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 Massime della sentenza

 

 

T.A.R. PUGLIA, Bari, Sez. I - 5 aprile 2005, n. 1359

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sede di Bari, prima sezione,

 

ha pronunciato la seguente


SENTENZA


sul ricorso n. 89 del 2003 proposto da
COMUNE di POGGIORSINI, in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Nino Matassa e presso lo studio di questi elettivamente domiciliato in Bari alla via Andrea da Bari n. 35 per mandato a margine del ricorso e in calce ai motivi aggiunti al ricorso;


CONTRO


- PRESIDENZA del CONSIGLIO dei MINISTRI, in persona del Presidente del Consiglio pro-tempore, non costituita in giudizio;
- MINISTERO dell’INTERNO, in persona del Ministro dell’interno pro-tempore, non costituito in giudizio;
- COMMISSARIO DELEGATO per l’EMERGENZA SOCIO-ECONOMICO-AMBIENTALE nella REGIONE PUGLIA nel SETTORE dei RIFIUTI, in persona del Presidente pro-tempore della Giunta della Regione Puglia, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Bari e presso gli uffici della medesima domiciliato ex lege in Bari alla via Melo da Bari n. 97;
e nei confronti di
- REGIONE PUGLIA, in persona del Presidente pro-tempore della Giunta regionale, intervetrice ad opponendum, rappresentata e difesa dal prof. avv. Vincenzo Caputi Jambrenghi e presso lo studio di questi elettivamente domiciliata in Bari alla via Abate Eustasio n. 5, per mandato a margine dell’atto di intervento;
- COMUNE di ALTAMURA, in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Pierluigi Balducci e presso lo studio di questi elettivamente domiciliato in Bari alla via Melo da Bari n. 114, per mandato a margine della memoria di costituzione in giudizio;
- AUTORITA’ per la GESTIONE dei RIFIUTI SOLIDI URBANI del BACINO BARI/4, in persona del legale rappresentante pro-tempore, non costituita in giudizio;
- COMUNE di GRAVINA in PUGLIA, in persona del Sindaco pro-tempore, non costituito in giudizio;
- COMUNE di SANTERAMO in COLLE, in persona del Sindaco pro-tempore, non costituito in giudizio;
- COMUNE di MINERVINO MURGE, in persona del Sindaco pro-tempore, non costituito in giudizio;
- COMUNE di SPINAZZOLA, in persona del Sindaco pro-tempore, non costituito in giudizio;
- COMUNE di CASSANO MURGE, in persona del Sindaco pro-tempore, non costituito in giudizio;
- COMUNE di GRUMO APPULA, in persona del Sindaco pro-tempore, non costituito in giudizio;
- COMUNE di TORITTO, in persona del Sindaco pro-tempore, non costituito in giudizio;


per l’annullamento
- del decreto del Commissario delegato per l’emergenza socio-economico-ambientale nella Regione Puglia nel settore dei rifiuti n. 334 del 30 ottobre 2002, recante localizzazione nel territorio di Spinazzola, località “Grotteline”, del sito per l’impianto complesso, a titolarità pubblica, di selezione e biostabilizzazione dei rifiuti con annessa discarica di servizio/soccorso al servizio del bacino d’utenza Bari/4;
- del presupposto parere favorevole espresso il 21 ottobre 2002 dalla Commissione tecnica di assistenza e consulenza a supporto dell’attività commissariale;
- del decreto del Commissario delegato per l’emergenza socio-economico-ambientale nella Regione Puglia nel settore dei rifiuti n. 296 del 30 settembre 2002, recante completamento, integrazione e modificazione del piano di gestione dei rifiuti e bonifica delle aree inquinate approvato con decreto commissariale n. 41 del 6 marzo 2001, nei limiti dell’interesse;
- di ogni altro atto e provvedimento connesso, presupposto o consequenziale, ancorché non conosciuto, comunque lesivo


Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti i motivi aggiunti al ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Autorità straordinaria statale intimata e del Comune di Altamura;
Visto l’atto d’intervento ad opponendum della Regione Puglia;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;


Relatore, alla pubblica udienza del 21 luglio 2004, il dott. Leonardo Spagnoletti e uditi l’avv. Nino Matassa per il Comune di Poggiorsini ricorrente, l’avvocato di Stato Pio Marrone per l’Autorità straordinaria statale intimata, il prof. avv. Annamaria Angiuli, in sostituzione del prof. avv. Vincenzo Caputi Jambrenghi, per la Regione Puglia interventrice ad opponendum, l’avv. Pierluigi Balducci per il Comune di Altamura;


Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.


F A T T O


Con decreto del Commissario delegato per l’emergenza socio-economico-ambientale nella regione Puglia nel settore dei rifiuti n. 296 del 30 settembre 2002, nel completare, modificare ed integrare il piano regionale di gestione dei rifiuti come approvato col precedente decreto commissariale n. 41 del 6 marzo 2001, ed in attuazione delle previsioni dell’art. 2 comma 2 lettera c) dell’ordinanza del Ministro dell’interno n. 3184 del 22 marzo 2002, è stata prevista tra l’altro la localizzazione e realizzazione “…di nuovi impianti di titolarità pubblica di discarica controllata”, destinati a operare nella fase “a regime”, e da gestire unitariamente a cura delle istituite Autorità dei vari bacini d’utenza, salva la conservata operatività nella fase “transitoria” degli impianti privati già in esercizio.


In particolare, per il bacino d’utenza Bari/4 (comprensivo dei comuni Altamura, Cassano Murge, Gravina in Puglia, Grumo Appula, Minervino Murge, Poggiorsini, Santeramo in Colle, Spinazzola, Toritto) il decreto commissariale n. 296 del 2002 ha dato atto della funzionalità, nella fase di transizione, della discarica controllata ubicata in c.da “Le Lamie” di Altamura (appartenente alla società Tra.De.Co. S.r.l., con sede in Altamura) e per la fase a regime ha previsto la realizzazione di “impianto complesso di titolarità pubblica costituito da centro di selezione e biostabilizzazione, con annessa discarica di servizio/soccorso”, con approfondimento del sito di localizzazione “in fase di definitiva valutazione”.


Con decreto commissariale n. 334 del 29 ottobre 2002 è stato individuato, in località “Grotteline” del comune di Spinazzola, in area di cava esaurita, il sito per l’ubicazione dell’impianto e della discarica di servizio/soccorso per lo smaltimento dei rifiuti urbani del bacino d’utenza Bari/4.


Il Comune di Poggiorsini, appartenente al bacino d’utenza e il cui territorio dista circa 3 km sottovento rispetto al sito prescelto, con ricorso notificato il 9-10 gennaio 2003 e depositato in Segreteria il 22 gennaio 2003, ha impugnato i decreti commissariali innanzi indicati e gli atti ad essi presupposti, deducendo le seguenti censure:


1) Violazione e falsa applicazione dell’o.m. n. 3184 del 22.3.2002. Eccesso di potere per difetto dei presupposti. Incompetenza. Violazione dell’art. 5 legge 24 febbraio 1992, n. 225. Eccesso di potere per carente istruttoria, difetto di motivazione, illogicità manifesta, perché la localizzazione è avvenuta al di fuori degli atti programmatori di cui ai decreti commissariali n. 41 del 2001 e n. 296 del 2002, essendo già intervenuta la costituzione dell’Autorità di bacino per la gestione dei rifiuti e la sottoscrizione della relativa convenzione (n. 3624 di rep. del 24 ottobre 2002), e quindi quando erano esauriti i presupposti per l’esercizio dei poteri extra-ordinem commissariali, anche per l’intervenuta autorizzazione, in favore della Tra.De.Co. S.r.l. all’esercizio della discarica controllata in località “Le Lamie” di Altamura, con ampliamento al V lotto; contraddittoriamente poi, mentre alla localizzazione ha proceduto lo stesso commissario, l’individuazione del sito dell’impianto di compostaggio e del centro per i materiali rivenienti dalla raccolta differenziata è stata senz’altro demandata all’autorità di bacino.


2) Violazione dell’art. 14 dell’o.m. n. 3184 del 22.3.2002. Violazione della legge 7.8.1990, n. 241, artt. 7 e ss. Violazione del principio generale in materia di partecipazione degli interessati al procedimento. Violazione del giusto procedimento. Eccesso di potere per difetto d’istruttoria e illogicità, in relazione all’omessa comunicazione dell’avvio del procedimento di localizzazione (anche mediante convocazione ad apposita conferenza di servizi), non essendo prevista dall’art. 14 dell’o.m. n. 3184 del 2002 alcuna deroga alle formalità partecipative generali di cui alla legge n. 241 del 1990, non potendo ipotizzarsi ragioni di urgenza procedimentale in riferimento all’ampia estensione temporale del regime emergenziale in materia di rifiuti.


3) Violazione del giusto procedimento. Eccesso di potere per intima contraddittorietà, illogicità, arbitrarietà, perplessità, sviamento, in relazione all’assoluta esiguità (appena quarantacinque giorni) del termine assegnato dal commissario straordinario all’Autorità di bacino per l’esercizio della pur riconosciuta facoltà di modificare la scelta del sito di localizzazione, in difetto di ogni attendibile ragione d’urgenza (si ribadisce che è stata autorizzata la prosecuzione dell’esercizio della discarica controllata ove confluiscono i rifiuti dei comuni del bacino d’utenza).


