Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
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T.A.R. PIEMONTE, Sez. II - 17 settembre 2005, n. 2831
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Sent. n. 2831
Anno 2005
R.g. n. 1385
Anno 2004
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte – 2^ Sezione – ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 1385/2004 proposto da ENEL PRODUZIONE S.p.A., con sede in
Roma, viale Regina Margherita n. 125, in persona dell’avv. Eugenio Vaccari,
nella sua qualità di procuratore e legale rappresentante della società,
rappresentata e difesa dall’avv. Marco Yeuillaz e dall’avv. prof. Guido Greco ed
elettivamente domiciliata in Torino, via Maria Vittoria n. 6, presso lo studio
del primo,
contro
- il Ministero delle Attività Produttive, in persona del Ministro p.t.,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Torino,
presso cui domicilia in corso Stati Uniti n. 45,
- la Regione Piemonte, in persona del Presidente p.t. della Giunta Regionale,
rappresentata e difesa dall’avv. Pier Carlo Maina ed elettivamente domiciliata
presso lo stesso in Torino, piazza Castello n. 165,
e nei confronti
della E.ON. Italia Produzione S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t.,
rappresentata e difesa dagli avv.ti Marco Weigmann, Claudio Piacentini e Claudio
Vivani ed elettivamente domiciliata presso il loro studio in Torino, corso Duca
degli Abruzzi n. 15,
per l’annullamento
dell’autorizzazione rilasciata in favore della società E.ON. Italia Produzione
S.p.A. “alla costruzione e all’esercizio: a) di un impianto di produzione di
energia elettrica a ciclo combinato, costituito da due turbine a gas ed una
turbina a vapore, della potenza elettrica complessiva di circa 800 MW e della
potenza termica immessa di circa 1.400 MW, da ubicare nel territorio del Comune
di Livorno Ferraris, provincia di Vercelli; b) della connessione dell’impianto
di cui alla lettera a) all’esistente stazione elettrica a 380 kV “Trino 2” di
proprietà Terna S.p.A., mediante l’ampliamento della citata stazione e la
realizzazione di un elettrodotto in cavo interrato di circa 1.6 km, interessando
il territorio dei Comuni di Livorno Ferraris e Trino Vercellese; c) di un
metanodotto di collegamento, di circa 0.6 km, dall’impianto di cui alla lettera
a) al punto di derivazione dell’esistente metanodotto della SNAM Rete Gas S.p.A.,
interessando il territorio dei Comuni di Livorno Ferraris e Trino Vercellese; d)
delle opere di presa e restituzione delle acque dell’impianto di cui alla
lettera a), della lunghezza di circa 0.65 km, interessando il territorio dei
Comuni di Livorno Ferraris e Trino Vercellese”, di cui ai Decreti in data 11
maggio e 27 maggio 2004 del Direttore generale, preposto alla Direzione Generale
per l’energia e le risorse minerarie presso il M.A.P. (pubblicati in G.U. del 5
giugno 2004); di ogni altro atto, provvedimento e/o delibera ad essa
presupposto, connesso o conseguente, ivi compresi in particolare e per quanto
occorrer possa: i verbali (sconosciuti) della conferenza di servizi, relativi
alle sedute tenutesi in data 10 maggio 2002, 21 febbraio 2003 e 16 marzo 2004 e
contenenti la procedura de qua; la deliberazione (sconosciuta) della Provincia
di Vercelli n. 18368 del 17 aprile 2003, con la quale è stato espresso parere
favorevole e sono state individuate alcune prescrizioni; il decreto n. DEC/DSA/2004/00022
del 22 gennaio 2004 (pubblicato per estratto in G.U. 5 giugno 2004, assieme con
l’autorizzazione qui impugnata); la (sconosciuta) deliberazione n. 23-12379 del
26 aprile 2004 della Giunta Regionale del Piemonte, con la quale è stata
espressa l’intesa di cui alla legge 9 aprile 2002, n. 55, sulla realizzazione
dell’iniziativa); con la specificazione che l’impugnativa di cui sopra concerne
ogni profilo, ivi compresi. A mero titolo esemplificativo, la dichiarazione di
pubblica utilità delle opere autorizzate, che da essa scaturisce, nonché
l’effetto di variante urbanistica, di cui all’art. 1, commi 1 e 3, D.L. 7
febbraio 2002 n. 7 (convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, L. 9
aprile 2002, n. 55).
Visti il ricorso con i relativi allegati;
Visti l’atto di costituzione in giudizio del Ministero delle Attività Produttive
e la relativa produzione documentale;
Visti l’atto di costituzione in giudizio della E.ON. Italia Produzione S.p.A. e
la relativa produzione documentale;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Piemonte e la relativa
produzione documentale;
Visti i motivi aggiunti depositati dalla società ricorrente in data 17 dicembre
2004;
Visti gli ulteriori motivi aggiunti depositati dalla società ricorrente in data
5 gennaio 2005;
Vista la sentenza di questa sezione n. 1029 del 15 aprile 2005;
Viste le ulteriori produzioni documentali e le memorie illustrative depositate
dalle parti;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore, alla pubblica udienza del 26 maggio 2005, il Referendario avv. Ivo
Correale;
Uditi gli avv.ti G. Greco e M. Yeuillaz per la società ricorrente, l’Avvocato
dello Stato G. Carotenuto per l’Amministrazione resistente, l’avv. C. Vivani per
la controinteressata E.ON. Italia Produzione S.p.A. e l’avv. G. Scollo, su
delega dell’avv. P.C. Maina, per la Regione Piemonte;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso, notificato in data 17-18 settembre 2004, l’Enel Produzione S.p.A.
ripercorreva l’“iter” che aveva contraddistinto il procedimento che era sfociato
nell’adozione dei provvedimenti indicati epigrafe.
La società ricorrente evidenziava che la comunicazione di avvio del procedimento
era stata effettuata, nei suoi confronti, quando lo stesso si avviava ormai alla
conclusione. Considerato, infatti, che la relativa istanza di autorizzazione era
stata presentata in data 26 marzo 2002, che due conferenze di servizi si erano
tenute in date 10 maggio 2002 e 21 febbraio 2003 e che la procedura di VIA si
era conclusa con decreto del gennaio 2004, la Enel Produzione S.p.A. evidenziava
che aveva partecipato al procedimento quando questo era ormai sostanzialmente
concluso e quando il suo apporto non avrebbe comunque potuto incidere in alcun
modo sull’esito dello stesso.
La medesima, comunque, aveva allo scopo sottoposto all’attenzione sia del
Ministero delle Attività Produttive sia della società E.ON. Italia Produzione
S.p.A., due note, rispettivamente in date 15 marzo e 19 marzo 2004.
In esse si evidenziava, da un lato, la penalizzazione della produzione della
centrale ENEL di Trino Vercellese, che conseguirà automaticamente e
necessariamente quando il nuovo impianto autorizzato entrerà in funzione a causa
dell’insufficienza della rete di trasmissione; dall’altro lato, la futura
espropriazione di aree di proprietà ENEL che determinerà, così come prospettata,
ripercussioni negative e gravi sui programmi di sviluppo della preesistente
centrale ENEL, oltre che immediati disagi operativi.
In ordine al primo aspetto, la società ricorrente evidenziava che per
l’immissione sul mercato dell’energia prodotta dalle centrali occorre
un’adeguata rete di trasporto. All’uopo è destinata la rete di trasmissione
nazionale, definita dall’art. 2, comma 2, d.lgs. n. 79/1999, come “il complesso
delle stazioni di trasformazione e delle linee elettriche di trasmissione ad
alta tensione sul territorio nazionale gestite unitariamente” dal Gestore di cui
al successivo art. 3.
Rilevava la società ricorrente che tale infrastruttura risultava oltremodo
carente, soprattutto nelle regioni del nord Italia, ove ad una abbondanza di
capacità produttiva non corrisponde una proporzionata capacità di trasporto
dell’energia prodotta, tant’è che il Ministero delle Attività Produttive ha
previsto, al riguardo, ampi investimenti nel medio-lungo termine, finalizzati
proprio in considerazione di tale “deficit” di trasporto.
La dedotta insufficienza si riscontra, ad opinione della società ricorrente, in
particolar modo nell’area geografica interessata dalla contestata realizzazione,
ove la preesistente centrale di Trino (con potenza nominale pari a 692 MW)
immette l’energia che produce, tramite l’omonima stazione di proprietà Terna
S.p.A., sull’unica linea a 380 kV che interconnette fra loro i due nodi di rete,
di Rondissone e Castelnuovo Scrivia.
Nell’attuale assetto delle rete elettrica, dunque, sostiene la società
ricorrente che la capacità di vettoriamento dell’energia prodotta dalla centrale
di Trino è già critica: infatti nell’ipotesi di “fuori servizio” di una delle
linee di trasporto verso l’area di carico di Milano la potenza erogabile della
centrale viene dimezzata.
Tale criticità attuale sarebbe confermata dai programmi di sviluppo della rete
elettrica di trasmissione, che prevedono ben tre nuove linee:
a) l’elettrodotto a 380 kV “Turbino-(Rho) Bovisio”, da realizzarsi non prima del
2006, che “consentirà di superare i limiti di transito sul sistema elettrico
lombardo e le limitazioni di produzione di centrali elettriche nell’area,
contribuendo a garantire l’esercizio in sicurezza della rete di trasmissione
nell’area di Milano e favorendo il trasporto di energia dal Piemonte alla
Lombardia”;
b) l’elettrodotto a 380 kV “Trino – Lacchiarella”, realizzabile ad opinione
della società ricorrente non prima del 2011;
c) l’elettrodotto a 380 kV “Voghera la Casella”, anche esso non realizzabile
prima del 2011.
Anche la costruzione delle due linee indicate sub a) e c), però, secondo la
società ricorrente, non consentirà di smaltire tutta la potenza che si
affaccerebbe nel “nodo” di Trino con l’ingresso della nuova centrale E.ON.,
senza mettere a rischio la sicurezza della rete stessa.
Il relativo criterio di sicurezza, infatti, utilizzato per la gestione della
rete italiana e di quelle europee – cui si può derogare solo in caso di
emergenza e comunque per un limitatissimo periodo di tempo – prevede che a rete
integra l’allocazione sul territorio dei gruppi di produzione (le centrali)
debba essere effettuata in maniera tale che in caso di disservizi e di c.d.
“andata in fuori servizio” di uno qualsiasi degli elementi di rete (tratti di
linea elettrica) non determini condizioni di esercizio critiche su nessuno dei
rimanenti elementi.
Anche con la costruzione delle due nuove linee sopra richiamate, la condizione
sarebbe tale, ad opinione della società ricorrente, che nel caso di disservizi
il restante nodo di Rondissone sopporterebbe a mala pena il transito della
potenza generata dalla sola centrale ENEL di Trino.
Solo non prima del 2011, con la realizzazione della nuova linea
Trino-Lacchiarella si potrebbero superare, in parte, questi inconvenienti.
A ciò si aggiunga che risultano in fase di messa in esercizio altre centrali che
produrranno energia da immettersi, già alla fine del corrente anno (2004), sui
due nodi estremi di Rondissone e Castelnuovo Scrivia, quali le centrali Edipower
di Chivasso, la centrale Enipower di Ferrera-Erbognone, la centrale di Voghera
Energia e, probabilmente, anche quella di Moncalieri dell’AEM Torino; risultano,
inoltre, autorizzate dal Ministero delle Attività Produttive, nella stessa zona,
le centrali di Leinì, di Piemonte Energia S.p.A., e di Settimo Torinese, di
Edison Energia S.p.A., mentre risultano già avviate le procedure di VIA per le
realizzande centrali di Morano sul Po (AL) di Morano Energia s.r.l. (800 MW), di
Crescentino (VC) di Edison S.p.A. (400 MW) e di Magliano Alio (CN) di ATEL
S.p.A. (110 MW).
L’inserimento nella stazione di Trino anche della potenza generata dalla
centrale E.ON. determinerà la costituzione di un c.d. “polo limitato”, che
consentirà il funzionamento dei due impianti solo a potenza ridotta,
ottimisticamente non superiore alla metà di quella nominale delle due centrali,
globalmente considerate.
La realizzazione della centrale E.ON., come assentita, a detta della società
ricorrente, procurerà in capo alla centrale ENEL di Trino Vercellese un
gravissimo danno economico, stimato attorno ai 20 milioni di euro all’anno, per
i primi 4-5 anni ed in misura poco inferiore negli ulteriori anni a seguire, con
intuibili ricadute anche sul piano occupazionale.
Ciò, specificava la società ricorrente, non in relazione al fisiologico danno
legato all’aumento di concorrenza nel settore della produzione di energia ma per
la mancanza di coordinamento con lo sviluppo della rete di trasmissione che si
ripercuoterà specificamente, direttamente ed esclusivamente in capo alla sola
ENEL Produzione, che si vedrà costretta a limitare drasticamente la sua
produzione di energia, nonostante sia stata autorizzata per una considerevole
potenza, pari a 700 MW con decreto del MICA del 28 giugno 1991.
Di tali prospettazioni, pure introdotte nel procedimento dall’ENEL Produzione,
le Autorità competenti, lamentava la società ricorrente, non si erano date
carico, limitandosi il decreto finale di autorizzazione, oggetto del presente
gravame, ad asserire che “il contenuto delle osservazioni sollevate da Enel
Produzione S.p.A. concerne aspetti che sono stati valutati nella riunione
conclusiva della conferenza di servizi”.
La società ricorrente, però, affermava di non rinvenire gli argomenti adoperati
per superare le obiezioni puntualmente da lei mosse.
Sulla base di non meglio specificate “notizie informali”, l’Enel Produzione
S.p.A. faceva presente, inoltre, che il problema del congestionamento della rete
nei nodi di Trino, Rondissone, Castelnuovo – nei termini, all’uopo indicati -
non era minimamente revocato in dubbio, essendo stato esso segnalato dallo
stesso soggetto preposto alla gestione della rete (il GRTN), ma che era prevalsa
la “ragion di stato”, con la consapevolezza che da ciò scaturirà un’inevitabile
limitazione della capacità produttiva della centrale ENEL di Trino, ma anche un
incremento della potenza disponibile, ancorché utilizzabile solo in determinate
condizioni.
La società ricorrente rilevava che siffatta decisione, quali che fossero le
motivazioni ad essa sottese, dava luogo ad una grave limitazione di una
preesistente attività produttiva, debitamente autorizzata a suo tempo,
contrastando tutti i principi che informano la materia, considerando che un
provvedimento autorizzatorio non può incidere su diritti di terzi operatori, al
di là del gioco della libera concorrenza.
In relazione al secondo punto rappresentato, sulla procedura espropriativa, la
società ricorrente evidenziava che il percorso del previsto cavo ad olio fluido,
che dovrebbe interessare vaste aree di proprietà ENEL situate in vicinanza dei
gruppi di Produzione della centrale Enel di Leri Cavour, interferirà con i
futuri programmi di sviluppo dell’insediamento produttivo.
La Enel Produzione S.p.A., quindi, lamentava che la procedura di rilascio
dell’autorizzazione alla realizzazione della centrale elettrica e della
correlata dichiarazione di pubblica utilità delle relative opere era inficiata e
ne chiedeva l’annullamento, deducendo:
1. Violazione dei principi in tema di giusto procedimento – Violazione degli
artt. 7 e ss. L. 241/90 – Violazione dell’art. 1, comma 2, d.l. 7/2002 –
Violazione dell’art. 97 Cost..
