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 Massime della sentenza

 

 

T.A.R. PUGLIA, Puglia - Lecce, Sez. I - 24 febbraio 2005, n. 871

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Sezione Prima di Lecce ANNO 2004
 


Composto dai Signori Magistrati:
Aldo Ravalli Presidente
Ettore Manca Componente - relatore
Carlo Di Bello Componente
ha pronunziato la seguente:
 

SENTENZA



sul ricorso n. 1856/04, presentato:
- da Marrocco Sergio e dalla Leukos S.a.s. di Nuzzo Lidia & C., rappresentati e difesi dall’Avv. Ernesto Sticchi Damiani ed elettivamente domiciliati in Lecce, presso lo studio del difensore, alla via 95° Rgt. Fanteria 9;
contro:
- il Comune di Gagliano del Capo, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito;
- il Settore Tecnico e Gestione del Territorio del Comune di Gagliano del Capo, in persona del suo dirigente p.t., non costituito;
per l’annullamento:
- del provvedimento prot. n. 3861 dell’11 giugno 2004, con il quale il Responsabile del Settore Tecnico e Gestione del Territorio del Comune di Gagliano del Capo respingeva la richiesta di permesso di costruire in sanatoria avanzata ai sensi dell’art. 36 D.P.R. 380/01 relativamente ad interventi abusivamente realizzati in un’area sita in località Scioranti;
- di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale e, in particolare, del parere espresso dalla C.E.C. nella tornata del 20 maggio 2004, verbale n. 3.
Visto il ricorso.
Designato alla pubblica udienza del 26 gennaio 2005 il relatore dott. Ettore Manca e udito l’Avv. Sticchi Damiani.
Osservato quanto segue:
 

Fatto


1.- Nel ricorso si espone che:

1.2 il Sig. Marrocco è proprietario di un terreno sito nel Comune di Gagliano del Capo, in località Scioranti, ricadente in area tipizzata E3 -verde agricolo speciale- e sottoposta a vincolo paesaggistico.

1.3 Con contratto in data 10 aprile 2004 detto terreno veniva concesso in comodato alla Leukos S.a.s.: in data 11 maggio 2004, quindi, la Sig.ra Lidia Nuzzo, legale rappresentante della società, avanzava istanza di permesso di costruire in sanatoria ex art. 36 D.P.R. 380/01 relativamente ad alcuni interventi di sistemazione agro-silvo-pastorale abusivamente realizzati, senza aumento di volumetria, sulla predetta area, e consistenti nella realizzazione di cunette di raccordo per la meccanizzazione della coltivazione del fondo e della raccolta dei suoi prodotti, nonché nel recupero, valorizzazione e nuova realizzazione di alcuni muretti a secco.

1.4 Con provvedimento prot. n. 3861 dell’11 giugno 2004, tuttavia, il Responsabile del Settore Tecnico e Gestione del Territorio del Comune di Gagliano del Capo respingeva l’istanza.

3.- Il provvedimento appena indicato, oltre agli altri atti indicati in epigrafe, viene impugnato per i seguenti motivi:

A) Violazione, falsa ed erronea interpretazione e applicazione del combinato disposto degli artt. 143, 145 e 159 del d.lgs. 42/04.

Eccesso di potere per erronea presupposizione in diritto.

Illogicità e irragionevolezza dell’azione amministrativa.

B) Violazione del principio di interpretazione secondo Costituzione.

C) Violazione del principio comunitario di proporzionalità.

Illegittimità costituzionale dell’art. 146, comma 10, lett. c), d.lgs. 42/04, per violazione degli artt. 76, 3 e 97 della Costituzione.

4.- All’udienza del 26 gennaio 2005 la causa è stata introitata per la decisione.


Diritto


1.- Il ricorso è infondato e va respinto per le ragioni che di seguito si indicheranno.

2.- Il Tribunale rileva preliminarmente che su alcune delle questioni in diritto poste nel ricorso si è già pronunciato con la sentenza n. 8603/04 del del 24 novembre scorso, nella cui motivazione si sottolinea quanto segue.

2.2 Non può anzitutto trovare accoglimento l’argomento di censura tendente ad evidenziare il carattere non immediatamente operativo del divieto contenuto nell’art. 146, comma 10, lett. C) del D. lgs. n. 42/2004 (<<L’autorizzazione paesaggistica:

[…] c) non può essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione, anche parziale, degli interventi>>), sul rilievo che lo stesso dovrebbe entrare in vigore solo a far tempo dell’andata a regime del nuovo procedimento autorizzatorio, con conseguente applicazione alla fattispecie in esame della disciplina transitoria dettata dal successivo art. 159 che non contempla espressamente tale divieto.

