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 Massime della sentenza

 

 

T.A.R. PIEMONTE, Sez. II - 17 settembre 2005, n. 2831

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

Sent. n. 2831
Anno 2005
R.g. n. 1385
Anno 2004
 

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte – 2^ Sezione – ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA



sul ricorso n. 1385/2004 proposto da ENEL PRODUZIONE S.p.A., con sede in Roma, viale Regina Margherita n. 125, in persona dell’avv. Eugenio Vaccari, nella sua qualità di procuratore e legale rappresentante della società, rappresentata e difesa dall’avv. Marco Yeuillaz e dall’avv. prof. Guido Greco ed elettivamente domiciliata in Torino, via Maria Vittoria n. 6, presso lo studio del primo,


contro


- il Ministero delle Attività Produttive, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Torino, presso cui domicilia in corso Stati Uniti n. 45,
- la Regione Piemonte, in persona del Presidente p.t. della Giunta Regionale, rappresentata e difesa dall’avv. Pier Carlo Maina ed elettivamente domiciliata presso lo stesso in Torino, piazza Castello n. 165,


e nei confronti


della E.ON. Italia Produzione S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Marco Weigmann, Claudio Piacentini e Claudio Vivani ed elettivamente domiciliata presso il loro studio in Torino, corso Duca degli Abruzzi n. 15,


per l’annullamento


dell’autorizzazione rilasciata in favore della società E.ON. Italia Produzione S.p.A. “alla costruzione e all’esercizio: a) di un impianto di produzione di energia elettrica a ciclo combinato, costituito da due turbine a gas ed una turbina a vapore, della potenza elettrica complessiva di circa 800 MW e della potenza termica immessa di circa 1.400 MW, da ubicare nel territorio del Comune di Livorno Ferraris, provincia di Vercelli; b) della connessione dell’impianto di cui alla lettera a) all’esistente stazione elettrica a 380 kV “Trino 2” di proprietà Terna S.p.A., mediante l’ampliamento della citata stazione e la realizzazione di un elettrodotto in cavo interrato di circa 1.6 km, interessando il territorio dei Comuni di Livorno Ferraris e Trino Vercellese; c) di un metanodotto di collegamento, di circa 0.6 km, dall’impianto di cui alla lettera a) al punto di derivazione dell’esistente metanodotto della SNAM Rete Gas S.p.A., interessando il territorio dei Comuni di Livorno Ferraris e Trino Vercellese; d) delle opere di presa e restituzione delle acque dell’impianto di cui alla lettera a), della lunghezza di circa 0.65 km, interessando il territorio dei Comuni di Livorno Ferraris e Trino Vercellese”, di cui ai Decreti in data 11 maggio e 27 maggio 2004 del Direttore generale, preposto alla Direzione Generale per l’energia e le risorse minerarie presso il M.A.P. (pubblicati in G.U. del 5 giugno 2004); di ogni altro atto, provvedimento e/o delibera ad essa presupposto, connesso o conseguente, ivi compresi in particolare e per quanto occorrer possa: i verbali (sconosciuti) della conferenza di servizi, relativi alle sedute tenutesi in data 10 maggio 2002, 21 febbraio 2003 e 16 marzo 2004 e contenenti la procedura de qua; la deliberazione (sconosciuta) della Provincia di Vercelli n. 18368 del 17 aprile 2003, con la quale è stato espresso parere favorevole e sono state individuate alcune prescrizioni; il decreto n. DEC/DSA/2004/00022 del 22 gennaio 2004 (pubblicato per estratto in G.U. 5 giugno 2004, assieme con l’autorizzazione qui impugnata); la (sconosciuta) deliberazione n. 23-12379 del 26 aprile 2004 della Giunta Regionale del Piemonte, con la quale è stata espressa l’intesa di cui alla legge 9 aprile 2002, n. 55, sulla realizzazione dell’iniziativa); con la specificazione che l’impugnativa di cui sopra concerne ogni profilo, ivi compresi. A mero titolo esemplificativo, la dichiarazione di pubblica utilità delle opere autorizzate, che da essa scaturisce, nonché l’effetto di variante urbanistica, di cui all’art. 1, commi 1 e 3, D.L. 7 febbraio 2002 n. 7 (convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, L. 9 aprile 2002, n. 55).


Visti il ricorso con i relativi allegati;


Visti l’atto di costituzione in giudizio del Ministero delle Attività Produttive e la relativa produzione documentale;


Visti l’atto di costituzione in giudizio della E.ON. Italia Produzione S.p.A. e la relativa produzione documentale;


Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Piemonte e la relativa produzione documentale;


Visti i motivi aggiunti depositati dalla società ricorrente in data 17 dicembre 2004;


Visti gli ulteriori motivi aggiunti depositati dalla società ricorrente in data 5 gennaio 2005;


Vista la sentenza di questa sezione n. 1029 del 15 aprile 2005;


Viste le ulteriori produzioni documentali e le memorie illustrative depositate dalle parti;


Visti gli atti tutti della causa;


Relatore, alla pubblica udienza del 26 maggio 2005, il Referendario avv. Ivo Correale;


Uditi gli avv.ti G. Greco e M. Yeuillaz per la società ricorrente, l’Avvocato dello Stato G. Carotenuto per l’Amministrazione resistente, l’avv. C. Vivani per la controinteressata E.ON. Italia Produzione S.p.A. e l’avv. G. Scollo, su delega dell’avv. P.C. Maina, per la Regione Piemonte;


Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.


FATTO


Con ricorso, notificato in data 17-18 settembre 2004, l’Enel Produzione S.p.A. ripercorreva l’“iter” che aveva contraddistinto il procedimento che era sfociato nell’adozione dei provvedimenti indicati epigrafe.


La società ricorrente evidenziava che la comunicazione di avvio del procedimento era stata effettuata, nei suoi confronti, quando lo stesso si avviava ormai alla conclusione. Considerato, infatti, che la relativa istanza di autorizzazione era stata presentata in data 26 marzo 2002, che due conferenze di servizi si erano tenute in date 10 maggio 2002 e 21 febbraio 2003 e che la procedura di VIA si era conclusa con decreto del gennaio 2004, la Enel Produzione S.p.A. evidenziava che aveva partecipato al procedimento quando questo era ormai sostanzialmente concluso e quando il suo apporto non avrebbe comunque potuto incidere in alcun modo sull’esito dello stesso.


La medesima, comunque, aveva allo scopo sottoposto all’attenzione sia del Ministero delle Attività Produttive sia della società E.ON. Italia Produzione S.p.A., due note, rispettivamente in date 15 marzo e 19 marzo 2004.


In esse si evidenziava, da un lato, la penalizzazione della produzione della centrale ENEL di Trino Vercellese, che conseguirà automaticamente e necessariamente quando il nuovo impianto autorizzato entrerà in funzione a causa dell’insufficienza della rete di trasmissione; dall’altro lato, la futura espropriazione di aree di proprietà ENEL che determinerà, così come prospettata, ripercussioni negative e gravi sui programmi di sviluppo della preesistente centrale ENEL, oltre che immediati disagi operativi.


In ordine al primo aspetto, la società ricorrente evidenziava che per l’immissione sul mercato dell’energia prodotta dalle centrali occorre un’adeguata rete di trasporto. All’uopo è destinata la rete di trasmissione nazionale, definita dall’art. 2, comma 2, d.lgs. n. 79/1999, come “il complesso delle stazioni di trasformazione e delle linee elettriche di trasmissione ad alta tensione sul territorio nazionale gestite unitariamente” dal Gestore di cui al successivo art. 3.


Rilevava la società ricorrente che tale infrastruttura risultava oltremodo carente, soprattutto nelle regioni del nord Italia, ove ad una abbondanza di capacità produttiva non corrisponde una proporzionata capacità di trasporto dell’energia prodotta, tant’è che il Ministero delle Attività Produttive ha previsto, al riguardo, ampi investimenti nel medio-lungo termine, finalizzati proprio in considerazione di tale “deficit” di trasporto.


La dedotta insufficienza si riscontra, ad opinione della società ricorrente, in particolar modo nell’area geografica interessata dalla contestata realizzazione, ove la preesistente centrale di Trino (con potenza nominale pari a 692 MW) immette l’energia che produce, tramite l’omonima stazione di proprietà Terna S.p.A., sull’unica linea a 380 kV che interconnette fra loro i due nodi di rete, di Rondissone e Castelnuovo Scrivia.


Nell’attuale assetto delle rete elettrica, dunque, sostiene la società ricorrente che la capacità di vettoriamento dell’energia prodotta dalla centrale di Trino è già critica: infatti nell’ipotesi di “fuori servizio” di una delle linee di trasporto verso l’area di carico di Milano la potenza erogabile della centrale viene dimezzata.


Tale criticità attuale sarebbe confermata dai programmi di sviluppo della rete elettrica di trasmissione, che prevedono ben tre nuove linee:


a) l’elettrodotto a 380 kV “Turbino-(Rho) Bovisio”, da realizzarsi non prima del 2006, che “consentirà di superare i limiti di transito sul sistema elettrico lombardo e le limitazioni di produzione di centrali elettriche nell’area, contribuendo a garantire l’esercizio in sicurezza della rete di trasmissione nell’area di Milano e favorendo il trasporto di energia dal Piemonte alla Lombardia”;


b) l’elettrodotto a 380 kV “Trino – Lacchiarella”, realizzabile ad opinione della società ricorrente non prima del 2011;


c) l’elettrodotto a 380 kV “Voghera la Casella”, anche esso non realizzabile prima del 2011.


Anche la costruzione delle due linee indicate sub a) e c), però, secondo la società ricorrente, non consentirà di smaltire tutta la potenza che si affaccerebbe nel “nodo” di Trino con l’ingresso della nuova centrale E.ON., senza mettere a rischio la sicurezza della rete stessa.


Il relativo criterio di sicurezza, infatti, utilizzato per la gestione della rete italiana e di quelle europee – cui si può derogare solo in caso di emergenza e comunque per un limitatissimo periodo di tempo – prevede che a rete integra l’allocazione sul territorio dei gruppi di produzione (le centrali) debba essere effettuata in maniera tale che in caso di disservizi e di c.d. “andata in fuori servizio” di uno qualsiasi degli elementi di rete (tratti di linea elettrica) non determini condizioni di esercizio critiche su nessuno dei rimanenti elementi.


Anche con la costruzione delle due nuove linee sopra richiamate, la condizione sarebbe tale, ad opinione della società ricorrente, che nel caso di disservizi il restante nodo di Rondissone sopporterebbe a mala pena il transito della potenza generata dalla sola centrale ENEL di Trino.


Solo non prima del 2011, con la realizzazione della nuova linea Trino-Lacchiarella si potrebbero superare, in parte, questi inconvenienti.


A ciò si aggiunga che risultano in fase di messa in esercizio altre centrali che produrranno energia da immettersi, già alla fine del corrente anno (2004), sui due nodi estremi di Rondissone e Castelnuovo Scrivia, quali le centrali Edipower di Chivasso, la centrale Enipower di Ferrera-Erbognone, la centrale di Voghera Energia e, probabilmente, anche quella di Moncalieri dell’AEM Torino; risultano, inoltre, autorizzate dal Ministero delle Attività Produttive, nella stessa zona, le centrali di Leinì, di Piemonte Energia S.p.A., e di Settimo Torinese, di Edison Energia S.p.A., mentre risultano già avviate le procedure di VIA per le realizzande centrali di Morano sul Po (AL) di Morano Energia s.r.l. (800 MW), di Crescentino (VC) di Edison S.p.A. (400 MW) e di Magliano Alio (CN) di ATEL S.p.A. (110 MW).
L’inserimento nella stazione di Trino anche della potenza generata dalla centrale E.ON. determinerà la costituzione di un c.d. “polo limitato”, che consentirà il funzionamento dei due impianti solo a potenza ridotta, ottimisticamente non superiore alla metà di quella nominale delle due centrali, globalmente considerate.


La realizzazione della centrale E.ON., come assentita, a detta della società ricorrente, procurerà in capo alla centrale ENEL di Trino Vercellese un gravissimo danno economico, stimato attorno ai 20 milioni di euro all’anno, per i primi 4-5 anni ed in misura poco inferiore negli ulteriori anni a seguire, con intuibili ricadute anche sul piano occupazionale.


Ciò, specificava la società ricorrente, non in relazione al fisiologico danno legato all’aumento di concorrenza nel settore della produzione di energia ma per la mancanza di coordinamento con lo sviluppo della rete di trasmissione che si ripercuoterà specificamente, direttamente ed esclusivamente in capo alla sola ENEL Produzione, che si vedrà costretta a limitare drasticamente la sua produzione di energia, nonostante sia stata autorizzata per una considerevole potenza, pari a 700 MW con decreto del MICA del 28 giugno 1991.


Di tali prospettazioni, pure introdotte nel procedimento dall’ENEL Produzione, le Autorità competenti, lamentava la società ricorrente, non si erano date carico, limitandosi il decreto finale di autorizzazione, oggetto del presente gravame, ad asserire che “il contenuto delle osservazioni sollevate da Enel Produzione S.p.A. concerne aspetti che sono stati valutati nella riunione conclusiva della conferenza di servizi”.


La società ricorrente, però, affermava di non rinvenire gli argomenti adoperati per superare le obiezioni puntualmente da lei mosse.


Sulla base di non meglio specificate “notizie informali”, l’Enel Produzione S.p.A. faceva presente, inoltre, che il problema del congestionamento della rete nei nodi di Trino, Rondissone, Castelnuovo – nei termini, all’uopo indicati - non era minimamente revocato in dubbio, essendo stato esso segnalato dallo stesso soggetto preposto alla gestione della rete (il GRTN), ma che era prevalsa la “ragion di stato”, con la consapevolezza che da ciò scaturirà un’inevitabile limitazione della capacità produttiva della centrale ENEL di Trino, ma anche un incremento della potenza disponibile, ancorché utilizzabile solo in determinate condizioni.


La società ricorrente rilevava che siffatta decisione, quali che fossero le motivazioni ad essa sottese, dava luogo ad una grave limitazione di una preesistente attività produttiva, debitamente autorizzata a suo tempo, contrastando tutti i principi che informano la materia, considerando che un provvedimento autorizzatorio non può incidere su diritti di terzi operatori, al di là del gioco della libera concorrenza.


In relazione al secondo punto rappresentato, sulla procedura espropriativa, la società ricorrente evidenziava che il percorso del previsto cavo ad olio fluido, che dovrebbe interessare vaste aree di proprietà ENEL situate in vicinanza dei gruppi di Produzione della centrale Enel di Leri Cavour, interferirà con i futuri programmi di sviluppo dell’insediamento produttivo.


La Enel Produzione S.p.A., quindi, lamentava che la procedura di rilascio dell’autorizzazione alla realizzazione della centrale elettrica e della correlata dichiarazione di pubblica utilità delle relative opere era inficiata e ne chiedeva l’annullamento, deducendo:


1. Violazione dei principi in tema di giusto procedimento – Violazione degli artt. 7 e ss. L. 241/90 – Violazione dell’art. 1, comma 2, d.l. 7/2002 – Violazione dell’art. 97 Cost..