Sosteneva la società ricorrente che le disposizioni di cui alla l. n. 241/90 si
applicavano anche al procedimento unico previsto dal d.l. n. 7/2002.
Di conseguenza, doveva trovare applicazione il combinato disposto degli artt. 7
e 8 l. n. 241/90, ove è previsto che la comunicazione di avvio del procedimento
deve essere effettuata, mediante comunicazione personale, ai soggetti nei
confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti
diretti ed a quelli che, per legge, debbono intervenirvi.
Non vi era dubbio, secondo la società ricorrente, che essa, in qualità di
titolare dell’impianto energetico di Trino, rientrava tra i soggetti descritti
nelle sopra richiamate norme di legge, sotto un primo profilo, perché il
procedimento di cui trattasi è preordinato all’espropriazione delle aree
occorrenti per la realizzazione delle nuove centrali, delle opere connesse e
delle infrastrutture indispensabili al loro esercizio, le quali sono dichiarate
di pubblica utilità, ai sensi dell’art. 1, comma 1, d.l. n. 7/2002, e l’Enel è
proprietaria di aree incluse nei futuri espropri e sotto un secondo profilo,
perché i provvedimenti avversati risultano altamente e direttamente lesivi della
posizione giuridica della società ricorrente, in relazione al coordinamento ed
ampliamento della rete di gestione che risulterà congestionata, penalizzando,
così, la capacità produttiva della preesistente centrale.
Di conseguenza, la società ricorrente reclamava la necessità di una
comunicazione personale dell’avvio del procedimento, sin dal marzo 2002 quando
era stata presentata dalla società E.ON. la relativa istanza.
Mentre il Ministero delle Attività Produttive effettuava la comunicazione di
avvio del procedimento a tutte le amministrazioni competenti, tale incombente
non era effettuato nei confronti di Enel, che veniva a conoscenza della
procedura solo in data 25 febbraio 2004, quando la VIA era già conclusa e quando
i lavori della conferenza dei servizi erano ormai in fase avanzata.
E’ stato di fatto precluso ad Enel di fornire un apporto utile a far valere
compiutamente i propri interessi e ad influire anche in ordine alle
determinazioni delle Amministrazioni coinvolte, in modo da circoscrivere la
portata della realizzanda centrale nei limiti della capacità di trasporto di
energia attualmente disponibile.
2. Violazione dell’art. 1, commi 1 e 3, d.l. 7 febbraio 2002, n. 7 – Violazione
dell’art. 8, comma 4 lett. a) d.lgs. 16 marzo 1999 n. 79 – Violazione dell’art.
41 Cost. – Eccesso di potere per irragionevolezza – Manifesta ingiustizia –
Violazione art. 3 l. 241/90 – Difetto e/o insufficienza di motivazione – Eccesso
di potere per difetto e/o travisamento dei presupposti di fatto
dell’autorizzazione – Carenza istruttoria – Violazione dell’accordo raggiunto in
sede di conferenza unificata in data 5 settembre 2002 – Violazione del principio
di sicurezza e continuità degli approvvigionamenti – Violazione del principio
del minor costo del servizio e degli approvvigionamenti (artt. 1 e 3 d.lgs.
79/1999 – art. 5, comma 1, e art. 6, comma 2, Dir. 96/92/CE del 19 dicembre
1996) – Violazione del principio di proporzionalità.
L’autorizzazione impugnata, pur prevedendo l’ampliamento della stazione
elettrica a 380 kV di Trino 2 di proprietà di Terna S.p.A. e la realizzazione di
un elettrodotto in cavo interrato di circa 1.6 Km, non si occupa minimamente del
proporzionato adeguamento della rete di trasmissione nazionale dell’energia
medesima.
L’immissione dell’energia della nuova centrale dovrebbe avvenire su una linea
già impegnata in condizioni critiche, anche sotto il profilo della sicurezza,
dall’energia immessa dalla centrale ENEL di Leri Cavour e da considerarsi
“satura”.
Era assente, quindi, proprio un presupposto di realizzabilità della centrale,
perché la relativa attività produttiva non può essere svolta se non danneggiando
direttamente un’altra e preesistente autorizzazione, violando così anche il
principio generale per il quale le autorizzazioni sono accordate con salvezza
dei diritti dei terzi.
Non è consentibile, in sostanza, secondo la ricostruzione della società
ricorrente, che l’autorizzazione in questione produca, oltre all’effetto
ampliativo per il richiedente, anche un vincolo di rete a carico dell’Enel
Produzione s.p.a..
Inoltre, l’art. 1, comma 1, d.l. n. 7/2002 prevede che l’autorizzazione unica
deve riguardare, oltre agli impianti, anche le opere connesse e le
infrastrutture indispensabili all’esercizio degli stessi, secondo un principio
sancito anche dalla legge fondamentale del settore di cui all’art. 8, comma 4,
lett. a) d.lgs. n. 79/1999.
Di certo la rete nazionale è una infrastruttura indispensabile all’esercizio di
una centrale elettrica, tanto che, sin dalla legge 18 dicembre 1973 n. 880, è
stato chiarito che i progetti degli impianti termici per la produzione di
energia elettrica dovessero essere presentati unitamente ai progetti di
estensione della relativa rete di trasporto ad alta tensione, dando per scontato
che gli uni non possono funzionare senza una proporzionata estensione degli
altri.
Tale conclusione vale anche per ragioni di sicurezza del sistema elettrico, di
integrità delle reti e di economicità del sistema, che costituiscono altrettanti
parametri cogenti, comunitari e nazionali, cui occorre uniformarsi, secondo
quanto stabilito dagli artt. 1 e 3 d.lgs. n. 79/1999 e 5 e 6 Dir. 96/92/CE.
Infatti, l’art. 1, comma 3, d.l. n. 7/2002 richiama la necessità di
coordinamento e salvaguardia del sistema elettrico nazionale e l’art. 6 Dir.
cit. impone una valutazione periodica della capacità di generazione e
trasmissione collegabile alla rete, del fabbisogno di dispositivi di
interconnessione con altre reti e delle potenziali capacità di trasmissione
nonché della domanda di energia elettrica.
In proposito, osservava la società ricorrente, la centrale elettrica E.ON.
poteva essere autorizzata solo subordinatamente alla realizzazione del tratto di
rete ad alta tensione necessario per evitare interferenze con la centrale ENEL
già da tempo autorizzata. In questo caso, però, l’autorizzazione all’esercizio
avrebbe dovuto essere condizionata alla realizzazione dei programmi di sviluppo
della rete approvati dal Ministero delle Attività Produttive, in modo tale che
l’efficacia dell’autorizzazione fosse differita nel tempo e modulata in funzione
di tali ampliamenti, ovvero avrebbe dovuto comunque imporre detto ampliamento
della rete, con oneri a carico del proponente e previo accordo con il gestore
della rete (GRTN), secondo quanto accaduto in relazione alla realizzazione della
centrale “Trino 2” di proprietà Terna S.p.A..
Il medesimo art. 2, comma 20, d.lgs. n. 79/1999 considera le stazioni di
trasformazione come componente della rete di trasmissione nazionale, da gestire
unitariamente.
Tale procedura non avrebbe compresso l’esercizio di attività economica
liberalizzata e non avrebbe apportato nocumento, come invece accaduto,
esclusivamente in capo ad un soggetto specifico operante nel settore che si vede
costretto ad una sostanziale revisione delle condizioni di produzione in
precedenza assentite in favore della centrale di Leri Cavour.
La società ricorrente aggiungeva che l’autorizzazione in questione risultava
rilasciata all’esito di un procedimento nel quale erano stati ignorati o,
comunque, non adeguatamente considerati, i criteri generali di valutazione dei
progetti di costruzione ed esercizio di impianti di produzione di energia
elettrica, di cui all’accordo della Conferenza unificata in data 5 settembre
2002, criteri, questi, da considerare vincolanti.
In particolare, il criterio di cui al punto A), lett. b), prevede la verifica di
coerenza con le esigenze di fabbisogno energetico e dello sviluppo produttivo
della regione o della zona interessata dalla richiesta, con riferimento anche
alle ricadute di soddisfacimento del fabbisogno energetico e di sviluppo
produttivo sulle regioni confinanti, in relazione anche alle diverse condizioni
infrastrutturali presenti in ciascuna delle aree territoriali in cui è suddiviso
il sistema elettrico italiano.
Se una siffatta verifica fosse stata effettuata, sosteneva la società
ricorrente, l’autorizzazione non avrebbe potuto essere rilasciata. E’ notorio,
infatti, che la Regione Piemonte, così come la confinante Regione Lombardia,
offre più energia di quanto ne domandi ma è altrettanto notorio che ciò che
manca è proprio un’adeguata capacità di trasmissione di detta energia.
Le contrarie affermazioni rinvenute nell’estratto della V.I.A. apparivano alla
società ricorrente apodittiche e non supportate da idonea istruttoria o
motivazione.
Ugualmente non rispettato era il criterio previsto dalla lettera i) del
richiamato punto A) dell’Accordo 5 settembre 2002, in relazione alla
minimizzazione dei costi di trasporto dell’energia, perché questo sarà diretto
verso aree più lontane con maggior fabbisogno energetico.
Anche il successivo criterio previsto dalla lettera m) non era stato rispettato,
perché non risultava promossa una valutazione comparativa di più progetti
interessanti il medesimo territorio, atteso che in Piemonte risultava una
molteplicità di nuove centrali dal notevole potenziale.
Il criterio di cui al punto C) che imponeva di considerare l’impatto
occupazionale pure risultava ignorato, poiché la futura drastica riduzione della
capacità produttiva della centrale ENEL comporterà, a detta della società
ricorrente, inevitabili e intuibili ripercussioni sul piano occupazionale.
In relazione all’apporto procedimentale della società ricorrente, questa
lamentava che il Ministero delle Attività Produttive si era limitato a rilevare
che “il contenuto delle osservazioni sollevate da Enel Produzione S.p.A.
concerne aspetti che sono stati valutati nella riunione conclusiva della
conferenza di servizi”.
Il Ministero nulla diceva sulle tematiche in questione né sugli esiti delle
richiamate valutazioni.
In relazione alla asserita ragione di incremento complessivo della potenza
disponibile che avrebbe, eventualmente, fondato l’accantonamento delle
osservazioni dell’ENEL, la società ricorrente osservava che tale conclusione
appariva illogica, perché non poteva essere avulsa dalla necessaria
considerazione della capacità di trasporto della rete nazionale e dal
coordinamento con gli interventi di estensione della stessa, tenuto conto che la
costruzione di nuovi tratti di una qualche rilevanza non è prevista, come sopra
ricordato, che per il 2011 e che in parti del sud Italia vi sono ampi tratti di
rete inutilizzati.
Lo stesso art. 1, comma 1, d.l. n. 7/2002 richiamava, comunque, la necessità di
una valutazione complessiva del fabbisogno energetico su scala nazionale,
richiamando la obbligatorietà della “previa intesa in sede di Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di
Trento e Bolzano”.
Inoltre, sosteneva la società ricorrente, che era stato violato anche il
principio di proporzionalità, in base al quale il sacrificio imposto al privato
deve essere il minore possibile e, comunque, non andare oltre le esigenze di
tutela che si devono garantire, perché l’autorizzazione alla E.ON. non risulta
contraddistinta da una gradualità di entrata in esercizio.
3. Violazione art. 3 l. 241/1990 – Difetto assoluto di motivazione – Carenza istruttoria – Violazione art. 97 Cost. – Violazione del principio di proporzionalità.
Risultava che cinque particelle di proprietà ENEL Produzione (tutte site nel
Comune di Trino Vercellese) sono interessate dal progetto espropriativo. Solo
una di esse, precisamente la n. 22 del Foglio 6 (con estensione pari a 240 mq.),
è destinata ad essere espropriata, mentre per le altre quattro verrà costituita
una servitù di elettrodotto per il passaggio di un cavo terra a 380 Kv, che
collegherà la nuova centrale con la stazione elettrica di Terna.
In merito, sosteneva la società ricorrente, che aveva evidenziato, nelle sue
osservazioni presentate nel corso del procedimento ma non considerate affatto
dalle amministrazioni procedenti, come la presenza di tale servitù
comprometterebbe irrimediabilmente i futuri programmi di sviluppo
dell’insediamento produttivo di Leri Cavour a lei riconducibile.
Inoltre, la costruzione dell’opera di presa dell’acqua, necessaria al
funzionamento del nuovo impianto, comprometterebbe la funzionalità dell’opera di
scarico Enel, con conseguente pregiudizio per la continuità dell’esercizio
dell’impianto di Leri Cavour.
Vi erano, quindi, evidenti omissioni istruttorie sul punto, che davano luogo ad
una violazione anche del principio di proporzionalità, sopra richiamato, sotto
diverso profilo, in relazione agli elementi della idoneità, della necessarietà e
della proporzionalità individuati dalla giurisprudenza quali elementi
caratterizzanti.
Si costituiva in giudizio, in data 5 ottobre 2004, la controinteressata E.ON.
Italia Produzione S.p.A., deducendo, genericamente, l’inammissibilità, l’irricevibilità
e l’infondatezza del ricorso.
Si costituiva in giudizio, con memoria del 26 novembre 2004, anche la Regione
Piemonte, deducendo ugualmente l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso.
Con memoria del 9 dicembre 2004 la Regione Piemonte specificava ulteriormente le
proprie difese.
Richiamando la normativa che prevede il suo coinvolgimento nel procedimento in
esame, la Regione Piemonte precisava che, a seguito della presentazione da parte
della proponente dello Studio di Impatto Ambientale e degli elaborati
progettuali relativi nonché della pubblicazione dell’avviso su quotidiani, era
individuata da parte dell’Organo tecnico regionale, di cui agli artt. 7 e 18
l.r. n. 40/1988, la struttura regionale responsabile del procedimento, quale la
direzione Tutela e Risanamento Ambientale-Programmazione e Gestione Rifiuti.
Questa, a sua volta, individuava, con D.D. 109 del 10 aprile 2002, il
responsabile del procedimento ai sensi dell’art. 4 e ss. L. 241/1990 e
provvedeva a far pubblicare sul B.U.R. n. 21 del 23 maggio 2002 il comunicato di
avvenuto deposito degli elaborati e di avvio della procedura.
Era quindi indetta una conferenza di servizi regionale, con la convocazione
degli enti locali interessati, dell’A.S.L. n. 11 di Vercelli, dell’Ente del
Parco Fluviale del Po del tratto vercellese e alessandrino, del Comando dei
Vigili del Fuoco, della Sovrintendenza dei Beni Culturali ed Architettonici del
Piemonte, dell’A.R.P.A. e dei funzionari nominati dalle singole Direzioni
regionali coinvolte nell’istruttoria tecnica regionale.
Sulla base delle risultanze di tale modulo procedimentale e sulla base del
contributo tecnico-scientifico dell’A.R.P.A., la Giunta regionale, con
deliberazione n. 65-6426 del 25 giugno 2002, esprimeva il proprio parere
contenente l’esame analitico e le valutazioni di competenza, unitamente alle
prescrizioni irrinunciabili al fine del giudizio di compatibilità ambientale e
di valutazione di incidenza di competenza del Ministero dell’Ambiente.
In seguito alla presentazione di documentazione integrativa da parte del
proponente all’Assessorato all’Ambiente della Regione Piemonte, su richiesta del
Ministero dell’Ambiente del 17 giugno 2002, si procedeva alla pubblicazione sul
Bollettino Ufficiale n. 36 del 5 settembre 2002 del riavvio del procedimento.