4) Eccesso di potere per difetto di motivazione, contraddittorietà, illogicità manifesta, posto che il piano di gestione dei rifiuti approvato col decreto commissariale n. 41 del 2001 non prevedeva alcun impianto complesso di selezione e biostabilizzazione con annessa discarica di servizio/soccorso e tale indicazione, contenuta invece nel decreto commissariale n. 296 del 2002, non è supportata da alcuna motivazione, come carente è la motivazione dell’indicazione del sito in località “Grotteline” di Spinazzola di cui al decreto commissariale n. 334 del 2002.


5) Violazione e falsa applicazione del piano regionale approvato col decreto commissariale n. 41 del 6.3.2001. Eccesso di potere per difetto d’istruttoria e motivazione, contraddittorietà e illogicità manifesta, stante l’assenza di relazione illustrativa di accompagnamento alla localizzazione e la carenza di motivazione in ordine alla scelta localizzativa e al rispetto dei criteri stabiliti dal piano regionale per la gestione dei rifiuti approvato col decreto commissariale n. 41 del 2001.


6) Eccesso di potere per illogicità manifesta, difetto d’istruttoria, travisamento dei fatti, intima contraddittorietà, perplessità, sviamento, difetto di motivazione. Violazione e falsa applicazione dei criteri generali del piano regionale approvato con decreto commissariale n. 41 del 2001, anche come modificato dal decreto commissariale n. 296 del 2002, in riferimento al contrasto con i parametri per la localizzazione del sito, tenuto conto che quello prescelto:


- dista soltanto 3 Km dal centro abitato di Poggiorsini, posto per giunta sottovento e quindi esposto alle esalazioni dell’attività di smaltimento dei rifiuti;


- è caratterizzato dalla presenza di “numerose sorgenti e falde acquifere”, utilizzate sia per approvvigionare l’acquedotto comunale di Poggiorsini che per usi agricoli;


- è ubicato in area sottoposta a vincolo idrogeologico e nelle sue “immediate vicinanze” sorge una fonte di acqua minerale in concessione a società a partecipazione maggioritaria comunale, frustrando così anche la ipotizzata realizzazione in loco di complesso ricettivo termale;


- è ubicato in area “interessata da ritrovamenti archeologici di particolare rilievo”, anche di natura rupestre;


- è “contiguo” all’area del Parco dell’alta Murgia”.


Di contro nella stessa zona esistono numerose cave abbandonate “lontane dai centri abitati e da centri di interesse che potevano essere adibite a sito con miglior soddisfazione dell’interesse pubblico”.


7) Violazione e falsa applicazione sotto diversi e molteplici profili del piano regionale approvato con decreto commissariale n. 41 del 2001. Eccesso di potere per intima contraddittorietà, difetto e travisamento dei presupposti, difetto d’istruttoria e motivazione, illogicità, sempre in relazione all’omessa considerazione dei parametri per la localizzazione, con particolare riguardo all’obliterazione che l’area è inserita nel P.U.T.T. (piano urbanistico territoriale tematico) in parte tra gli ambiti territoriali estesi “D” e in parte minore “C”, nonché del vincolo idrogeologico, che richiedeva comunque studio di impatto ambientale; si evidenzia inoltre l’eccentricità del sito rispetto alla morfologia del bacino e quindi la maggior incidenza dei costi di trasporto, e la sua coincidenza con area appartenente a privati da assoggettare a procedura espropriativa, nonché la volumetria (250.000 mc) inferiore a quella (300.000 mc) stabilita dal piano.


Con atto notificato il 17-18 luglio 2003 e depositato in Segreteria il 21 luglio 2003, il Comune di Poggiorsini ha presentato motivi aggiunti di cui alle seguenti censure:


8) Eccesso di potere per difetto d’istruttoria e di motivazione, carenza dei presupposti, illogicità manifesta, sviamento dalla causa. Violazione e falsa applicazione del piano del piano regionale approvato con decreto commissariale n. 41 del 2001, sempre in relazione alla carenza, nella documentazione depositata in giudizio, ivi compreso il verbale del sopralluogo compiuto dall’organismo tecnico di supporto all’attività commissariale in data 17 luglio 2002, di motivazioni e valutazioni a sostegno della scelta del sito di localizzazione atte a comprovare l’osservanza dei parametri stabiliti dal piano regionale, e alla limitazione della scelta del sito a sole quattro cave poste nei soli territori di Gravina in Puglia e Spinazzola, delle quali una attiva e quindi non valutabile e due di difficile utilizzazione.


Nel giudizio si è costituita l’Autorità statale straordinaria intimata che, con memoria difensiva depositata il 17 luglio 2003, ha dedotto l’infondatezza del ricorso sul rilievo che la localizzazione, salva la deroga autorizzata dall’art. 14 dell’ordinanza ministeriale n. 3184 del 2002, è frutto di ampie indagini, basate di analisi documentali e sopralluoghi relativi ai diversi siti possibili, non contrasta con l’autorizzazione temporanea al proseguimento dell’esercizio della discarica in agro di Altamura, e ponendo in luce altresì che i comuni del bacino d’utenza Bari/4, riuniti dal Commissario delegato il 26 giugno 2002, non hanno indicato alcuna localizzazione alternativa (e ciò anche in epoca successiva).


Con atto notificato il 4 febbraio 2003 e depositato in Segreteria in pari data, nel giudizio ha altresì spiegato intervento ad opponendum la Regione Puglia -in funzione del suo dichiarato interesse alla conservazione del provvedimento impugnato riveniente dalle funzioni istituzionali connesse sia alla titolarità di competenze legislative concorrenti in materia di governo del territorio (come assegnate dal novellato art. 117 Cost.), sia a quella di specifiche competenze amministrative a contenuto pianificatorio nella gestione a regime della materia dei rifiuti, riconosciute dallo stesso d.lgs. n. 22 del 1997-, che ha dedotto a sua volta:


a) l’inammissibilità delle censure relative alla dedotta incompetenza del commissario straordinario ad adottare il provvedimento di localizzazione, poiché esse avrebbero dovuto appuntarsi anzitutto nei confronti dell’ordinanza ministeriale n. 3184 del 22 marzo 2002, rimasta invece inoppugnata;


b) la tardività dell’impugnativa del decreto commissariale n. 296 del 30 settembre 2002, pubblicato sul B.U.R.P. del 23 ottobre 2002 e notificato al Comune sin dal 4 ottobre 2002, oltre che delle censure ad esso relative;


b) l’infondatezza del ricorso nel merito, trattandosi di provvedimento emanato con i poteri e nel contesto del regime dell’emergenza, quindi in deroga alle disposizioni legislative invocate dal Comune ricorrente (espressamente autorizzata dall’ordinanza ministeriale n. 3184 del 2002), e, in funzione dell’urgenza connaturata al regime emergenziale sottratto alle regole procedimentali della legge n. 241 del 1990, adottato per giunta dopo che vanamente erano stati compulsati in riunione monotematica del 26 giugno 2002 i Sindaci dei comuni compresi nel bacino d’utenza per la localizzazione (essendo quindi comunque noto l’avvio del relativo procedimento); inconferente è il richiamo all’autorizzazione alla prosecuzione dell’esercizio della discarica privata, accordata appunto nelle more della realizzazione dell’impianto pubblico; prive di consistenza sono le censure di carente istruttoria, perché sia i verbali delle riunioni dell’organismo tecnico sia la scheda allegata al decreto commissariale danno conto della piena conformità della localizzazione ai vari criteri invocati dal Comune ricorrente (né è mancato apposito sopralluogo in data 17 luglio 2002); generici sono i riferimenti alla vicinanza di sorgenti e falde acquifere, a inesistenti vincoli archeologici, a situazioni (vincolo idrogeologico, inserimento nel P.U.T.T.) che non precludono l’utilizzazione del sito; inapplicabile è poi la procedura di v.i.a. agli interventi destinati a fronteggiare situazioni di emergenza di cui all’art. 5 della legge n. 225 del 1992.


Nel giudizio si è costituito anche il Comune di Altamura che ha dedotto, a sua volta, rilievi consimili in ordine all’inammissibilità e infondatezza del ricorso.


Con memoria difensiva depositata il 22 luglio 2003 il Comune di Poggiorsini ha dedotto l’inammissibilità dell’intervento ad opponendum per carenza di legittimazione della Regione Puglia e omessa notifica a tutti i soggetti già intimati col ricorso, replicando alle avverse eccezioni e insistendo nelle dedotte censure.


All’udienza pubblica del 21 luglio 2004, infine, il ricorso è stato discusso e riservato per la decisione.


D I R I T T O


1.) Il Tribunale deve esaminare, in limine, la questione dell’ammissibilità dell’intervento ad opponendum spiegato dalla Regione Puglia, oggetto di eccezioni pregiudiziali del Comune di Poggiorsini ricorrente.