Sosteneva la società ricorrente che le disposizioni di cui alla l. n. 241/90 si applicavano anche al procedimento unico previsto dal d.l. n. 7/2002.


Di conseguenza, doveva trovare applicazione il combinato disposto degli artt. 7 e 8 l. n. 241/90, ove è previsto che la comunicazione di avvio del procedimento deve essere effettuata, mediante comunicazione personale, ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti ed a quelli che, per legge, debbono intervenirvi.


Non vi era dubbio, secondo la società ricorrente, che essa, in qualità di titolare dell’impianto energetico di Trino, rientrava tra i soggetti descritti nelle sopra richiamate norme di legge, sotto un primo profilo, perché il procedimento di cui trattasi è preordinato all’espropriazione delle aree occorrenti per la realizzazione delle nuove centrali, delle opere connesse e delle infrastrutture indispensabili al loro esercizio, le quali sono dichiarate di pubblica utilità, ai sensi dell’art. 1, comma 1, d.l. n. 7/2002, e l’Enel è proprietaria di aree incluse nei futuri espropri e sotto un secondo profilo, perché i provvedimenti avversati risultano altamente e direttamente lesivi della posizione giuridica della società ricorrente, in relazione al coordinamento ed ampliamento della rete di gestione che risulterà congestionata, penalizzando, così, la capacità produttiva della preesistente centrale.


Di conseguenza, la società ricorrente reclamava la necessità di una comunicazione personale dell’avvio del procedimento, sin dal marzo 2002 quando era stata presentata dalla società E.ON. la relativa istanza.


Mentre il Ministero delle Attività Produttive effettuava la comunicazione di avvio del procedimento a tutte le amministrazioni competenti, tale incombente non era effettuato nei confronti di Enel, che veniva a conoscenza della procedura solo in data 25 febbraio 2004, quando la VIA era già conclusa e quando i lavori della conferenza dei servizi erano ormai in fase avanzata.


E’ stato di fatto precluso ad Enel di fornire un apporto utile a far valere compiutamente i propri interessi e ad influire anche in ordine alle determinazioni delle Amministrazioni coinvolte, in modo da circoscrivere la portata della realizzanda centrale nei limiti della capacità di trasporto di energia attualmente disponibile.


2. Violazione dell’art. 1, commi 1 e 3, d.l. 7 febbraio 2002, n. 7 – Violazione dell’art. 8, comma 4 lett. a) d.lgs. 16 marzo 1999 n. 79 – Violazione dell’art. 41 Cost. – Eccesso di potere per irragionevolezza – Manifesta ingiustizia – Violazione art. 3 l. 241/90 – Difetto e/o insufficienza di motivazione – Eccesso di potere per difetto e/o travisamento dei presupposti di fatto dell’autorizzazione – Carenza istruttoria – Violazione dell’accordo raggiunto in sede di conferenza unificata in data 5 settembre 2002 – Violazione del principio di sicurezza e continuità degli approvvigionamenti – Violazione del principio del minor costo del servizio e degli approvvigionamenti (artt. 1 e 3 d.lgs. 79/1999 – art. 5, comma 1, e art. 6, comma 2, Dir. 96/92/CE del 19 dicembre 1996) – Violazione del principio di proporzionalità.


L’autorizzazione impugnata, pur prevedendo l’ampliamento della stazione elettrica a 380 kV di Trino 2 di proprietà di Terna S.p.A. e la realizzazione di un elettrodotto in cavo interrato di circa 1.6 Km, non si occupa minimamente del proporzionato adeguamento della rete di trasmissione nazionale dell’energia medesima.
L’immissione dell’energia della nuova centrale dovrebbe avvenire su una linea già impegnata in condizioni critiche, anche sotto il profilo della sicurezza, dall’energia immessa dalla centrale ENEL di Leri Cavour e da considerarsi “satura”.


Era assente, quindi, proprio un presupposto di realizzabilità della centrale, perché la relativa attività produttiva non può essere svolta se non danneggiando direttamente un’altra e preesistente autorizzazione, violando così anche il principio generale per il quale le autorizzazioni sono accordate con salvezza dei diritti dei terzi.


Non è consentibile, in sostanza, secondo la ricostruzione della società ricorrente, che l’autorizzazione in questione produca, oltre all’effetto ampliativo per il richiedente, anche un vincolo di rete a carico dell’Enel Produzione s.p.a..


Inoltre, l’art. 1, comma 1, d.l. n. 7/2002 prevede che l’autorizzazione unica deve riguardare, oltre agli impianti, anche le opere connesse e le infrastrutture indispensabili all’esercizio degli stessi, secondo un principio sancito anche dalla legge fondamentale del settore di cui all’art. 8, comma 4, lett. a) d.lgs. n. 79/1999.


Di certo la rete nazionale è una infrastruttura indispensabile all’esercizio di una centrale elettrica, tanto che, sin dalla legge 18 dicembre 1973 n. 880, è stato chiarito che i progetti degli impianti termici per la produzione di energia elettrica dovessero essere presentati unitamente ai progetti di estensione della relativa rete di trasporto ad alta tensione, dando per scontato che gli uni non possono funzionare senza una proporzionata estensione degli altri.


Tale conclusione vale anche per ragioni di sicurezza del sistema elettrico, di integrità delle reti e di economicità del sistema, che costituiscono altrettanti parametri cogenti, comunitari e nazionali, cui occorre uniformarsi, secondo quanto stabilito dagli artt. 1 e 3 d.lgs. n. 79/1999 e 5 e 6 Dir. 96/92/CE.


Infatti, l’art. 1, comma 3, d.l. n. 7/2002 richiama la necessità di coordinamento e salvaguardia del sistema elettrico nazionale e l’art. 6 Dir. cit. impone una valutazione periodica della capacità di generazione e trasmissione collegabile alla rete, del fabbisogno di dispositivi di interconnessione con altre reti e delle potenziali capacità di trasmissione nonché della domanda di energia elettrica.


In proposito, osservava la società ricorrente, la centrale elettrica E.ON. poteva essere autorizzata solo subordinatamente alla realizzazione del tratto di rete ad alta tensione necessario per evitare interferenze con la centrale ENEL già da tempo autorizzata. In questo caso, però, l’autorizzazione all’esercizio avrebbe dovuto essere condizionata alla realizzazione dei programmi di sviluppo della rete approvati dal Ministero delle Attività Produttive, in modo tale che l’efficacia dell’autorizzazione fosse differita nel tempo e modulata in funzione di tali ampliamenti, ovvero avrebbe dovuto comunque imporre detto ampliamento della rete, con oneri a carico del proponente e previo accordo con il gestore della rete (GRTN), secondo quanto accaduto in relazione alla realizzazione della centrale “Trino 2” di proprietà Terna S.p.A..


Il medesimo art. 2, comma 20, d.lgs. n. 79/1999 considera le stazioni di trasformazione come componente della rete di trasmissione nazionale, da gestire unitariamente.


Tale procedura non avrebbe compresso l’esercizio di attività economica liberalizzata e non avrebbe apportato nocumento, come invece accaduto, esclusivamente in capo ad un soggetto specifico operante nel settore che si vede costretto ad una sostanziale revisione delle condizioni di produzione in precedenza assentite in favore della centrale di Leri Cavour.


La società ricorrente aggiungeva che l’autorizzazione in questione risultava rilasciata all’esito di un procedimento nel quale erano stati ignorati o, comunque, non adeguatamente considerati, i criteri generali di valutazione dei progetti di costruzione ed esercizio di impianti di produzione di energia elettrica, di cui all’accordo della Conferenza unificata in data 5 settembre 2002, criteri, questi, da considerare vincolanti.


In particolare, il criterio di cui al punto A), lett. b), prevede la verifica di coerenza con le esigenze di fabbisogno energetico e dello sviluppo produttivo della regione o della zona interessata dalla richiesta, con riferimento anche alle ricadute di soddisfacimento del fabbisogno energetico e di sviluppo produttivo sulle regioni confinanti, in relazione anche alle diverse condizioni infrastrutturali presenti in ciascuna delle aree territoriali in cui è suddiviso il sistema elettrico italiano.


Se una siffatta verifica fosse stata effettuata, sosteneva la società ricorrente, l’autorizzazione non avrebbe potuto essere rilasciata. E’ notorio, infatti, che la Regione Piemonte, così come la confinante Regione Lombardia, offre più energia di quanto ne domandi ma è altrettanto notorio che ciò che manca è proprio un’adeguata capacità di trasmissione di detta energia.


Le contrarie affermazioni rinvenute nell’estratto della V.I.A. apparivano alla società ricorrente apodittiche e non supportate da idonea istruttoria o motivazione.


Ugualmente non rispettato era il criterio previsto dalla lettera i) del richiamato punto A) dell’Accordo 5 settembre 2002, in relazione alla minimizzazione dei costi di trasporto dell’energia, perché questo sarà diretto verso aree più lontane con maggior fabbisogno energetico.


Anche il successivo criterio previsto dalla lettera m) non era stato rispettato, perché non risultava promossa una valutazione comparativa di più progetti interessanti il medesimo territorio, atteso che in Piemonte risultava una molteplicità di nuove centrali dal notevole potenziale.


Il criterio di cui al punto C) che imponeva di considerare l’impatto occupazionale pure risultava ignorato, poiché la futura drastica riduzione della capacità produttiva della centrale ENEL comporterà, a detta della società ricorrente, inevitabili e intuibili ripercussioni sul piano occupazionale.


In relazione all’apporto procedimentale della società ricorrente, questa lamentava che il Ministero delle Attività Produttive si era limitato a rilevare che “il contenuto delle osservazioni sollevate da Enel Produzione S.p.A. concerne aspetti che sono stati valutati nella riunione conclusiva della conferenza di servizi”.


Il Ministero nulla diceva sulle tematiche in questione né sugli esiti delle richiamate valutazioni.


In relazione alla asserita ragione di incremento complessivo della potenza disponibile che avrebbe, eventualmente, fondato l’accantonamento delle osservazioni dell’ENEL, la società ricorrente osservava che tale conclusione appariva illogica, perché non poteva essere avulsa dalla necessaria considerazione della capacità di trasporto della rete nazionale e dal coordinamento con gli interventi di estensione della stessa, tenuto conto che la costruzione di nuovi tratti di una qualche rilevanza non è prevista, come sopra ricordato, che per il 2011 e che in parti del sud Italia vi sono ampi tratti di rete inutilizzati.


Lo stesso art. 1, comma 1, d.l. n. 7/2002 richiamava, comunque, la necessità di una valutazione complessiva del fabbisogno energetico su scala nazionale, richiamando la obbligatorietà della “previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano”.


Inoltre, sosteneva la società ricorrente, che era stato violato anche il principio di proporzionalità, in base al quale il sacrificio imposto al privato deve essere il minore possibile e, comunque, non andare oltre le esigenze di tutela che si devono garantire, perché l’autorizzazione alla E.ON. non risulta contraddistinta da una gradualità di entrata in esercizio.

 

3. Violazione art. 3 l. 241/1990 – Difetto assoluto di motivazione – Carenza istruttoria – Violazione art. 97 Cost. – Violazione del principio di proporzionalità.


Risultava che cinque particelle di proprietà ENEL Produzione (tutte site nel Comune di Trino Vercellese) sono interessate dal progetto espropriativo. Solo una di esse, precisamente la n. 22 del Foglio 6 (con estensione pari a 240 mq.), è destinata ad essere espropriata, mentre per le altre quattro verrà costituita una servitù di elettrodotto per il passaggio di un cavo terra a 380 Kv, che collegherà la nuova centrale con la stazione elettrica di Terna.


In merito, sosteneva la società ricorrente, che aveva evidenziato, nelle sue osservazioni presentate nel corso del procedimento ma non considerate affatto dalle amministrazioni procedenti, come la presenza di tale servitù comprometterebbe irrimediabilmente i futuri programmi di sviluppo dell’insediamento produttivo di Leri Cavour a lei riconducibile.


Inoltre, la costruzione dell’opera di presa dell’acqua, necessaria al funzionamento del nuovo impianto, comprometterebbe la funzionalità dell’opera di scarico Enel, con conseguente pregiudizio per la continuità dell’esercizio dell’impianto di Leri Cavour.


Vi erano, quindi, evidenti omissioni istruttorie sul punto, che davano luogo ad una violazione anche del principio di proporzionalità, sopra richiamato, sotto diverso profilo, in relazione agli elementi della idoneità, della necessarietà e della proporzionalità individuati dalla giurisprudenza quali elementi caratterizzanti.


Si costituiva in giudizio, in data 5 ottobre 2004, la controinteressata E.ON. Italia Produzione S.p.A., deducendo, genericamente, l’inammissibilità, l’irricevibilità e l’infondatezza del ricorso.


Si costituiva in giudizio, con memoria del 26 novembre 2004, anche la Regione Piemonte, deducendo ugualmente l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso.


Con memoria del 9 dicembre 2004 la Regione Piemonte specificava ulteriormente le proprie difese.


Richiamando la normativa che prevede il suo coinvolgimento nel procedimento in esame, la Regione Piemonte precisava che, a seguito della presentazione da parte della proponente dello Studio di Impatto Ambientale e degli elaborati progettuali relativi nonché della pubblicazione dell’avviso su quotidiani, era individuata da parte dell’Organo tecnico regionale, di cui agli artt. 7 e 18 l.r. n. 40/1988, la struttura regionale responsabile del procedimento, quale la direzione Tutela e Risanamento Ambientale-Programmazione e Gestione Rifiuti. Questa, a sua volta, individuava, con D.D. 109 del 10 aprile 2002, il responsabile del procedimento ai sensi dell’art. 4 e ss. L. 241/1990 e provvedeva a far pubblicare sul B.U.R. n. 21 del 23 maggio 2002 il comunicato di avvenuto deposito degli elaborati e di avvio della procedura.


Era quindi indetta una conferenza di servizi regionale, con la convocazione degli enti locali interessati, dell’A.S.L. n. 11 di Vercelli, dell’Ente del Parco Fluviale del Po del tratto vercellese e alessandrino, del Comando dei Vigili del Fuoco, della Sovrintendenza dei Beni Culturali ed Architettonici del Piemonte, dell’A.R.P.A. e dei funzionari nominati dalle singole Direzioni regionali coinvolte nell’istruttoria tecnica regionale.


Sulla base delle risultanze di tale modulo procedimentale e sulla base del contributo tecnico-scientifico dell’A.R.P.A., la Giunta regionale, con deliberazione n. 65-6426 del 25 giugno 2002, esprimeva il proprio parere contenente l’esame analitico e le valutazioni di competenza, unitamente alle prescrizioni irrinunciabili al fine del giudizio di compatibilità ambientale e di valutazione di incidenza di competenza del Ministero dell’Ambiente.