Una nuova conferenza di servizi e la successiva riunione dell’Organo tecnico,
rispettivamente del 23 settembre 2002 e del 10 ottobre 2002, consentivano di
esaminare in dettaglio le integrazioni fornite in contraddittorio con il
proponente.
La Giunta regionale, quindi, con deliberazione n. 29-7794 del 25 novembre 2002,
esprimeva il parere sulle integrazioni fornite, riconfermando le prescrizioni
già indicate nella precedente deliberazione del 25 giugno 2002.
In data 22 gennaio 2004 il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del
Territorio, di concerto con il Ministero per i Beni e le Attività Culturali,
esprimeva giudizio positivo di compatibilità ambientale, con prescrizioni
riferite anche a quanto dedotto dalla Regione Piemonte.
Quest’ultima, con deliberazione n. 41-11326 del 15 dicembre 2003, aveva
individuato le procedure per l’espressione dell’intesa regionale, di cui al d.l.
n. 7/2002, conv. in l. n. 55/2002, specificando che, concluso il procedimento di
VIA, doveva indirsi una conferenza di servizi, cui partecipavano i
rappresentanti delle Direzioni interessate e un rappresentante dell’A.R.P.A.,
per effettuare una ricognizione sulle eventuali autorizzazioni previste per la
realizzazione dell’opera, indicando se sussistono elementi ostativi.
In data 3 febbraio 2004, con deliberazione n. 351-3642, era approvato il Piano
Energetico Ambientale della Regione Piemonte che consentiva l’esame, ai fini del
rilascio dell’“intesa” di cui alla l. n. 55/2002, dei soli progetti già, in quel
momento, oggetto di giudizio positivo di compatibilità da parte della
commissione VIA o di quelli indicati come prioritari dalla legge 17 aprile 2003
n. 83.
In data 18 febbraio 2004, si riuniva la conferenza di servizi interna, sopra
richiamata, e, in data 16 marzo 2004, nell’ambito del procedimento per il
rilascio della autorizzazione “unica” di cui alla l. n. 55/2002, si riuniva la
conferenza di servizi finale, cui partecipava anche un rappresentante regionale
individuato con deliberazioni della Giunta regionale del 2 marzo 2004 e del 15
marzo 2004.
In tale sede gli enti locali confermavano i pareri favorevoli all’iniziativa da
loro precedentemente espressi e anche il gestore della rete di trasmissione
nazionale si pronunciava, richiamando l’importanza della realizzazione della
linea Trino-Lacchiarella.
Sulla scorta dell’esito di tale conferenza di servizi, la Regione Piemonte, con
deliberazione n. 23-12379 del 26 aprile 2004, risultate soddisfate le condizioni
ritenute essenziali e richiamato l’accordo del 5 settembre 2002 tra Governo,
Regioni, Province, Comuni e Comunità Montane, esprimeva l’“intesa” di cui alla
l. n. 55/2002 per la realizzazione e l’esercizio della centrale di Livorno
Ferraris, subordinata alle necessarie prescrizioni.
Premesso ciò, in merito al ricorso, la Regione Piemonte eccepiva,
preliminarmente, l’inammissibilità dello stesso sotto un duplice profilo.
In primo luogo, per la Regione, mancava un interesse qualificato da parte della
società ricorrente, la cui lesione – individuata nella diminuzione di capacità
produttiva – non era dimostrata. Inoltre, le paventate espropriazioni erano una
mera eventualità, come desumibile dal Decreto del ministero delle Attività
Produttive dell’11 maggio 2004.
In secondo luogo, in relazione all’impugnazione di atti regionali, si eccepiva
la tardività, dato che almeno dal 25 febbraio 2004 la società ricorrente
conosceva tutti gli atti precedenti del procedimento cui aveva partecipato in
seguito a personale comunicazione. Mancavano, poi, sul punto specifici motivi di
ricorso che consentivano alla Regione Piemonte di rappresentare congrue difese.
Nel merito, pur riservando all’Amministrazione statale una più compiuta difesa
dei propri atti, la Regione Piemonte osservava che non era necessario l’invio
dell’avvio del procedimento, dato che la società ricorrente non era tra i
destinatari diretti del provvedimento finale né era facilmente identificabile
tra quelli che potevano subire un pregiudizio.
Ad ogni modo l’Enel Produzione S.p.A. aveva prodotto in tempo utile dei
contributi scritti, che risultano essere stati esaminati nella fase istruttoria.
In merito agli altri due motivi di ricorso, la Regione Piemonte si riservava
ogni ulteriore difesa, nell’eventualità di impugnazione specifica di determinati
atti regionali.
Si costituiva in giudizio, con memoria del 10 dicembre 2004, anche il Ministero
delle Attività Produttive.
In proposito, la difesa erariale specificava i fondamenti normativi che avevano
portato all’adozione degli atti impugnati e ripercorreva l’“iter” seguito in
proposito.
In relazione ai motivi di ricorso essa precisava quanto segue.
Sul primo motivo, in relazione alla ritenuta comunicazione personale relativa
all’avvio del procedimento, la difesa erariale precisava che la legge 27 ottobre
2003, n. 290 aveva prorogato la sospensione dell’efficacia del c.d. testo Unico
sulle espropriazioni, di cui alla legge n. 327/2001 fino al 30 giugno 2004,
termine a sua volta prorogato al 31 dicembre 2004 dall’art. 1, comma 25, l. 23
agosto 2004, n. 239.
La fase del procedimento relativa alla espropriazione, pertanto, era
regolamentata dalla legge n. 2359/1865 e successive modificazioni, ivi compresa,
quindi, quella relativa alla comunicazione ai soggetti espropriandi.
Di conseguenza, poiché l’ENEL non risultava avere inviato nei tempi previsti
alcuna osservazione ai Comuni interessati e alla Prefettura di Vercelli, così
come previsto dalla citata legge n. 2359/1865, la procedura risultava comunque
rispettata e di nulla poteva dolersi la società ricorrente.
In ordine alla posizione giuridica della ricorrente in relazione più
propriamente all’autorizzazione oggetto del gravame, la difesa erariale
richiamava le norme di cui all’art. 3, comma 2, l. n. 55/2002, all’art. 8, comma
3, l. n. 241/1990 e all’art. 5 d.P.C.M. 10 agosto 1988, per ricordare che
l’Amministrazione aveva avviato il procedimento di autorizzazione proprio
prescrivendo, con nota n. 2064405 del 10 aprile 2002, alla società proponente di
ottemperare, ai sensi delle citate norme, ad idonea pubblicazione del progetto
oggetto dell’istanza di autorizzazione.
Tale pubblicazione avveniva in data 22 agosto 2002 su due quotidiani a
diffusione regionale e nazionale, con ciò esaurendo le prescrizioni di legge,
che non richiedevano la comunicazione personale come pretesa dalla società
ricorrente, portatrice di meri interessi privati che è stata comunque posta in
condizione di intervenire nel merito del procedimento.
In ordine al censurato difetto di coordinamento con l’ampliamento dell’esistente
rete di trasmissione, la difesa erariale ricordava che il Gestore della Rete di
Trasmissione Nazionale, in qualità di soggetto preposto, ai sensi dell’art. 3,
commi 1 e 2, del d.lgs. n. 79/1999, era intervenuto nelle tre conferenze di
servizi indette, evidenziando ogni volta prescrizioni ritenute necessarie per
rendere il progetto compatibile con lo stato attuale della rete di trasmissione
nazionale ed esprimendo, comunque, un parere favorevole alla realizzazione
dell’opera.
In particolare, la difesa erariale riportava le dichiarazioni del Gestore alla
conferenza di servizi del 10 maggio 2002, del 23 febbraio 2003 e del 16 marzo
2004, da cui si evinceva il parere favorevole espresso e che l’unico elemento
ritenuto ostativo per la realizzazione dell’opera era l’adeguamento della
stazione di Trino 2.
Le doglianze relative all’adeguamento della rete di trasmissione nazionale non
apparivano, poi, in linea con le regole che caratterizzano l’attuale sistema
elettrico italiano.
Con il d.lgs. n. 79/1999 era stato liberalizzato il settore dell’attività di
produzione di energia elettrica, con la creazione del richiamato Gestore della
Rete di Trasmissione Nazionale (GRTN), società per azioni che ha il compito, tra
l’altro, di dispacciare l’energia elettrica nel rispetto dei principi di
imparzialità, trasparenza e neutralità, indicati dal decreto legislativo in
questione.
Richiamando i principi cardine di tale riassetto, la difesa erariale ricordava
che le problematiche legate alla congestione della rete sono affrontate dal GRTN
nell’ambito delle regole di dispacciamento, nonché nel programma di rinforzi di
rete predisposto annualmente sulla base delle autorizzazioni rilasciate dal
Ministero delle Attività Produttive.
Inoltre, era necessario considerare ulteriori fattori che influiscono sulla
situazione ed in particolar modo l’allocazione della centrale nella zona di
confine tra Piemonte e Lombardia, caratterizzata da flussi di energia elettrica
indirizzati verso la Lombardia, in quanto la produzione di energia elettrica in
Piemonte, sommata all’energia elettrica importata dalla Francia ed in parte
dalla Svizzera, è largamente superiore al fabbisogno della suddetta Regione.
Appare necessario, quindi, secondo la difesa erariale, prendere in
considerazione i flussi di potenza relativi alla rete dell’intera area
piemontese e a quelle limitrofe e non solo nell’ambito vercellese.
La circostanza del massiccio ricorso all’importazione, quindi, deve far ritenere
come sia necessaria una ulteriore produzione di energia elettrica anche ed
ancora nel territorio piemontese, in modo che, se l’offerta interna sarà in
crescita, anche il ricorso all’importazione perderà di convenienza e le
probabilità di congestione della rete si allontaneranno.
La difesa erariale ricordava, poi, che la medesima società ricorrente aveva
ottenuto l’autorizzazione alla trasformazione a ciclo combinato della centrale
di Chivasso, con aumento della potenza installata nella Regione Piemonte di
oltre 1100 MW, e con analoghi fenomeni di congestione.
Alla difesa erariale appariva, infine, privo di pregio lo scopo della
limitazione della libera concorrenza che si desumerebbe, a suo dire,
dall’interpretazione delle censure sollevate.
Il Ministero delle Attività Produttive aveva rispettato il suo compito,
nell’osservanza di quanto prescritto dalla legge n. 55/2002, già passata,
positivamente, al vaglio di costituzionalità attraverso la pronuncia della Corte
Costituzionale 13 gennaio 2004 n. 6.
Sul secondo motivo di ricorso, la difesa erariale contestava la tesi della
società ricorrente, secondo cui la realizzazione di un tratto di rete sarebbe
una struttura indispensabile all’esercizio della centrale, ai sensi dell’art. 1
della l. n. 55/2002.
Lo stesso Gestore della rete, intervenendo alle conferenze di servizi, pur
ammettendo l’importanza di un potenziamento della rete di trasmissione mediante
la realizzazione del tratto Trino-Lacchiarella, aveva condizionato il suo parere
favorevole al solo adeguamento della stazione Trino 2 quale presupposto per la
realizzazione dell’opera.
Inoltre, ai sensi della legge di riferimento, che è unicamente quella di cui al
d.l. n. 7/2002 conv. in l. n. 55/2002, la valutazione sull’adeguatezza della
rete di trasmissione al funzionamento della centrale non attiene all’ambito del
procedimento di autorizzazione, non essendo le opere di rinforzo della rete
connesse all’esercizio della centrale dato che non competono al privato
proponente. Né è riscontrabile la lesione di un diritto di un terzo, poiché in
un mercato competitivo la preesistenza di un concorrente ad un altro non
comporta certo un diritto di prelazione ma unicamente un fattore comunque
assoggettato al funzionamento dei meccanismi della libera concorrenza,
principio, questo, introdotto in Italia dalla l. n. 79/1999, in attuazione della
Direttiva 96/92/CE.
In relazione ai principi enucleati nell’accordo in Conferenza unificata del 5
settembre 2002, richiamati dalla società ricorrente, la difesa erariale
ricordava che tali criteri generali erano stati formulati al fine di fornire
parametri omogenei ad uso delle Regioni nel rilascio dell’“intesa”.
La regione Piemonte risultava aver espresso la sua “intesa” nel procedimento in
questione, per cui non era necessario ulteriormente procedere in tale
valutazione di principio.
Né era da condividere, per la difesa erariale, l’osservazione per la quale a
monte dei singoli procedimenti di autorizzazione si doveva raggiungere la
richiamata intesa in sede di Conferenza permanente, perché tale forma di accordo
si esprime sui principi fondamentali della materia ma non sui singoli
provvedimenti autorizzatori successivi.
L’intesa in questione si è raggiunta, in generale, in data 5 settembre 2002 tra
Governo, Regioni, Province, Comuni e Comunità montane, per cui sono state
definite linee comuni per il successivo espletamento di attività amministrative,
di rispettiva competenza in materia di produzione di energia elettrica.
Non ricorrono, quindi, le violazioni dei principi di economicità e di efficienza
dell’azione amministrativa invocate dalla società ricorrente.
Sul terzo motivo di ricorso, la difesa erariale osservava che il tracciato
elaborato per il collegamento tra la centrale di Livorno Ferraris e la stazione
di Trino 2 avverrà tramite una terna di cavi unipolari isolati XPLE e non ad
olio fluido come sostiene la società ricorrente. Il tracciato sarà interamente
interrato e adiacente la strada di raccordo che collega la centrale dell’Enel
alla strada provinciale n. 1 di Crescentino, per cui l’eventuale estensione
della centrale di proprietà Enel non sarebbe ostacolata dalla realizzazione
della nuova centrale di Livorno Ferraris ma, semmai, dalla presenza di tale
infrastruttura viaria, della citata stazione di Trino 2 e delle linee aeree a
380 kV per Rondissone e Castelnuovo.
In relazione al posizionamento delle opere di presa d’acqua necessarie al
funzionamento del nuovo impianto, la difesa erariale ricordava che tale progetto
è stato redatto in accordo con il Consorzio Ovest Sesia Baraggia di Vercelli,
che è l’ente gestore della rete idrografica di interesse. L’opera di presa in
questione, comunque, si situava ad una significativa distanza, a nord-ovest
dell’opera di scarico della centrale Enel, e si trovava sulla sponda sud del
canale Magrelli, opposta a quella di interesse della società ricorrente.
L’Enel, pertanto, aveva il più ampio accesso alla propria opera di scarico
tramite terreni e strade di sua proprietà assolutamente idonei per
l’effettuazione degli interventi di manutenzione che ritiene più opportuni.
La soluzione prescelta, quindi, appariva la meno pregiudizievole per la società
ricorrente e non si era dato luogo ad alcuna compressione del diritto di
proprietà di Enel né ad alcun nocumento specifico e diretto nei suoi confronti.
Con memoria per l’udienza pubblica del 21 dicembre 2004 anche la E.ON. Italia
Produzione specificava le proprie difese.
Come per le altre parti costituitesi in giudizio, la E.ON. riteneva utile
ricordare la normativa applicabile al caso di specie e le modalità di
svolgimento del procedimento che aveva portato al rilascio dell’autorizzazione
unica oggetto del presente gravame, a sua volta caratterizzato da tre
procedimenti contemporanei: a) il procedimento “integrato”, di competenza del
Ministero delle Attività Produttive”, d’“intesa” con la Regione Piemonte; b) il
sub-procedimento di VIA, di competenza del Ministero dell’Ambiente e della
Tutela del Territorio, del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e della
Regione Piemonte; c) il procedimento, definito “servente”, di dichiarazione di
pubblica utilità, di competenza del Ministero delle Attività Produttive e della
Prefettura di Vercelli.