1.1) Quanto alla prima eccezione, concernente la contestata legittimazione della Regione Puglia a spiegare l’intervento, deve rammentarsi che nel processo amministrativo il riconoscimento dell’ammissibilità dell’intervento riposa sull’enucleazione di un interesse proprio anche soltanto di mero fatto, mediato e riflesso, alle vicende relative all’annullamento o alla conservazione dell’atto impugnato (Cons. Stato, Sez. IV, 18 ottobre 2002, n. 5741 e Sez. V, 5 febbraio 1993, n. 220; C.g.a., 2 novembre 1992, n. 317) e, per l’intervento ad opponendum, di un interesse alla conservazione dell’atto o che comunque potrebbe risultare indirettamente leso dall’annullamento del provvedimento gravato (T.A.R. Puglia Bari, Sez. I, 5 aprile 2002, n. 1682 e Sez. II, 12 giugno 1997, n. 436; vedi anche T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, 18 febbraio 2003, n. 922; T.A.R. Lazio, sez. III, 24 dicembre 2002, n. 14087; T.A.R. Marche, 6 novembre 1998, n. 1244).


Orbene, nel caso di specie, a prescindere dalla questione se la gestione dei rifiuti rientri esclusivamente nella materia della “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema (e dei beni culturali)”, di cui alla competenza legislativa esclusiva statale ex art. 117 comma 2 lettera s) della Costituzione (come sostituito dall’art. 3 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), e non costituisca piuttosto oggetto trasversale anche di competenza concorrente regionale nei suoi innegabili riflessi sulle materie relative al “governo del territorio” e alla “tutela della salute”, di cui all’art. 117 comma 3; è indiscutibile che le regioni siano attributarie di competenze amministrative come conferite dall’art. 19 del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (“Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio”) di contenuto pianificatorio e regolamentare (predisposizione, adozione, aggiornamento dei piani regionali di gestione dei rifiuti; regolamentazione delle attività di gestione dei rifiuti, ivi compresa la raccolta differenziata dei rifiuti urbani; elaborazione, approvazione, aggiornamento dei piani di bonifica delle aree inquinate; promozione della gestione integrata dei rifiuti; etc.) nonché provvedimentale (delimitazione, in deroga all’ambito ordinario provinciale, degli ambiti ottimali per la gestione dei rifiuti urbani e assimilati; approvazione progetti di nuovi impianti per la gestione dei rifiuti; autorizzazione all’esercizio delle operazioni di smaltimento e recupero dei rifiuti; etc.).


Il commissariamento, connesso alla situazione di emergenza socio-economico-ambientale nel settore dei rifiuti, determina solo un temporaneo trasferimento di tali competenze (e di quelle degli altri enti territoriali), come delineato nel regime ordinario di disciplina del settore; ma non rescinde, né potrebbe, l’afferenza dei provvedimenti assunti dal commissario, soprattutto a contenuto pianificatorio, dalla sfera di interesse pubblico alla migliore organizzazione dei servizi di gestione dei rifiuti nel territorio regionale di cui è indubitabilmente portatrice la regione, ed in funzione del quale, trasparentemente, ad essa sono attribuite in via ordinaria le rammentate attribuzioni.


D’altro canto, proprio la temporanea sottrazione agli enti locali territoriali, e nella specie alla Regione Puglia, delle competenze istituzionali in materia di gestione dei rifiuti, connota un interesse peculiare e più intenso della Regione alla più celere, regolare e puntuale attuazione dei provvedimenti commissariali (e quindi alla loro conservazione), in vista della più tempestiva fuoriuscita dal regime dell’emergenza socio-economico-ambientale, e quindi della “riappropriazione” di quelle competenze istituzionali.


Alla stregua dei rilievi che precedono, non può quindi dubitarsi della piena legittimazione della Regione Puglia ad intervenire nei giudizi amministrativi di impugnazione dei provvedimenti commissariali (almeno quando incidenti in misura più diretta sull’organizzazione complessiva del sistema regionale di gestione dei rifiuti), e quindi della ammissibilità dell’intervento ad opponendum nel caso de quo.


1.2) Non ha maggior pregio poi l’altra, pur suggestiva, eccezione che collega la dedotta inammissibilità dell’intervento alla sua omessa notifica a tutte le parti già intimate col ricorso (e in specie all’Autorità di gestione e ai Comuni compresi nel bacino Bari/4).


Com’è noto, l’art. 22 comma 2 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, con formulazione pressoché sovrapponibile a quella dell’art. 38 del r.d. 17 luglio 1907, n. 642, dispone che “La domanda di intervento è notificata alle parti nel rispettivo domicilio di elezione ed all’organo che ha emanato l’atto impugnato”.


Orbene, le parti sono quelle necessarie del giudizio amministrativo (e quindi i controinteressati in senso proprio) o, almeno, quelle che, pur eventuali (ad esempio altri intervenienti che non rivestano qualifica di controinteressati), si siano costituite in giudizio; è stato infatti precisato che “la domanda di intervento nel giudizio amministrativo, tanto "ad opponendum" che "ad adiuvandum", deve essere notificata nelle forme di rito sia all’amministrazione che alle altre parti costituite” (Cons. Stato, Sez. IV, 7 ottobre 1997, n. 1100; T.A.R. Molise, 26 giugno 1996, n. 231).


Nel caso di specie, però, deve in primo luogo escludersi che i comuni compresi nel bacino d’utenza siano qualificabili come controinteressati, posto che la localizzazione riguarda impianti a servizio di un bacino d’utenza cui sono destinati a esser convogliati tutti i rifiuti urbani dei comuni che ne fanno parte, con una incidenza di effetti che travalica il ristretto ambito del territorio comunale in cui ricadono gli impianti per i nessi ambientali e socio-economici che la stessa istituzione del bacino d’utenza e le dimensioni organizzatorie del servizio integrato di gestione dei rifiuti comporta.


Sotto altro profilo deve considerarsi, poi, che l’annullamento del decreto commissariale n. 334 del 2002 non potrebbe comportare altro effetto se non la rinnovazione del procedimento ed il riesame del sito di localizzazione, potendo condurre addirittura alla conferma del sito prescelto; ciò implica che in relazione agli effetti dell’annullamento non è dato individuare e conoscere quale tra i diversi comuni del bacino d’utenza potrebbe risultare “destinatario” della nuova localizzazione, ciò che conferma come non sussista in capo ad alcuno di essi la titolarità di un interesse simmetricamente contrario a quello del Comune ricorrente alla conservazione dell’atto impugnato, non essendo dato di ricostruire una inedita figura processuale di “controinteressato eventuale” ovvero un controinteressato, per dir così, in incertam personam.


Per le stesse ragioni dianzi esposte la stessa Autorità di bacino, salvo l’interesse alla realizzazione dell’impianto, non è portatrice di uno specifico interesse alla localizzazione nel territorio dell’uno piuttosto che dell’altro comune, e quindi, sotto tale aspetto, e sempre con riguardo agli effetti “delocalizzativi” non può ritenersi controinteressata in senso proprio.


In ogni caso, ciò che è decisivo, nessuna delle anzidette parti pubbliche intimate dal Comune ricorrente si è costituita in giudizio, onde non era necessario che alle medesime fosse notificato l’atto d’intervento.


2.) Può, invece, prescindersi dalle eccezioni pregiudiziali spiegate dall’interventrice ad opponendum e dal comune di Altamura, in funzione dell’infondatezza del ricorso.


2.1) Giova premettere un quadro di riferimento normativo per quanto sintetico.


2.1.1) Com’è noto, già col d.P.R. 10 settembre 1982, n. 915, rivolto a dare attuazione nell’ordinamento nazionale alle direttive 75/442/CEE sui rifiuti, 76/403/CEE sullo smaltimento dei policlorodifenili e policlorotrifenili e 78/319/CEE sui rifiuti tossici e nocivi, erano state impartite disposizioni in ordine all’organizzazione del servizio di smaltimento dei rifiuti, stabilendosi, per quanto qui interessa, che:


- allo Stato competevano, tra le altre attribuzioni, “…la predisposizione di criteri generali sulle metodologie relative allo smaltimento dei rifiuti nonché sulle caratteristiche delle zone per l’ubicazione degli impianti di smaltimento…” (art. 4 comma 1 lettera b);


- alle Regioni “…l’elaborazione, la predisposizione e l’aggiornamento sentiti i comuni, dei piani di organizzazione dei servizi di smaltimento dei rifiuti…”, con la previsione, nell’ambito dei piani, “(del) le zone, nonché le modalità di stoccaggio temporaneo e definitivo, ivi comprese le discariche controllate…” (art. 6 comma 1 lettera a) ed in particolare “…l’individuazione, sentiti i comuni interessati, delle zone idonee in cui realizzare gli impianti di trattamento e/o stoccaggio temporaneo e definitivo dei rifiuti” (art. 6 comma 1 lettera b).


Con la delibera del Comitato interministeriale 27 luglio 1987, n. 515000 (recante “Disposizioni per la prima applicazione dell’art. 4 del decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1982, n. 915, concernente lo smaltimento dei rifiuti”) sono state poi impartite, tra le altre, prescrizioni per l’ubicazione degli impianti di smaltimento, ed in particolare delle discariche (suddivise in discariche di prima categoria per i rifiuti urbani e assimilati e i fanghi non tossici e nocivi derivanti da impianti di depurazione delle acque; discariche di seconda categoria -a loro volta suddivise nei tipi A e B, rispettivamente destinate a ospitare rifiuti inerti e taluni rifiuti sia speciali che tossici e nocivi; discariche di terza categoria per tutti gli altri tipi di rifiuti speciali e tossici e nocivi).