In seguito alla presentazione di documentazione integrativa da parte del proponente all’Assessorato all’Ambiente della Regione Piemonte, su richiesta del Ministero dell’Ambiente del 17 giugno 2002, si procedeva alla pubblicazione sul Bollettino Ufficiale n. 36 del 5 settembre 2002 del riavvio del procedimento.


Una nuova conferenza di servizi e la successiva riunione dell’Organo tecnico, rispettivamente del 23 settembre 2002 e del 10 ottobre 2002, consentivano di esaminare in dettaglio le integrazioni fornite in contraddittorio con il proponente.


La Giunta regionale, quindi, con deliberazione n. 29-7794 del 25 novembre 2002, esprimeva il parere sulle integrazioni fornite, riconfermando le prescrizioni già indicate nella precedente deliberazione del 25 giugno 2002.


In data 22 gennaio 2004 il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, di concerto con il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, esprimeva giudizio positivo di compatibilità ambientale, con prescrizioni riferite anche a quanto dedotto dalla Regione Piemonte.


Quest’ultima, con deliberazione n. 41-11326 del 15 dicembre 2003, aveva individuato le procedure per l’espressione dell’intesa regionale, di cui al d.l. n. 7/2002, conv. in l. n. 55/2002, specificando che, concluso il procedimento di VIA, doveva indirsi una conferenza di servizi, cui partecipavano i rappresentanti delle Direzioni interessate e un rappresentante dell’A.R.P.A., per effettuare una ricognizione sulle eventuali autorizzazioni previste per la realizzazione dell’opera, indicando se sussistono elementi ostativi.


In data 3 febbraio 2004, con deliberazione n. 351-3642, era approvato il Piano Energetico Ambientale della Regione Piemonte che consentiva l’esame, ai fini del rilascio dell’“intesa” di cui alla l. n. 55/2002, dei soli progetti già, in quel momento, oggetto di giudizio positivo di compatibilità da parte della commissione VIA o di quelli indicati come prioritari dalla legge 17 aprile 2003 n. 83.


In data 18 febbraio 2004, si riuniva la conferenza di servizi interna, sopra richiamata, e, in data 16 marzo 2004, nell’ambito del procedimento per il rilascio della autorizzazione “unica” di cui alla l. n. 55/2002, si riuniva la conferenza di servizi finale, cui partecipava anche un rappresentante regionale individuato con deliberazioni della Giunta regionale del 2 marzo 2004 e del 15 marzo 2004.


In tale sede gli enti locali confermavano i pareri favorevoli all’iniziativa da loro precedentemente espressi e anche il gestore della rete di trasmissione nazionale si pronunciava, richiamando l’importanza della realizzazione della linea Trino-Lacchiarella.


Sulla scorta dell’esito di tale conferenza di servizi, la Regione Piemonte, con deliberazione n. 23-12379 del 26 aprile 2004, risultate soddisfate le condizioni ritenute essenziali e richiamato l’accordo del 5 settembre 2002 tra Governo, Regioni, Province, Comuni e Comunità Montane, esprimeva l’“intesa” di cui alla l. n. 55/2002 per la realizzazione e l’esercizio della centrale di Livorno Ferraris, subordinata alle necessarie prescrizioni.


Premesso ciò, in merito al ricorso, la Regione Piemonte eccepiva, preliminarmente, l’inammissibilità dello stesso sotto un duplice profilo.


In primo luogo, per la Regione, mancava un interesse qualificato da parte della società ricorrente, la cui lesione – individuata nella diminuzione di capacità produttiva – non era dimostrata. Inoltre, le paventate espropriazioni erano una mera eventualità, come desumibile dal Decreto del ministero delle Attività Produttive dell’11 maggio 2004.


In secondo luogo, in relazione all’impugnazione di atti regionali, si eccepiva la tardività, dato che almeno dal 25 febbraio 2004 la società ricorrente conosceva tutti gli atti precedenti del procedimento cui aveva partecipato in seguito a personale comunicazione. Mancavano, poi, sul punto specifici motivi di ricorso che consentivano alla Regione Piemonte di rappresentare congrue difese.


Nel merito, pur riservando all’Amministrazione statale una più compiuta difesa dei propri atti, la Regione Piemonte osservava che non era necessario l’invio dell’avvio del procedimento, dato che la società ricorrente non era tra i destinatari diretti del provvedimento finale né era facilmente identificabile tra quelli che potevano subire un pregiudizio.


Ad ogni modo l’Enel Produzione S.p.A. aveva prodotto in tempo utile dei contributi scritti, che risultano essere stati esaminati nella fase istruttoria.


In merito agli altri due motivi di ricorso, la Regione Piemonte si riservava ogni ulteriore difesa, nell’eventualità di impugnazione specifica di determinati atti regionali.


Si costituiva in giudizio, con memoria del 10 dicembre 2004, anche il Ministero delle Attività Produttive.


In proposito, la difesa erariale specificava i fondamenti normativi che avevano portato all’adozione degli atti impugnati e ripercorreva l’“iter” seguito in proposito.


In relazione ai motivi di ricorso essa precisava quanto segue.


Sul primo motivo, in relazione alla ritenuta comunicazione personale relativa all’avvio del procedimento, la difesa erariale precisava che la legge 27 ottobre 2003, n. 290 aveva prorogato la sospensione dell’efficacia del c.d. testo Unico sulle espropriazioni, di cui alla legge n. 327/2001 fino al 30 giugno 2004, termine a sua volta prorogato al 31 dicembre 2004 dall’art. 1, comma 25, l. 23 agosto 2004, n. 239.


La fase del procedimento relativa alla espropriazione, pertanto, era regolamentata dalla legge n. 2359/1865 e successive modificazioni, ivi compresa, quindi, quella relativa alla comunicazione ai soggetti espropriandi.


Di conseguenza, poiché l’ENEL non risultava avere inviato nei tempi previsti alcuna osservazione ai Comuni interessati e alla Prefettura di Vercelli, così come previsto dalla citata legge n. 2359/1865, la procedura risultava comunque rispettata e di nulla poteva dolersi la società ricorrente.


In ordine alla posizione giuridica della ricorrente in relazione più propriamente all’autorizzazione oggetto del gravame, la difesa erariale richiamava le norme di cui all’art. 3, comma 2, l. n. 55/2002, all’art. 8, comma 3, l. n. 241/1990 e all’art. 5 d.P.C.M. 10 agosto 1988, per ricordare che l’Amministrazione aveva avviato il procedimento di autorizzazione proprio prescrivendo, con nota n. 2064405 del 10 aprile 2002, alla società proponente di ottemperare, ai sensi delle citate norme, ad idonea pubblicazione del progetto oggetto dell’istanza di autorizzazione.


Tale pubblicazione avveniva in data 22 agosto 2002 su due quotidiani a diffusione regionale e nazionale, con ciò esaurendo le prescrizioni di legge, che non richiedevano la comunicazione personale come pretesa dalla società ricorrente, portatrice di meri interessi privati che è stata comunque posta in condizione di intervenire nel merito del procedimento.


In ordine al censurato difetto di coordinamento con l’ampliamento dell’esistente rete di trasmissione, la difesa erariale ricordava che il Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale, in qualità di soggetto preposto, ai sensi dell’art. 3, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 79/1999, era intervenuto nelle tre conferenze di servizi indette, evidenziando ogni volta prescrizioni ritenute necessarie per rendere il progetto compatibile con lo stato attuale della rete di trasmissione nazionale ed esprimendo, comunque, un parere favorevole alla realizzazione dell’opera.


In particolare, la difesa erariale riportava le dichiarazioni del Gestore alla conferenza di servizi del 10 maggio 2002, del 23 febbraio 2003 e del 16 marzo 2004, da cui si evinceva il parere favorevole espresso e che l’unico elemento ritenuto ostativo per la realizzazione dell’opera era l’adeguamento della stazione di Trino 2.


Le doglianze relative all’adeguamento della rete di trasmissione nazionale non apparivano, poi, in linea con le regole che caratterizzano l’attuale sistema elettrico italiano.


Con il d.lgs. n. 79/1999 era stato liberalizzato il settore dell’attività di produzione di energia elettrica, con la creazione del richiamato Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale (GRTN), società per azioni che ha il compito, tra l’altro, di dispacciare l’energia elettrica nel rispetto dei principi di imparzialità, trasparenza e neutralità, indicati dal decreto legislativo in questione.


Richiamando i principi cardine di tale riassetto, la difesa erariale ricordava che le problematiche legate alla congestione della rete sono affrontate dal GRTN nell’ambito delle regole di dispacciamento, nonché nel programma di rinforzi di rete predisposto annualmente sulla base delle autorizzazioni rilasciate dal Ministero delle Attività Produttive.


Inoltre, era necessario considerare ulteriori fattori che influiscono sulla situazione ed in particolar modo l’allocazione della centrale nella zona di confine tra Piemonte e Lombardia, caratterizzata da flussi di energia elettrica indirizzati verso la Lombardia, in quanto la produzione di energia elettrica in Piemonte, sommata all’energia elettrica importata dalla Francia ed in parte dalla Svizzera, è largamente superiore al fabbisogno della suddetta Regione.


Appare necessario, quindi, secondo la difesa erariale, prendere in considerazione i flussi di potenza relativi alla rete dell’intera area piemontese e a quelle limitrofe e non solo nell’ambito vercellese.


La circostanza del massiccio ricorso all’importazione, quindi, deve far ritenere come sia necessaria una ulteriore produzione di energia elettrica anche ed ancora nel territorio piemontese, in modo che, se l’offerta interna sarà in crescita, anche il ricorso all’importazione perderà di convenienza e le probabilità di congestione della rete si allontaneranno.


La difesa erariale ricordava, poi, che la medesima società ricorrente aveva ottenuto l’autorizzazione alla trasformazione a ciclo combinato della centrale di Chivasso, con aumento della potenza installata nella Regione Piemonte di oltre 1100 MW, e con analoghi fenomeni di congestione.


Alla difesa erariale appariva, infine, privo di pregio lo scopo della limitazione della libera concorrenza che si desumerebbe, a suo dire, dall’interpretazione delle censure sollevate.


Il Ministero delle Attività Produttive aveva rispettato il suo compito, nell’osservanza di quanto prescritto dalla legge n. 55/2002, già passata, positivamente, al vaglio di costituzionalità attraverso la pronuncia della Corte Costituzionale 13 gennaio 2004 n. 6.


Sul secondo motivo di ricorso, la difesa erariale contestava la tesi della società ricorrente, secondo cui la realizzazione di un tratto di rete sarebbe una struttura indispensabile all’esercizio della centrale, ai sensi dell’art. 1 della l. n. 55/2002.


Lo stesso Gestore della rete, intervenendo alle conferenze di servizi, pur ammettendo l’importanza di un potenziamento della rete di trasmissione mediante la realizzazione del tratto Trino-Lacchiarella, aveva condizionato il suo parere favorevole al solo adeguamento della stazione Trino 2 quale presupposto per la realizzazione dell’opera.


Inoltre, ai sensi della legge di riferimento, che è unicamente quella di cui al d.l. n. 7/2002 conv. in l. n. 55/2002, la valutazione sull’adeguatezza della rete di trasmissione al funzionamento della centrale non attiene all’ambito del procedimento di autorizzazione, non essendo le opere di rinforzo della rete connesse all’esercizio della centrale dato che non competono al privato proponente. Né è riscontrabile la lesione di un diritto di un terzo, poiché in un mercato competitivo la preesistenza di un concorrente ad un altro non comporta certo un diritto di prelazione ma unicamente un fattore comunque assoggettato al funzionamento dei meccanismi della libera concorrenza, principio, questo, introdotto in Italia dalla l. n. 79/1999, in attuazione della Direttiva 96/92/CE.


In relazione ai principi enucleati nell’accordo in Conferenza unificata del 5 settembre 2002, richiamati dalla società ricorrente, la difesa erariale ricordava che tali criteri generali erano stati formulati al fine di fornire parametri omogenei ad uso delle Regioni nel rilascio dell’“intesa”.


La regione Piemonte risultava aver espresso la sua “intesa” nel procedimento in questione, per cui non era necessario ulteriormente procedere in tale valutazione di principio.


Né era da condividere, per la difesa erariale, l’osservazione per la quale a monte dei singoli procedimenti di autorizzazione si doveva raggiungere la richiamata intesa in sede di Conferenza permanente, perché tale forma di accordo si esprime sui principi fondamentali della materia ma non sui singoli provvedimenti autorizzatori successivi.


L’intesa in questione si è raggiunta, in generale, in data 5 settembre 2002 tra Governo, Regioni, Province, Comuni e Comunità montane, per cui sono state definite linee comuni per il successivo espletamento di attività amministrative, di rispettiva competenza in materia di produzione di energia elettrica.


Non ricorrono, quindi, le violazioni dei principi di economicità e di efficienza dell’azione amministrativa invocate dalla società ricorrente.


Sul terzo motivo di ricorso, la difesa erariale osservava che il tracciato elaborato per il collegamento tra la centrale di Livorno Ferraris e la stazione di Trino 2 avverrà tramite una terna di cavi unipolari isolati XPLE e non ad olio fluido come sostiene la società ricorrente. Il tracciato sarà interamente interrato e adiacente la strada di raccordo che collega la centrale dell’Enel alla strada provinciale n. 1 di Crescentino, per cui l’eventuale estensione della centrale di proprietà Enel non sarebbe ostacolata dalla realizzazione della nuova centrale di Livorno Ferraris ma, semmai, dalla presenza di tale infrastruttura viaria, della citata stazione di Trino 2 e delle linee aeree a 380 kV per Rondissone e Castelnuovo.


In relazione al posizionamento delle opere di presa d’acqua necessarie al funzionamento del nuovo impianto, la difesa erariale ricordava che tale progetto è stato redatto in accordo con il Consorzio Ovest Sesia Baraggia di Vercelli, che è l’ente gestore della rete idrografica di interesse. L’opera di presa in questione, comunque, si situava ad una significativa distanza, a nord-ovest dell’opera di scarico della centrale Enel, e si trovava sulla sponda sud del canale Magrelli, opposta a quella di interesse della società ricorrente.


L’Enel, pertanto, aveva il più ampio accesso alla propria opera di scarico tramite terreni e strade di sua proprietà assolutamente idonei per l’effettuazione degli interventi di manutenzione che ritiene più opportuni.


La soluzione prescelta, quindi, appariva la meno pregiudizievole per la società ricorrente e non si era dato luogo ad alcuna compressione del diritto di proprietà di Enel né ad alcun nocumento specifico e diretto nei suoi confronti.


Con memoria per l’udienza pubblica del 21 dicembre 2004 anche la E.ON. Italia Produzione specificava le proprie difese.


Come per le altre parti costituitesi in giudizio, la E.ON. riteneva utile ricordare la normativa applicabile al caso di specie e le modalità di svolgimento del procedimento che aveva portato al rilascio dell’autorizzazione unica oggetto del presente gravame, a sua volta caratterizzato da tre procedimenti contemporanei: a) il procedimento “integrato”, di competenza del Ministero delle Attività Produttive”, d’“intesa” con la Regione Piemonte; b) il sub-procedimento di VIA, di competenza del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e della Regione Piemonte; c) il procedimento, definito “servente”, di dichiarazione di pubblica utilità, di competenza del Ministero delle Attività Produttive e della Prefettura di Vercelli.