La E.ON., quindi, osservava che le censure della società ricorrente si
incentravano solo avverso i procedimenti sub a) e c) e sul punto precisava, in
sintesi, quanto segue.
In relazione al procedimento sub a), la controinteressata ricordava che vi erano
state tre conferenze di servizi e l’espressione dell’“intesa” richiesta dalla
legge n. 55/2002 da parte della Regione Piemonte alla base dei decreti di
autorizzazione unica oggetto del presente gravame.
In relazione al procedimento sub b), comunque non oggetto del presente ricorso,
vi era stato il decreto 22 gennaio 2004 del Ministero dell’Ambiente e della
Tutela del territorio, di concerto con il Ministero per i Beni e le Attività
Culturali, sentita la Regione Piemonte per quanto di sua competenza.
In relazione al procedimento sub c), il relativo avvio era stato disposto solo
all’esito della favorevole procedura di VIA. La E.ON. così, su invito del
Ministero, predisponeva un piano recante la descrizione degli immobili oggetto
dell’espropriazione e delle altre necessarie indicazioni, ai fini della
pubblicità richiesta dalla l. n. 2359/1865 applicabile al caso di specie. Tale
piano rispettava le prescrizioni di legge, era depositato presso la Prefettura
di Vercelli e presso i Comuni ove dovevano avere luogo le espropriazioni, con
correlata pubblicazione di avviso presso due quotidiani a diffusione regionale e
nazionale, ripetuto, per mero errore materiale per quel che riguarda la
ricorrente, una seconda volta.
L’Enel non produceva osservazioni presso i Comuni ma inviava una articolata nota
al Ministero delle Attività Produttive in data 15 marzo 2004, contenente
osservazioni debitamente analizzate nel corso della terza e ultima conferenza di
servizi.
La E.ON. ricordava pure di aver comunque inviato, per mero scrupolo,
direttamente all’Enel una apposita lettera raccomandata contenente l’avviso di
avvio del procedimento “servente”.
Premettendo di aver depositato in giudizio un parere “pro veritate” di un
illustre cattedratico cui fare riferimento in ordine alla legittimità degli atti
e dei procedimenti oggetto del gravame, l’esposizione della E.ON. prendeva avvio
dal secondo motivo di ricorso, ritenuto relativo al “punto nodale” delle
doglianze della società ricorrente.
La controinteressata, quindi, osservava che la tesi della ricorrente era fondata
su pretesi principi generali che volevano attestare come l’autorizzazione di cui
alla l. n. 55/2002 possa essere negata o meno qualora essa sia suscettibile di
pregiudicare la redditività di taluno degli impianti già esistenti.
In merito, la E.ON. ricordava che parametro di legittimità del provvedimento
autorizzatorio non può essere l’interesse dei privati coinvolti nell’esercizio
dell’attività autorizzata ma solo gli interessi pubblici perseguiti e tutelati
dalle norme attributive del potere autorizzatorio medesimo.
L’interesse imprenditoriale dedotto dalla società ricorrente, quindi, non poteva
identificarsi con l’interesse pubblico alla base delle norme che regolano il
suddetto potere, alla luce delle specifiche norme di cui alla l. n. 55/2002 ma,
in assenza di specifiche allegazioni, rimaneva nell’ambito dell’interesse
privato, tutelato, come tale, dal principio di salvaguardia dei “diritti dei
terzi” operante nel rilascio della autorizzazioni che legittima soltanto
un’azione davanti al giudice ordinario competente in ordine alla eventuale
illiceità dell’attività riferibile al soggetto che l’ha posta in essere.
In linea generale, poi, la E.ON. richiamava il quadro normativo in essere che
aveva introdotto da tempo la liberalizzazione dell’attività di produzione di
energia elettrica.
A partire dalla risoluzione del Consiglio dei Ministri del 16 settembre 1986 sui
nuovi obiettivi di politica energetica e sulla base di apposite disposizioni
introdotte con il Trattato di Maastricht, era richiamata anche la Direttiva
96/92/CE concernente la liberalizzazione del mercato interno dell’energia
elettrica, così come sostituita dalla Direttiva 2003/54/CE che, comunque,
lasciava invariata sostanzialmente la disciplina del sistema autorizzatorio
prescelta dall’Italia.
Richiamando l’art. 6 della Direttiva 96/92/CE cit., la E.ON. evidenziava che la
doglianza della società ricorrente in relazione alla necessità di valutazione
preventiva periodica della capacità di generazione e trasmissione collegabile
alla rete, del fabbisogno di dispositivi di interconnessione con altre reti e
delle potenziali capacità di trasmissione nonché della domanda di energia
elettrica, non si riferiva al sistema “autorizzatorio” ma al sistema di
affidamento tramite gara di appalto, individuato come alternativo dalla medesima
disciplina comunitaria e, come detto, non operante in Italia e nella maggioranza
dei Paesi dell’Unione.
La giustificazione di tale conclusione è, per la E.ON., desumibile laddove, nel
sistema a procedura di appalto, è lo Stato che si fa carico di individuare
l’entità del bisogno della collettività e di soddisfarlo tramite una propria
procedura ed evidenza pubblica, individuando le grandezze da porre “a base di
gara”.
Nel sistema autorizzatorio, invece, la soddisfazione del bisogno è demandata
agli operatori economici privati posti in concorrenza fra loro in un contesto
liberalizzato, ove l’entità del bisogno di energia è demandato alle leggi di
mercato.
Con tale sistema, quindi, viene meno ogni riserva allo Stato in materia sia di
produzione sia di decisione sulla quantità di energia prodotta, sia di scelta
propositiva in merito alla localizzazione puntuale degli impianti di produzione.
La capacità produttiva, perciò, non è soggetta a vincoli quantitativi ma solo ad
un controllo preventivo circa il rispetto di criteri obiettivi, prestabiliti
dallo Stato membro tra quelli indicati nella medesima direttiva (sicurezza,
ambiente, assetto del territorio, fonte utilizzata).
L’opzione per il sistema autorizzatorio, quindi, in attuazione della suddetta
direttiva è stata formalizzata nel nostro ordinamento con il d.lgs. n. 79/1999 –
di cui la E.ON. riportava, in parte, gli articoli 1 e 8 – e confermata dalla
successiva normativa, di cui al d.l. n. 7/2002, conv. in l. n. 55/2002, al d.l.
n. 239/2003, conv. in l. n. 290/2003 e dalla legge delega n. 239/2004, recante
“riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto
delle disposizioni vigenti in materia di energia”.
Sosteneva la E.ON. che la legge n. 55/2002 era funzionale a sopperire
all’eliminazione del deficit di capacità produttiva di energia che affligge
l’Italia e la relativa disciplina, originariamente concepita come temporanea, è
stata perpetuata in forza dell’ottavo comma dell’art. 1-sexies della l. n.
239/2004.
Alla luce della normativa vigente, quindi, il legislatore ha predeterminato i
criteri in base ai quali rilasciare o negare l’autorizzazione con riguardo ai
soli parametri ambientali, sanitari e di tutela del territorio ma non a quelli
economico-produttivi sull’attività dei concorrenti.
Riscontrando un deficit di produzione, il legislatore si è quindi preoccupato di
incrementare la capacità di produzione, stimolando la concorrenza, per
perseguire l’interesse pubblico primario ad usufruire di una quantità idonea di
energia, escludendo qualsiasi contingentamento.
Tale conclusione appariva per la E.ON. desumibile anche dal più volte richiamato
Accordo tra Governo, regioni, province, comuni, comunità montane del 5 settembre
2002, i cui Allegati A e B, riportati integralmente, incentravano i criteri da
osservare in riferimento alla tutela dell’ambiente, della salute umana, della
gestione del territorio, senza alcun riferimento alla redditività dei produttori
di energia.
Sugli specifici criteri, la società ricorrente incentrava, però, alcune sue
doglianze e la E.ON. specificava in proposito che:
a) in relazione ai criteri di cui all’Allegato A, lettere b) e i), sulla
necessità di valutare la coerenza delle esigenze di fabbisogno con lo sviluppo
della regione interessata alla richiesta, la E.ON. negava che le Regione
Piemonte offra energia in misura superiore alla domanda, come desumibile anche
dalla lettura del Piano Ambientale Regionale, di cui alla deliberazione del
Consiglio regionale n. 351-3642 del 3 febbraio 2003, ove si richiamava un
deficit di produzione soddisfatto con un saldo negativo di import-export con
l’estero e con altre regioni;
b) in relazione al criterio di cui alla lettera m), la E.ON. evidenziava che
esso non dettasse che una semplice facoltà attribuita alle Regioni.
I provvedimenti autorizzatori impugnati, quindi, esaudivano la volontà del
legislatore di determinare una piena concorrenza e liberalizzazione nel settore,
senza alcuna interferenza di eventuali pregiudizi di redditività nei confronti
di impianti già esistenti.
In relazione, poi, alle doglianze relative alla trasmissione e dispacciamento
dell’energia, la E.ON. osservava che queste erano riferite ad attività
successive alla realizzazione dell’impianto e, quindi, estranee
all’autorizzazione oggetto di gravame, riferita alla sola attività di produzione
di energia.
Anche l’analisi di tali profili, comunque, ad opinione della E.ON. non
modificava le conclusioni raggiunte.
Il richiamato d.lgs. n. 79/1999, infatti, quanto all’accesso alla rete,
introduceva tre nuovi soggetti appositamente deputati alla trasmissione e al
dispacciamento: il Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale S.p.A. (GRTN),
l’Acquirente Unico S.p.A. e il Gestore del Mercato Elettrico S.p.A..
Al primo sono attribuite, in regime di concessione, le attività di trasmissione
e di dispacciamento che devono garantire l’accesso alla rete in maniera
paritetica e non discriminatoria a tutti gli aventi diritto, a fronte di un
corrispettivo determinato secondo criteri di efficienza economica dall’Autorità
per l’Energia Elettrica e il Gas, indipendentemente dalla localizzazione
geografica degli impianti di produzione e dei clienti finali.
La legge, quindi, tende a garantire condizioni di parità ai fini dell’accesso
alla rete, senza discriminazioni nei confronti degli “ultimi arrivati” e senza
condizioni di maggior favore per chicchessia.
L’Enel, quindi, sosteneva la E.ON. non poteva e non può pretendere di vantare
alcun diritto di priorità nell’utilizzo della rete di trasmissione, né fondare
alcuna posizione oligopolistica, laddove la normativa comunitaria, di
ispirazione, e quella nazionale, di recepimento, impongono di garantire
l’utilizzo della rete ai nuovi prestatori dei servizi a condizioni non
discriminatorie, soprattutto nei confronti dei prestatori già presenti sul
mercato.
Non è quindi possibile, come sostiene la società ricorrente, subordinare
l’ingresso di nuovi competitori all’incremento della rete, tenuto conto che
diversi operatori stanno entrando in esercizio sulle linee in questione.
Al Gestore (GRTN) è consentita solo la valutazione tecnica in ordine alle
condizioni di sicurezza e di efficienza per i nuovi allacciamenti ma tale
attività di valutazione è stata compiuta dal suddetto Gestore, che si è
pronunciato favorevolmente nelle tre conferenze di servizi succedutesi, anche in
seguito a chiarimenti e integrazioni presentate, a richiesta, dalla medesima
E.ON. e dalla Terna S.p.A. che aveva predisposto, sin dal febbraio 2002, il
progetto di connessione.
La E.ON. specificava, infine, che la quantità effettiva di energia da immettere
sulla rete da parte dei produttori allacciati non dipenderà dai soggetti
istituzionali ora richiamati ma dal mercato stesso, in relazione alla richiesta
specifica, da evidenziarsi in sede di contrattazione diretta fra produttori e
clienti idonei, secondo il sistema della c.d. “borsa dell’energia”, attivata a
partire dal 31 marzo 2004, che da luogo ad un sistema regolamentato di
compravendita di tale specifico bene idoneo a garantire trasparenza, sicurezza e
efficienza, a tutto vantaggio dei consumatori finali.
E’ sulla base delle risultanze di tale sistema di mercato che il Gestore (GRTN)
consente ai diversi produttori di immettere energia nella rete di trasmissione
nazionale, in relazione al prezzo offerto.
Anche nell’ipotesi di congestione sulla rete elettrica nazionale, ove il mercato
viene suddiviso in zone all’interno delle quali, però, il dispacciamento (vale a
dire la selezione dei produttori) all’interno della singola zona rimane
fondamentalmente determinato dal principio del merito economico (quindi, del
prezzo offerto) e dell’efficienza.
Correttamente, quindi, e in coerenza con tale sistema, osservava la E.ON., il
Ministero delle Attività Produttive aveva controdedotto alle osservazioni in
merito al dispacciamento presentate dall’Enel nella conferenza di servizi del 16
marzo 2004, ricordando che l’immissione in rete sarebbe stata consentita in
ragione dell’efficienza produttiva, in rapporto alla domanda di energia
elettrica in Italia in un dato momento.
Il pregiudizio lamentato dalla società ricorrente, quindi, appariva alla E.ON.
meramente eventuale ed evitabile adattandosi a fornire i giusti prezzi
nell’ambito di un confronto concorrenziale.
In ordine al primo motivo di ricorso, che lamentava la mancata comunicazione
dell’avvio del procedimento sia in relazione a quello, principale, che ha
portato all’autorizzazione “unica”, sia a quello, definito “servente”, di
dichiarazione di pubblica utilità, la E.ON. ne rilevava l’infondatezza.
Sotto il primo profilo, la società ricorrente non era destinataria diretta del
provvedimento di autorizzazione né doveva intervenire per legge nel suddetto
procedimento, per cui non risulta applicabile l’art. 7 l. n. 241/90 nel caso di
specie.
Inoltre, la società ricorrente non subiva un pregiudizio, giuridicamente
rilevante, dal provvedimento finale, per le ragioni sopra espresse, né era
facilmente individuabile, perché i soggetti produttori che utilizzano le linee
della rete nazionale che convergono sui nodi di Rondissone e Castelnuovo Scrivia,
secondo la prospettazione della stessa società ricorrente, sono molteplici e
raggiungono la totalità dei produttori italiani in ordine al dispacciamento
dell’energia, per quanto indicato in precedenza.
Inoltre, il procedimento di VIA era stato portato a conoscenza della
collettività con le forme di pubblicità sopra ricordate, e quindi la società
ricorrente era a conoscenza dell’avvio del procedimento sin dalle sue fasi
prodromiche.
Ad ogni modo, la medesima Enel aveva partecipato al procedimento con le
deduzioni presentate e esaminate nella conferenza di servizi del 16 marzo 2004,
assicurando, così, l’esigenza sostanziale di partecipazione prevista dalla l. n.
241/1990.
Ugualmente in ordine alla procedura di dichiarazione di pubblica utilità le
forme di pubblicità previste dalla legge erano state rispettate, con la
pubblicazione dell’avviso presso la Prefettura e i Comuni interessati dalle
espropriazioni e, persino, con comunicazione diretta all’Enel tramite lettera
raccomandata. Anche sotto questo profilo, comunque, la società ricorrente aveva
presentato specifiche osservazioni per la conferenza di servizi sopra ricordata,
assicurando così la partecipazione sostanziale al procedimento.