In senso contrario si osserva infatti che la disciplina transitoria introdotta da quest’ultima norma -nel prevedere l’immediata comunicazione, avente altresì per il privato efficacia notiziale di avvio del procedimento, alla Soprintendenza delle autorizzazioni rilasciate, unitamente ai relativi supporti documentali di parte ed istruttori d’ufficio eventualmente nella forma di una relazione illustrativa, nonché la fissazione del termine per il rilascio dell’autorizzazione, delle relative sospensioni ed infine dei poteri statali di annullamento e sostituzione- evidenzia già sul piano testuale un contenuto meramente procedurale (peraltro coerente con la rubrica “Procedimento di autorizzazione in via transitoria”), che non interferisce sui profili sostanziali dell’esercizio del potere concessorio e sulla sua connotazione in termini di necessaria anteriorità rispetto alla realizzazione dell’opera. Sempre sul piano lessicale tale conclusione rinviene ulteriori supporti argomentativi nella lettera delle altre disposizioni contenute nel medesimo articolo, le quali, per un verso, con un enunciato tipicamente ricognitivo di una situazione di divieto di autorizzazione ex post, ribadiscono la preclusione di dar inizio ai lavori in difetto della stessa (comma 2); e, per altro verso, dettano una disciplina speciale ed a carattere esplicitamente temporanea -che espressamente contempla il rilascio dell’autorizzazione solo dopo l’approvazione dei piani paesaggistici- per quelle fattispecie residuali oggetto di provvedimenti adottati ai sensi dell’art. 1 quinquies del D. L. n. 312/1985 e pubblicati nella G.U in data anteriore al 6.9.1985 (comma 5).

Emergono pertanto, già sul piano dell’interpretazione letterale delle disposizioni in esame, la loro differente natura giuridica, la loro diversa portata precettiva ed il conseguente regime giuridico scaturente dalla loro combinazione: a fronte dell’immediatamente cogente previsione relativa al divieto di autorizzazione paesaggistica in sanatoria sancita dal citato art. 146 (che è norma sostanziale ed espressione di un giudizio di valore), il regime transitorio dettato dal successivo art. 159 trova applicazione limitatamente ai profili procedurali (che, in quanto attinenti alle sole modalità di esercizio del potere, non ne possono incidere l’intrinseca conformazione). In altri termini, l’efficacia derogatoria di quest’ultima disciplina temporanea deve ritenersi allo stato (e cioè sino all’approvazione dei piani paesaggistici ai sensi dell’art. 156 ovvero ai sensi dell’art. 143 e dopo il conseguente adeguamento degli strumenti urbanistici ai sensi dell’art. 145 del D. Lgs. n. 42/2004) prevalente solo sulle corrispondenti norme che regolano il procedimento de quo nel suo regime ordinario, senza che ciò comporti alcuna interferenza con la nuova delimitazione e configurazione del potere autorizzatorio in questione, il quale risulta, con norma immediatamente applicabile, delineato dall’art. 146 nella sua sostanziale connotazione e nella sua estensione operativa.

2.3 Questo principio d’altronde -e cioè l’immediata applicazione del divieto di autorizzazione paesaggistica in sanatoria ex art. 146, comma 8, lett. C) del d. lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, in ragione della natura sostanziale di tale norma delimitativa del relativo potere, come tale non incisa dalle previsioni transitorie di rango esclusivamente procedimentali del successivo art. 159-, non manifesta alcun profilo di contrasto con l’impianto costituzionale, ponendosi per converso in un rapporto di immediata inverazione, a livello di normativa primaria, della tavola assiologica scaturente dalla Grundnorm: in positivo, infatti, il fondamentale rango che il valore paesaggio rinviene nel testo costituzionale e nella evoluzione della sensibilità giuridico-sociale risulta pienamente ed effettivamente garantito proprio attraverso un intervento amministrativo di tipo preventivo, che valuti la compatibilità del progetto edificatorio con il contesto ambientale di riferimento nella sua dimensione reale e nel suo intrinseco ed assoluto significato, con esclusione di valutazioni operate in un quadro già comunque inciso dall’opera ormai realizzata (e ciò esclude anche la sussistenza delle contestate violazioni degli artt. 3 e 97 Cost.).

2.4 In negativo, a giudizio di questo Collegio, non risultano affatto sussistere le prospettate censure di irragionevolezza e di contraddittorietà intrinseca in ordine al delineato assetto legislativo in materia.