La E.ON., quindi, osservava che le censure della società ricorrente si incentravano solo avverso i procedimenti sub a) e c) e sul punto precisava, in sintesi, quanto segue.


In relazione al procedimento sub a), la controinteressata ricordava che vi erano state tre conferenze di servizi e l’espressione dell’“intesa” richiesta dalla legge n. 55/2002 da parte della Regione Piemonte alla base dei decreti di autorizzazione unica oggetto del presente gravame.


In relazione al procedimento sub b), comunque non oggetto del presente ricorso, vi era stato il decreto 22 gennaio 2004 del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio, di concerto con il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, sentita la Regione Piemonte per quanto di sua competenza.


In relazione al procedimento sub c), il relativo avvio era stato disposto solo all’esito della favorevole procedura di VIA. La E.ON. così, su invito del Ministero, predisponeva un piano recante la descrizione degli immobili oggetto dell’espropriazione e delle altre necessarie indicazioni, ai fini della pubblicità richiesta dalla l. n. 2359/1865 applicabile al caso di specie. Tale piano rispettava le prescrizioni di legge, era depositato presso la Prefettura di Vercelli e presso i Comuni ove dovevano avere luogo le espropriazioni, con correlata pubblicazione di avviso presso due quotidiani a diffusione regionale e nazionale, ripetuto, per mero errore materiale per quel che riguarda la ricorrente, una seconda volta.


L’Enel non produceva osservazioni presso i Comuni ma inviava una articolata nota al Ministero delle Attività Produttive in data 15 marzo 2004, contenente osservazioni debitamente analizzate nel corso della terza e ultima conferenza di servizi.


La E.ON. ricordava pure di aver comunque inviato, per mero scrupolo, direttamente all’Enel una apposita lettera raccomandata contenente l’avviso di avvio del procedimento “servente”.


Premettendo di aver depositato in giudizio un parere “pro veritate” di un illustre cattedratico cui fare riferimento in ordine alla legittimità degli atti e dei procedimenti oggetto del gravame, l’esposizione della E.ON. prendeva avvio dal secondo motivo di ricorso, ritenuto relativo al “punto nodale” delle doglianze della società ricorrente.


La controinteressata, quindi, osservava che la tesi della ricorrente era fondata su pretesi principi generali che volevano attestare come l’autorizzazione di cui alla l. n. 55/2002 possa essere negata o meno qualora essa sia suscettibile di pregiudicare la redditività di taluno degli impianti già esistenti.


In merito, la E.ON. ricordava che parametro di legittimità del provvedimento autorizzatorio non può essere l’interesse dei privati coinvolti nell’esercizio dell’attività autorizzata ma solo gli interessi pubblici perseguiti e tutelati dalle norme attributive del potere autorizzatorio medesimo.


L’interesse imprenditoriale dedotto dalla società ricorrente, quindi, non poteva identificarsi con l’interesse pubblico alla base delle norme che regolano il suddetto potere, alla luce delle specifiche norme di cui alla l. n. 55/2002 ma, in assenza di specifiche allegazioni, rimaneva nell’ambito dell’interesse privato, tutelato, come tale, dal principio di salvaguardia dei “diritti dei terzi” operante nel rilascio della autorizzazioni che legittima soltanto un’azione davanti al giudice ordinario competente in ordine alla eventuale illiceità dell’attività riferibile al soggetto che l’ha posta in essere.


In linea generale, poi, la E.ON. richiamava il quadro normativo in essere che aveva introdotto da tempo la liberalizzazione dell’attività di produzione di energia elettrica.


A partire dalla risoluzione del Consiglio dei Ministri del 16 settembre 1986 sui nuovi obiettivi di politica energetica e sulla base di apposite disposizioni introdotte con il Trattato di Maastricht, era richiamata anche la Direttiva 96/92/CE concernente la liberalizzazione del mercato interno dell’energia elettrica, così come sostituita dalla Direttiva 2003/54/CE che, comunque, lasciava invariata sostanzialmente la disciplina del sistema autorizzatorio prescelta dall’Italia.


Richiamando l’art. 6 della Direttiva 96/92/CE cit., la E.ON. evidenziava che la doglianza della società ricorrente in relazione alla necessità di valutazione preventiva periodica della capacità di generazione e trasmissione collegabile alla rete, del fabbisogno di dispositivi di interconnessione con altre reti e delle potenziali capacità di trasmissione nonché della domanda di energia elettrica, non si riferiva al sistema “autorizzatorio” ma al sistema di affidamento tramite gara di appalto, individuato come alternativo dalla medesima disciplina comunitaria e, come detto, non operante in Italia e nella maggioranza dei Paesi dell’Unione.


La giustificazione di tale conclusione è, per la E.ON., desumibile laddove, nel sistema a procedura di appalto, è lo Stato che si fa carico di individuare l’entità del bisogno della collettività e di soddisfarlo tramite una propria procedura ed evidenza pubblica, individuando le grandezze da porre “a base di gara”.


Nel sistema autorizzatorio, invece, la soddisfazione del bisogno è demandata agli operatori economici privati posti in concorrenza fra loro in un contesto liberalizzato, ove l’entità del bisogno di energia è demandato alle leggi di mercato.


Con tale sistema, quindi, viene meno ogni riserva allo Stato in materia sia di produzione sia di decisione sulla quantità di energia prodotta, sia di scelta propositiva in merito alla localizzazione puntuale degli impianti di produzione.


La capacità produttiva, perciò, non è soggetta a vincoli quantitativi ma solo ad un controllo preventivo circa il rispetto di criteri obiettivi, prestabiliti dallo Stato membro tra quelli indicati nella medesima direttiva (sicurezza, ambiente, assetto del territorio, fonte utilizzata).


L’opzione per il sistema autorizzatorio, quindi, in attuazione della suddetta direttiva è stata formalizzata nel nostro ordinamento con il d.lgs. n. 79/1999 – di cui la E.ON. riportava, in parte, gli articoli 1 e 8 – e confermata dalla successiva normativa, di cui al d.l. n. 7/2002, conv. in l. n. 55/2002, al d.l. n. 239/2003, conv. in l. n. 290/2003 e dalla legge delega n. 239/2004, recante “riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia”.


Sosteneva la E.ON. che la legge n. 55/2002 era funzionale a sopperire all’eliminazione del deficit di capacità produttiva di energia che affligge l’Italia e la relativa disciplina, originariamente concepita come temporanea, è stata perpetuata in forza dell’ottavo comma dell’art. 1-sexies della l. n. 239/2004.


Alla luce della normativa vigente, quindi, il legislatore ha predeterminato i criteri in base ai quali rilasciare o negare l’autorizzazione con riguardo ai soli parametri ambientali, sanitari e di tutela del territorio ma non a quelli economico-produttivi sull’attività dei concorrenti.


Riscontrando un deficit di produzione, il legislatore si è quindi preoccupato di incrementare la capacità di produzione, stimolando la concorrenza, per perseguire l’interesse pubblico primario ad usufruire di una quantità idonea di energia, escludendo qualsiasi contingentamento.


Tale conclusione appariva per la E.ON. desumibile anche dal più volte richiamato Accordo tra Governo, regioni, province, comuni, comunità montane del 5 settembre 2002, i cui Allegati A e B, riportati integralmente, incentravano i criteri da osservare in riferimento alla tutela dell’ambiente, della salute umana, della gestione del territorio, senza alcun riferimento alla redditività dei produttori di energia.


Sugli specifici criteri, la società ricorrente incentrava, però, alcune sue doglianze e la E.ON. specificava in proposito che:


a) in relazione ai criteri di cui all’Allegato A, lettere b) e i), sulla necessità di valutare la coerenza delle esigenze di fabbisogno con lo sviluppo della regione interessata alla richiesta, la E.ON. negava che le Regione Piemonte offra energia in misura superiore alla domanda, come desumibile anche dalla lettura del Piano Ambientale Regionale, di cui alla deliberazione del Consiglio regionale n. 351-3642 del 3 febbraio 2003, ove si richiamava un deficit di produzione soddisfatto con un saldo negativo di import-export con l’estero e con altre regioni;


b) in relazione al criterio di cui alla lettera m), la E.ON. evidenziava che esso non dettasse che una semplice facoltà attribuita alle Regioni.


I provvedimenti autorizzatori impugnati, quindi, esaudivano la volontà del legislatore di determinare una piena concorrenza e liberalizzazione nel settore, senza alcuna interferenza di eventuali pregiudizi di redditività nei confronti di impianti già esistenti.


In relazione, poi, alle doglianze relative alla trasmissione e dispacciamento dell’energia, la E.ON. osservava che queste erano riferite ad attività successive alla realizzazione dell’impianto e, quindi, estranee all’autorizzazione oggetto di gravame, riferita alla sola attività di produzione di energia.


Anche l’analisi di tali profili, comunque, ad opinione della E.ON. non modificava le conclusioni raggiunte.


Il richiamato d.lgs. n. 79/1999, infatti, quanto all’accesso alla rete, introduceva tre nuovi soggetti appositamente deputati alla trasmissione e al dispacciamento: il Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale S.p.A. (GRTN), l’Acquirente Unico S.p.A. e il Gestore del Mercato Elettrico S.p.A..


Al primo sono attribuite, in regime di concessione, le attività di trasmissione e di dispacciamento che devono garantire l’accesso alla rete in maniera paritetica e non discriminatoria a tutti gli aventi diritto, a fronte di un corrispettivo determinato secondo criteri di efficienza economica dall’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas, indipendentemente dalla localizzazione geografica degli impianti di produzione e dei clienti finali.


La legge, quindi, tende a garantire condizioni di parità ai fini dell’accesso alla rete, senza discriminazioni nei confronti degli “ultimi arrivati” e senza condizioni di maggior favore per chicchessia.


L’Enel, quindi, sosteneva la E.ON. non poteva e non può pretendere di vantare alcun diritto di priorità nell’utilizzo della rete di trasmissione, né fondare alcuna posizione oligopolistica, laddove la normativa comunitaria, di ispirazione, e quella nazionale, di recepimento, impongono di garantire l’utilizzo della rete ai nuovi prestatori dei servizi a condizioni non discriminatorie, soprattutto nei confronti dei prestatori già presenti sul mercato.


Non è quindi possibile, come sostiene la società ricorrente, subordinare l’ingresso di nuovi competitori all’incremento della rete, tenuto conto che diversi operatori stanno entrando in esercizio sulle linee in questione.


Al Gestore (GRTN) è consentita solo la valutazione tecnica in ordine alle condizioni di sicurezza e di efficienza per i nuovi allacciamenti ma tale attività di valutazione è stata compiuta dal suddetto Gestore, che si è pronunciato favorevolmente nelle tre conferenze di servizi succedutesi, anche in seguito a chiarimenti e integrazioni presentate, a richiesta, dalla medesima E.ON. e dalla Terna S.p.A. che aveva predisposto, sin dal febbraio 2002, il progetto di connessione.


La E.ON. specificava, infine, che la quantità effettiva di energia da immettere sulla rete da parte dei produttori allacciati non dipenderà dai soggetti istituzionali ora richiamati ma dal mercato stesso, in relazione alla richiesta specifica, da evidenziarsi in sede di contrattazione diretta fra produttori e clienti idonei, secondo il sistema della c.d. “borsa dell’energia”, attivata a partire dal 31 marzo 2004, che da luogo ad un sistema regolamentato di compravendita di tale specifico bene idoneo a garantire trasparenza, sicurezza e efficienza, a tutto vantaggio dei consumatori finali.


E’ sulla base delle risultanze di tale sistema di mercato che il Gestore (GRTN) consente ai diversi produttori di immettere energia nella rete di trasmissione nazionale, in relazione al prezzo offerto.


Anche nell’ipotesi di congestione sulla rete elettrica nazionale, ove il mercato viene suddiviso in zone all’interno delle quali, però, il dispacciamento (vale a dire la selezione dei produttori) all’interno della singola zona rimane fondamentalmente determinato dal principio del merito economico (quindi, del prezzo offerto) e dell’efficienza.


Correttamente, quindi, e in coerenza con tale sistema, osservava la E.ON., il Ministero delle Attività Produttive aveva controdedotto alle osservazioni in merito al dispacciamento presentate dall’Enel nella conferenza di servizi del 16 marzo 2004, ricordando che l’immissione in rete sarebbe stata consentita in ragione dell’efficienza produttiva, in rapporto alla domanda di energia elettrica in Italia in un dato momento.


Il pregiudizio lamentato dalla società ricorrente, quindi, appariva alla E.ON. meramente eventuale ed evitabile adattandosi a fornire i giusti prezzi nell’ambito di un confronto concorrenziale.
In ordine al primo motivo di ricorso, che lamentava la mancata comunicazione dell’avvio del procedimento sia in relazione a quello, principale, che ha portato all’autorizzazione “unica”, sia a quello, definito “servente”, di dichiarazione di pubblica utilità, la E.ON. ne rilevava l’infondatezza.


Sotto il primo profilo, la società ricorrente non era destinataria diretta del provvedimento di autorizzazione né doveva intervenire per legge nel suddetto procedimento, per cui non risulta applicabile l’art. 7 l. n. 241/90 nel caso di specie.


Inoltre, la società ricorrente non subiva un pregiudizio, giuridicamente rilevante, dal provvedimento finale, per le ragioni sopra espresse, né era facilmente individuabile, perché i soggetti produttori che utilizzano le linee della rete nazionale che convergono sui nodi di Rondissone e Castelnuovo Scrivia, secondo la prospettazione della stessa società ricorrente, sono molteplici e raggiungono la totalità dei produttori italiani in ordine al dispacciamento dell’energia, per quanto indicato in precedenza.


Inoltre, il procedimento di VIA era stato portato a conoscenza della collettività con le forme di pubblicità sopra ricordate, e quindi la società ricorrente era a conoscenza dell’avvio del procedimento sin dalle sue fasi prodromiche.


Ad ogni modo, la medesima Enel aveva partecipato al procedimento con le deduzioni presentate e esaminate nella conferenza di servizi del 16 marzo 2004, assicurando, così, l’esigenza sostanziale di partecipazione prevista dalla l. n. 241/1990.


Ugualmente in ordine alla procedura di dichiarazione di pubblica utilità le forme di pubblicità previste dalla legge erano state rispettate, con la pubblicazione dell’avviso presso la Prefettura e i Comuni interessati dalle espropriazioni e, persino, con comunicazione diretta all’Enel tramite lettera raccomandata. Anche sotto questo profilo, comunque, la società ricorrente aveva presentato specifiche osservazioni per la conferenza di servizi sopra ricordata, assicurando così la partecipazione sostanziale al procedimento.


Sul terzo motivo di ricorso, la E.ON. rilevava che le affermazioni della società ricorrente erano generiche e apodittiche.