Sul terzo motivo di ricorso, la E.ON. rilevava che le affermazioni della società
ricorrente erano generiche e apodittiche.
Riguardo alle doglianze sulle opere idrauliche, queste avrebbero dovuto essere
presentate in sede di valutazione di impatto ambientale, non essendo pertinenti
alla procedura espropriativa. Inoltre la presa d’acqua non è nei pressi
dell’opera di restituzione dell’Enel ma sull’altra sponda del canale, a ben 80
metri di distanza.
In ordine al cavo elettrico interrato, anche la E.ON. – come la difesa erariale
– osservava che questo non è “ad olio fluido” ma consiste in una terna di cavi
unipolari isolati in XLPE.
I cavi di allacciamento, poi, sono stati progettati – su indicazione del GRTN –
proprio da Terna S.p.A., società appartenente al gruppo Enel, affinché
individuasse le soluzioni tecniche meno onerose per Enel medesima.
Il tracciato attraversa solo per un breve tratto rettilineo i fondi dell’Enel e
quest’ultima non spiega per quale ragione i futuri programmi di sviluppo della
centrale debbano interessare proprio quella modestissima striscia fra tutti i
vasti appezzamenti che essa possiede intorno alla centrale di Leri Cavour.
Né può avere rilevanza l’istanza per la realizzazione di interventi di
miglioramento prestazioni del sistema acqua condensatrice presentata dalla
società ricorrente solo in data successiva alla chiusura del procedimento, nel
mese di novembre 2004, e senza che in precedenza ad essa se ne facesse cenno
nelle sue osservazioni.
La E.ON. in conclusione, ricordava di avere sempre comunicato la propria
disponibilità ad accordi bonari senza mai ottenere positivi riscontri o proposte
di soluzioni alternative.
Con motivi aggiunti notificati in data 15 dicembre 2004, la società ricorrente
integrava le proprie doglianze, in relazione alla documentazione depositata in
atti dalla Regione Piemonte e dalla E.ON., deducendo:
I. Difetto d’istruttoria sotto vari profili – Violazione del c.d. auto limite
amministrativo – Difetto e/o perplessità della motivazione – Violazione sotto
altro profilo dell’art. 1, comma 1, d.l. 7/2002.
Osservava la società ricorrente che il Ministero dell’Ambiente, dopo aver
ricevuto il primo parere dalla Regione Piemonte, riteneva la necessità della
riformulazione del “quadro programmatico”, anche alla luce della deliberazione
della Regione Piemonte 23-5028 del 7.1.2002, in ordine alle reali esigenze del
fabbisogno energetico e dello sviluppo produttivo del Piemonte e della zona
interessata dalla richiesta.
Non risultava, in merito, che tale specifica richiesta sia stata in qualche modo
ottemperata nel corso della conferenza di servizi né che tale tematica sia stata
successivamente approfondita altrove, nonostante tale lacuna fosse stata
evidenziata anche dalla Provincia di Vercelli.
L’autorizzazione finale, quindi, risultava viziata, sia perché in contrasto con
l’atto di indirizzo regionale sopra ricordato sia perché risultava disattesa una
specifica richiesta di adeguata ponderazione, anche nel decreto di V.I.A., ove
non viene toccato il profilo del fabbisogno energetico.
La società ricorrente ribadiva che si sarebbe dovuto effettuare una valutazione
complessiva per valutare il livello di sviluppo della rete di trasmissione in
relazione al fabbisogno energetico, su scala nazionale, come sollecitato anche
dalla Provincia di Vercelli in sede di conferenza di servizi del 10 maggio 2002.
Né era sufficiente il richiamo all’intervenuta “intesa” con la Regione,
contenuto nell’autorizzazione impugnata, perché tale risposta appariva soltanto
elusiva del problema nonché errata, in quanto, come la Corte Costituzionale
aveva già chiarito, l’intesa in questione avrebbe dovuto semmai determinare
“l’elenco degli impianti di energia elettrica che sono oggetto di questi
speciali procedimenti”.
II. Difetto di motivazione – Contraddittorietà – Travisamento dei presupposti di
fatto e di diritto – Violazione del c.d. autolimite amministrativo ed in
particolare della delibera di G.R. n. 41-11326 “Procedure per l’espressione
dell’intesa regionale nei procedimenti di autorizzazione all’installazione e
all’esercizio di impianti termoelettrici di potenza superiore a 300 MW” –
Illegittimità dell’intesa espressa dalla Regione con d.g.r. n. 23-12379.
La società ricorrente riscontrava, dal deposito della documentazione in
giudizio, la fondatezza delle doglianze espresse con il secondo motivo di
ricorso.
In particolare, in merito alle motivazioni addotte in ordine all’incremento
della potenza energetica disponibile in relazione alla insufficienza della rete
di trasmissione nazionale nel tratto che serve proprio la centrale Enel di
Trino, riportando un estratto dal resoconto del verbale della conferenza di
servizi del 16 marzo 2004, la società ricorrente lamentava la conclusione cui
era pervenuto il M.A.P., secondo la quale sarebbero estranee al procedimento le
tematiche legate al congestionamento della rete di trasmissione nazionale.
Ad opinione della società ricorrente, invece, il d.l. n. 7/2002 afferma,
all’art. 1, comma 1, che l’autorizzazione deve riguardare, oltre agli impianti,
“le opere connesse e le infrastrutture indispensabili all’esercizio degli
stessi”, secondo i principi generali già richiamati dall’art. 8, comma 4, lett.
a) d.lgs. n. 79/1999 e dall’art. 4 l. n. 880/1973.
Anche l’art. 1, comma 3, d.l. n. 7/2002 cit. richiede un’attività di
coordinamento, così come l’art. 6 della Direttiva 96/92/CE impone una
valutazione preventiva periodica della capacità di generazione e trasmissione
collegabile alla rete, del fabbisogno di dispositivi di interconnessione con
altre reti e delle potenziali capacità di trasmissione nonché della domanda di
energia elettrica.
La necessità di potenziamento della rete esistente sarebbe, poi, richiesta al
fine di evitare eventuali congestioni di rete anche dal piano energetico
regionale, come si evincerebbe dall’esame dei criteri di cui all’accordo della
Conferenza unificata in data 5 settembre 2002, già richiamata più volte nel
ricorso introduttivo.
Tale aspetto, quindi, è stato illegittimamente ritenuto inconferente e non
adeguatamente valutato dal Ministero delle Attività Produttive.
La società ricorrente, inoltre, ribadiva che l’auspicato intervento di
potenziamento della linea Trino-Lacchiarella, sollecitato anche dal GRTN, non
sarà ultimato prima del 2011 e comunque consentirà solo in parte di superare i
problemi di congestione del “nodo” di Trino.
Per tale ragione si palesava anche l’illegittimità dell’“intesa” espressa dalla
Regione con d.G.R. n. 23-12379, che si fonda unicamente sulla previsione di
realizzazione di tale linea Trino-Lacchiarella, in contrasto con la precedente
delibera di G.R. 41-11326 con cui, autovincolandosi, l’Amministrazione regionale
aveva definito la procedura di “intesa” in questione.
Detta delibera imponeva di tenere conto delle linee revisionali della proposta
di piano energetico ambientale regionale e della valutazione relativa alla
rispondenza dell’impianto alle esigenze di sviluppo omogeneo e compatibile del
sistema elettrico nazionale e regionale.
Tale piano, però, precisava che le linee risultavano già intasate con l’assetto
produttivo esistente e che vi era carenza di collegamenti verso altre regioni.
L’intesa come espressa, quindi, ad opinione della società ricorrente, appariva
inconciliabile con le precedenti determinazioni dello stesso ente.
Riguardo alla determinazione del M.A.P. in ordine al richiamo al sistema di
dispacciamento dell’energia, di cui al d.lgs. n. 79/1999, la società ricorrente
riteneva che fosse stata operata una commistione tra istituti giuridici che
operano su piani distinti, perché nel caso di specie si individuava un nocumento
specifico in capo all’ENEL Produzione S.p.A., nei cui confronti era imposto un
vincolo di rete, prima inesistente, che era distinto dal sistema di
dispacciamento di merito economico introdotto dal richiamato testo legislativo.
La società ricorrente, quindi, riproponeva stralci del ricorso introduttivo per
ribadire la specifica prospettazione, da valutare anche sotto tale peculiare
profilo.
Con ulteriori motivi aggiunti depositati in data 5 gennaio 2005, la Enel
Produzione s.p.a., anche in relazione alla documentazione depositata in giudizio
dalle controparti, proponeva ulteriori motivi aggiunti, lamentando:
III. Eccesso di potere per contraddittorietà tra atti presupposti e
autorizzazione finale – Difetto di motivazione – Violazione dell’art. 1 d.l.
7/2002.
La società ricorrente rilevava che anche dalla documentazione depositata in
giudizio dalla E.ON. emergeva che, ancor prima della presentazione dell’istanza
di autorizzazione, era stato chiesto al GRTN uno studio preliminare di
fattibilità di allacciamento alla rete di trasmissione nazionale della
realizzanda nuova centrale e che, tale Gestore, aveva prospettato, in attesa del
rinforzo dell’area di magliatura della rete di trasmissione, la possibilità di
limitazioni anche significative della potenza generata dagli impianti di
produzione, con ciò confermando “per tabulas” quanto sostenuto nel secondo
motivo di ricorso.
Inoltre, nel corso del procedimento, non risultavano rispettati alcuni aspetti
tecnico-giuridici confluiti nella domanda di autorizzazione della E.ON. In
particolare, nell’autorizzazione impugnata, non si dava atto dell’accettazione
da parte di E.ON. delle condizioni e modalità di allacciamento alla rete imposte
dal GRTN in relazione a quanto da questo paventato in ordine alle possibili
limitazioni della potenza generata dagli impianti di produzione. Il Ministero
delle Attività Produttive aveva, anzi, immotivatamente disatteso tale
accertamento, dichiarando che costituivano sovrastrutture indispensabili
all’esercizio dell’impianto soltanto i collegamenti con la rete elettrica
nazionale di gasdotti e non l’ampliamento della rete di trasmissione come
derivava dallo studio di fattibilità del GRTN.
La denunciata insufficienza della RTN, poi, comportava automaticamente la
soggezione della centrale ENEL ad un nuovo regime giuridico speciale e
penalizzante, che è quello dei c.d. “poli limitati” di cui all’art. 1, sub oo),
D.M. 9 maggio 2001.
Se le limitazioni significative prospettate dal GRTN, infine, riguardavano gli
impianti di produzione pre-esistenti, l’impugnata autorizzazione avrebbe avuto
connotato ablatorio, senza trovare specifico e testuale fondamento nel regime
autorizzatorio di cui all’art. d.l. n. 7/2002.
IV Contraddittorietà tra accertamenti presupposti e atto di comunicazione di
avvio del procedimento – Violazione dei principi in tema di giusto procedimento
– Violazione degli artt. 7 e ss. l. 241/1990 – Violazione dell’art. 1, comma 2,
d.l. 7/2002 – Violazione dell’art. 97 Cost. – Violazione e/o falsa
interpretazione della l. 2359/1865 (in particolare in relazione ai documenti
1,2,3 E.ON. e 8-11 della Regione Piemonte.
La società ricorrente, richiamando quanto denunciato con il primo motivo di
ricorso, in ordine alla omessa comunicazione dell’avvio del procedimento nei
suoi confronti, soggetto facilmente individuabile e direttamente inciso e
pregiudicato dal rilascio dell’autorizzazione in questione, osservava che tale
pregiudizio era stato confermato dallo stesso GRTN nel richiamare le prospettate
limitazioni significative della capacità produttiva degli impianti
pre-esistenti.
In secondo luogo, in base alla richiesta originaria di Buzzi Unicum s.p.a., cui
è subentrata E.ON., il GRTN aveva prospettato due ipotesi di allacciamento alla
rete, di cui una prevedeva una nuova stazione di smistamento da inserire in
“entra-esce” sulla linea 380kV “Trino-Castelnuovo” ed una – quella poi precelta
– che prevedeva l’allacciamento alla stazione elettrica a 380kV di Trino, di
proprietà Terna s.p.a.
Sin dal marzo 2002, quindi, era noto che l’Enel sarebbe stata coinvolta nel
procedimento di autorizzazione in questione e, in principal modo,
nell’individuazione dei beni da espropriare ma solo nel febbraio 2004 si era
dato luogo al deposito del piano parcellare degli espropri, impedendo così
all’interessata di condizionare efficacemente le scelte da effettuarsi in punto
di localizzazione dell’allacciamento, facendo propendere per la soluzione
alternativa sopra richiamata che non comportava l’investimento del compendio di
proprietà Enel.
Nel caso di specie, quindi, di dichiarazione di pubblica utilità “implicita”, la
giurisprudenza aveva chiarito che, ad ogni modo, i destinatari dovevano essere
sempre messi in grado di contraddire ai fini di rendere adeguata l’istruttoria.
La comunicazione personale solo al momento del deposito del piano particellare
degli espropri appariva, quindi, tardiva ed inutile alla luce del rispetto dei
principi generali di cui alla l.n. 241/1990.
In terzo luogo, la comunicazione personale sin dal marzo 2002 avrebbe
consentito, con la partecipazione al procedimento della Enel Produzione s.p.a.,
di esplorare e verificare le possibili sinergie incidentali tra gli
insediamenti, desumili come necessarie da una attenta lettura della
deliberazione di G. R. Piemonte n. 23-12379 con cui era stata espressa
l’”intesa” di cui all’art. 1 d.l. n. 7/2002.
V. Violazione del principio di proporzionalità – Difetto di motivazione ed
istruttoria in relazione in particolare ai docc. 1,2 e 3 dell’E.ON.
L’esistenza della su ricordata alternativa all’allacciamento della rete, con una
soluzione che non pregiudicava la proprietà Enel, imponeva una adeguata
valutazione in ordine al tracciato della linea per pervenire alla soluzione meno
pregiudizievole per l’interesse della società ricorrente.
Con la sentenza richiamata in epigrafe questa sezione, pronunciando in via
interlocutoria e rigettando le eccezioni proposte dalle amministrazioni
resistenti e dalla E.ON., ordinava al Ministero delle Attività Produttive di
depositare in giudizio ulteriore documentazione, consistente in:
1) copia della deliberazione della Provincia di Vercelli n. 18368 del 17 aprile
2003 con la quale è stato espresso il parere favorevole e sono state individuate
alcune prescrizioni, come richiamata a p. 117 della G.U. su cui è stato
pubblicato il decreto dell’11 maggio 2004 oggetto del presente gravame;
2) copia degli accordi volontari intervenuti tra la società E.ON. Italia
Produzione S.p.A. e l’Amministrazione provinciale di Vercelli ed otto comuni
dell’area interessata dall’insediamento con l’individuazione, tra l’altro, di
misure di compensazione e di riequilibrio ambientale, richiamati a p. 118 della
G.U. su cui è stato pubblicato il decreto dell’11 maggio 2004 oggetto del
presente gravame;
3) copia della “documentazione integrativa del progetto”, allegata alla nota
della E.ON. Italia Produzione S.p.A. del 22 agosto 2002 in risposta alla
richiesta del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio del 17
giugno 2002.
La nuova udienza di trattazione era fissata, quindi, per il 26 maggio 2005.
L’Amministrazione statale resistente ottemperava in data 22 aprile 2005.