Ed invero, in primo luogo, deve osservarsi che l’elaborazione giurisprudenziale in tema di ammissibilità dell’autorizzazione paesaggistica postuma ed il relativo supporto motivazionale, da un lato, prendevano le mosse proprio dall’assenza di un espresso divieto normativo, anche implicito, di adozione dell’atto a posteriori; dall’altro, già si evidenziava l’impossibilità di richiamare nell’ambito della materia della tutela del paesaggio la norma sull’accertamento di conformità propria del settore edilizio (art. 13 L. n. 47/1985), e ciò sia per il più pregnante significato che il valore paesaggio riceve in forza dell’art. 9 Cost., sia per il contenuto valutativo sotteso all’autorizzazione de qua a fronte del carattere fortemente vincolato della sanatoria edilizia. Al riguardo, con particolare riferimento al caso in questione ed alla fase transitoria in cui lo stesso si colloca, occorre condividere l’osservazione secondo cui le motivazioni poste a fondamento del divieto di autorizzazione paesaggistica e l’intrinseca coerenza del sistema appaiono vieppiù consistenti proprio in relazione alla caratteristica articolazione temporale e di progressivo completamento della nuova normativa: è proprio in tale segmento storico/procedimentale -in cui la connotazione dell’attuale pianificazione paesaggistica non consente alla stessa di porsi quale stringente criterio per la verifica della compatibilità di una trasformazione del territorio con il superprimario interesse paesaggistico, a differenza di quanto preconizzato dall’art. 143 D. Lgs. n. 42/2004 con riguardo ai futuri piani dotatati di un ben maggiore livello contenutistico sul punto- che, rimanendo siffatta verifica affidata ad un esercizio del potere autorizzatorio fortemente discrezionale, resta particolarmente avvertita la necessità di assicurare che tale valutazione abbia luogo di necessità anteriormente alla modifica dello stato delle cose.

2.5 Ne consegue sia una piena razionalità nell’attuale assetto normativo, sia un’ulteriore conferma dell’immediata applicabilità del divieto in esame, atteso che lo spostamento della sua operatività al termine della fase transitoria di cui all’art. 159 (e cioè una volta introdotta la nuova pianificazione paesaggistica) finirebbe contraddittoriamente per tradire la ragione giustificatrice propria dell’introduzione del suddetto divieto.

2.6 Né, infine, colgono nel segno le pur perspicaci osservazioni in ordine ad una intrinseca contraddittorietà del ricostruito sistema normativo nella misura in cui lo stesso, a fronte di un assoluto divieto di rilascio formale autorizzazione paesaggistica in sanatoria, ha mantenuto e riproposto la sanzione alternativa tra la demolizione dell’opera ed il pagamento di un’indennità equivalente alla maggior somma tra il danno arrecato ed il profitto conseguito (art. 167 D. Lgs. n. 42/2004). In disparte il tema dell’idoneità di siffatta argomentazione a fondare il dubbio di legittimità costituzionale sull’art. 146 piuttosto che non su tale ultima normativa in ragione degli già evidenziati valori sottesi al divieto di autorizzazione paesaggistica in sanatoria, deve osservarsi come siano profondamente diversi ed incommensurabili gli ambiti operativi delle due norme, di tal che alcuna incongruenza logico-giuridica può desumersi dal loro confronto. Ed, invero, non appare corretta una ricostruzione della fattispecie dell’alternativa sanzionatoria di cui al citato art. 167 in termini tali da configurare nella decisione della P.A. di optare per la sanzione pecuniaria in luogo della demolizione una sorta di autorizzazione postuma implicita, con conseguente irrazionalità ed illegittimità costituzionale della norma in contestazione in ragione dell’assolutezza operativa che la caratterizza. In senso contrario s’osserva che l’eventuale applicazione della sola sanzione pecuniaria, da un lato, presuppone comunque l’accertamento di una violazione rispetto al valore paesaggistico, sia pure di consistenza tale da non imporre la demolizione dell’opera, laddove l’intervento autorizzatorio esclude in radice ogni profilo di incidenza sullo stessa; dall’altro e soprattutto, proprio in considerazione di tale diverso giudizio di fondo, pur garantendo sul piano effettuale il mantenimento della struttura, nondimeno -diversamente dall’intervento autorizzatorio- non ne elide il carattere di illecito, condizionando la sorte giuridica (si pensi alla circolazione del bene; al vincolo che dallo stesso deriva in sede di successiva pianificazione territoriale; ecc.) e materiale (si pensi ad un bene ancora a rustico o non ultimato) dell’opera edilizia. Ne consegue che, in ragione dell’assoluta diversità dei rispettivi ambiti operativi e delle connessa portata effettuale, alcuna contraddizione discende dalla contemporanea vigenza delle due norme in questione e della relativa conformazione dei rispettivi poteri in capo all’amministrazione, di tal che, con specifico riguardo al caso di specie, non può ritenersi illegittimo l’impugnato diniego per omesso, preventivo esercizio del potere ex art. 167.