Quanto alle discariche di prima categoria, le caratteristiche dei siti di ubicazione erano costituite da una “distanza di sicurezza, in relazione alle caratteristiche geologiche e idro-geologiche del sito: -- dai punti di approvvigionamento di acque destinate ad uso potabile; -- dell’alveo di piena di laghi, fiumi e torrenti” nonché “dai centri abitati e dai sistemi viari di grande comunicazione” (distanza peraltro non specificata) e da “…suoli la cui stabilità sia tale, o resa tale, da evitare rischi di frane o cedimenti delle pareti o del fondo di discarica, nonché rischi di spostamenti e deformazioni delle opere idrauliche per il drenaggio delle acque meteoriche” (paragrafo 4.2.2 lettere a) e b) della deliberazione del C.I.), salve specifiche prescrizioni tecniche, relative agli impianti, quanto agli accorgimenti da adottare per la impermeabilizzazione del fondo della discarica onde evitare inquinamenti della falda idrica (paragrafo 4.2.2. lettera c).


Per le discariche di seconda categoria di tipo A, era soltanto prescritto che “I suoli adibiti a discarica debbono possedere caratteristiche geologiche e geotecniche tali, o rese tali, da evitare rischi di frane o cedimenti delle pareti e del fondo” (paragrafo 4.2.3.1 lettera a).


Per le discariche di seconda categoria di tipo B, poi, era stabilito che gli impianti fossero “posti a distanza di sicurezza dai centri abitati ed anche, in relazione alle caratteristiche idrogeologiche del sito, dalle zone di approvvigionamento di acque destinate ad uso potabile” (anche qui senza specificazione della distanza) su suoli con “…caratteristiche geologiche e geotecniche tali, o rese tali, da evitare rischi di frane o cedimenti delle pareti e del fondo dell'impianto.” (paragrafo 4.2.3.2 lettere a e b).


Per le discariche di terza categoria, infine, erano dettate prescrizioni più stringenti, col divieto di ubicarle “…-- in zone sismiche di prima categoria; --in aree vulcaniche attive, ivi compresi i campi solfatarici; -- in corrispondenza di doline, inghiottitoi o altre forme carsiche superficiali; -- in zone sottoposte a vincoli idrogeologici” e con la previsione che esse fossero poste “a distanza di sicurezza, in relazione alle caratteristiche geologiche e idro-geologiche del sito: -- dalle zone di approvvigionamento idrico di acque destinate ad uso potabile; -- dall’alveo di piena di laghi, fiumi e torrenti”; e soltanto per queste ultime era stabilita una precisa distanza di sicurezza “di almeno 2000 m dai centri abitati esistenti e da quelli previsti dagli strumenti urbanistici vigenti o adottati”, riproponendosi la consueta prescrizione che gli impianti fossero ubicati su suoli o in suoli “…la cui stabilità sia tale, o resa tale, da evitare pericoli di frane o cedimenti delle pareti e del fondo discarica, nonché pericoli di spostamenti e deformazioni delle opere idrauliche per il drenaggio delle acque meteoriche.” (paragrafo 4.2.3.3 lettere a e b).


Lo stesso d.P.R. 915 del 1982 aveva poi disposto che:


“Le attività inerenti allo smaltimento dei rifiuti urbani competono obbligatoriamente ai comuni che le esercitano con diritto di privativa nelle forme di cui al successivo art. 8” (art. 3 comma 1), ovvero “direttamente o mediante aziende municipalizzate ovvero mediante concessioni a enti o imprese specializzate, autorizzate ai sensi dell'art. 6, lettera d)” (art. 8 comma 1).


Il d.P.R. 915 del 1982 aveva anche demandato alle regioni l’elaborazione, predisposizione e aggiornamento, sentiti i comuni, “…dei piani di organizzazione dei servizi di smaltimento dei rifiuti” (art. 6 lettera a), nonché le zone di insediamento degli impianti “…ivi comprese le discariche controllate”, salva la previsione della costituzione di “…consorzi tra comuni… per lo smaltimento dei rifiuti, ai quali possono partecipare anche imprese singole o associate” (art. 6 lettera a) ultima parte) e “… l’approvazione dei progetti e degli elaborati tecnici riguardanti gli impianti di smaltimento dei rifiuti urbani e di innocuizzazione e di eliminazione dei rifiuti speciali”.


2.1.2) La legge regionale pugliese 3 ottobre 1986, n. 30 aveva dettato, a sua volta, norme attuative ed integrative del d.P.R. n. 915 del 1982 (come previste dall’art. 6 lettera f) del medesimo), stabilendo che il piano regionale per lo smaltimento dei rifiuti fosse assoggettato “normalmente” ad aggiornamento triennale (art. 3 comma 1), delegando alle province l’approvazione dei progetti di nuovi impianti per la gestione dei rifiuti e l’autorizzazione alle modifiche degli impianti esistenti (art. 6 comma 1 lettera a), definendo l’ambito contenutistico di approvazioni (art. 6) ed autorizzazioni (art. 7, ivi compreso l’esercizio di discariche controllate).


In particolare, quanto alla gestione dei rifiuti urbani, l’art. 12 della legge regionale n. 30 del 1986 aveva disposto che:


“Competono obbligatoriamente ai Comuni le attività inerenti lo smaltimento dei rifiuti urbani, dei rifiuti speciali assimilati ai rifiuti urbani, nonché dei rifiuti speciali costituiti da residui della depurazione di acque di scarico urbane o del trattamento di rifiuti urbani. I Comuni esplicano le suddette attività direttamente, mediante aziende municipalizzate, ovvero mediante concessione a enti o imprese specializzate autorizzate…”, con ciò riproducendo sostanzialmente le disposizioni contenute nel d.P.R. n. 915 .


Inoltre la legge regionale conformemente alle previsioni del d.P.R. n. 915 del 1982, aveva stabilito che al piano regionale era demandata la individuazione delle “zone idonee in cui realizzare gli impianti di trattamento, di stoccaggio provvisorio e di stoccaggio definitivo dei rifiuti” (art. 3 comma 2 lettera c) con disposizioni costituenti di norma varianti ai piani urbanistici dei comuni interessati (cui il progetto di piano era inviato, assieme alle province, per l’espressione di un parere entro il termine di sessanta giorni, decorsi vanamente i quali il parere si intendeva favorevole), con rinvio, per quanto non previsto, alle disposizioni del d.P.R. n. 915 del 1982 ed alla delibera del C.I. del 27 luglio 1984 (art. 16).


2.1.3) Ben più ampio intervento normativo, connesso anche alle crescenti difficoltà di localizzazione delle discariche nell’ambito dei vari territori comunali in relazione alla tenace opposizione delle amministrazioni e popolazioni locali, è stato rappresentato dalla legge regionale 13 agosto 1993, n. 17, ispirata a finalità e principi nuovi, tesi a valorizzare la raccolta differenziata “…dei materiali suscettibili al riuso sia pre che post- consumo…” (art. 1 comma 1; cfr, anche artt. 6, 7 e 8) e teso a configurare, attraverso il piano regionale per lo smaltimento dei rifiuti urbani, “…un sistema integrato di smaltimento costituito dall’attivazione di specifiche raccolte differenziate, stazioni di trasferimento attrezzate, impianti di stoccaggio, di trattamento e di smaltimento finale dei rifiuti urbani, a servizio di definiti bacini di utenza” (art. 2 comma 1), con una più ampia durata delle previsioni pianificatorie (1993-2011), salvi gli aggiornamenti triennali (art. 3), e con una distinzione tra “Le attività di smaltimento dei rifiuti urbani, relativamente alle fasi di conferimento, raccolta, spazzamento, cernita e trasporto fino alle stazioni di trasferimento o direttamente agli impianti di stoccaggio, trattamento o smaltimento finale…”, da svolgersi a cura dei comuni singoli, associati o consorziati, “…con le modalità previste dall’art. 22 della legge 8 giugno 1990, n. 241” (art. 5) e la “…progettazione, realizzazione e gestione degli impianti…”, nei siti individuati ai sensi dell’art. 9, di competenza obbligatoria dei consorzi intercomunali dei bacini d’utenza individuati nel piano regionale, oppure nel caso di mancata costituzione del consorzio, del comune di localizzazione dell’impianto, sempre “…con le modalità indicate dall’art. 22 della legge 8 giugno 1990, n. 241” (art. 10); peraltro l’art. 12 della legge n. 17 del 1993 ribadiva, riassuntivamente, che l’esercizio di tutte le attività di smaltimento dei rifiuti urbani, in tutte le loro fasi, erano gestite dai comuni e/o loro consorzi nelle forme di cui all’art. 22 della legge n. 241 del 1990, e qualora fosse prescelta la costituzione di società miste o l’affidamento in concessione ad enti o imprese specializzate, le une e le altre dovessero essere munite di autorizzazione preventiva, salva la sostitutiva iscrizione all’albo nazionale delle imprese esercenti servizi di smaltimento dei rifiuti.