Anche la E.ON. Italia Produzione s.p.a. provvedeva a depositare in giudizio
ulteriore documentazione.
Con memoria depositata in prossimità dell’udienza di merito, la medesima società
controinteressata evidenziava l’infondatezza del ricorso e dei motivi aggiunti
nonché la loro inammissibilità.
Sotto tale ultimo profilo, la E.ON. rilevava che il primo ricorso per motivi
aggiunti si basava su atti ampiamente citati nell’autorizzazione impugnata e
nell’estratto della valutazione di impatto ambientale e, come tali, conosciuti
dalla società ricorrente nella loro effettiva portata, non in un momento
successivo alla proposizione del ricorso ma contestualmente allo stesso.
Il secondo ricorso per motivi aggiunti scontava, ad opinione della E.ON. una
ulteriore causa di tardività, oltre a quella già prospettata, derivante
dall’applicabilità alla controversia dell’art. 23-bis della l.n. 205/2000, in
particolare in riferimento al relativo comma 1, lett.b). I relativi atti erano
stati depositati in data 20 novembre 2004 e il termine di decadenza spirava
trenta giorni dopo, il 20 dicembre 2004, laddove i relativi motivi aggiunti sono
stati notificati il 24 dicembre 2004.
Anche la società ricorrente depositava in prossimità dell’udienza di trattazione
una memoria in cui insisteva nelle proprie tesi difensive.
All’udienza pubblica del 26 maggio 2005 la causa è stata nuovamente trattenuta
in decisione.
DIRITTO
Il Collegio ricorda che tutte le eccezioni preliminari in ordine al ricorso
introduttivo sono state esaminate e disattese nella sentenza n. 1029/05, per cui
ad essa, sul punto, si rimanda.
Passando, quindi, ad esaminare il merito dei motivi dedotti, il Collegio osserva
che, con il primo motivo di ricorso, l’Enel Produzione s.p.a. ha lamentato, in
sostanza, di ritenersi destinataria diretta delle conseguenze del provvedimento
autorizzatorio impugnato - sia perché proprietaria di terreni oggetto di future
espropriazioni in seguito a dichiarazione di pubblica utilità, sia perché
ritiene di subire le negative conseguenze dovute ad un congestionamento della
rete, una volta entrata a regime la nuova centrale - e quindi di necessitare
della comunicazione personale dell’avvio del procedimento, effettuata invece dal
Ministero delle Attività Produttive, in data 10 aprile 2002, solo in favore di
tutte le amministrazioni pubbliche competenti. Ben tardiva, quindi, si palesava
la comunicazione diretta del 25 febbraio 2004, ad opera della E.ON., che non
aveva consentito alla Enel Produzione s.p.a. di apportare contributi decisivi
per orientare in maniera diversa le scelte dell’Amministrazione sin dall’inizio
del procedimento.
Tale conclusione era ribadita con il primo dei motivi aggiunti depositati il 5
gennaio 2005 – e rubricati come quarti motivi aggiunti – secondo cui lo stesso
Gestore della rete (GRTN) aveva prospettato nel corso dell’istruttoria la
possibilità di limitazioni significative della produzione degli impianti
preesistenti, tra cui, appunto, quello dell’Enel Produzione s.p.a. medesima sito
in Leri Cavour. Inoltre, lo stesso Gestore aveva prospettato una soluzione
alternativa per l’allacciamento della rete, che non avrebbe comportato il
collegamento con la stazione elettrica di Trino all’interno della proprietà Enel
ma prevedeva la realizzazione di una nuova stazione di smistamento. Se avvisata
per tempo, la società ricorrente riteneva che avrebbe potuto fornire ulteriori
elementi per privilegiare proprio questa soluzione, evitando così il nocumento
alla sua attività futura e rispettando, inoltre, la necessità di dar luogo a
tutte le possibili sinergie incidentali tra gli insediamenti, come raccomandate
anche dalla Regione Piemonte nel corso dell’istruttoria, esprimendo l’”intesa”
di cui all’art. 1 d.l. n. 7/2002.
Attesa la sostanziale convergenza di contenuto, quindi, il Collegio ritiene di
esaminare contestualmente il primo motivo di ricorso e il quarto motivo aggiunto
(secondo dei motivi aggiunti depositati il 5 gennaio 2005).
L’infondatezza di tali motivi, secondo quanto sarà illustrato in prosieguo,
consente di prescindere dall’esaminare l’eccezione di tardività del motivo
aggiunto, come sollevata dalla difesa della E.ON nella memoria depositata per
l’udienza di merito del 26 maggio 2005.
Esaminando la prospettazione della società ricorrente, quindi, il Collegio
rileva che essa ritiene la necessità della comunicazione di avvio del
procedimento nei suoi confronti, sin dal marzo 2002, momento di presentazione
della domanda di autorizzazione della E.ON. con individuazione del sito
prescelto e delle caratteristiche di realizzazione dell’opera, tra cui quelle di
allacciamento alla rete.
La società ricorrente fonda le sue doglianze su una triplice serie di motivi: in
primo luogo, perché la realizzazione comportava l’espropriazione di terreni di
sua proprietà; in secondo luogo, perché la fase istruttoria aveva chiarito che
il Gestore della rete aveva palesato la possibilità di limitazioni significative
della capacità produttiva degli impianti preesistenti, una volta a regime la
realizzanda centrale, e perché questi aveva prospettato anche una ipotesi
alternativa di allacciamento alla rete; in terzo luogo, perché la Regione
Piemonte aveva sollecitato, esprimendo l’”intesa” di cui all’art. 1 d.l. n.
7/2002, la verifica di tutte le possibili sinergie incidentali tra gli
insediamenti produttivi.
Il Collegio rileva che l’art. 7 l.n. 241/1990 prevede che “Ove non sussistano
ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del
procedimento, l’avvio del procedimento stesso è comunicato, con le modalità
previste dall’articolo 8, ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento
finale è destinato a produrre effetti diretti ed a quelli che per legge debbono
intervenirvi. Ove parimenti non sussistano le ragioni di impedimento predette,
qualora da un provvedimento possa derivare un pregiudizio a soggetti individuati
o facilmente individuabili, diversi dai suoi diretti destinatari,
l’amministrazione è tenuta a fornire loro, con le stesse modalità, notizia
dell’inizio del procedimento”.
Sul punto il Collegio osserva che il principio della partecipazione al
procedimento amministrativo di cui alla l.n. 241/1990, anche alla luce delle
innovazioni di cui alla legge n. 15/2005, è stato ormai delimitato a sufficienza
dalla giurisprudenza, nel senso che il correlato obbligo della previa
comunicazione dell’avvio del procedimento, sancito dall’art. 7 l.n. 241/90 cit.,
è preordinato, quale precipuo, fondamentale canone del “giusto procedimento” a
consentire una reale opportunità di partecipazione democratica allo svolgimento
dell’attività amministrativa, attraverso l’instaurazione del contraddittorio nei
confronti dei soggetti che possono prevedibilmente subire gli effetti diretti e
pregiudizievoli di un provvedimento in corso di emanazione, al precipuo scopo di
offrire a tutti gli interessati, individuati o facilmente individuabili, la
concreta possibilità di esprimere le rispettive ragioni e di sollecitarne la
collaborazione, nonché l’eventuale opposizione, su tutti i profili dell’azione
amministrativa intrapresa dall’Amministrazione procedente (Cons. Stato, 12.8.04,
n.5546).
Chiarito ciò, è necessario verificare se, nel caso concreto, questi presupposti
siano riscontrabili nella misura lamentata dalla società ricorrente, alla luce
della complessità del procedimento instaurato, degli interessi pubblici e
privati coinvolti e dei singoli momenti in cui l’attività della p.a. si è
esplicata secondo la struttura procedimentale fissata dalla normativa applicata.
In sostanza, è necessario verificare: a) quali erano i soggetti nei confronti
dei quali il provvedimento finale produceva effetti diretti; b) quali erano i
soggetti che per legge dovevano intervenire nel procedimento; c) se già al
momento della presentazione della domanda di autorizzazione, nel marzo 2002, era
possibile facilmente individuare destinatari del provvedimento finale che
subivano effetti diretti e pregiudizievoli dalla sua adozione.
Ebbene, sul punto, il Collegio ritiene di non condividere la conclusione della
società ricorrente che individua l’Enel Produzione s.p.a. tra tali categorie di
soggetti.
Soffermandosi inizialmente sul contenuto sostanziale del provvedimento
autorizzatorio impugnato, il Collegio rileva che esso scaturisce
dall’applicazione del d.l. n. 7/2002, conv. in l.n. 55/2002, il cui art. 1,
comma 1, prevede, in sintesi, che al fine di evitare il pericolo di interruzione
di fornitura di energia elettrica su tutto il territorio nazionale e di
garantire la necessaria copertura del fabbisogno nazionale, la costruzione e
l’esercizio degli impianti di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW
termici, gli interventi di modifica o ripotenziamento delle opere connesse e le
infrastrutture indispensabili all’esercizio degli stessi sono dichiarati opere
di pubblica utilità e soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dal
Ministero delle Attività Produttive. L’art. 1, comma 2, del d.l. cit. chiarisce
anche che l’autorizzazione è rilasciata a seguito di un procedimento unico, al
quale partecipano le Amministrazioni statali e locali interessate, che
sostituisce le singole autorizzazioni di competenza delle Amministrazioni
interessate e degli enti pubblici territoriali.
Premesso ciò, quindi, il Collegio rileva che per quanto indicato supra, sub a),
ai fini dell’applicazione dell’art. 7 l.n. 241/1990, i soggetti nei confronti
dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti sono
quelli che beneficiano dell’autorizzazione unica, vale a dire, quelli che hanno
avanzato la richiesta di costruzione ed esercizio degli impianti di produzione
di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW, essendo l’autorizzazione,
come noto, un provvedimento ampliativo della sfera giuridica del richiedente.
Gli effetti diretti dell’autorizzazione, però, si fermano qui, all’ampliamento
della suddetta sfera giuridica e non incidono in via immediata su altre
posizioni giuridiche.
Come già precisato nella sentenza n. 1029/05 di questa sezione tra le medesime
parti, infatti, non può essere revocato in dubbio che il potere autorizzatorio,
ampliativo di diritti omogenei altrui, può determinare, a sua volta, una
compressione del contenuto dei diritti dei titolari di precedenti provvedimenti
ampliativi, quando i campi di intervento sono coincidenti, ma ciò comporta un
mero effetto riflesso che può solo legittimare il ricorso al vaglio in sede
giurisdizionale di tali nuovi provvedimenti ma non l’obbligo, aggiunge ora il
Collegio, di ricevere anche la comunicazione di avvio del procedimento.
E’ stato chiarito, in merito, che l’obbligo di comunicare l’avvio del
procedimento amministrativo, previsto in linea generale dall’art. 7 l.n. 241790,
non si applica nei confronti dei soggetti che subiscono solo effetti riflessi
dal provvedimento emanando e che, pur potendo essere legittimati ad impugnarlo,
non sono da considerarsi tecnicamente come suoi destinatari (Cons. Stato, sez.VI,
22.6.04, n. 4444 e sez. IV, 24.10.97, n.1234).
La Enel Produzione s.p.a., poi, non rientrava neanche tra i soggetti che per
legge devono intervenire nel procedimento, cui pure l’art. 7, comma 1, l.n.
241/90 cit. impone l’obbligo della comunicazione di avvio.
L’art. 1, comma 2, d.l. n. 7/2002 specifica, infatti, che al procedimento unico
in questione partecipano “ le Amministrazioni statali e locali interessate”,
intendendo solo queste tra i soggetti che “per legge” devono intervenirvi.
Resta da stabilire, quindi, se Enel Produzione s.p.a. poteva rientrare tra quei
soggetti, individuati o facilmente individuabili, cui poteva derivare un
“pregiudizio” dal provvedimento autorizzatorio in questione, secondo quanto
sopra prospettato sub c).
Ebbene, il Collegio ritiene che anche tale terza ipotesi non sia confacente a
quanto lamentato dalla società ricorrente.
L’elemento decisivo per interpretare correttamente la volontà del legislatore
nell’espressione dell’obbligo di cui al ricordato art. 7 l. n. 241/90, ad
opinione del Collegio, risiede nella nozione di “pregiudizio” ivi richiamata.
Tale norma di legge, infatti, specifica che l’obbligo della comunicazione di
avvio è richiesto anche quando dal provvedimento possa derivare un pregiudizio a
soggetti individuati o facilmente individuabili, diversi dai diretti
destinatari.
Il Collegio ritiene che tale nozione di “pregiudizio” debba essere interpretata,
però, in senso stretto e non debba intendersi corrispondente a quella di
“interesse”.
Vale a dire, come già rilevato dalla giurisprudenza, che il “pregiudizio” di cui
all’art. 7, comma 1, l.n. 241/90 deve essere inteso come un pregiudizio
giuridicamente apprezzabile nel contesto dello stesso svolgimento procedimentale
(Cons. Stato, sez.V, 26.5.03, n.2852).
Questa giuridica “apprezzabilità” deve essere incardinata, quindi, nel contesto
degli interessi primari che trovano dimora nel procedimento e non possono essere
confusi con gli interessi, meramente economici e secondari, derivanti in via
indiretta dalle conseguenze dell’applicazione nella realtà quotidiana del
provvedimento finale e che possono identificarsi con gli interessi dei soggetti
privati, nel caso di specie operanti nel medesimo settore economico.
Tali posizioni giuridiche sono posizioni di interesse, che possono avere un
collegamento di mero fatto con le conseguenze derivanti dall’adozione del
provvedimento finale ma non assurgono a quella “giuridica apprezzabilità”
richiesta ai fini dell’applicazione dell’art. 7 l.n. 241/90.
Nel caso di specie, come si evince dalla lettura della norma di cui al d.l. n.
7/2002 cit., l’Enel Produzione s.p.a. risulta un soggetto estraneo al
procedimento di autorizzazione unica ivi regolato, per cui non ne subisce alcun
pregiudizio giuridico diretto ma a lui derivano unicamente riflessi, di ordine
indiretto, attinenti al profilo economico della propria attività, come accade in
tutti i soggetti terzi che operano nel settore economico in cui viene rilasciata
una autorizzazione (TAR Sicilia-Pa, sez.II, 29.9.03, n.1501). Ciò, però, se
legittima tali soggetti all’impugnazione del provvedimento di autorizzazione,
come chiarito da questa sezione nella sentenza n. 1029/05 sopra richiamata, non
può far pervenire ad inserire tali soggetti addirittura tra tutti coloro che
dovrebbero ricevere l’avviso di avvio del procedimento, ai sensi dell’art. 7
l.n. 241/1990. Considerando l’ingente numero di soggetti spesso operanti in tali
settori economici, infatti, l’impegno dell’Amministrazione procedente
diventerebbe troppo gravoso e i principi di semplificazione ed efficienza, di
cui alla medesima l.n. 241/1990, sarebbero contraddittoriamente sacrificati.
Inoltre, come rilevato anche dalla società controinteressata e
dall’Amministrazione resistente, non è solo la Enel Produzione s.p.a. a ricevere
effetti indiretti dall’autorizzazione della nuova centrale elettrica ma anche
molti altri soggetti economici operanti nel settore.