Riguardo alle doglianze sulle opere idrauliche, queste avrebbero dovuto essere presentate in sede di valutazione di impatto ambientale, non essendo pertinenti alla procedura espropriativa. Inoltre la presa d’acqua non è nei pressi dell’opera di restituzione dell’Enel ma sull’altra sponda del canale, a ben 80 metri di distanza.


In ordine al cavo elettrico interrato, anche la E.ON. – come la difesa erariale – osservava che questo non è “ad olio fluido” ma consiste in una terna di cavi unipolari isolati in XLPE.


I cavi di allacciamento, poi, sono stati progettati – su indicazione del GRTN – proprio da Terna S.p.A., società appartenente al gruppo Enel, affinché individuasse le soluzioni tecniche meno onerose per Enel medesima.


Il tracciato attraversa solo per un breve tratto rettilineo i fondi dell’Enel e quest’ultima non spiega per quale ragione i futuri programmi di sviluppo della centrale debbano interessare proprio quella modestissima striscia fra tutti i vasti appezzamenti che essa possiede intorno alla centrale di Leri Cavour.


Né può avere rilevanza l’istanza per la realizzazione di interventi di miglioramento prestazioni del sistema acqua condensatrice presentata dalla società ricorrente solo in data successiva alla chiusura del procedimento, nel mese di novembre 2004, e senza che in precedenza ad essa se ne facesse cenno nelle sue osservazioni.


La E.ON. in conclusione, ricordava di avere sempre comunicato la propria disponibilità ad accordi bonari senza mai ottenere positivi riscontri o proposte di soluzioni alternative.


Con motivi aggiunti notificati in data 15 dicembre 2004, la società ricorrente integrava le proprie doglianze, in relazione alla documentazione depositata in atti dalla Regione Piemonte e dalla E.ON., deducendo:


I. Difetto d’istruttoria sotto vari profili – Violazione del c.d. auto limite amministrativo – Difetto e/o perplessità della motivazione – Violazione sotto altro profilo dell’art. 1, comma 1, d.l. 7/2002.
Osservava la società ricorrente che il Ministero dell’Ambiente, dopo aver ricevuto il primo parere dalla Regione Piemonte, riteneva la necessità della riformulazione del “quadro programmatico”, anche alla luce della deliberazione della Regione Piemonte 23-5028 del 7.1.2002, in ordine alle reali esigenze del fabbisogno energetico e dello sviluppo produttivo del Piemonte e della zona interessata dalla richiesta.


Non risultava, in merito, che tale specifica richiesta sia stata in qualche modo ottemperata nel corso della conferenza di servizi né che tale tematica sia stata successivamente approfondita altrove, nonostante tale lacuna fosse stata evidenziata anche dalla Provincia di Vercelli.


L’autorizzazione finale, quindi, risultava viziata, sia perché in contrasto con l’atto di indirizzo regionale sopra ricordato sia perché risultava disattesa una specifica richiesta di adeguata ponderazione, anche nel decreto di V.I.A., ove non viene toccato il profilo del fabbisogno energetico.


La società ricorrente ribadiva che si sarebbe dovuto effettuare una valutazione complessiva per valutare il livello di sviluppo della rete di trasmissione in relazione al fabbisogno energetico, su scala nazionale, come sollecitato anche dalla Provincia di Vercelli in sede di conferenza di servizi del 10 maggio 2002.


Né era sufficiente il richiamo all’intervenuta “intesa” con la Regione, contenuto nell’autorizzazione impugnata, perché tale risposta appariva soltanto elusiva del problema nonché errata, in quanto, come la Corte Costituzionale aveva già chiarito, l’intesa in questione avrebbe dovuto semmai determinare “l’elenco degli impianti di energia elettrica che sono oggetto di questi speciali procedimenti”.


II. Difetto di motivazione – Contraddittorietà – Travisamento dei presupposti di fatto e di diritto – Violazione del c.d. autolimite amministrativo ed in particolare della delibera di G.R. n. 41-11326 “Procedure per l’espressione dell’intesa regionale nei procedimenti di autorizzazione all’installazione e all’esercizio di impianti termoelettrici di potenza superiore a 300 MW” – Illegittimità dell’intesa espressa dalla Regione con d.g.r. n. 23-12379.


La società ricorrente riscontrava, dal deposito della documentazione in giudizio, la fondatezza delle doglianze espresse con il secondo motivo di ricorso.


In particolare, in merito alle motivazioni addotte in ordine all’incremento della potenza energetica disponibile in relazione alla insufficienza della rete di trasmissione nazionale nel tratto che serve proprio la centrale Enel di Trino, riportando un estratto dal resoconto del verbale della conferenza di servizi del 16 marzo 2004, la società ricorrente lamentava la conclusione cui era pervenuto il M.A.P., secondo la quale sarebbero estranee al procedimento le tematiche legate al congestionamento della rete di trasmissione nazionale.


Ad opinione della società ricorrente, invece, il d.l. n. 7/2002 afferma, all’art. 1, comma 1, che l’autorizzazione deve riguardare, oltre agli impianti, “le opere connesse e le infrastrutture indispensabili all’esercizio degli stessi”, secondo i principi generali già richiamati dall’art. 8, comma 4, lett. a) d.lgs. n. 79/1999 e dall’art. 4 l. n. 880/1973.


Anche l’art. 1, comma 3, d.l. n. 7/2002 cit. richiede un’attività di coordinamento, così come l’art. 6 della Direttiva 96/92/CE impone una valutazione preventiva periodica della capacità di generazione e trasmissione collegabile alla rete, del fabbisogno di dispositivi di interconnessione con altre reti e delle potenziali capacità di trasmissione nonché della domanda di energia elettrica.


La necessità di potenziamento della rete esistente sarebbe, poi, richiesta al fine di evitare eventuali congestioni di rete anche dal piano energetico regionale, come si evincerebbe dall’esame dei criteri di cui all’accordo della Conferenza unificata in data 5 settembre 2002, già richiamata più volte nel ricorso introduttivo.


Tale aspetto, quindi, è stato illegittimamente ritenuto inconferente e non adeguatamente valutato dal Ministero delle Attività Produttive.


La società ricorrente, inoltre, ribadiva che l’auspicato intervento di potenziamento della linea Trino-Lacchiarella, sollecitato anche dal GRTN, non sarà ultimato prima del 2011 e comunque consentirà solo in parte di superare i problemi di congestione del “nodo” di Trino.


Per tale ragione si palesava anche l’illegittimità dell’“intesa” espressa dalla Regione con d.G.R. n. 23-12379, che si fonda unicamente sulla previsione di realizzazione di tale linea Trino-Lacchiarella, in contrasto con la precedente delibera di G.R. 41-11326 con cui, autovincolandosi, l’Amministrazione regionale aveva definito la procedura di “intesa” in questione.


Detta delibera imponeva di tenere conto delle linee revisionali della proposta di piano energetico ambientale regionale e della valutazione relativa alla rispondenza dell’impianto alle esigenze di sviluppo omogeneo e compatibile del sistema elettrico nazionale e regionale.


Tale piano, però, precisava che le linee risultavano già intasate con l’assetto produttivo esistente e che vi era carenza di collegamenti verso altre regioni.


L’intesa come espressa, quindi, ad opinione della società ricorrente, appariva inconciliabile con le precedenti determinazioni dello stesso ente.


Riguardo alla determinazione del M.A.P. in ordine al richiamo al sistema di dispacciamento dell’energia, di cui al d.lgs. n. 79/1999, la società ricorrente riteneva che fosse stata operata una commistione tra istituti giuridici che operano su piani distinti, perché nel caso di specie si individuava un nocumento specifico in capo all’ENEL Produzione S.p.A., nei cui confronti era imposto un vincolo di rete, prima inesistente, che era distinto dal sistema di dispacciamento di merito economico introdotto dal richiamato testo legislativo.


La società ricorrente, quindi, riproponeva stralci del ricorso introduttivo per ribadire la specifica prospettazione, da valutare anche sotto tale peculiare profilo.


Con ulteriori motivi aggiunti depositati in data 5 gennaio 2005, la Enel Produzione s.p.a., anche in relazione alla documentazione depositata in giudizio dalle controparti, proponeva ulteriori motivi aggiunti, lamentando:


III. Eccesso di potere per contraddittorietà tra atti presupposti e autorizzazione finale – Difetto di motivazione – Violazione dell’art. 1 d.l. 7/2002.


La società ricorrente rilevava che anche dalla documentazione depositata in giudizio dalla E.ON. emergeva che, ancor prima della presentazione dell’istanza di autorizzazione, era stato chiesto al GRTN uno studio preliminare di fattibilità di allacciamento alla rete di trasmissione nazionale della realizzanda nuova centrale e che, tale Gestore, aveva prospettato, in attesa del rinforzo dell’area di magliatura della rete di trasmissione, la possibilità di limitazioni anche significative della potenza generata dagli impianti di produzione, con ciò confermando “per tabulas” quanto sostenuto nel secondo motivo di ricorso.


Inoltre, nel corso del procedimento, non risultavano rispettati alcuni aspetti tecnico-giuridici confluiti nella domanda di autorizzazione della E.ON. In particolare, nell’autorizzazione impugnata, non si dava atto dell’accettazione da parte di E.ON. delle condizioni e modalità di allacciamento alla rete imposte dal GRTN in relazione a quanto da questo paventato in ordine alle possibili limitazioni della potenza generata dagli impianti di produzione. Il Ministero delle Attività Produttive aveva, anzi, immotivatamente disatteso tale accertamento, dichiarando che costituivano sovrastrutture indispensabili all’esercizio dell’impianto soltanto i collegamenti con la rete elettrica nazionale di gasdotti e non l’ampliamento della rete di trasmissione come derivava dallo studio di fattibilità del GRTN.


La denunciata insufficienza della RTN, poi, comportava automaticamente la soggezione della centrale ENEL ad un nuovo regime giuridico speciale e penalizzante, che è quello dei c.d. “poli limitati” di cui all’art. 1, sub oo), D.M. 9 maggio 2001.


Se le limitazioni significative prospettate dal GRTN, infine, riguardavano gli impianti di produzione pre-esistenti, l’impugnata autorizzazione avrebbe avuto connotato ablatorio, senza trovare specifico e testuale fondamento nel regime autorizzatorio di cui all’art. d.l. n. 7/2002.


IV Contraddittorietà tra accertamenti presupposti e atto di comunicazione di avvio del procedimento – Violazione dei principi in tema di giusto procedimento – Violazione degli artt. 7 e ss. l. 241/1990 – Violazione dell’art. 1, comma 2, d.l. 7/2002 – Violazione dell’art. 97 Cost. – Violazione e/o falsa interpretazione della l. 2359/1865 (in particolare in relazione ai documenti 1,2,3 E.ON. e 8-11 della Regione Piemonte.


La società ricorrente, richiamando quanto denunciato con il primo motivo di ricorso, in ordine alla omessa comunicazione dell’avvio del procedimento nei suoi confronti, soggetto facilmente individuabile e direttamente inciso e pregiudicato dal rilascio dell’autorizzazione in questione, osservava che tale pregiudizio era stato confermato dallo stesso GRTN nel richiamare le prospettate limitazioni significative della capacità produttiva degli impianti pre-esistenti.


In secondo luogo, in base alla richiesta originaria di Buzzi Unicum s.p.a., cui è subentrata E.ON., il GRTN aveva prospettato due ipotesi di allacciamento alla rete, di cui una prevedeva una nuova stazione di smistamento da inserire in “entra-esce” sulla linea 380kV “Trino-Castelnuovo” ed una – quella poi precelta – che prevedeva l’allacciamento alla stazione elettrica a 380kV di Trino, di proprietà Terna s.p.a.


Sin dal marzo 2002, quindi, era noto che l’Enel sarebbe stata coinvolta nel procedimento di autorizzazione in questione e, in principal modo, nell’individuazione dei beni da espropriare ma solo nel febbraio 2004 si era dato luogo al deposito del piano parcellare degli espropri, impedendo così all’interessata di condizionare efficacemente le scelte da effettuarsi in punto di localizzazione dell’allacciamento, facendo propendere per la soluzione alternativa sopra richiamata che non comportava l’investimento del compendio di proprietà Enel.


Nel caso di specie, quindi, di dichiarazione di pubblica utilità “implicita”, la giurisprudenza aveva chiarito che, ad ogni modo, i destinatari dovevano essere sempre messi in grado di contraddire ai fini di rendere adeguata l’istruttoria.


La comunicazione personale solo al momento del deposito del piano particellare degli espropri appariva, quindi, tardiva ed inutile alla luce del rispetto dei principi generali di cui alla l.n. 241/1990.


In terzo luogo, la comunicazione personale sin dal marzo 2002 avrebbe consentito, con la partecipazione al procedimento della Enel Produzione s.p.a., di esplorare e verificare le possibili sinergie incidentali tra gli insediamenti, desumili come necessarie da una attenta lettura della deliberazione di G. R. Piemonte n. 23-12379 con cui era stata espressa l’”intesa” di cui all’art. 1 d.l. n. 7/2002.


V. Violazione del principio di proporzionalità – Difetto di motivazione ed istruttoria in relazione in particolare ai docc. 1,2 e 3 dell’E.ON.


L’esistenza della su ricordata alternativa all’allacciamento della rete, con una soluzione che non pregiudicava la proprietà Enel, imponeva una adeguata valutazione in ordine al tracciato della linea per pervenire alla soluzione meno pregiudizievole per l’interesse della società ricorrente.


Con la sentenza richiamata in epigrafe questa sezione, pronunciando in via interlocutoria e rigettando le eccezioni proposte dalle amministrazioni resistenti e dalla E.ON., ordinava al Ministero delle Attività Produttive di depositare in giudizio ulteriore documentazione, consistente in:


1) copia della deliberazione della Provincia di Vercelli n. 18368 del 17 aprile 2003 con la quale è stato espresso il parere favorevole e sono state individuate alcune prescrizioni, come richiamata a p. 117 della G.U. su cui è stato pubblicato il decreto dell’11 maggio 2004 oggetto del presente gravame;


2) copia degli accordi volontari intervenuti tra la società E.ON. Italia Produzione S.p.A. e l’Amministrazione provinciale di Vercelli ed otto comuni dell’area interessata dall’insediamento con l’individuazione, tra l’altro, di misure di compensazione e di riequilibrio ambientale, richiamati a p. 118 della G.U. su cui è stato pubblicato il decreto dell’11 maggio 2004 oggetto del presente gravame;


3) copia della “documentazione integrativa del progetto”, allegata alla nota della E.ON. Italia Produzione S.p.A. del 22 agosto 2002 in risposta alla richiesta del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio del 17 giugno 2002.


La nuova udienza di trattazione era fissata, quindi, per il 26 maggio 2005.


L’Amministrazione statale resistente ottemperava in data 22 aprile 2005.


Anche la E.ON. Italia Produzione s.p.a. provvedeva a depositare in giudizio ulteriore documentazione.