2.7 Ancora, non pare pertinente il riferimento ad una pretesa ed irragionevole retroattività della nuova disciplina, atteso che, a fronte della riconosciuta natura sostanziale della norma che delimita l’ambito applicativo del potere autorizzatorio de quo, il principio tempus regit actum, riferito all’iter amministrativo, implica che il provvedimento finale del procedimento, che esprime l’assetto pubblicistico degli interessi coinvolti nella fattispecie, deve obbedire alle scelte di valore espresse dalla legge vigente alla data di adozione dell’atto.

3.- Ai concetti fin qui richiamati, inoltre, si deve aggiungere che la rigorosità del sistema normativo così come intepretato, ritenuta irragionevole e sproporzionata dai ricorrenti, ne costituisce invece a giudizio del Tribunale uno dei tratti più innovativamente caratterizzanti, permeandone la ratio nel senso di attribuirgli una valenza dissuasiva che, in assenza di questa immediata e piena precettività, lo stesso non avrebbe certamente potuto assumere: dissuasività che peraltro, come evidenziato in varie occasioni anche dalla Corte di giustizia della Comunità europea, costituisce, insieme alla effettività e alla proporzionalità -cui pure si fa riferimento nel ricorso, e rispetto alla quale va ribadita la centralità dei valori paesaggistici in gioco-, uno dei criteri tramite i quali valutare il concetto di adeguatezza dei meccanismi sanzionatori.

3.2 Quanto appena scritto induce il Collegio a rigettare l’avanzata istanza di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia della Comunità europea.

3.3 Un ultimo accenno, infine, ai temi dell’affermato eccesso di delega e del contrasto della normativa in esame con gli artt. 3 e 97 della Carta Costituzionale: anche quest’ultimi argomenti di censura, a giudizio del Collegio, vanno disattesi, per un verso in ragione dei contenuti particolarmente ampi della legge delega, e, per altro verso e come già scritto, sulla base di quanto prima sottolineato a proposito dell’intrinseca razionalità e coerenza agli obiettivi di tutela paesaggistica della previsione in oggetto.

4.- Per tutto ciò che si è fin qui esposto il ricorso va dunque respinto.

5.- Sussistono giusti motivi per compensare fra le parti le spese di giudizio.
 

p.q.m.
 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sezione Prima di Lecce, respinge il ricorso n. 1856/04 indicato in epigrafe.

Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Così deciso in Lecce, nella Camera di Consiglio del 26 gennaio 2005.

Aldo Ravalli - Presidente
Ettore Manca – Relatore
Pubblicata mediante deposito

in Segreteria il 24 febbraio 2005



 

M A S S I M E

Sentenza per esteso

 

1) Beni culturali e ambientali - Vincolo paesaggistico - Art. 146 D. Lgs. 42/2004 - Divieto di autorizzazione paesaggistica in sanatoria - Immediata applicabilità - Fondamento. Il divieto di autorizzazione paesaggistica in sanatoria sancito dall'art.146 del D. Lgs. 42/2004 è immediatamente cogente: a fronte di tale disposizione, il regime transitorio dettato dal successivo art. 159 trova applicazione limitatamente ai profili procedurali (che, in quanto attinenti alle sole modalità di esercizio del potere, non ne possono incidere l’intrinseca conformazione). In altri termini, l’efficacia derogatoria di quest’ultima disciplina temporanea deve ritenersi allo stato (e cioè sino all’approvazione dei piani paesaggistici ai sensi dell’art. 156 ovvero ai sensi dell’art. 143 e dopo il conseguente adeguamento degli strumenti urbanistici ai sensi dell’art. 145 del D. Lgs. n. 42/2004) prevalente solo sulle corrispondenti norme che regolano il procedimento de quo nel suo regime ordinario, senza che ciò comporti alcuna interferenza con la nuova delimitazione e configurazione del potere autorizzatorio in questione, il quale risulta, con norma immediatamente applicabile, delineato dall’art. 146 nella sua sostanziale connotazione e nella sua estensione operativa: tale conclusione trova conferma nella lettera dello stesso art. 159, che, con un enunciato tipicamente ricognitivo di una situazione di divieto di autorizzazione ex post, ribadisce la preclusione di dar inizio ai lavori in difetto della stessa (comma 2); e, per altro verso, detta una disciplina speciale ed a carattere esplicitamente temporanea -che espressamente contempla il rilascio dell’autorizzazione solo dopo l’approvazione dei piani paesaggistici- per quelle fattispecie residuali oggetto di provvedimenti adottati ai sensi dell’art. 1 quinquies del D. L. n. 312/1985 e pubblicati nella G.U in data anteriore al 6.9.1985 (comma 5) Pres. Ravalli, Est. Manca - M.S. e altri (Avv. Sticchi Damiani) c. Comune di Gagliano del Capo e altro (n.c.) - T.A.R. PUGLIA, Lecce, Sez. I - 24 febbraio 2005, n. 871

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