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 Massime della sentenza

(Segnalata da Salvatore Granata - Legambiente Nebrodi)

 

 

T.A.R. SICILIA - CATANIA SEZ I -  30 giugno 2005, Ordinanza n. 1029
 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Reg. Ord: 1029/05

Reg. gen.: 3247/2004

 

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA SICILIA
SEZIONE STACCATA DI CATANIA

PRIMA SEZIONE



adunato in Camera di Consiglio con l’intervento dei Signori Magistrati:


Dr. VINCENZO ZINGALES Presidente
Dr. ROSALIA MESSINA Cons.
Dr. MARIA STELLA BOSCARINO Ref., relatore


ha pronunciato la seguente


ORDINANZA


sulla domanda di sospensione dell’esecuzione del provvedimento che è stato impugnato – in via giurisdizionale – col ricorso 3247/2004 proposto da:

 

ECO SRL, rappresentato e difeso da RAIMONDI AVV. SALVATORE, STARVAGGI AVV. PAOLO e BONFIGLIO AVV. NATALE con domicilio eletto in CATANIA *** VIA UMBERTO, 303 presso CARRUBBA AVV. ALESSANDRO


contro


COMUNE DI NASO (ME) rappresentato e difeso da TOMMASINI AVV. RAFFAELE
con domicilio eletto in MESSINA SEGRETERIA presso la sua sede


per l’annullamento
del provv. Prot. N. 11162 del 29.9.204, che fa proprio il parere contrario della C.E.C., e di altri atti;


Visto il ricorso introduttivo del giudizio ed il ricorso per motivi aggiunti;
Visti gli atti e i documenti depositati con il ricorso;
Vista la domanda di sospensione della esecuzione del provvedimento impugnato,
Visto l’atto di costituzione in giudizio edel COMUNE DI NASO (ME)
Udito nella Camera di Consiglio del 21 Giugno 2005 il relatore Ref. MARIA STELLA BOSCARINO
Uditi gli avvocati come da verbale;
Vista la documentazione tutta in atti;
Visto l’art. 21 della Legge 6 dicembre 1971, n. 1034 e successive modificazioni;


Ritenuto che può prescindersi dall’esame del primo motivo di ricorso per motivi aggiunti, relativo alla lamentata illegittimità degli atti impugnati a causa della soppressione della commissione edilizia, in quanto risulta pacifico e non contestato tra le parti in causa che l’insediamento proposto non rispetta gli standards di cui al comma 2 dell’art. 22 L.R. 71/78 nel testo vigente; ciò che è idoneo a sorreggere l’atto impugnato, esimendo quindi il Collegio dall’approfondire gli altri motivi di ricorso, pur non senza precisare, per inciso (ed anche al fine di orientare la successiva attività amm.va in ipotesi di ripresentazione del progetto), che gli stesi appaiono non sforniti idi fondatezza, considerato che, da un canto, le mancanze documentali contestate alla ricorrente – incidendo non già sulla natura giuridica del progetto presentato, ma solo sulla sua completezza documentale, perfezionabile anche nel corso del procedimento di esame e approvazione della CE, su invito dell’amministrazione comunale nell’ottica del principio di collaborazione – potevano essere superate invitando la ricorrente ad integrare la pratica, così come, nella stessa ottica collaborativi, il comune avrebbe potuto interloquire con la ditta in merito alla asserita mancanza di opere di urbanizzazione, avendo la Giurisprudenza chiarito che “illegittimamente il comune nega la concessione edilizia sull’assunto della mancanza delle opere di urbanizzazione primaria senza preliminarmente verificare la disponibilità del richiedente a realizzarle in proprio, a scomputo delgi oneri dovuti o già corrisposti: T.A.R. Lombardia Milano, sez. II, 15 aprile 1999, n. 1190”.

 

Ciò posto, sulla questione centrale (mancato rispetto degli standards) ricorrente e Comune prospettano sue diverse interpretazioni della normativa in materia di impianti produttivi nel verde agricolo, sulle quali il Collegio è chiamato a decidere; in particolare, l’art. 22 della L.R. n. 17/94, stabilisce che:
1. Nelle zone destinate a verde agricolo dai piani regolatori generali sono ammessi impianti o manufatti edilizi destinati alla lavorazione o trasformazione di prodotti agricoli o zootecnici locali ovvero allo sfruttamento a carattere artigianale di “risorse naturali locali” tassativamente individuate nello strumento urbanistico.
2. Le concessioni edilizie rilasciate ai sensi del comma 1 devono rispettare le seguenti condizioni:
a) rapporto di copertura non superiore a un decimo dell’area di proprietà proposta per l’insediamento;
b) distacchi tra fabbricati non inferiori a m.10;
c) distacchi dai cigli stradali non inferiori a quelli fissati dall’art. 26 del D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495;
d) parcheggi in misura non inferiore ad un decimo dell’area interessata;
e) rispetto delle distanze stabilite dall’articolo 15 della legge regionale 12 giugno 1976, n. 78, come interpretato dall’articolo 2 della legge regionale 30 aprile 1991, n. 15;
f) distanza dalgi insedianti abitativi ed opere pubbliche previsti dagli strumenti urbanistici non inferiore a metri duecento, ad esclusione di quanto previsto dalla lettera c).
3. Previa autorizzazione delle amministrazioni competenti, nelle zone destinate a verde agricolo è consentito il mutamento di destinazione d’uso dei fabbricati realizzati con regolare concessione edilizia, da civile abitazione a destinazione ricettivo-alberghiera e di ristorazione ove sia verificata la compatibilità ambientale della nuova destinazione ed il rispetto di tutte le prescrizioni igienico-sanitarie nonché di sicurezza. Nelle zone agricole è ammessa l’autorizzazione all’esercizio stagionale, primaverile ed estivo, dell’attività di ristorazione anche in manufatti destinati a civile abitazione e loro pertinenze, nel rispetto della cubatura esistente e purchè la nuova destinazione, ancorchè temporanea, non sia in contrasto con interessi ambientali e con disposizioni sanitarie. la destinazione ricettivo-alberghiera e di ristorazione cessa automaticamente allorché cessi la relativa attività.