Con memoria depositata in prossimità dell’udienza di merito, la medesima società controinteressata evidenziava l’infondatezza del ricorso e dei motivi aggiunti nonché la loro inammissibilità.


Sotto tale ultimo profilo, la E.ON. rilevava che il primo ricorso per motivi aggiunti si basava su atti ampiamente citati nell’autorizzazione impugnata e nell’estratto della valutazione di impatto ambientale e, come tali, conosciuti dalla società ricorrente nella loro effettiva portata, non in un momento successivo alla proposizione del ricorso ma contestualmente allo stesso.


Il secondo ricorso per motivi aggiunti scontava, ad opinione della E.ON. una ulteriore causa di tardività, oltre a quella già prospettata, derivante dall’applicabilità alla controversia dell’art. 23-bis della l.n. 205/2000, in particolare in riferimento al relativo comma 1, lett.b). I relativi atti erano stati depositati in data 20 novembre 2004 e il termine di decadenza spirava trenta giorni dopo, il 20 dicembre 2004, laddove i relativi motivi aggiunti sono stati notificati il 24 dicembre 2004.


Anche la società ricorrente depositava in prossimità dell’udienza di trattazione una memoria in cui insisteva nelle proprie tesi difensive.


All’udienza pubblica del 26 maggio 2005 la causa è stata nuovamente trattenuta in decisione.


DIRITTO


Il Collegio ricorda che tutte le eccezioni preliminari in ordine al ricorso introduttivo sono state esaminate e disattese nella sentenza n. 1029/05, per cui ad essa, sul punto, si rimanda.


Passando, quindi, ad esaminare il merito dei motivi dedotti, il Collegio osserva che, con il primo motivo di ricorso, l’Enel Produzione s.p.a. ha lamentato, in sostanza, di ritenersi destinataria diretta delle conseguenze del provvedimento autorizzatorio impugnato - sia perché proprietaria di terreni oggetto di future espropriazioni in seguito a dichiarazione di pubblica utilità, sia perché ritiene di subire le negative conseguenze dovute ad un congestionamento della rete, una volta entrata a regime la nuova centrale - e quindi di necessitare della comunicazione personale dell’avvio del procedimento, effettuata invece dal Ministero delle Attività Produttive, in data 10 aprile 2002, solo in favore di tutte le amministrazioni pubbliche competenti. Ben tardiva, quindi, si palesava la comunicazione diretta del 25 febbraio 2004, ad opera della E.ON., che non aveva consentito alla Enel Produzione s.p.a. di apportare contributi decisivi per orientare in maniera diversa le scelte dell’Amministrazione sin dall’inizio del procedimento.


Tale conclusione era ribadita con il primo dei motivi aggiunti depositati il 5 gennaio 2005 – e rubricati come quarti motivi aggiunti – secondo cui lo stesso Gestore della rete (GRTN) aveva prospettato nel corso dell’istruttoria la possibilità di limitazioni significative della produzione degli impianti preesistenti, tra cui, appunto, quello dell’Enel Produzione s.p.a. medesima sito in Leri Cavour. Inoltre, lo stesso Gestore aveva prospettato una soluzione alternativa per l’allacciamento della rete, che non avrebbe comportato il collegamento con la stazione elettrica di Trino all’interno della proprietà Enel ma prevedeva la realizzazione di una nuova stazione di smistamento. Se avvisata per tempo, la società ricorrente riteneva che avrebbe potuto fornire ulteriori elementi per privilegiare proprio questa soluzione, evitando così il nocumento alla sua attività futura e rispettando, inoltre, la necessità di dar luogo a tutte le possibili sinergie incidentali tra gli insediamenti, come raccomandate anche dalla Regione Piemonte nel corso dell’istruttoria, esprimendo l’”intesa” di cui all’art. 1 d.l. n. 7/2002.


Attesa la sostanziale convergenza di contenuto, quindi, il Collegio ritiene di esaminare contestualmente il primo motivo di ricorso e il quarto motivo aggiunto (secondo dei motivi aggiunti depositati il 5 gennaio 2005).


L’infondatezza di tali motivi, secondo quanto sarà illustrato in prosieguo, consente di prescindere dall’esaminare l’eccezione di tardività del motivo aggiunto, come sollevata dalla difesa della E.ON nella memoria depositata per l’udienza di merito del 26 maggio 2005.


Esaminando la prospettazione della società ricorrente, quindi, il Collegio rileva che essa ritiene la necessità della comunicazione di avvio del procedimento nei suoi confronti, sin dal marzo 2002, momento di presentazione della domanda di autorizzazione della E.ON. con individuazione del sito prescelto e delle caratteristiche di realizzazione dell’opera, tra cui quelle di allacciamento alla rete.


La società ricorrente fonda le sue doglianze su una triplice serie di motivi: in primo luogo, perché la realizzazione comportava l’espropriazione di terreni di sua proprietà; in secondo luogo, perché la fase istruttoria aveva chiarito che il Gestore della rete aveva palesato la possibilità di limitazioni significative della capacità produttiva degli impianti preesistenti, una volta a regime la realizzanda centrale, e perché questi aveva prospettato anche una ipotesi alternativa di allacciamento alla rete; in terzo luogo, perché la Regione Piemonte aveva sollecitato, esprimendo l’”intesa” di cui all’art. 1 d.l. n. 7/2002, la verifica di tutte le possibili sinergie incidentali tra gli insediamenti produttivi.


Il Collegio rileva che l’art. 7 l.n. 241/1990 prevede che “Ove non sussistano ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento, l’avvio del procedimento stesso è comunicato, con le modalità previste dall’articolo 8, ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti ed a quelli che per legge debbono intervenirvi. Ove parimenti non sussistano le ragioni di impedimento predette, qualora da un provvedimento possa derivare un pregiudizio a soggetti individuati o facilmente individuabili, diversi dai suoi diretti destinatari, l’amministrazione è tenuta a fornire loro, con le stesse modalità, notizia dell’inizio del procedimento”.


Sul punto il Collegio osserva che il principio della partecipazione al procedimento amministrativo di cui alla l.n. 241/1990, anche alla luce delle innovazioni di cui alla legge n. 15/2005, è stato ormai delimitato a sufficienza dalla giurisprudenza, nel senso che il correlato obbligo della previa comunicazione dell’avvio del procedimento, sancito dall’art. 7 l.n. 241/90 cit., è preordinato, quale precipuo, fondamentale canone del “giusto procedimento” a consentire una reale opportunità di partecipazione democratica allo svolgimento dell’attività amministrativa, attraverso l’instaurazione del contraddittorio nei confronti dei soggetti che possono prevedibilmente subire gli effetti diretti e pregiudizievoli di un provvedimento in corso di emanazione, al precipuo scopo di offrire a tutti gli interessati, individuati o facilmente individuabili, la concreta possibilità di esprimere le rispettive ragioni e di sollecitarne la collaborazione, nonché l’eventuale opposizione, su tutti i profili dell’azione amministrativa intrapresa dall’Amministrazione procedente (Cons. Stato, 12.8.04, n.5546).


Chiarito ciò, è necessario verificare se, nel caso concreto, questi presupposti siano riscontrabili nella misura lamentata dalla società ricorrente, alla luce della complessità del procedimento instaurato, degli interessi pubblici e privati coinvolti e dei singoli momenti in cui l’attività della p.a. si è esplicata secondo la struttura procedimentale fissata dalla normativa applicata.


In sostanza, è necessario verificare: a) quali erano i soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale produceva effetti diretti; b) quali erano i soggetti che per legge dovevano intervenire nel procedimento; c) se già al momento della presentazione della domanda di autorizzazione, nel marzo 2002, era possibile facilmente individuare destinatari del provvedimento finale che subivano effetti diretti e pregiudizievoli dalla sua adozione.


Ebbene, sul punto, il Collegio ritiene di non condividere la conclusione della società ricorrente che individua l’Enel Produzione s.p.a. tra tali categorie di soggetti.


Soffermandosi inizialmente sul contenuto sostanziale del provvedimento autorizzatorio impugnato, il Collegio rileva che esso scaturisce dall’applicazione del d.l. n. 7/2002, conv. in l.n. 55/2002, il cui art. 1, comma 1, prevede, in sintesi, che al fine di evitare il pericolo di interruzione di fornitura di energia elettrica su tutto il territorio nazionale e di garantire la necessaria copertura del fabbisogno nazionale, la costruzione e l’esercizio degli impianti di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici, gli interventi di modifica o ripotenziamento delle opere connesse e le infrastrutture indispensabili all’esercizio degli stessi sono dichiarati opere di pubblica utilità e soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dal Ministero delle Attività Produttive. L’art. 1, comma 2, del d.l. cit. chiarisce anche che l’autorizzazione è rilasciata a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano le Amministrazioni statali e locali interessate, che sostituisce le singole autorizzazioni di competenza delle Amministrazioni interessate e degli enti pubblici territoriali.


Premesso ciò, quindi, il Collegio rileva che per quanto indicato supra, sub a), ai fini dell’applicazione dell’art. 7 l.n. 241/1990, i soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti sono quelli che beneficiano dell’autorizzazione unica, vale a dire, quelli che hanno avanzato la richiesta di costruzione ed esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW, essendo l’autorizzazione, come noto, un provvedimento ampliativo della sfera giuridica del richiedente.


Gli effetti diretti dell’autorizzazione, però, si fermano qui, all’ampliamento della suddetta sfera giuridica e non incidono in via immediata su altre posizioni giuridiche.


Come già precisato nella sentenza n. 1029/05 di questa sezione tra le medesime parti, infatti, non può essere revocato in dubbio che il potere autorizzatorio, ampliativo di diritti omogenei altrui, può determinare, a sua volta, una compressione del contenuto dei diritti dei titolari di precedenti provvedimenti ampliativi, quando i campi di intervento sono coincidenti, ma ciò comporta un mero effetto riflesso che può solo legittimare il ricorso al vaglio in sede giurisdizionale di tali nuovi provvedimenti ma non l’obbligo, aggiunge ora il Collegio, di ricevere anche la comunicazione di avvio del procedimento.


E’ stato chiarito, in merito, che l’obbligo di comunicare l’avvio del procedimento amministrativo, previsto in linea generale dall’art. 7 l.n. 241790, non si applica nei confronti dei soggetti che subiscono solo effetti riflessi dal provvedimento emanando e che, pur potendo essere legittimati ad impugnarlo, non sono da considerarsi tecnicamente come suoi destinatari (Cons. Stato, sez.VI, 22.6.04, n. 4444 e sez. IV, 24.10.97, n.1234).


La Enel Produzione s.p.a., poi, non rientrava neanche tra i soggetti che per legge devono intervenire nel procedimento, cui pure l’art. 7, comma 1, l.n. 241/90 cit. impone l’obbligo della comunicazione di avvio.


L’art. 1, comma 2, d.l. n. 7/2002 specifica, infatti, che al procedimento unico in questione partecipano “ le Amministrazioni statali e locali interessate”, intendendo solo queste tra i soggetti che “per legge” devono intervenirvi.


Resta da stabilire, quindi, se Enel Produzione s.p.a. poteva rientrare tra quei soggetti, individuati o facilmente individuabili, cui poteva derivare un “pregiudizio” dal provvedimento autorizzatorio in questione, secondo quanto sopra prospettato sub c).


Ebbene, il Collegio ritiene che anche tale terza ipotesi non sia confacente a quanto lamentato dalla società ricorrente.


L’elemento decisivo per interpretare correttamente la volontà del legislatore nell’espressione dell’obbligo di cui al ricordato art. 7 l. n. 241/90, ad opinione del Collegio, risiede nella nozione di “pregiudizio” ivi richiamata.


Tale norma di legge, infatti, specifica che l’obbligo della comunicazione di avvio è richiesto anche quando dal provvedimento possa derivare un pregiudizio a soggetti individuati o facilmente individuabili, diversi dai diretti destinatari.


Il Collegio ritiene che tale nozione di “pregiudizio” debba essere interpretata, però, in senso stretto e non debba intendersi corrispondente a quella di “interesse”.


Vale a dire, come già rilevato dalla giurisprudenza, che il “pregiudizio” di cui all’art. 7, comma 1, l.n. 241/90 deve essere inteso come un pregiudizio giuridicamente apprezzabile nel contesto dello stesso svolgimento procedimentale (Cons. Stato, sez.V, 26.5.03, n.2852).


Questa giuridica “apprezzabilità” deve essere incardinata, quindi, nel contesto degli interessi primari che trovano dimora nel procedimento e non possono essere confusi con gli interessi, meramente economici e secondari, derivanti in via indiretta dalle conseguenze dell’applicazione nella realtà quotidiana del provvedimento finale e che possono identificarsi con gli interessi dei soggetti privati, nel caso di specie operanti nel medesimo settore economico.


Tali posizioni giuridiche sono posizioni di interesse, che possono avere un collegamento di mero fatto con le conseguenze derivanti dall’adozione del provvedimento finale ma non assurgono a quella “giuridica apprezzabilità” richiesta ai fini dell’applicazione dell’art. 7 l.n. 241/90.


Nel caso di specie, come si evince dalla lettura della norma di cui al d.l. n. 7/2002 cit., l’Enel Produzione s.p.a. risulta un soggetto estraneo al procedimento di autorizzazione unica ivi regolato, per cui non ne subisce alcun pregiudizio giuridico diretto ma a lui derivano unicamente riflessi, di ordine indiretto, attinenti al profilo economico della propria attività, come accade in tutti i soggetti terzi che operano nel settore economico in cui viene rilasciata una autorizzazione (TAR Sicilia-Pa, sez.II, 29.9.03, n.1501). Ciò, però, se legittima tali soggetti all’impugnazione del provvedimento di autorizzazione, come chiarito da questa sezione nella sentenza n. 1029/05 sopra richiamata, non può far pervenire ad inserire tali soggetti addirittura tra tutti coloro che dovrebbero ricevere l’avviso di avvio del procedimento, ai sensi dell’art. 7 l.n. 241/1990. Considerando l’ingente numero di soggetti spesso operanti in tali settori economici, infatti, l’impegno dell’Amministrazione procedente diventerebbe troppo gravoso e i principi di semplificazione ed efficienza, di cui alla medesima l.n. 241/1990, sarebbero contraddittoriamente sacrificati.


Inoltre, come rilevato anche dalla società controinteressata e dall’Amministrazione resistente, non è solo la Enel Produzione s.p.a. a ricevere effetti indiretti dall’autorizzazione della nuova centrale elettrica ma anche molti altri soggetti economici operanti nel settore.


In relazione alla paventata limitazione della capacità di trasmissione, poi, evidenziata nel 2001 dal Gestore della rete e richiamata soprattutto nei secondi motivi aggiunti dalla società ricorrente, risulta dalla documentazione depositata in giudizio che tale limitazione riguarda tutte le linee della rete nazionale che convergono sui nodi di Rondissone e Castelnuovo Scrivia e, quindi, tutti i soggetti produttori che utilizzano le linee della rete nazionale che convergono sui due suddetti nodi. Né la società ricorrente ha fornito alcun principio di prova in ordine alla conclusione per la quale solo la centrale di “Leri Cavour” sarebbe coinvolta dalle paventate limitazioni.