In particolare l’art. 9 della legge regionale n. 17 del 1993 disponeva che:


- “La localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti urbani deve essere effettuata ai sensi del D.M. 28 dicembre 1987, n. 559 e con l’osservanza dei criteri prescritti dal piano regionale nonché secondo le tipologie impiantistiche e i fabbisogni di smaltimento previsti dal piano stesso per ciascun bacino” (comma 1);


- “Per la individuazione dei siti in attuazione delle previsioni del piano regionale smaltimento r.s.u., le province promuovono accordi di programma ai sensi dell’art. 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142, tra i comuni ricadenti in ciascun bacino di utenza” (comma 2), salva l’individuazione obbligatoria a cura delle province “…anche in assenza di accordo, entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge” (comma 3), e salvo l’esercizio di poteri sostitutivi regionali, mediante la nomina di appositi commissari ad acta, in ipotesi di inerzia delle amministrazioni provinciali (art. 16).


Per incidens, deve rammentarsi che proprio il mancato raggiungimento degli accordi di programma, la scadenza dei termini per l’esercizio dei poteri provinciali, la nomina di commissari ad acta ed il notevole contenzioso instaurato da vari comuni contro le localizzazioni disposte, contribuirono a costituire il quadro nel quale si è innescata l’emergenza socio-economico-ambientale pugliese nel settore dei rifiuti, posto che la mancata tempestiva realizzazione del sistema integrato di gestione dei rifiuti ha determinato la conservazione di discariche private le cui volumetrie sono state via via ampliate, la moltiplicazione di discariche abusive, in definitiva una situazione che la Commissione parlamentare sul ciclo dei rifiuti ebbe a definire, nel documento sull’istituto del commissariamento per l’emergenza rifiuti, approvato nella seduta del 21 dicembre 2000, “…un vero e proprio ‘regime da ‘far west’…”.


L’art. 9 della l.r. n. 17 del 1993 rinviava, dunque, al d.m. 28 dicembre 1987, n. 559 (recante i “Criteri per la elaborazione e la predisposizione dei piani regionali di cui all’art. 1- ter , comma 1, del decreto-legge 31 agosto 1987, n. 361, convertito, con modificazioni, nella legge 29 ottobre 1987, n. 441, per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani”), il quale, tra i criteri generali, indicava (punto 3) la “Adozione di scelte di localizzazione degli impianti e di tecnologie impiantistiche efficienti, flessibili, collaudate e rispettose dell’ambiente, e, in particolare nella prima fase di attuazione del piano, di rapido approntamento e realizzazione”, nonché (punto 7) la “Analisi della compatibilità ambientale degli impianti”.


Particolare importanza rivestivano le linee per l’elaborazione e predisposizione del piano regionale di smaltimento dei rifiuti, chiamato a definire, oltre ai bacini di utenza e di smaltimento le “caratteristiche territoriali delle zone individuate per la localizzazione degli impianti” (punto 3), con l’importante prescrizione che (successivo punto 2 lettera e) “La localizzazione degli impianti viene determinata in rapporto alle aggregazioni definite mediante la individuazione di bacini di utenza. In particolare viene applicato il criterio dell’integrazione tra gli impianti esistenti, coerentemente con i principi dell’economicità e dell’efficienza”.


In ordine alle “Caratteristiche territoriali delle zone individuate per la localizzazione degli impianti” (punto 3) il d.m. n. 559 del 1987 precisava che le zone fossero inquadrate territorialmente “per l’estensione radiale di almeno 2 kmq, in rapporto all'esistenza di: aree sottoposte a vincoli idrogeologici; aree sottoposte a vincoli paesistici; aree sottoposte a vincoli urbanistici; aree sottoposte a vincoli archeologici; aree sottoposte a vincoli sismici di 1ª categoria; parchi e riserve naturali esistenti od in programmazione; aree degradate da presenze di cave abbandonate; aree degradate dalla presenza di discariche non autorizzate; perimetrazione dei centri abitati includendo le zone di sviluppo previste nei piani regolatori o programmi di fabbricazione adottati; aree soggette ad esondazione e fasce litoranee; aree geologicamente instabili e comunque tali da non consentire l’installazione di stoccaggi definitivi a norma del comma b) del punto 4.2.2 della delibera del 27 luglio 1984; aree ad elevato rischio di crisi ambientale ai sensi dell'art. 7 della legge 8 luglio 1986, n. 349”.


Veniva invece riferita agli impianti (recte: ai progetti di nuovi impianti) in coerenza col richiamato punto 7, l’analisi di compatibilità ambientale, da condurre mediante relazione contenente dettagliate indicazioni sull’incidenza dell’impianto sulle risorse naturali, la sua corrispondenza a piani urbanistici, paesistici, territoriali e di settore, sugli eventuali vincoli paesaggistici, archeologici, demaniali e idrogeologici, ai sui effetti sul contesto ambientale, etc.


2.1.4) Com’è noto, il d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 ha dato, poi, attuazione nell’ordinamento nazionale alla direttiva 91/156/CEE del 18 marzo 1991 (di modifica della direttiva 75/442/CEE del 15 luglio 1971) relativa ai rifiuti e alla direttiva 94/62/CE del 20 dicembre 1994 sugli imballaggi e i rifiuti da imballaggio.


In aderenza alle direttive comunitarie, la nuova disciplina nazionale ha fondato un complesso e articolato sistema nel quale l’attività di smaltimento dei rifiuti (costituente il fulcro della previgente disciplina di cui al d.P.R. 10 settembre 1982, n, 915) rappresenta soltanto “la fase residuale della gestione dei rifiuti” (art. 5 comma 1), in funzione di un modello di gestione integrata dei rifiuti, comprendente l’intero ciclo (dalla raccolta, al trasporto, al recupero, allo smaltimento, al controllo di ciascuna di tali operazioni e delle discariche e degli impianti di smaltimento anche dopo la loro chiusura: cfr. art. 6 comma 1 lettera d), polarizzato sul principio di minimizzazione dello smaltimento finale dei rifiuti e, correlativamente, sulla massimizzazione (o ottimizzazione) delle attività intese alla riduzione dei rifiuti da smaltire, sia attraverso la prevenzione della produzione dei rifiuti, sia mediante il potenziamento delle attività di riutilizzo, riciclaggio e recupero dei rifiuti (art. 5 comma 2), nel contesto delle quali assume rilievo particolare la raccolta differenziata dei rifiuti, in quanto diretta ed “idonea a raggruppare i rifiuti urbani in frazioni merceologiche omogenee”, ed il loro “recupero” secondo le operazioni delineate dall’allegato C al d.lgs. n. 22 del 1997 (art. 6 comma 1 lettere f ed h), intese tra le altre ad ottenere materia prima dai rifiuti, ed in disparte l’utilizzazione dei rifiuti per la produzione di combustibile (CDR) “…mediante trattamento finalizzato all’eliminazione delle sostanze pericolose per la combustione ed a garantire un adeguato potere calorico…” (art. 6 comma 1 lettera p), nonché la produzione di “composti da rifiuti (intesa come) prodotto ottenuto dal compostaggio della frazione organica dei rifiuti urbani nel rispetto di apposite norme tecniche finalizzate a definirne contenuti e usi compatibili con la tutela ambientale e sanitaria, e in particolare a definirne i gradi di qualità” (art. 6 comma 1 lettera q).


In particolare, poi, quanto alla localizzazione degli impianti, il d.lgs. ha dettato i criteri generali (del)“l’autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi in ambiti territoriali ottimali” e (del)“lo smaltimento dei rifiuti in uno degli impianti appropriati più vicini, al fine di ridurre i movimenti dei rifiuti stessi…” (art. 5 comma 3 lettere a e b), demandando allo Stato, oltre alla determinazione dei criteri generali per la elaborazione dei piani regionali di gestione dei rifiuti ed il loro coordinamento, anche “l’indicazione dei criteri generali relativi alle caratteristiche delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti” (art. 18 comma 1 lettere i ed l), mentre alle Regioni è stata attribuita la competenza alla “…definizione dei criteri per l’individuazione, da parte delle Province, delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti” e (al)“la definizione dei criteri per l’individuazione dei luoghi o impianti adatti allo smaltimento…” (art. 19 comma 1 lettere n ed n-bis), ed alle Province “ l’individuazione, sulla base delle previsioni del piano territoriale di coordinamento di cui all’articolo 15, comma 2, della legge 8 giugno 1990, n. 142, ove già adottato, e delle previsioni di cui all’articolo 22, comma 3, lettere c) ed e), sentiti i comuni, delle zone idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti urbani, con indicazioni plurime per ogni tipo di impianto, nonché delle zone non idonee alla localizzazione di impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti” (art. 20 comma 1 lettera e).


Va precisato che la fissazione dei “criteri per l’individuazione da parte delle province delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e recupero” e “…dei luoghi o impianti adatti allo smaltimento dei rifiuti” è uno dei contenuti propri del piano regionale di gestione dei rifiuti (art. 22 comma 3 lettera e).


