980 nonché eccesso di potere, poiché la delibera impugnata venne adottata senza l’acquisizione del parere del comitato tecnico di esperti previsto dalla citata normativa.


La censura è fondata.


Il citato art. 17 stabilisce che: “La Giunta regionale, per l'esame dei problemi tecnici relativi agli atti di propria competenza in materia di smaltimento dei rifiuti ed alle attività disciplinate dalla presente Legge, nonché per acquisire pareri relativamente al rilascio delle autorizzazioni, all'elaborazione della normativa tecnica, si avvale di un comitato composto da esperti di elevata qualificazione”.


Occorre osservare, al riguardo, che se da una parte può essere condivisa la deduzione della Regione secondo cui per l’adozione di provvedimenti meramente sanzionatori non debba essere necessariamente acquisito il parere predetto, non si può invece condividere tale deduzione quando la valutazione si spinge fino all’individuazione di eventuali rilevanti danni alla collettività o all'ambiente (art. 28) o, in altri termini, di un grave nocumento o pericolo per l'ambiente o la salute pubblica (art. 31), al fine di affiancare la sanzione pecuniaria con ulteriore sanzione accessoria del ripristino dello stato dei luoghi.


Tali valutazioni presuppongono, come appare evidente, il possesso di specifiche competenze tecnico-scientifiche sia in materia di rifiuti che in materia di problematiche ambientali e igienico-sanitarie connesse, che possono difettare ai tradizionali organi amministrativi della Regione.


Non può invece essere condiviso il quarto motivo di doglianza, con cui si deduce violazione degli artt. 11, 23, 30 e 31 della L.r. n. 94 del 1980, poiché la Regione avrebbe omesso di indicare le prescrizioni tecniche per l’elaborazione del progetto di recupero.


Al riguardo è sufficiente osservare che tali articoli non impongono l’enunciazione di alcuna prescrizione tecnica, la quale potrà essere fornita all’intimato qualora la Regione lo ritenesse opportuno in relazione ai pericoli ambientali e igienico-sanitari che, nel concreto, si intende scongiurare nonchè alla complessità dell’intervento di recupero e ripristino.
L’ultima doglianza, con cui si deduce violazione della Legge n. 241 del 1990 poiché l’impugnata deliberazione sarebbe affetta da difetto di motivazione e la relativa adozione non è stata preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento, è parzialmente fondata.


Sotto il profilo del difetto di motivazione si rinvia a quanto già rilevato circa la mancata indicazione dei gravi pregiudizi per l’ambiente o la salute pubblica che possono legittimare l’ordine di ripristino dello stato dei luoghi.


Per quanto concerne l’omessa comunicazione di avvio del procedimento, il Collegio osserva, secondo la lettura sostanzialistica sviluppata dalla giurisprudenza, che il Sindaco del Comune ricorrente risulta essere stato sentito, al riguardo, dagli Agenti rilevatori in data 10.12.1990, per cui si può ritenere che l’ente fosse comunque a conoscenza aliunde del procedimento avviato.


Di conseguenza la delibera oggetto di gravame deve essere annullata per le ragioni sopra indicate.


Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate a favore del Comune ricorrente nella misura di € 2.100 (duemilacento), a titolo di spese, onorari di difesa e competenze, oltre ad IVA e CPA.


P.Q.M.


il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia - Sezione staccata di Brescia - definitivamente pronunciando accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Condanna la Regione Lombardia al pagamento delle spese di causa liquidate come in motivazione.


La presente sentenza sarà eseguita dall’Amministrazione ed è depositata presso la Segreteria della Sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti.