Né la circostanza che, in ipotesi, si era prospettata una soluzione alternativa all’allacciamento alla rete poteva giustificare, quindi, la richiesta di comunicazione dell’avvio del procedimento alla Enel Produzione s.p.a. che aveva, alla pari di altri, un interesse di mero fatto alle modalità di allacciamento in questione. Inoltre, sul punto, l’Enel Produzione s.p.a. non ha precisato in giudizio quale effettivo contributo sul punto avrebbe potuto offrire e perché la soluzione alternativa era da preferire nel rispetto dell’interesse pubblico alla miglior collocazione dell’opera.


Proprio per tale ragione, inoltre, nel caso di specie risulta che comunque la collettività – e per essa anche gli operatori economici del settore – è stata avvisata mediante le pubblicazioni sui quotidiani a diffusione nazionale cui la società proponente ha dato luogo nel corso del medesimo anno 2002, anche in relazione all’istanza di Valutazione di Impatto Ambientale (V.I.A.), dando così modo di diffondere la notizia dell’instaurazione del complesso procedimento amministrativa per la realizzazione della nuova centrale elettrica.


Infine, risulta che l’Enel Produzione s.p.a. abbia comunque dato il suo apporto al procedimento in tempo utile, prima dell’ultima conferenza dei servizi del 16 marzo 2004, e che le sue osservazioni siano state considerate ai fini dell’approvazione del provvedimento finale, anche se non accolte, con sufficiente motivazione, secondo quanto sarà illustrato in prosieguo.


In relazione al secondo profilo rilevato dalla società ricorrente, sulla necessità della comunicazione ex art. 7 l. n. 241/90 per la presenza del correlato procedimento di dichiarazione di pubblica utilità dell’opera, il Collegio concorda con quanto osservato dalle difese dell’Amministrazione e della controinteressata: la procedura di comunicazione della dichiarazione di pubblica utilità, comunque giuridicamente distinta da quella autorizzatoria di cui al d.l. n. 7/2002, non poteva essere posta in essere prima del giudizio favorevole di compatibilità ambientale, intervenuto solo nel gennaio 2004, giudizio che poteva porre specifiche prescrizioni (come in effetti è stato disposto) che mutavano l’originale quadro di intervento prospettato in origine dalla società richiedente.


Una volta chiarita tale successione temporale, il Collegio rileva che solo dopo il 22 gennaio 2004 la proponente E.ON. poteva dare inizio alle procedure relative al conseguimento dei necessari provvedimenti ablatori, e tali procedure sono state correttamente adottate ai sensi della l.n. 2359/1865, non essendo ancora entrato in vigore all’epoca il nuovo t.u. sulle espropriazioni, per cui, sul punto, le doglianze della società ricorrente non appaiono fondate, atteso che, come più volte ribadito anche nel corso dell’istruttoria ed esplicitamente osservato dal Ministero delle Attività Produttive nella conferenza dei servizi del 16 marzo 2004, non risulta che la Enel Produzione s.p.a “…abbia inviato nei tempi previsti le proprie osservazioni anche ai comuni interessati o alla Prefettura di Vercelli, come previsto dalla procedura di cui alla legge 25 giugno 1865. n. 2359 e successive modifiche”.


Riguardo, infine, l’ulteriore profilo di ritenuta necessità della comunicazione dell’avvio del procedimento in ragione di quanto evidenziato dalla Regione Piemonte, in merito alle necessarie sinergie incidentali tra gli insediamenti di “Leri Cavour” e quello autorizzando, il Collegio rileva che tale disposizione, interpretabile come una mera raccomandazione, non comportava l’obbligo di partecipazione al procedimento per la Enel Produzione s.p.a., concretando la richiesta di tali sinergie un mero interesse di fatto della società ricorrente che, per quanto detto in precedenza, non corrisponde al pregiudizio giuridicamente rilevante necessario per imporre la comunicazione di avvio del procedimento di cui all’art. 7 l.n. 241/90.


Con il secondo motivo di ricorso, ripreso tanto nei primi quanto negli ulteriori motivi aggiunti, la società ricorrente contesta che siano stati trascurati dei presupposti di fattibilità ritenuti fondamentali.
Nel ricorso introduttivo, in sintesi, l’Enel Produzione s.p.a. lamentava che la nuova centrale non era compatibile con lo sviluppo della rete di trasmissione nazionale dell’energia elettrica, non essendo stato previsto un proporzionato adeguamento della stessa prima del rilascio dell’autorizzazione unica in questione.


L’immissione dell’energia della nuova centrale sarebbe così confluita sui nodi di Rondissone e Castelnuovo Scrivia, tronco questo già ampiamente saturo per l’energia immessa dalla preesistente centrale di Leri Cavour, dando luogo ad intasamenti e a conseguenze negative sulla produttività del preesistente impianto Enel.


L’autorizzazione impugnata, quindi, non occupandosi di tale aspetto, non aveva considerato le “infrastrutture indispensabili” all’esercizio dell’opera, pure necessari oggetto della stessa, ai sensi dell’art. 1, comma 1, d.l. n. 7/2002 e delle direttive comunitarie del settore, e la centrale E.ON. poteva essere autorizzata solo subordinatamente alla costruzione del tratto di rete ad alta tensione necessario per evitare interferenza, appunto, con la preesistente centrale Enel.


Inoltre, per la società ricorrente, non erano stati adeguatamente considerati i criteri di cui all’accordo della conferenza unificata in data 5 settembre 2002 né erano state illustrate con adeguata motivazione dal M.A.P. le ragioni che avevano spinto ad ignorare le osservazioni indicate dalla medesima Enel Produzione s.p.a. prima dell’ultima conferenza dei servizi tenutasi il 16 marzo 2004, con ciò sacrificando in misura non proporzionata gli interessi privati di cui era portatrice.


Tali prospettazioni sono, poi, state riprese nel primo, nel secondo e nel terzo motivo aggiunto, ove si è insistito nell’evidenziare la sproporzione dell’intervento, che appariva incoerente con le esigenze di fabbisogno energetico e di sviluppo produttivo del Piemonte e della zona interessata e con le tematiche legate alla congestione della rete e al suo sviluppo futuro, ritenuto molto lontano per quanto attualmente progettato.


Anche in tale caso, in relazione alla prospettata inammissibilità e tardività dei motivi aggiunti, il Collegio ritiene che l’infondatezza degli stessi, per quanto si dirà in prosieguo, può far prescindere dall’esaminare l’eccezione.


Procedendo in ordine nell’esame dei suddetti motivi, il Collegio rileva che, nel ricorso introduttivo, l’Enel Produzione s.p.a. lamentava, in primo luogo, che l’autorizzazione impugnata prevede l’ampliamento della stazione elettrica a 380 kV “Trino 2” di proprietà Terna s.p.a. e la realizzazione di un elettrodotto in cavo interrato di circa 1.6 Km per la relativa connessione ma non si occupa di un proporzionato adeguamento della rete di trasmissione nazionale dell’energia, dato che l’attuale assetto della stessa porta a considerare saturo il tronco di linea su cui dovrebbe immettersi il flusso energetico della nuova centrale, perché integralmente occupato da quella immessa dalla centrale Enel di Leri Cavour, con ciò danneggiando direttamente i diritti di quest’ultima, in violazione del principio generale di salvezza dei diritti dei terzi riconosciuto necessario nel rilasciare autorizzazioni di ogni tipo.


L’autorizzazione impugnata, quindi, ha violato lo stesso art. 1, comma 1, d.l. n. 7/2002 perché non ha considerato le infrastrutture indispensabili all’esercizio dell’opera, costituite dall’adeguamento della relativa rete di trasporto ad alta tensione.


Sul punto il Collegio osserva che, nella presente sede di legittimità, le doglianze della società ricorrente devono essere suffragate almeno da un principio di prova per giustificare il richiesto annullamento sotto i profili di manifesta illogicità, irragionevolezza o contraddittorietà, in riferimento alle norme di legge applicate, che unicamente possono essere considerati nella presente sede.


Ebbene, anche a seguito dell’approfondita istruttoria esperita e della documentazione depositata in giudizio, non appare che le doglianze della società ricorrente siano sorrette da adeguato impianto probatorio.


Il Collegio osserva innanzitutto che occorre evidenziare il contesto in cui è stato adottato il procedimento che ha portato all’autorizzazione impugnata. Esso si evince anche dalla lettura del preambolo al d.l. n. 7/2002, secondo il quale: “…Tenuto conto che le attuali previsioni sulla crescita del fabbisogno nazionale di energia elettrica e sulla disponibilità di potenza di generazione segnalano una situazione di imminente incompatibilità con la salvaguardia della sicurezza di esercizio del sistema elettrico, rendendo pertanto necessario il rafforzamento urgente del parco di generazione al fine di evitare crisi ed interruzioni della fornitura di energia; Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di adottare misure per garantire la sicurezza del sistema, evitando interruzioni del servizio e crisi nella fornitura di energia elettrica, anche mediante misure di carattere transitorio, valide per superare l’attuale situazione di emergenza, Considerata, in relazione ai tempi minimi necessari per la realizzazione di nuovi impianti, non più differibile l’adozione di norme per accelerare tali realizzazioni ed assicurare, su tutto il territorio nazionale, la fornitura di un servizio pubblico essenziale, necessario per salvaguardare lo sviluppo economico del Paese, nonché l’attuale livello qualitativo di vita…”.


Ne consegue che era onere della società ricorrente, alla luce dei presupposti di necessità e urgenza illustrati dal legislatore, dimostrare in maniera irrefutabile quanto affermato in ordine all’insufficienza delle linee e dei nodi di trasmissione utilizzabili.


Ebbene, come detto, tale dimostrazione non risulta allo stato degli atti.


In relazione alla congestione dei nodi di Rondissone e Castelnuovo Scrivia, il Collegio rileva che non si evince l’attualità di tale “ingolfamento” dei nodi come prospettata. Se, invece, l’ingolfamento è prevedibile per il futuro, il Collegio ugualmente rileva che sui nodi in questione, come chiarito anche dalla documentazione in atti, insistono ed insisteranno altre centrali di produzione diverse da quelle Enel di Leri Cavour e E.ON. di Livorno Ferraris, con ciò coinvolgendo tutti i soggetti produttori che potranno sì vedere ridotta la portata energetica dei singoli impianti ma ciò per tutti e a beneficio dell’interesse pubblico ad una più razionale ed equilibrata distribuzione della medesima energia per la quale, certamente, seguiranno opere di adeguamento della rete, come d’altro canto evidenziato anche dal Gestore della rete nei suoi interventi nelle tre conferenze di servizi tenutesi.


In assenza della dimostrazione dell’attualità dell’intasamento della rete, quindi, l’autorizzazione rilasciata appare coerente con le premesse al d.l. n. 7/2002 sopra riportate, che fotografavano una situazione di disagio nazionale nella produzione e distribuzione dell’energia che, se non fronteggiata dallo sviluppo del numero degli impianti in tempi brevi, poteva avere ripercussioni negative sullo sviluppo economico del Paese e sull’attuale livello qualitativo di vita.


Si rammenta, in proposito, che il Ministero delle Attività Produttive, proprio in relazione alla questione comunque rappresentata dall’Enel per la conferenza dei servizi del 15 marzo 2004, ha precisato all’interno di tale modulo procedimentale, per quanto riportato nel relativo verbale depositato in giudizio: “ Il MAP rende noto di aver ricevuto per fax in data 15 marzo 2004, una lettera, di pari data, da parte di Enel produzione s.p.a. nella qualità di proprietaria di alcuni terreni interessati dalla procedura di cui sopra, nella lettera sono espresse, tra l’altro, osservazioni critiche al progetto soprattutto con riferimento alle difficoltà di discacciare tutta l’energia prodotta dalla centrale Enel di Leri Cavour una volta realizzate le centrali di Livorno Ferraris e di chiasso. Nel merito il MAP osserva che: - non risulta che l’Enel Produzione S.p.A. abbia inviato nei tempi previsti le proprie osservazioni anche ai Comuni interessati o alla Prefettura di vercelli, come previsto dalla procedura di cui alla legge 25 giugno 1865, n. 2359 e successive modifiche; - il tema del dispacciamento delle centrali, e quindi della asserita conflittualità tra la nuova centrale e quelle esistenti dell’Enel, non rientra tra gli interessi tipici dei proprietari dei terreni che la legge n. 2359/1865 intende tutelare e pertanto risulta, in tale sede, impropriamente avanzata; in ogni caso, si osserva che il dispacciamento dell’energia prodotta dalle varie centrali, compatibilmente con i vincoli di rete, sarà, come per tutto il resto del territorio nazionale, determinato dall’ordine di merito previsto dal d.lgs. n. 79/99, all’interno del funzionamento del mercato elettrico e delle modifiche a detto ordine determinate dal GRTN; sempre sullo stesso tema, il GTRN ha già previsto, come detto precedenetemente, i necessari rinforzi di rete nel proprio piano di sviluppo.”.


Nell’ambito della medesima conferenza dei servizi, infatti, il GRTN aveva ritenuto di confermare “…il parere espresso nella seconda riunione della Conferenza di Servizi, specificando che la connessione in cavo è a carico del proponente e che lo sviluppo della rete nazionale è limitato all’ampliamento della stazione esistente di Trino. Sottolinea poi l’importanza della realizzazione della linea Trino-Lacchiarella, prevista dal piano triennale di sviluppo della rete, informa che per la stessa sono stati individuati con la Regione Piemonte otto possibili corridoi di transito, mentre ciò non è ancora avvenuto con la Regione Lombardia.”.


Nella precedente conferenza dei servizi, tenutasi il 21 febbraio 2003, il rappresentante del GRTN aveva specificato che: “…1. l’interramento dell’elettrodotto di collegamento della centrale alla stazione elettrica di Trino (prescritto nella Delibera della Regione Piemonte) esaurisce le problematiche relative all’interferenza dell’elettrodotto stesso con la linea ‘Rondissone-Trino’ (punto 4) dell’intervento contenuto nel precedente verbale della Conferenza di servizi; 2. dall’esame della documentazione integrativa relativa alla stazione di Trino, elaborata dalla società TERNA (titolare della stazione stessa) per conto del proponente, si evince la necessità di un ampliamento della sezione a 380 kV (in esecuzione blindata) e corrispondentemente dell’edificio contenente la sezione stessa e che tale ampliamento rientra negli attuali confini di proprietà della stazione. In ogni caso, fatta salva l’esigenza (da verificare in fase di progetto esecutivo) di rispondenza alle ‘Regole tecniche di Connessione’ disponibili sul sito web del GRTN, comunica, per il progetto d’integrazione presentato, il proprio parere di rispondenza alla soluzione di allacciamento ed ai requisiti tecnico-funzionali prescritti”.