2.2) Orbene, è nell’ambito della nozione di gestione integrata dei rifiuti urbani, come comprensiva anche della raccolta differenziata, delle attività di recupero e dello smaltimento finale, che vanno inquadrate le attribuzioni pianificatorie e regolamentari delle Regioni (art. 19), quelle pianificatorie, organizzative e attinenti ai controlli delle Province (art. 20), nonché quelle gestorie e regolamentari dei Comuni, nell’ambito delle quali l’art. 21 comma 1 del d.lgs. n. 22 del 1997, nella sua originaria formulazione, riconosceva una privativa comunale (e quindi una riserva alla mano pubblica) esclusa soltanto per le “…attività di recupero dei rifiuti che rientrino nell’accordo di programma di cui all’articolo 22, comma 11, (stipulati dal Ministro dell’ambiente, di concerto con il Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato, d’intesa con la regione, per la realizzazione all’interno di insediamenti industriali di impianti di recupero di rifiuti urbani non previsti dal piano regionale, a certe condizioni: n.d.e.) ed alle attività di recupero dei rifiuti assimilati”.


In base a tale privativa, dunque, tutte le attività di gestione dei rifiuti urbani, anche le attività di recupero e certamente quelle relative allo smaltimento finale, e quindi la realizzazione e gestione dei relativi impianti, rientravano nella sfera pubblica.


L’art. 23 comma 1 della legge 31 luglio 2002, n. 179 (recante “Disposizioni in materia ambientale”) ha bensì modificato l’art. 21 comma 7 del d.lgs. n. 22 del 1997 ma nel solo senso che “La privativa di cui al comma 1 non si applica alle attività di recupero dei rifiuti urbani e assimilati, a far data dal 1° gennaio 2003”.


Deve rammentarsi che nel testo originario del d.d.l. governativo tale disposizione non era contenuta e fu introdotta soltanto con successivo emendamento che, in sede di discussione in aula, suscitò notevoli riserve (cfr. resoconto stenografico della seduta della Camera dei deputati del 6 febbraio 2002, interventi degli on.li Vianello, Abbondanzieri e Tidei sulle conseguenze negative, anche ma non solo economiche, della limitazione alla privativa comunale e sul pericolo di favorire interessi privati privi di correlazione con l’interesse pubblico, ai quali il relatore on.le Foti replicò evidenziando come proprio in relazione alle predette perplessità l’operatività della disposizione era stata differita al 1° gennaio 2003).


Al contrario è rimasta ferma e pienamente operante la privativa comunale per tutte le altre attività di gestione dei rifiuti urbani, ed in particolare, per quanto qui interessa, per lo smaltimento finale.


Attività da esercitarsi, bensì, “…nelle forme della legge 8 giugno 1990, n. 142…” (art. 21 comma 1) e del successivo art. 23 del d.lgs. n. 22 del 1997, e quindi nel contesto di ambiti territoriali ottimali, di regola coincidenti con la provincia, salve diverse delimitazione stabilita con legge regionale, specificamente deputati ad assicurare “…una gestione unitaria dei rifiuti urbani…”, e con l’obbligo dei comuni di organizzare la gestione dei rifiuti urbani secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità, mediante le forme anche obbligatorie di cui alla legge n. 142 del 1990.


2.3) Così ricostruito, per linee per quanto possibile sommarie, il quadro normativo di riferimento, deve rammentarsi che, nel contesto del regime emergenziale, ma ovviamente in funzione del superamento dell’emergenza e della strutturazione di un sistema regionale integrato di gestione dei rifiuti organizzato per ambiti territoriali ottimali, il Commissario delegato -in base alla specifica attribuzione di competenza di cui all’art. 1 comma 5 dell’ordinanza ministeriale 4 agosto 2000, n. 3077- ha adottato con decreto n. 41 del 6 marzo 2001 il “Piano di gestione dei rifiuti e delle bonifiche delle aree inquinate”, nel cui contesto, al paragrafo C.4, è stato individuato uno specifico criterio localizzativo costituito dalla “localizzazione degli impianti di trattamento/smaltimento in un’ottica di minimizzazione delle percorrenze per il conferimento e di equa ripartizione in relazione alla presenza di altre attività industriali, commerciali, artigianali… in modo da ridurre al minimo le necessità di movimentazione degli stessi”.


Alla localizzazione è altresì dedicato il paragrafo F.2 del decreto n. 41 del 2001 che, in sintesi, ha stabilito che:


- la individuazione della aree (definite “areale”) e la scelta dei siti “…deve essere condotta attraverso l’analisi dei seguenti elementi di carattere: geo-fisico-territoriale, ambientale, vincolistico, economico”, con tendenziale inidoneità in via generale delle “a) aree nelle quali sono segnalate faglie singole o sistemi di faglie, soprattutto se con evidenze di attività recente; b) aree interessate da fenomeni di instabilità del suolo o del sottosuolo (frane, collassi in aree carsiche, etc.); c) aree soggette ad alluvionamenti; d) aree con evidenze carsiche significative (ipogei, doline, inghiottitoi);
e) aree di accertata presenza di comunità floro-faunistiche e di geotopi di particolare interesse naturalistico e ambientale (censite e regolamentate nei: PUTT/Paesaggio, l.r. n. 19/97 "Norme per la istituzione e gestione delle aree naturali protette nella regione Puglia"; DPR. N. 357/97 "Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche"; Titolo II del D.lgs n. 490/99 "Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali ed ambientali, a norma dell'art. 1 della legge 8.10.1997, n. 352”;


- quanto alla scelta dei siti per lo stoccaggio definitivo “deve essere compiuta in funzione del possesso per gli stessi dei seguenti requisiti:


- corrispondenza di una cava non attiva o parzialmente attiva, eventualmente già adibita a discarica; - volumetria totale o parziale, calcolata tenendo conto della possibilità di espansione dell’area utilizzabile a stoccaggio e delle aree attrezzate ad essa collegate in modo da evitare contenziosi, in relazione alla possibilità di concreta esigenza di incremento delle attività di stoccaggio stesso o di attività integrativa funzionale al recupero o alla riduzione di pericolosità dei rifiuti; - disponibilità di una volumetria sufficiente in relazione, per i rifiuti urbani, alle esigenze del bacino di utenza (di norma sarà considerata utile la volumetria minima di 300.000 mc), per i rifiuti speciali alle prospettive di produzione degli specifici rifiuti speciali;- necessità che il bacino da impermeabilizzare non richieda generalmente opere di scavo e movimenti di terra superiori al 25% del volume da attrezzare…;- accesso comodo ed interconnesso con la rete viaria extraurbana;- rispetto delle condizioni di cui all’inquadramento vincolistico”;


- La individuazione dei siti degli impianti deve opportunamente prendere in considerazione l’aspetto relativo alle distanze: - dagli agglomerati residenziali urbani e da insediamenti di rilevante importanza e movimento turistico;- dagli ospedali, luoghi di cura;- da strade di grande traffico, da ferrovie e da aeroporti;- da coste, dall’alveo di fiumi e torrenti;- dai punti di approvvigionamento delle risorse idriche ad uso potabile”, con la precisazione che in conformità agli indirizzi del piano regionale del 1993 i parametri ivi definiti sono ottimali e non vincolanti “…rimanendo la distanza di sicurezza del sito, idonea a assicurare la tutela dell’ambiente, sottoposta a specifica valutazione tecnica”.


Un ulteriore criterio è stato poi introdotto dal decreto commissariale n. 296 del 30 settembre 2002, contenente modifiche ed integrazioni al decreto n. 41 del 2001, che al paragrafo 5.2 ha stabilito che i centri di selezione biostabilizzazione dei rifiuti solidi urbani residuali dalla raccolta differenziata “dovranno essere di norma, ancorchè in via non esclusiva, localizzati nella stessa area della discarica controllata di smaltimento finale o in area immediatamente adiacente ad essa”, e quindi con un criterio, peraltro del tutto logico e consequenziale all’obiettivo di ridurre al minimo la movimentazione dei rifiuti, di vicinitas tra centri di selezione e biostabilizzazione e discariche di servizio/soccorso.


2.4) E’ alla luce dei riferimenti normativi, legislativi, regolamentari e degli atti di pianificazione innanzi richiamati, che deve essere valutata la fondatezza delle censure dedotte dalla società ricorrente.
2.4.1) A tal fine non è superfluo porre in evidenza che con l’ordinanza ministeriale 4 agosto 2000, n. 3077 al Presidente della Regione Puglia, nominato Commissario delegato (in sostituzione del Prefetto di Bari nominato con la precedente ordinanza n. 3 marzo 2000, n. 3045) è stato affidata, la definizione del “…piano di gestione dei rifiuti e delle bonifiche delle aree inquinate di cui all’art. 22 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22…” (art. 1 comma 5) ovvero non già e non soltanto l’adozione di provvedimenti a contenuto più ristretto riferiti alla fase dell’emergenza, sebbene dello strumento fondamentale di pianificazione “ordinaria” del sistema integrato relativo alla gestione integrata dei rifiuti nel territorio pugliese, con competenza specifica e sostitutiva della Regione Puglia ed in una chiara prospettiva intesa a consentire, con la realizzazione di tutti gli interventi previsti dall’adottando piano, ivi compresa la localizzazione degli impianti, la definitiva ed effettiva fuoriuscita dal regime dell’emergenza socio-economico-ambientale nel settore dei rifiuti.