Così deciso, in Brescia, il 6 dicembre 2005, dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, in camera di consiglio, con l'intervento dei Signori:
Francesco Mariuzzo -Presidente
Gianluca Morri - Giudice rel. est.
Stefano Mielli - Giudice

NUMERO SENTENZA 1343 / 2005
DATA PUBBLICAZIONE 19 - 12 - 2005
 

M A S S I M E

Sentenza per esteso


1) Rifiuti - Regione Lombardia - L.r. n. 94/1980 - Abbandono incontrollato di rifiuti - Qualificazione di impianto di smaltimento in senso tecnico - Attività istruttoria - Necessità. L’abbandono incontrollato di una quantità imprecisata di rifiuti non può ex se dar luogo ad un “impianto di smaltimento” in senso tecnico ex art. 3, c. 1 L.r. Lombardia n. 94 del 1980, a cui applicare la disciplina repressiva di cui alla citata legge regionale. A tal fine è richiesta un’apposita attività istruttoria dell’amministrazione procedente volta a riscontrare l’effettiva sussistenza dell’attività ritenuta abusiva. Pres. Mariuzzo, Est. Morri - Comune di Monzambano (Avv. Gianolio) c. Regione Lombardia (Avv.ti Bertoni e Antonini) e Provincia di Mantova (n.c.) - T.A.R. LOMBARDIA, Brescia - 19 dicembre 2005, n. 1343

2) Rifiuti - Regione Lombardia - L.r. n. 94/1980 - Impianti di smaltimento esistenti - Assenza di autorizzazione - Pericolo per l’ambiente o per la salute - Specifica valutazione in ordine alla sua sussistenza - Necessità. Sia l’art. 28 della L.r. Lombardia n. 94 del 1980, che il successivo art. 31, riguardanti, rispettivamente, gli impianti esistenti alla data di entrata in vigore della citata Legge regionale e l’attivazione, il mantenimento in funzione o l’esercizio di un impianto di smaltimento in assenza di autorizzazione o in contrasto con le prescrizioni della stessa, richiedono, ai fini del ripristino dei luoghi, la presenza di rilevanti danni alla collettività o all'ambiente (art. 28) o, in altri termini, un grave nocumento o pericolo per l'ambiente o la salute pubblica (art. 31). Il periculum non va considerato in re ipsa per il solo fatto dell’assenza della prescritta autorizzazione; l’ordinamento impone infatti una specifica valutazione circa l’incompatibilità del nuovo assetto dei luoghi con le esigenze di salvaguardia della collettività e dell’ambiente. Pres. Mariuzzo, Est. Morri - Comune di Monzambano (Avv. Gianolio) c. Regione Lombardia (Avv.ti Bertoni e Antonini) e Provincia di Mantova (n.c.) - T.A.R. LOMBARDIA, Brescia - 19 dicembre 2005, n. 1343

3) Rifiuti - Regione Lombardia - L.r. n. 94/1980 - Discarica esistente non autorizzata - Ordine di chiusura e di predisposizione di un progetto di bonifica - In assenza del parere di cui all’art. 17 L.r. n. 94/1980 - Illegittimità. E’ illegittima la delibera regionale che imponga la chiusura di una discarica e la predisposizione di un progetto di bonifica e di recupero ambientale, quando essa sia stata adottata senza l’acquisizione del parere del comitato tecnico di esperti previsto dall’art. 17 della L.r. Lombardia n. 94 del 1980. Se è vero, infatti, che per l’adozione di provvedimenti meramente sanzionatori non deve essere necessariamente acquisito il parere predetto, non si può invece condividere tale deduzione quando la valutazione si spinge fino all’individuazione di eventuali rilevanti danni alla collettività o all'ambiente (art. 28) o di un grave nocumento o pericolo per l'ambiente o la salute pubblica (art. 31), al fine di affiancare la sanzione pecuniaria con la sanzione accessoria del ripristino dello stato dei luoghi. Tali giudizi presuppongono il possesso di specifiche competenze tecnico-scientifiche sia in materia di rifiuti che in materia di problematiche ambientali e igienico-sanitarie connesse, che possono difettare ai tradizionali organi amministrativi della Regione. Pres. Mariuzzo, Est. Morri - Comune di Monzambano (Avv. Gianolio) c. Regione Lombardia (Avv.ti Bertoni e Antonini) e Provincia di Mantova (n.c.) - T.A.R. LOMBARDIA, Brescia - 19 dicembre 2005, n. 1343

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