In relazione alla paventata limitazione della capacità di trasmissione, poi,
evidenziata nel 2001 dal Gestore della rete e richiamata soprattutto nei secondi
motivi aggiunti dalla società ricorrente, risulta dalla documentazione
depositata in giudizio che tale limitazione riguarda tutte le linee della rete
nazionale che convergono sui nodi di Rondissone e Castelnuovo Scrivia e, quindi,
tutti i soggetti produttori che utilizzano le linee della rete nazionale che
convergono sui due suddetti nodi. Né la società ricorrente ha fornito alcun
principio di prova in ordine alla conclusione per la quale solo la centrale di
“Leri Cavour” sarebbe coinvolta dalle paventate limitazioni.
Né la circostanza che, in ipotesi, si era prospettata una soluzione alternativa
all’allacciamento alla rete poteva giustificare, quindi, la richiesta di
comunicazione dell’avvio del procedimento alla Enel Produzione s.p.a. che aveva,
alla pari di altri, un interesse di mero fatto alle modalità di allacciamento in
questione. Inoltre, sul punto, l’Enel Produzione s.p.a. non ha precisato in
giudizio quale effettivo contributo sul punto avrebbe potuto offrire e perché la
soluzione alternativa era da preferire nel rispetto dell’interesse pubblico alla
miglior collocazione dell’opera.
Proprio per tale ragione, inoltre, nel caso di specie risulta che comunque la
collettività – e per essa anche gli operatori economici del settore – è stata
avvisata mediante le pubblicazioni sui quotidiani a diffusione nazionale cui la
società proponente ha dato luogo nel corso del medesimo anno 2002, anche in
relazione all’istanza di Valutazione di Impatto Ambientale (V.I.A.), dando così
modo di diffondere la notizia dell’instaurazione del complesso procedimento
amministrativa per la realizzazione della nuova centrale elettrica.
Infine, risulta che l’Enel Produzione s.p.a. abbia comunque dato il suo apporto
al procedimento in tempo utile, prima dell’ultima conferenza dei servizi del 16
marzo 2004, e che le sue osservazioni siano state considerate ai fini
dell’approvazione del provvedimento finale, anche se non accolte, con
sufficiente motivazione, secondo quanto sarà illustrato in prosieguo.
In relazione al secondo profilo rilevato dalla società ricorrente, sulla
necessità della comunicazione ex art. 7 l. n. 241/90 per la presenza del
correlato procedimento di dichiarazione di pubblica utilità dell’opera, il
Collegio concorda con quanto osservato dalle difese dell’Amministrazione e della
controinteressata: la procedura di comunicazione della dichiarazione di pubblica
utilità, comunque giuridicamente distinta da quella autorizzatoria di cui al
d.l. n. 7/2002, non poteva essere posta in essere prima del giudizio favorevole
di compatibilità ambientale, intervenuto solo nel gennaio 2004, giudizio che
poteva porre specifiche prescrizioni (come in effetti è stato disposto) che
mutavano l’originale quadro di intervento prospettato in origine dalla società
richiedente.
Una volta chiarita tale successione temporale, il Collegio rileva che solo dopo
il 22 gennaio 2004 la proponente E.ON. poteva dare inizio alle procedure
relative al conseguimento dei necessari provvedimenti ablatori, e tali procedure
sono state correttamente adottate ai sensi della l.n. 2359/1865, non essendo
ancora entrato in vigore all’epoca il nuovo t.u. sulle espropriazioni, per cui,
sul punto, le doglianze della società ricorrente non appaiono fondate, atteso
che, come più volte ribadito anche nel corso dell’istruttoria ed esplicitamente
osservato dal Ministero delle Attività Produttive nella conferenza dei servizi
del 16 marzo 2004, non risulta che la Enel Produzione s.p.a “…abbia inviato nei
tempi previsti le proprie osservazioni anche ai comuni interessati o alla
Prefettura di Vercelli, come previsto dalla procedura di cui alla legge 25
giugno 1865. n. 2359 e successive modifiche”.
Riguardo, infine, l’ulteriore profilo di ritenuta necessità della comunicazione
dell’avvio del procedimento in ragione di quanto evidenziato dalla Regione
Piemonte, in merito alle necessarie sinergie incidentali tra gli insediamenti di
“Leri Cavour” e quello autorizzando, il Collegio rileva che tale disposizione,
interpretabile come una mera raccomandazione, non comportava l’obbligo di
partecipazione al procedimento per la Enel Produzione s.p.a., concretando la
richiesta di tali sinergie un mero interesse di fatto della società ricorrente
che, per quanto detto in precedenza, non corrisponde al pregiudizio
giuridicamente rilevante necessario per imporre la comunicazione di avvio del
procedimento di cui all’art. 7 l.n. 241/90.
Con il secondo motivo di ricorso, ripreso tanto nei primi quanto negli ulteriori
motivi aggiunti, la società ricorrente contesta che siano stati trascurati dei
presupposti di fattibilità ritenuti fondamentali.
Nel ricorso introduttivo, in sintesi, l’Enel Produzione s.p.a. lamentava che la
nuova centrale non era compatibile con lo sviluppo della rete di trasmissione
nazionale dell’energia elettrica, non essendo stato previsto un proporzionato
adeguamento della stessa prima del rilascio dell’autorizzazione unica in
questione.
L’immissione dell’energia della nuova centrale sarebbe così confluita sui nodi
di Rondissone e Castelnuovo Scrivia, tronco questo già ampiamente saturo per
l’energia immessa dalla preesistente centrale di Leri Cavour, dando luogo ad
intasamenti e a conseguenze negative sulla produttività del preesistente
impianto Enel.
L’autorizzazione impugnata, quindi, non occupandosi di tale aspetto, non aveva
considerato le “infrastrutture indispensabili” all’esercizio dell’opera, pure
necessari oggetto della stessa, ai sensi dell’art. 1, comma 1, d.l. n. 7/2002 e
delle direttive comunitarie del settore, e la centrale E.ON. poteva essere
autorizzata solo subordinatamente alla costruzione del tratto di rete ad alta
tensione necessario per evitare interferenza, appunto, con la preesistente
centrale Enel.
Inoltre, per la società ricorrente, non erano stati adeguatamente considerati i
criteri di cui all’accordo della conferenza unificata in data 5 settembre 2002
né erano state illustrate con adeguata motivazione dal M.A.P. le ragioni che
avevano spinto ad ignorare le osservazioni indicate dalla medesima Enel
Produzione s.p.a. prima dell’ultima conferenza dei servizi tenutasi il 16 marzo
2004, con ciò sacrificando in misura non proporzionata gli interessi privati di
cui era portatrice.
Tali prospettazioni sono, poi, state riprese nel primo, nel secondo e nel terzo
motivo aggiunto, ove si è insistito nell’evidenziare la sproporzione
dell’intervento, che appariva incoerente con le esigenze di fabbisogno
energetico e di sviluppo produttivo del Piemonte e della zona interessata e con
le tematiche legate alla congestione della rete e al suo sviluppo futuro,
ritenuto molto lontano per quanto attualmente progettato.
Anche in tale caso, in relazione alla prospettata inammissibilità e tardività
dei motivi aggiunti, il Collegio ritiene che l’infondatezza degli stessi, per
quanto si dirà in prosieguo, può far prescindere dall’esaminare l’eccezione.
Procedendo in ordine nell’esame dei suddetti motivi, il Collegio rileva che, nel
ricorso introduttivo, l’Enel Produzione s.p.a. lamentava, in primo luogo, che
l’autorizzazione impugnata prevede l’ampliamento della stazione elettrica a 380
kV “Trino 2” di proprietà Terna s.p.a. e la realizzazione di un elettrodotto in
cavo interrato di circa 1.6 Km per la relativa connessione ma non si occupa di
un proporzionato adeguamento della rete di trasmissione nazionale dell’energia,
dato che l’attuale assetto della stessa porta a considerare saturo il tronco di
linea su cui dovrebbe immettersi il flusso energetico della nuova centrale,
perché integralmente occupato da quella immessa dalla centrale Enel di Leri
Cavour, con ciò danneggiando direttamente i diritti di quest’ultima, in
violazione del principio generale di salvezza dei diritti dei terzi riconosciuto
necessario nel rilasciare autorizzazioni di ogni tipo.
L’autorizzazione impugnata, quindi, ha violato lo stesso art. 1, comma 1, d.l.
n. 7/2002 perché non ha considerato le infrastrutture indispensabili
all’esercizio dell’opera, costituite dall’adeguamento della relativa rete di
trasporto ad alta tensione.
Sul punto il Collegio osserva che, nella presente sede di legittimità, le
doglianze della società ricorrente devono essere suffragate almeno da un
principio di prova per giustificare il richiesto annullamento sotto i profili di
manifesta illogicità, irragionevolezza o contraddittorietà, in riferimento alle
norme di legge applicate, che unicamente possono essere considerati nella
presente sede.
Ebbene, anche a seguito dell’approfondita istruttoria esperita e della
documentazione depositata in giudizio, non appare che le doglianze della società
ricorrente siano sorrette da adeguato impianto probatorio.
Il Collegio osserva innanzitutto che occorre evidenziare il contesto in cui è
stato adottato il procedimento che ha portato all’autorizzazione impugnata. Esso
si evince anche dalla lettura del preambolo al d.l. n. 7/2002, secondo il quale:
“…Tenuto conto che le attuali previsioni sulla crescita del fabbisogno nazionale
di energia elettrica e sulla disponibilità di potenza di generazione segnalano
una situazione di imminente incompatibilità con la salvaguardia della sicurezza
di esercizio del sistema elettrico, rendendo pertanto necessario il
rafforzamento urgente del parco di generazione al fine di evitare crisi ed
interruzioni della fornitura di energia; Ritenuta la straordinaria necessità ed
urgenza di adottare misure per garantire la sicurezza del sistema, evitando
interruzioni del servizio e crisi nella fornitura di energia elettrica, anche
mediante misure di carattere transitorio, valide per superare l’attuale
situazione di emergenza, Considerata, in relazione ai tempi minimi necessari per
la realizzazione di nuovi impianti, non più differibile l’adozione di norme per
accelerare tali realizzazioni ed assicurare, su tutto il territorio nazionale,
la fornitura di un servizio pubblico essenziale, necessario per salvaguardare lo
sviluppo economico del Paese, nonché l’attuale livello qualitativo di vita…”.
Ne consegue che era onere della società ricorrente, alla luce dei presupposti di
necessità e urgenza illustrati dal legislatore, dimostrare in maniera
irrefutabile quanto affermato in ordine all’insufficienza delle linee e dei nodi
di trasmissione utilizzabili.
Ebbene, come detto, tale dimostrazione non risulta allo stato degli atti.
In relazione alla congestione dei nodi di Rondissone e Castelnuovo Scrivia, il
Collegio rileva che non si evince l’attualità di tale “ingolfamento” dei nodi
come prospettata. Se, invece, l’ingolfamento è prevedibile per il futuro, il
Collegio ugualmente rileva che sui nodi in questione, come chiarito anche dalla
documentazione in atti, insistono ed insisteranno altre centrali di produzione
diverse da quelle Enel di Leri Cavour e E.ON. di Livorno Ferraris, con ciò
coinvolgendo tutti i soggetti produttori che potranno sì vedere ridotta la
portata energetica dei singoli impianti ma ciò per tutti e a beneficio
dell’interesse pubblico ad una più razionale ed equilibrata distribuzione della
medesima energia per la quale, certamente, seguiranno opere di adeguamento della
rete, come d’altro canto evidenziato anche dal Gestore della rete nei suoi
interventi nelle tre conferenze di servizi tenutesi.
In assenza della dimostrazione dell’attualità dell’intasamento della rete,
quindi, l’autorizzazione rilasciata appare coerente con le premesse al d.l. n.
7/2002 sopra riportate, che fotografavano una situazione di disagio nazionale
nella produzione e distribuzione dell’energia che, se non fronteggiata dallo
sviluppo del numero degli impianti in tempi brevi, poteva avere ripercussioni
negative sullo sviluppo economico del Paese e sull’attuale livello qualitativo
di vita.
Si rammenta, in proposito, che il Ministero delle Attività Produttive, proprio
in relazione alla questione comunque rappresentata dall’Enel per la conferenza
dei servizi del 15 marzo 2004, ha precisato all’interno di tale modulo
procedimentale, per quanto riportato nel relativo verbale depositato in
giudizio: “ Il MAP rende noto di aver ricevuto per fax in data 15 marzo 2004,
una lettera, di pari data, da parte di Enel produzione s.p.a. nella qualità di
proprietaria di alcuni terreni interessati dalla procedura di cui sopra, nella
lettera sono espresse, tra l’altro, osservazioni critiche al progetto
soprattutto con riferimento alle difficoltà di discacciare tutta l’energia
prodotta dalla centrale Enel di Leri Cavour una volta realizzate le centrali di
Livorno Ferraris e di chiasso. Nel merito il MAP osserva che: - non risulta che
l’Enel Produzione S.p.A. abbia inviato nei tempi previsti le proprie
osservazioni anche ai Comuni interessati o alla Prefettura di vercelli, come
previsto dalla procedura di cui alla legge 25 giugno 1865, n. 2359 e successive
modifiche; - il tema del dispacciamento delle centrali, e quindi della asserita
conflittualità tra la nuova centrale e quelle esistenti dell’Enel, non rientra
tra gli interessi tipici dei proprietari dei terreni che la legge n. 2359/1865
intende tutelare e pertanto risulta, in tale sede, impropriamente avanzata; in
ogni caso, si osserva che il dispacciamento dell’energia prodotta dalle varie
centrali, compatibilmente con i vincoli di rete, sarà, come per tutto il resto
del territorio nazionale, determinato dall’ordine di merito previsto dal d.lgs.
n. 79/99, all’interno del funzionamento del mercato elettrico e delle modifiche
a detto ordine determinate dal GRTN; sempre sullo stesso tema, il GTRN ha già
previsto, come detto precedenetemente, i necessari rinforzi di rete nel proprio
piano di sviluppo.”.
Nell’ambito della medesima conferenza dei servizi, infatti, il GRTN aveva
ritenuto di confermare “…il parere espresso nella seconda riunione della
Conferenza di Servizi, specificando che la connessione in cavo è a carico del
proponente e che lo sviluppo della rete nazionale è limitato all’ampliamento
della stazione esistente di Trino. Sottolinea poi l’importanza della
realizzazione della linea Trino-Lacchiarella, prevista dal piano triennale di
sviluppo della rete, informa che per la stessa sono stati individuati con la
Regione Piemonte otto possibili corridoi di transito, mentre ciò non è ancora
avvenuto con la Regione Lombardia.”.
Nella precedente conferenza dei servizi, tenutasi il 21 febbraio 2003, il
rappresentante del GRTN aveva specificato che: “…1. l’interramento
dell’elettrodotto di collegamento della centrale alla stazione elettrica di
Trino (prescritto nella Delibera della Regione Piemonte) esaurisce le
problematiche relative all’interferenza dell’elettrodotto stesso con la linea
‘Rondissone-Trino’ (punto 4) dell’intervento contenuto nel precedente verbale
della Conferenza di servizi; 2. dall’esame della documentazione integrativa
relativa alla stazione di Trino, elaborata dalla società TERNA (titolare della
stazione stessa) per conto del proponente, si evince la necessità di un
ampliamento della sezione a 380 kV (in esecuzione blindata) e
corrispondentemente dell’edificio contenente la sezione stessa e che tale
ampliamento rientra negli attuali confini di proprietà della stazione. In ogni
caso, fatta salva l’esigenza (da verificare in fase di progetto esecutivo) di
rispondenza alle ‘Regole tecniche di Connessione’ disponibili sul sito web del
GRTN, comunica, per il progetto d’integrazione presentato, il proprio parere di
rispondenza alla soluzione di allacciamento ed ai requisiti tecnico-funzionali
prescritti”.