Sicché, del tutto consequenziale all’attribuzione di tale potere risultano gli ulteriori poteri conferiti con l’ordinanza ministeriale n. 3184 del 22 marzo 2002 (art. 2 comma 2 lettere a, b, c), relativi al:
- completamento del piano di gestione dei rifiuti (e di bonifica delle aree inquinate) adottato col decreto commissariale n. 41 del 6 marzo 2001 in attuazione dell’art. 1 comma 5 dell’ordinanza ministeriale n. 3077 del 2000 “…anche in relazione alla definizione degli ambiti territoriali ottimali per la gestione dei rifiuti urbani” (lettera a);


- completamento (del)“la realizzazione del sistema impiantistico integrato per il recupero e riutilizzo dei rifiuti urbani, con riferimento ai centri intercomunali per i materiali provenienti dalla raccolta differenziata, ed eventuali piazzole di stoccaggio, alle linee di selezione dei rifiuti indifferenziati, agli impianti di compostaggio, agli impianti di produzione di combustibile derivato dai rifiuti” (lettera b);
- completamento del “…sistema di smaltimento dei rifiuti urbani non destinati al recupero e riutilizzo mediante localizzazione di nuovi impianti di titolarità pubblica di discarica controllata da utilizzare anche per lo smaltimento dei sovvalli provenienti dagli impianti di cui al precedente punto b)…” e “…nelle more della realizzazione di tali nuovi impianti…”, possibilità di autorizzare “entro il 31 ottobre 2002…la prosecuzione dell’esercizio degli impianti di discarica controllata esistenti, anche se privati” (lettera c).


Né può sottacersi che l’art. 14 della stessa ordinanza ministeriale n. 3184 del 2002 ha espressamente autorizzato il Commissario delegato ad operare in deroga, tra l’altro, alle disposizioni del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 e della legge regionale n. 17 del 1993.


2.4.2) Orbene, è nel quadro di tali poteri che si inscrive non soltanto l’adozione del decreto commissariale n. 296 del 30 settembre 2002 (con il “riordino” e “rideterminazione” dei bacini d’utenza già previsti dal precedente piano regionale del 1993 e l’indicazione degli impianti a titolarità pubblica da realizzare e di quelli già realizzati, salva la riserva di localizzazione per alcuni impianti, tra cui l’impianto complesso e la discarica di servizio/soccorso a servizio del bacino d’utenza Bari/4), bensì anche la istituzione delle Autorità per la gestione dei rifiuti nei vari bacini (per il bacino Bari/4 disposta con il decreto commissariale n. 299 del 30 settembre 2002), e il decreto commissariale impugnato che ha previsto la localizzazione dell’impianto complesso e annessa discarica di servizio/soccorso a servizio del bacino d’utenza Bari/4 in località “Grotteline” del comune di Spinazzola.


2.5) Alla luce del quadro normativo e procedimentale dianzi chiarito, risulta evidente l’infondatezza di tutte le censure dedotte dal Comune ricorrente.


2.5.1) Quanto alle pur suggestive e finemente articolate censure dedotte col primo motivo di ricorso (attinenti alla estraneità dell’atto localizzativo rispetto ai poteri di natura pianificatoria assegnati al commissario, alla contraddittorietà tra tale localizzazione e il rinvio all’autorità di bacini dell’individuazione del sito dell’impianto di compostaggio e del centro per i materiali rivenienti dalla raccolta differenziata, e comunque all’esaurimento di quei poteri a seguito della istituzione del bacino d’utenza, oltre che all’insussistenza di ragioni d’urgenza come comprovate dall’autorizzazione alla prosecuzione, con ampliamento, della discarica di Altamura), deve osservarsi che:


- come dianzi illustrato, è la stessa ordinanza ministeriale n. 3182 del 22 marzo 2002, non gravata dal Comune ricorrente, ad aver attribuito al commissario il “completamento del “…sistema di smaltimento dei rifiuti urbani non destinati al recupero e riutilizzo mediante localizzazione di nuovi impianti di titolarità pubblica di discarica controllata da utilizzare anche per lo smaltimento dei sovvalli provenienti dagli impianti di cui al precedente punto b)…” e “…nelle more della realizzazione di tali nuovi impianti…”, possibilità di autorizzare “entro il 31 ottobre 2002…la prosecuzione dell’esercizio degli impianti di discarica controllata esistenti, anche se privati” (art. 2 comma 2 lettera c);


- in altri termini l’ordinanza ministeriale non ha assegnato solo poteri più ampi di pianificazione ma anche poteri puntuali riferiti alla localizzazione dei nuovi impianti; poteri quindi che non esulano in alcun modo dalle attribuzioni commissariali, né si pongono in contrasto logico-giuridico con quelli pianificatori (in disparte il rilievo che la censura andava rivolta, in radice, all’ordinanza ministeriale, rimasta invece inoppugnata), posto che gli uni e gli altri sono funzionalmente orientati proprio alla più rapida “fuoriuscita” dal regime dell’emergenza;


- nessuna contraddittorietà può cogliersi, poi, tra la localizzazione dell’impianto complesso e il decreto commissariale n. 338 del 30 ottobre 2002, col quale, proprio nelle more della realizzazione del nuovo impianto a titolarità pubblica, è stata autorizzata la prosecuzione dell’esercizio della discarica controllata appartenente alla Tra.De.Co. S.r.l., in relazione allo specifico potere conferito dall’art. 2 comma 2 lettera c) dell’ordinanza ministeriale n. 3184 del 2002 e proprio in vista di evitare soluzioni di continuità temporale tra lo smaltimento finale dei rifiuti del bacino d’utenza e l’entrata in esercizio del nuovo impianto complesso a titolarità pubblica cui è annessa la discarica di servizio/soccorso;


- rientra poi nell’ambito dell’ampia discrezionalità del commissario la valutazione, della quale il Comune non ha nemmeno interesse a dolersi, circa la riserva all’Autorità di bacino delle scelte localizzative relative ad altri impianti, diversi da quelli, principali ed essenziali, destinati allo smaltimento finale dei rifiuti.


2.5.2) Circa le censure dedotte col secondo motivo di ricorso (imperniate sull’omessa attivazione delle formalità partecipative ex lege n. 241 del 1990), non può omettersi di rilevare che, come precisato dai difensore della Regione Puglia e del Comune di Altamura, il Commissario delegato aveva convocato una riunione dei comuni del bacino d’utenza Bari/4 in data 26 giugno 2002 proprio al fine di individuare una soluzione “consensuale” in ordine alla localizzazione dell’impianto e che tale riunione (cui partecipò anche il Sindaco di Poggiorsini, come si evince dall’esibito prospetto delle presenze) si risolse in un nulla di fatto.


Sicché per un verso, e pur non essendovi tenuto, il Commissario delegato non si è mostrato insensibile all’esigenza di coinvolgere, in un apporto collaborativo, i comuni del bacino d’utenza, e, per altro verso, non può seriamente sostenersi che quei comuni, ivi compreso il Comune di Poggiorsini, non fossero pienamente edotti dell’avvio del procedimento di localizzazione degli impianti, sicché risulta svuotata anche la censura relativa all’omessa comunicazione dell’avvio del procedimento.


2.5.3) Analogamente infondata è la censura, di cui al terzo motivo di ricorso, relativa all’assegnazione di un termine, relativamente contenuto, per l’alternativa individuazione di altro sito: tale previsione era già contenuta del decreto commissariale n. 296 del 30 settembre 2002 (punto 5) e quindi la successiva previsione del punto 4 del decreto commissariale n. 334 del 29 ottobre 2002, era riproduttiva, e quindi di mera esecuzione dell’altra precedente.


Si aggiunga che la previsione della possibilità per l’Autorità di bacino di individuare localizzazioni alternative costituiva estrinsecazione di ampia discrezionalità del Commissario delegato in ordine alle modalità di esercizio dei poteri di localizzazione, direttamente allocati in capo al medesimo e senza alcuna indicazione dell’esigenza di apporti collaborativi dall’art. 2 comma 2 lettera c) dell’ordinanza ministeriale n. 3184 del 22 marzo 2002; discrezionalità che appare esercitata in modo ragionevole con assegnazione di un termine sufficientemente ampio.


2.5.4-5-8) Nessun rilievo può poi assumere la circostanza, denunciata col motivo sub 4), che il piano di gestione di cui al decreto n. 41 del 2001 non contenesse specifiche previsioni circa l’impianto di selezione e biostabilizzazione con annessa discarica, posto che appunto il decreto n. 296 del 2002 ha modificato e integrato quel piano e che l’essenzialità di tale tipo d’impianto, nel quadro dell’organizzazione complessiva della raccolta e smaltimento dei rifiuti per ciascun bacino d’utenza, è di tutta evidenza; le motivazioni della localizzazione sono da desumersi, per relationem, dalla scheda allegata al decreto n. 334 e dai verbali dell’organismo tecnico di supporto, donde l’insussistenza della pure censurata carenza di motivazione, ciò che denota l’infondatezza altresì delle doglianze svolte nel quinto motivo di ricorso, oltre che di quelle proposte con l’ottavo motivo, aggiunto.


2.5.6-7) Infondate sono, da ultimo, anche le censure specifiche sulla presunta idoneità del sito di localizzazione, dedotte col sesto e settimo motivo di ricorso.