In precedenza, nella prima conferenza di servizi del 10 maggio 2002, lo stesso rappresentante del GRTN aveva chiarito: “… - di vedere favorevolmente l’iniziativa, stante l’attuale necessità di installare nuova potenza di generazione in Piemonte regione deficitaria per bel il 42% del proprio fabbisogno; - che nella regione Piemonte sono previsti rinforzi di rete con riferimento sia alle importazioni che alle linee interne (in particolare è prevista la realizzazione della linea Trino 2-Lacchiarella); - che la E.ON Italia Produzione S.p.A. deve dare conferma al GRTN della proposta soluzione di allacciamento ai sensi della recente delibera n. 50/02 dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas; - che se dovesse essere portata avanti la soluzione prevista nel progetto di connessione alla rete dovrebbe essere spostata una campata della linea Rondissone-Trino di proprietà TERNA alla quale, quindi, andranno cedute le relative autorizzazioni; - che è necessario verificare con la TERNA la disponibilità dello spazio necessario per l’allacciamento nella sottostazione di Trino 2”.


A ciò si aggiunga che dall’esame del Programma di Sviluppo della Rete Nazionale di Trasmissione lo stesso Gestore, nel 2003, aveva previsto subito, tra il dicembre 2004 e il gennaio 2005, la realizzazione di tre linee utili per vettoriare l’energia proveniente dalle centrali di Leri Cavour e di Livorno Ferraris. Il successivo programma illustrato nel corso del 2005, inoltre, prevede il completamento della linea entro il 2008 e il suo raddoppio.


Come si nota, nel corso dell’istruttoria, espletata anche mediante tre conferenze di servizi, il rappresentante del GRTN non ha mai prospettato il rischio paventato dalla società ricorrente in ordine alla insufficienza della rete ma, anzi, ha rilasciato parere positivo in ordine alla realizzazione, ben conscio che tale intervento era da inquadrare nell’ambito di un più ampio programma di rinnovo e rideterminazione del quadro energetico nazionale che trovava inizio con l’autorizzazione alla centrale in questione, ma si sarebbe esplicato, nel tempo, con un numero di interventi di settore proporzionato e riguardante l’intero territorio nazionale.
Alla luce di quanto riportato, quindi, non si evince quanto prospettato dalla società ricorrente in ordine alla ritenuta eccedenza di produzione di energia elettrica da parte della Regione Piemonte, laddove lo stesso GRTN dichiara che tale Regione è deficitaria per il 42% del proprio fabbisogno né in ordine alla ritenuta insufficienza dei corridoi di transito, laddove il GRTN precisa che per il Piemonte sono stati individuati otto possibili corridoi di transito per lo sviluppo della rete evidenziato dalla realizzazione, comunque prevista per il 2008, della linea Trino-Lacchiarella.


Né si evince che la Regione Piemonte o la Provincia di Vercelli – anche in seguito alla documentazione depositata in giudizio in seguito alla sentenza n. 1029/05 – abbiano mai ritenuto come presupposto indispensabile il previo adeguamento della rete, dato che la Regione Piemonte ha espresso l’“intesa” cui era chiamata senza prescrizioni sul punto e così pure la Provincia di Vercelli ha sottoscritto un accordo volontario con la E.ON. Italia Produzione s.p.a. che non si occupa delle questione riguardanti l’adeguamento della rete in questione.


Ebbene, ai fini del presente giudizio di legittimità, il Collegio non riscontra, quindi, i vizi lamentati sotto tale profilo dalla società ricorrente, essendo sufficiente, per la scelta di merito operata dall’Amministrazione, quanto risultato dall’approfondita istruttoria e in relazione al generale quadro programmatico di rideterminazione dell’intero settore nazionale dell’energia.


Ugualmente infondata, quindi, appare la doglianza della società ricorrente incentrata sull’osservazione che l’autorizzazione impugnata non si occupava delle “infrastrutture indispensabili” per l’esercizio dell’impianto, individuando queste nell’ampliamento della rete, secondo quanto evidenziato anche nel primo e nel secondo motivo aggiunto.


In realtà, osserva il Collegio, l’ampliamento della rete è previsto ma fa parte di un quadro di sviluppo più ampio e generale in corso di realizzazione.


Le infrastrutture indispensabili di cui all’art. 1, comma 2, d.l. n. 7/2002, quindi, non possono che essere quelle strettamente legate all’opera autorizzanda e coincidono con quelle relative alla connessione dell’impianto all’esistente stazione elettrica di Trino 2, al metanodotto di collegamento e alle opere di presa e restituzione delle acque dell’impianto, di cui alle lettere b), c) e d) del decreto MAP dell’11 maggio 2004 nella presente sede impugnato.


Né le prospettate limitazioni, anche significative, della potenza generata dagli impianti di produzione, di cui alla nota del 14 marzo 2001 del GRTN, come richiamate nel terzo motivo aggiunto, appaiono elemento idoneo ad impedire il rilascio dell’autorizzazione impugnata nella presente sede, sia perché, nel corso delle successive conferenze di servizi, lo stesso GRTN non ha richiamato tali circostanze come impeditive della realizzazione, ritenendo sufficiente l’espansione della rete anche in prospettiva futura, sia perché la prospettazione di tali limitazioni era rivolta, nella nota in questione del 14 marzo 2001, alla medesima richiedente Buzzi Unicem s.p.a. (poi E.ON. Italia produzione s.p.a.), con ciò precisando che la nuova opera doveva risentire, unitamente a tutte le altre già autorizzate, della conseguenze di una rideterminazione generale del quadro di trasmissione e dispacciamento locale.


Non risulta colpita, quindi, da tali prospettate limitazioni, una unica operatrice del settore, che la società ricorrente individua in se stessa, ma tutti i soggetti economici operanti in esso, nell’ottica, però, di un razionale riassetto del quadro energetico, non più rinviabile per quanto sinteticamente richiamato nel preambolo del d.l. n. 7/2002 sopra riportato.


Ciò coincide, inoltre, con quanto richiamato sia dalla difesa erariale sia dalla controinteressata in ordine al nuovo assetto del settore energetico elettrico, di cui al d.lgs. n. 79/1999 in attuazione dei principi di cui alla Direttiva 96/92/CE, confermata dalla Direttiva 2003/54/CE, che ha sostanzialmente liberalizzato l’attività di produzione dell’energia elettrica, creando il Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale, cui sono concesse le attività di trasmissione e dispacciamento nel rispetto unicamente dei principi di imparzialità, trasparenza e neutralità, garantendo così a tutti i soggetti operanti nel settore l’immissione di energia nella rete gestita da un soggetto indipendente, mediante meccanismi appositi e oggettivi (c.d. “borsa elettrica”).


Non vi sono, quindi, diritti di priorità nell’accesso alla rete né situazioni consolidate di usufrutto della stessa ma ogni soggetto del settore, anche preesistente, entra in un nuovo mercato liberalizzato di competizione in cui tutti usufruiscono delle medesime regole.


Sulla base di tali premesse, quindi la struttura legislativa vigente, di cui al d.l. n. 7/2002, conv. in l.n. 55/2002, esprimendo un quadro confermato definitivamente dal d.l. 29 agosto 2003, n. 239, conv. in l. 27 ottobre 2003, n. 209 e dalla l. 23 agosto 2003 2004, n. 239, ha previsto che l’autorizzazione alla realizzazione ed esercizio di centrali elettriche è rilasciata su presupposti legati unicamente a parametri ambientali, sanitari e di tutela del territorio – come avvenuto nel caso di specie, secondo il contenuto del decreto ministeriale di autorizzazione dell’11 maggio 2004 e le relative prescrizioni – ma non sugli effetti economici nei confronti degli altri operatori di mercato, che non vantano diritti specifici in argomento nel contesto della introdotta liberalizzazione.


Anche sotto questo profilo, quindi, non appaiono confacenti i richiami della società ricorrente alla giurisprudenza, che riconosce la salvezza di diritti di terzi nel rilascio di autoirizzazione, perché i profili evidenziati nel ricorso e nei motivi aggiunti non sono inerenti a diritti riconoscibili alla Enel produzione s.p.a. nel senso da lei prospettato.


Con il terzo motivo di ricorso, la società ricorrente lamentava la carenza di motivazione in ordine alla localizzazione dell’opera, in particolare: a) in relazione al percorso di un cavo ad olio fluido interrato in aree di proprietà Enel, vitali per i futuri programmi di sviluppo dell’insediamento produttivo di Leri Cavour, b) all’opera di presa dell’acqua, la cui costruzione comprometterebbe la funzionalità dell’opera di scarico Enel, con pregiudizio per la continuità dell’esercizio dell’impianto di Leri Cavour, secondo quanto rappresentato dai suoi rilievi espressi nel corso del procedimento, con aggravio del sacrificio imposto e sproporzione tra mezzi e fine perseguito.


Sul punto il Collegio osserva che, nuovamente, la società ricorrente non fornisce un principio di prova idoneo a surrogare le sue doglianze.


Premesso che è emerso nel corso del giudizio che il cavo di cui al punto a) non è a “olio fluido” ma di altro tipo, non è stato chiarito dalla società ricorrente quali suoi vitali programmi di sviluppo sarebbero limitati dall’esecuzione del suddetto collegamento, tenendo conto il tracciato appare interamente interrato e che, comunque, esistono infrastrutture preesistenti, quali strade di raccordo e linee aree a 380 kV, che ragionevolmente impediscono sviluppi territoriali della centrale di Leri Cavour.


In relazione alla doglianza sub b), il Collegio osserva che la difesa erariale ha chiarito che il progetto è stato redatto in accordo con l’ente gestore della rete idrografica di interesse e che l’opera di presa in questione è posta ad una significativa distanza dall’opera di scarico della centrale della società ricorrente, sulla sponda sud del c.d. “canale Magrelli”, opposta a quella di interesse della Enel Produzione s.p.a.


Alla luce di tali premesse oggettive, riscontrabili nella documentazione depositata in giudizio, non si evince quali conseguenze così incuranti dell’interesse privato della società ricorrente siano state individuate dalla scelta di cui all’autorizzazione impugnata né la Enel Produzione s.p.a. fornisce ulteriori elementi a confutazione delle osservazioni sopra riportate.


Alla luce di quanto illustrato, quindi, il ricorso e i motivi aggiunti devono essere rigettati.


Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.


P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte – Sezione 2^, rigetta il ricorso e i motivi aggiunti in epigrafe.


Condanna la società ricorrente a corrispondere le spese di giudizio nella misura di euro 1.000 per ciascuna delle altre parti costituite.


Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.


Così deciso in Torino, nella camera di consiglio del 26 maggio 2005, con la partecipazione dei signori magistrati:


Giuseppe Calvo Presidente


Ivo Correale Referendario, estensore


Giorgio Manca Referendario


Il Presidente                             L’Estensore


f.to Calvo                                 f.to Correale

 

 


Il Direttore Segreteria II Sezione                                                                             Depositata in Segreteria a sensi di
f.to Ruggiero                                                                                                         Legge il 17 SETTEMBRE 2005
 

                                                                                                                            Il Direttore Segreteria II Sezione

                                                                                                                                        f.to Ruggiero
 

M A S S I M E

Sentenza per esteso

 

1) Pubblica amministrazione – Impianti di energia elettrica – D.L. 7/2002 conv. in L. 55/2002 – Procedimento autorizzatorio – L. 241/1990 – Soggetti nei confronti dei quali il provvedimento è destinato a produrre effetti diretti, ai fini della comunicazione di avvio del procedimento – Individuazione. Il d.l. n. 7/2002, conv. in l.n. 55/2002, chiarisce le procedure autorizzatorie per la costruzione e l’esercizio degli impianti di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici, nonché delle opere connesse e delle infrastrutture indispensabili all’esercizio degli impianti in questione (procedimento unico, al quale partecipano le Amministrazioni statali e locali interessate, che sostituisce le singole autorizzazioni di competenza delle Amministrazioni interessate e degli enti pubblici territoriali). Ai fini dell’applicazione dell’art. 7 l.n. 241/1990, i soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti sono quelli che beneficiano dell’autorizzazione unica, vale a dire, quelli che hanno avanzato la richiesta di costruzione ed esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW, essendo l’autorizzazione, come noto, un provvedimento ampliativo della sfera giuridica del richiedente. Il potere autorizzatorio, ampliativo di diritti omogenei altrui, può determinare, a sua volta, una compressione del contenuto dei diritti dei titolari di precedenti provvedimenti ampliativi, quando i campi di intervento sono coincidenti, ma ciò comporta un mero effetto riflesso che può solo legittimare il ricorso al vaglio in sede giurisdizionale di tali nuovi provvedimenti ma non l’obbligo di ricevere anche la comunicazione di avvio del procedimento. Pres. Calvo, Est. Correale – E.N.E.L. Produzione s.p.a. (Avv. Yeuillaz e Vaccari) c. Ministero delle Attività Produttive (Avv. Stato) e Regione Piemonte (Avv. Maina) - T.A.R. PIEMONTE, Sez. II – 17 settembre 2005, n. 2831

2) Pubblica amministrazione – Settore energetico – Nuovo assetto – Liberalizzazione – Autorizzazione alla realizzazione ed esercizio di centrali elettriche – Effetti economici nei confronti di atri operatori di mercato – Rilevanza – Esclusione. Il nuovo assetto del settore energetico, di cui al d.lgs n. 79/1999 in attuazione dei principi di cui alla Direttiva 96/92/CE, confermata dalla Direttiva 2003/54/CE, ha liberalizzato l’attività di produzione dell’energia elettrica, creando il Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale, cui sono concesse le attività di trasmissione e dispacciamento nel rispetto unicamente dei principi di imparzialità, trasparenza e neutralità, garantendo così a tutti i soggetti operanti nel settore l’immissione di energia nella rete gestita da un soggetto indipendente, mediante meccanismi appositi e oggettivi (c.d. “borsa elettrica”). Non vi sono, di conseguenza, diritti di priorità nell’accesso alla rete né situazioni consolidate di usufrutto della stessa ma ogni soggetto del settore, anche preesistente, entra in un nuovo mercato liberalizzato di competizione in cui tutti usufruiscono delle medesime regole. Sulla base di tali premesse, la struttura legislativa vigente, di cui al d.l. n. 7/2002, conv. in l.n. 55/2002, esprimendo un quadro confermato definitivamente dal d.l. 29 agosto 2003, n. 239, conv. in l. 27 ottobre 2003, n. 209 e dalla l. 23 agosto 2003 2004, n. 239, ha previsto che l’autorizzazione alla realizzazione ed esercizio di centrali elettriche è rilasciata su presupposti legati unicamente a parametri ambientali, sanitari e di tutela del territorio, ma non sugli effetti economici nei confronti degli altri operatori di mercato, che non vantano diritti specifici nel contesto della introdotta liberalizzazione. Pres. Calvo, Est. Correale – E.N.E.L. Produzione s.p.a. (Avv. Yeuillaz e Vaccari) c. Ministero delle Attività Produttive (Avv. Stato) e Regione Piemonte (Avv. Maina) - T.A.R. PIEMONTE, Sez. II – 17 settembre 2005, n. 2831

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