In precedenza, nella prima conferenza di servizi del 10 maggio 2002, lo stesso
rappresentante del GRTN aveva chiarito: “… - di vedere favorevolmente
l’iniziativa, stante l’attuale necessità di installare nuova potenza di
generazione in Piemonte regione deficitaria per bel il 42% del proprio
fabbisogno; - che nella regione Piemonte sono previsti rinforzi di rete con
riferimento sia alle importazioni che alle linee interne (in particolare è
prevista la realizzazione della linea Trino 2-Lacchiarella); - che la E.ON
Italia Produzione S.p.A. deve dare conferma al GRTN della proposta soluzione di
allacciamento ai sensi della recente delibera n. 50/02 dell’Autorità per
l’energia elettrica e il gas; - che se dovesse essere portata avanti la
soluzione prevista nel progetto di connessione alla rete dovrebbe essere
spostata una campata della linea Rondissone-Trino di proprietà TERNA alla quale,
quindi, andranno cedute le relative autorizzazioni; - che è necessario
verificare con la TERNA la disponibilità dello spazio necessario per
l’allacciamento nella sottostazione di Trino 2”.
A ciò si aggiunga che dall’esame del Programma di Sviluppo della Rete Nazionale
di Trasmissione lo stesso Gestore, nel 2003, aveva previsto subito, tra il
dicembre 2004 e il gennaio 2005, la realizzazione di tre linee utili per
vettoriare l’energia proveniente dalle centrali di Leri Cavour e di Livorno
Ferraris. Il successivo programma illustrato nel corso del 2005, inoltre,
prevede il completamento della linea entro il 2008 e il suo raddoppio.
Come si nota, nel corso dell’istruttoria, espletata anche mediante tre
conferenze di servizi, il rappresentante del GRTN non ha mai prospettato il
rischio paventato dalla società ricorrente in ordine alla insufficienza della
rete ma, anzi, ha rilasciato parere positivo in ordine alla realizzazione, ben
conscio che tale intervento era da inquadrare nell’ambito di un più ampio
programma di rinnovo e rideterminazione del quadro energetico nazionale che
trovava inizio con l’autorizzazione alla centrale in questione, ma si sarebbe
esplicato, nel tempo, con un numero di interventi di settore proporzionato e
riguardante l’intero territorio nazionale.
Alla luce di quanto riportato, quindi, non si evince quanto prospettato dalla
società ricorrente in ordine alla ritenuta eccedenza di produzione di energia
elettrica da parte della Regione Piemonte, laddove lo stesso GRTN dichiara che
tale Regione è deficitaria per il 42% del proprio fabbisogno né in ordine alla
ritenuta insufficienza dei corridoi di transito, laddove il GRTN precisa che per
il Piemonte sono stati individuati otto possibili corridoi di transito per lo
sviluppo della rete evidenziato dalla realizzazione, comunque prevista per il
2008, della linea Trino-Lacchiarella.
Né si evince che la Regione Piemonte o la Provincia di Vercelli – anche in
seguito alla documentazione depositata in giudizio in seguito alla sentenza n.
1029/05 – abbiano mai ritenuto come presupposto indispensabile il previo
adeguamento della rete, dato che la Regione Piemonte ha espresso l’“intesa” cui
era chiamata senza prescrizioni sul punto e così pure la Provincia di Vercelli
ha sottoscritto un accordo volontario con la E.ON. Italia Produzione s.p.a. che
non si occupa delle questione riguardanti l’adeguamento della rete in questione.
Ebbene, ai fini del presente giudizio di legittimità, il Collegio non riscontra,
quindi, i vizi lamentati sotto tale profilo dalla società ricorrente, essendo
sufficiente, per la scelta di merito operata dall’Amministrazione, quanto
risultato dall’approfondita istruttoria e in relazione al generale quadro
programmatico di rideterminazione dell’intero settore nazionale dell’energia.
Ugualmente infondata, quindi, appare la doglianza della società ricorrente
incentrata sull’osservazione che l’autorizzazione impugnata non si occupava
delle “infrastrutture indispensabili” per l’esercizio dell’impianto,
individuando queste nell’ampliamento della rete, secondo quanto evidenziato
anche nel primo e nel secondo motivo aggiunto.
In realtà, osserva il Collegio, l’ampliamento della rete è previsto ma fa parte
di un quadro di sviluppo più ampio e generale in corso di realizzazione.
Le infrastrutture indispensabili di cui all’art. 1, comma 2, d.l. n. 7/2002,
quindi, non possono che essere quelle strettamente legate all’opera autorizzanda
e coincidono con quelle relative alla connessione dell’impianto all’esistente
stazione elettrica di Trino 2, al metanodotto di collegamento e alle opere di
presa e restituzione delle acque dell’impianto, di cui alle lettere b), c) e d)
del decreto MAP dell’11 maggio 2004 nella presente sede impugnato.
Né le prospettate limitazioni, anche significative, della potenza generata dagli
impianti di produzione, di cui alla nota del 14 marzo 2001 del GRTN, come
richiamate nel terzo motivo aggiunto, appaiono elemento idoneo ad impedire il
rilascio dell’autorizzazione impugnata nella presente sede, sia perché, nel
corso delle successive conferenze di servizi, lo stesso GRTN non ha richiamato
tali circostanze come impeditive della realizzazione, ritenendo sufficiente
l’espansione della rete anche in prospettiva futura, sia perché la
prospettazione di tali limitazioni era rivolta, nella nota in questione del 14
marzo 2001, alla medesima richiedente Buzzi Unicem s.p.a. (poi E.ON. Italia
produzione s.p.a.), con ciò precisando che la nuova opera doveva risentire,
unitamente a tutte le altre già autorizzate, della conseguenze di una
rideterminazione generale del quadro di trasmissione e dispacciamento locale.
Non risulta colpita, quindi, da tali prospettate limitazioni, una unica
operatrice del settore, che la società ricorrente individua in se stessa, ma
tutti i soggetti economici operanti in esso, nell’ottica, però, di un razionale
riassetto del quadro energetico, non più rinviabile per quanto sinteticamente
richiamato nel preambolo del d.l. n. 7/2002 sopra riportato.
Ciò coincide, inoltre, con quanto richiamato sia dalla difesa erariale sia dalla
controinteressata in ordine al nuovo assetto del settore energetico elettrico,
di cui al d.lgs. n. 79/1999 in attuazione dei principi di cui alla Direttiva
96/92/CE, confermata dalla Direttiva 2003/54/CE, che ha sostanzialmente
liberalizzato l’attività di produzione dell’energia elettrica, creando il
Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale, cui sono concesse le attività di
trasmissione e dispacciamento nel rispetto unicamente dei principi di
imparzialità, trasparenza e neutralità, garantendo così a tutti i soggetti
operanti nel settore l’immissione di energia nella rete gestita da un soggetto
indipendente, mediante meccanismi appositi e oggettivi (c.d. “borsa elettrica”).
Non vi sono, quindi, diritti di priorità nell’accesso alla rete né situazioni
consolidate di usufrutto della stessa ma ogni soggetto del settore, anche
preesistente, entra in un nuovo mercato liberalizzato di competizione in cui
tutti usufruiscono delle medesime regole.
Sulla base di tali premesse, quindi la struttura legislativa vigente, di cui al
d.l. n. 7/2002, conv. in l.n. 55/2002, esprimendo un quadro confermato
definitivamente dal d.l. 29 agosto 2003, n. 239, conv. in l. 27 ottobre 2003, n.
209 e dalla l. 23 agosto 2003 2004, n. 239, ha previsto che l’autorizzazione
alla realizzazione ed esercizio di centrali elettriche è rilasciata su
presupposti legati unicamente a parametri ambientali, sanitari e di tutela del
territorio – come avvenuto nel caso di specie, secondo il contenuto del decreto
ministeriale di autorizzazione dell’11 maggio 2004 e le relative prescrizioni –
ma non sugli effetti economici nei confronti degli altri operatori di mercato,
che non vantano diritti specifici in argomento nel contesto della introdotta
liberalizzazione.
Anche sotto questo profilo, quindi, non appaiono confacenti i richiami della
società ricorrente alla giurisprudenza, che riconosce la salvezza di diritti di
terzi nel rilascio di autoirizzazione, perché i profili evidenziati nel ricorso
e nei motivi aggiunti non sono inerenti a diritti riconoscibili alla Enel
produzione s.p.a. nel senso da lei prospettato.
Con il terzo motivo di ricorso, la società ricorrente lamentava la carenza di
motivazione in ordine alla localizzazione dell’opera, in particolare: a) in
relazione al percorso di un cavo ad olio fluido interrato in aree di proprietà
Enel, vitali per i futuri programmi di sviluppo dell’insediamento produttivo di
Leri Cavour, b) all’opera di presa dell’acqua, la cui costruzione
comprometterebbe la funzionalità dell’opera di scarico Enel, con pregiudizio per
la continuità dell’esercizio dell’impianto di Leri Cavour, secondo quanto
rappresentato dai suoi rilievi espressi nel corso del procedimento, con aggravio
del sacrificio imposto e sproporzione tra mezzi e fine perseguito.
Sul punto il Collegio osserva che, nuovamente, la società ricorrente non
fornisce un principio di prova idoneo a surrogare le sue doglianze.
Premesso che è emerso nel corso del giudizio che il cavo di cui al punto a) non
è a “olio fluido” ma di altro tipo, non è stato chiarito dalla società
ricorrente quali suoi vitali programmi di sviluppo sarebbero limitati
dall’esecuzione del suddetto collegamento, tenendo conto il tracciato appare
interamente interrato e che, comunque, esistono infrastrutture preesistenti,
quali strade di raccordo e linee aree a 380 kV, che ragionevolmente impediscono
sviluppi territoriali della centrale di Leri Cavour.
In relazione alla doglianza sub b), il Collegio osserva che la difesa erariale
ha chiarito che il progetto è stato redatto in accordo con l’ente gestore della
rete idrografica di interesse e che l’opera di presa in questione è posta ad una
significativa distanza dall’opera di scarico della centrale della società
ricorrente, sulla sponda sud del c.d. “canale Magrelli”, opposta a quella di
interesse della Enel Produzione s.p.a.
Alla luce di tali premesse oggettive, riscontrabili nella documentazione
depositata in giudizio, non si evince quali conseguenze così incuranti
dell’interesse privato della società ricorrente siano state individuate dalla
scelta di cui all’autorizzazione impugnata né la Enel Produzione s.p.a. fornisce
ulteriori elementi a confutazione delle osservazioni sopra riportate.
Alla luce di quanto illustrato, quindi, il ricorso e i motivi aggiunti devono
essere rigettati.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte – Sezione 2^, rigetta il
ricorso e i motivi aggiunti in epigrafe.
Condanna la società ricorrente a corrispondere le spese di giudizio nella misura
di euro 1.000 per ciascuna delle altre parti costituite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Torino, nella camera di consiglio del 26 maggio 2005, con la
partecipazione dei signori magistrati:
Giuseppe Calvo Presidente
Ivo Correale Referendario, estensore
Giorgio Manca Referendario
Il Presidente
L’Estensore
f.to Calvo
f.to Correale
Il Direttore Segreteria II Sezione
Depositata in Segreteria a sensi di
f.to Ruggiero
Legge il 17 SETTEMBRE 2005
Il Direttore Segreteria II Sezione
f.to Ruggiero
1) Pubblica amministrazione – Impianti di energia elettrica – D.L. 7/2002 conv. in L. 55/2002 – Procedimento autorizzatorio – L. 241/1990 – Soggetti nei confronti dei quali il provvedimento è destinato a produrre effetti diretti, ai fini della comunicazione di avvio del procedimento – Individuazione. Il d.l. n. 7/2002, conv. in l.n. 55/2002, chiarisce le procedure autorizzatorie per la costruzione e l’esercizio degli impianti di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici, nonché delle opere connesse e delle infrastrutture indispensabili all’esercizio degli impianti in questione (procedimento unico, al quale partecipano le Amministrazioni statali e locali interessate, che sostituisce le singole autorizzazioni di competenza delle Amministrazioni interessate e degli enti pubblici territoriali). Ai fini dell’applicazione dell’art. 7 l.n. 241/1990, i soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti sono quelli che beneficiano dell’autorizzazione unica, vale a dire, quelli che hanno avanzato la richiesta di costruzione ed esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW, essendo l’autorizzazione, come noto, un provvedimento ampliativo della sfera giuridica del richiedente. Il potere autorizzatorio, ampliativo di diritti omogenei altrui, può determinare, a sua volta, una compressione del contenuto dei diritti dei titolari di precedenti provvedimenti ampliativi, quando i campi di intervento sono coincidenti, ma ciò comporta un mero effetto riflesso che può solo legittimare il ricorso al vaglio in sede giurisdizionale di tali nuovi provvedimenti ma non l’obbligo di ricevere anche la comunicazione di avvio del procedimento. Pres. Calvo, Est. Correale – E.N.E.L. Produzione s.p.a. (Avv. Yeuillaz e Vaccari) c. Ministero delle Attività Produttive (Avv. Stato) e Regione Piemonte (Avv. Maina) - T.A.R. PIEMONTE, Sez. II – 17 settembre 2005, n. 2831
2) Pubblica amministrazione – Settore energetico – Nuovo assetto – Liberalizzazione – Autorizzazione alla realizzazione ed esercizio di centrali elettriche – Effetti economici nei confronti di atri operatori di mercato – Rilevanza – Esclusione. Il nuovo assetto del settore energetico, di cui al d.lgs n. 79/1999 in attuazione dei principi di cui alla Direttiva 96/92/CE, confermata dalla Direttiva 2003/54/CE, ha liberalizzato l’attività di produzione dell’energia elettrica, creando il Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale, cui sono concesse le attività di trasmissione e dispacciamento nel rispetto unicamente dei principi di imparzialità, trasparenza e neutralità, garantendo così a tutti i soggetti operanti nel settore l’immissione di energia nella rete gestita da un soggetto indipendente, mediante meccanismi appositi e oggettivi (c.d. “borsa elettrica”). Non vi sono, di conseguenza, diritti di priorità nell’accesso alla rete né situazioni consolidate di usufrutto della stessa ma ogni soggetto del settore, anche preesistente, entra in un nuovo mercato liberalizzato di competizione in cui tutti usufruiscono delle medesime regole. Sulla base di tali premesse, la struttura legislativa vigente, di cui al d.l. n. 7/2002, conv. in l.n. 55/2002, esprimendo un quadro confermato definitivamente dal d.l. 29 agosto 2003, n. 239, conv. in l. 27 ottobre 2003, n. 209 e dalla l. 23 agosto 2003 2004, n. 239, ha previsto che l’autorizzazione alla realizzazione ed esercizio di centrali elettriche è rilasciata su presupposti legati unicamente a parametri ambientali, sanitari e di tutela del territorio, ma non sugli effetti economici nei confronti degli altri operatori di mercato, che non vantano diritti specifici nel contesto della introdotta liberalizzazione. Pres. Calvo, Est. Correale – E.N.E.L. Produzione s.p.a. (Avv. Yeuillaz e Vaccari) c. Ministero delle Attività Produttive (Avv. Stato) e Regione Piemonte (Avv. Maina) - T.A.R. PIEMONTE, Sez. II – 17 settembre 2005, n. 2831
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