La scelta del sito di località “Grotteline” è stata preceduta da varie riunioni dell’organismo tecnico di supporto delle attività commissariali (riunioni del 15 luglio, 27 settembre, 21 ottobre 2002), da sopralluoghi su vari siti possibili e si è sostanziata in una valutazione di discrezionalità tecnica, in sé e per sé insindacabile.


D’altro canto la scheda tecnica allegata al decreto commissariale n. 334 del 29 ottobre 2002 da conto del pieno rispetto dei criteri localizzativi come richiamati nei paragrafi precedenti: il sito è quello di una area di cava esaurita, di apprezzabile ampiezza e con volumetria di 250.000 mc (quella minima è solo “di norma” pari a 300.000 mc), con disponibilità di aree libere circostanti a pascolo, distante ben 4 km dal centro abitato di Poggiorsini ed oltre 1,5 Km da altri nuclei abitati esistenti o previsti, non visibile, vicino (50 ml) a strada secondaria con sistema viario a bassa intensità di traffico, con accesso da strada interrata, lontano da corpi d’acqua, con disponibilità in loco di materiali di ricoprimento, con fondo e pareti di cava in calcare e calcareniti, poco fratturate, con profondità del massimo livello della falda dal fondo cava superiore a 300 ml., senza presenza di pozzi idropotabili dell’AQP S.p.A. nel raggio di 1 km, in zona sismica, assoggettato solo vincolo idrogeologico, di per sé non ostativo.


A fronte di tali caratteristiche tecniche, asseverate dalla scheda illustrativa, non risultano apprezzabili, sebbene suggestive, le prospettazioni relative:


- alla solo relativa vicinanza, comunque superiore alla distanza minima prescritta, del centro abitato di Poggiorsini;


- alla presenza, genericamente evocata, di sorgenti e falde acquifere (essendo rilevante solo la presenza di punti di approvvigionamento idrico ad uso potabile, a tenore del decreto commissariale n. 41 del 2001, come innanzi visto, ed escludendo la scheda illustrativa allegata al decreto n. 335 del 2002 la presenza di pozzi idropotabili dell’AQP S.p.A. nel raggio di 1 Km) e di una fonte per la raccolta di acqua minerale (non essendo dimostrata la presenza di fenomeni carsici atti a lasciar ipotizzare una contaminazione delle acque);


- alla presenza di imprecisati e non documentati vincoli archeologici e/o zone d’interesse archeologico (smentita dalla scheda tecnica);


- alla generica “contiguità” con il parco della Murgia e alla collocazione in ambito territoriale del P.U.T.T. che non ne esclude l’utilizzazione.


- all’omessa predisposizione di studio d’impatto ambientale, tenuto conto che:


-- il d.m. n. 559 del 1987 riferisce l’analisi di compatibilità ambientale agli impianti (e non già alle localizzazioni);


-- la valutazione d’impatto ambientale di cui al d.P.R. 12 aprile 1996 pure è riferita ai progetti di discariche di capacità superiore a 100.000 mc (e non quindi alle localizzazioni) e non trova applicazione, ai sensi dell’art. 1 comma 8 del d.P.R. per gli interventi disposti nelle situazioni in cui sia stato dichiarato lo stato di emergenza ai sensi dell’art. 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225.
3.) In conclusione, il ricorso in epigrafe deve essere rigettato siccome infondato.


4.) La novità delle questioni affrontate giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese ed onorari del giudizio, mentre non vi è luogo a provvedere per le altre parti pubbliche intimate non costituite.
 


P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Sede di Bari - Sezione I, così provvede sul ricorso in epigrafe n. 89 del 2003:


1) rigetta il ricorso;


2) dichiara compensate per intero, tra le parti costituite, le spese ed onorari del giudizio;


3) dichiara non luogo a provvedere in ordine alle spese delle altre parti pubbliche intimate non costituite in giudizio.


Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.


Così deciso in Bari nella Camera di Consiglio del 21 luglio 2004, con l’intervento dei magistrati:


Gennaro FERRARI Presidente
Leonardo SPAGNOLETTI Componente Est.
Fabio MATTEI Componente
 


 

M A S S I M E

Sentenza per esteso

 

1) Rifiuti - Commissariamento - Giudizi di impugnazione dei provvedimenti commissariali - Regione - Intervento in giudizio - Legittimazione - Sussistenza - Fondamento. In materia di rifiuti, le regioni, in quanto attributarie delle competenze (conferite dall’art. 19 del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22) di contenuto pianificatorio e regolamentare, nonché provvedimentale, sono legittimate ad intervenire nei giudizi amministrativi di impugnazione dei provvedimenti commissariali. Il commissariamento, infatti, connesso alla situazione di emergenza socio-economico-ambientale nel settore dei rifiuti, determina solo un temporaneo trasferimento di tali competenze, come delineato nel regime ordinario di disciplina del settore; ma non rescinde l’afferenza dei provvedimenti assunti dal commissario, soprattutto a contenuto pianificatorio, dalla sfera di interesse pubblico alla migliore organizzazione dei servizi di gestione dei rifiuti nel territorio regionale di cui è portatrice la regione. D’altro canto, proprio la temporanea sottrazione agli enti locali territoriali delle competenze istituzionali in materia di gestione dei rifiuti, connota un interesse peculiare e più intenso della Regione alla più celere, regolare e puntuale attuazione dei provvedimenti commissariali, in vista della più tempestiva fuoriuscita dal regime dell’emergenza socio-economico-ambientale, e quindi della “riappropriazione” di quelle competenze istituzionali. Pres. Ferrari, Est. Spagnoletti - Comune di Poggiorsini (Avv. Matassa) c. Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell’Interno e Commissario delegato per l’emergenza socio-economico-ambientale nella Regione Puglia nel settore dei rifiuti (Avv. Stato) - T.A.R. PUGLIA, Bari, Sez. I - 5 aprile 2005, n. 1359

2) Rifiuti - Gestione dei rifiuti - Bacino d’utenza - Commissario straordinario - Provvedimento di localizzazione dei siti per impianti a discarica - Impugnazione - Comuni compresi nel bacino d’utenza - Qualifica di controinteressati - Inconfigurabilità. I comuni compresi nel bacino d’utenza per la gestione dei rifiuti non sono qualificabili come controinteressati nel ricorso avverso il provvedimento commissariale di localizzazione dei siti per impianti a discarica, posto che la localizzazione riguarda impianti a servizio di un bacino d’utenza cui sono destinati a esser convogliati tutti i rifiuti urbani dei comuni che ne fanno parte, con una incidenza di effetti che travalica il ristretto ambito del territorio comunale in cui ricadono gli impianti per i nessi ambientali e socio-economici che la stessa istituzione del bacino d’utenza e le dimensioni organizzatorie del servizio integrato di gestione dei rifiuti comporta. Pres. Ferrari, Est. Spagnoletti - Comune di Poggiorsini (Avv. Matassa) c. Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell’Interno e Commissario delegato per l’emergenza socio-economico-ambientale nella Regione Puglia nel settore dei rifiuti (Avv. Stato) - T.A.R. PUGLIA, Bari, Sez. I - 5 aprile 2005, n. 1359

3) Rifiuti - Gestione commissariale - Impianti destinati allo smaltimento dei rifiuti - Localizzazione - Poteri commissariali ex ord. min. 3184/2002 - Rientra. I poteri di localizzazione di nuovi impianti destinati allo smaltimento dei rifiuti rientrano nella attribuzioni commissariali individuate ai sensi dell’’ordinanza ministeriale n. 3184 del 2002 e non si pongono in contrasto logico-giuridico con quelli pianificatori, posto che gli uni e gli altri sono funzionalmente orientati proprio alla più rapida “fuoriuscita” dal regime dell’emergenza; rientra nell’ambito dell’ampia discrezionalità del commissario, inoltre, la valutazione circa la riserva all’Autorità di bacino delle scelte localizzative relative ad impianti diversi da quelli principali. Pres. Ferrari, Est. Spagnoletti - Comune di Poggiorsini (Avv. Matassa) c. Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell’Interno e Commissario delegato per l’emergenza socio-economico-ambientale nella Regione Puglia nel settore dei rifiuti (Avv. Stato) - T.A.R. PUGLIA, Bari, Sez. I - 5 aprile 2005, n. 1359

 

4) Rifiuti - V.I.A. - Localizzazione di discariche - Sottoposizione a V.I.A. - Esclusione - Applicabilità agli interventi in “stato d’emergenza” - Esclusione. La valutazione d’impatto ambientale di cui al d.P.R. 12 aprile 1996 non è riferita al procedimento di localizzazione, ma ai progetti di discariche di capacità superiore a 100.000 mc e non trova applicazione, ai sensi dell’art. 1 comma 8 del d.P.R. per gli interventi disposti nelle situazioni in cui sia stato dichiarato lo stato di emergenza ai sensi dell’art. 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225. Pres. Ferrari, Est. Spagnoletti - Comune di Poggiorsini (Avv. Matassa) c. Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell’Interno e Commissario delegato per l’emergenza socio-economico-ambientale nella Regione Puglia nel settore dei rifiuti (Avv. Stato) - T.A.R. PUGLIA, Bari, Sez. I - 5 aprile 2005, n. 1359
 

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