A sua volta, recita l’art. 35 della legge regionale 7 agosto 1997, n. 30:
1. Al fine di favorire il rapido avvio delle iniziative produttive previste dai patti territoriali e dei contratti d’area approvati dal CIPE sono ammessi insediamenti produttivi in verde agricolo, limitatamente ai singoli interventi previsti dai patti territoriali e dai contratti d’area già approvati dal CIPE alla data di entrata in vigore della presente legge, anche in deroga a quanto previsto dall’art. 22 della legge regionale 27 dicembre 1978, n. 71 così come sostituito dall’articolo 6 della legge regionale 31 maggio 1994, n. 17, fermo restando il rispetto delle condizioni previste dal comma 2 dello stesso articolo 6.
2. la deroga di cui al precedente comma non si applica nelle aree di parco e in quelle delimitate a riserva secondo la legislazione regionale vigente.


La problematica attiene alla corretta interpretazione da dare all’inciso “anche in deroga a quanto previsto dall’art. 22 della legge regionale 27 dicembre 1978, n. 71 così come sostituito dall’articolo 6 della legge regionale 31 maggio 1994, n. 17, fermo restando il rispetto delle condizioni previste dal comma 2 dello stesso articolo 6” in quanto secondo la lettera della disposizione parrebbe che la norma, non solo abbia consentito ogni sorta di insediamenti in zone destinate a verde agricolo, anche in deroga a quanto prevede il comma I dell’art. 22 l. 71/78, che ammette solo ben precise tipologie di insediamenti produttivi (impianti o manufatti edilizi destinati alla lavorazione o trasformazione di prodotti agricoli o zootecnici locali ovvero allo sfruttamento a carattere artigianale di “risorse naturali locali” tassativamente individuate nello strumento urbanistico), ma li abbia pure esentati dal rispetto di ogni standard.


Tale interpretazione, tuttavia, sarebbe talmente illogica, irrazionale, gravemente lesiva di valori preminenti, quali la tutela dell’ambiente e del paesaggio (art. 9 Cost.), della salute dei cittadini (Art. 32), il rispetto delle competenze pianificatorie degli enti locali nel mutato quadro costituzionale risultante dal nuovo Tit. V della Costituzione (Artt. 114 e 119) , da imporre all’interprete di ricercare una lettura della norma costituzionalmente orientata e compatibile con i superiori valori i quali, come detto, possiedono innegabilmente carattere preminente, specie se si consideri che la predetta deroga all’obbligo di rispettare le prescrizioni dello strumento urbanistico nelle zone destinate a verde agricolo, da eccezionale e limitata alle ipotese di interventi inseriti in patti territoriali e contratti d’area, è stata progressivamente dilatata al punto da consentire, oggi, l’allocazione in verde agricolo della pressocchè totalità di iniziative imprenditoriali private.


E difatti, la L.R. 3-5-2001, n. 6 all’art. 89 c. 3 ha, in una prima versione, stabilito che:
Le disposizioni previste dall’articolo 35 della legge regionale 7 agosto 1997, n. 30, relativa agli insediamenti produttivi in verde agricolo si applicano a tutti gli interventi comunque previsti e finanziati nei patti territoriali, nei contratti d’area e negli altri strumenti di programmazione negoziata, statali e regionali. Le stesse disposizioni si applicano per le iniziative imprenditoriali che abbiano ottenuto il finanziamento pubblico per la realizzazione dei relativi investimenti qualora non siano disponibili aree per insediamenti produttivi previste dagli strumenti urbanistici comunali o nelle aree attrezzate artigianali ed industriali. L’approvazione da parte dei consigli comunali costituisce variante agli strumenti urbanistici”.


Come si vede, la disposizione, in tale originaria formulazione, aveva già ampliato notevolmente il raggio di azione della deroga.


Senonchè, per effetto di successive modificazioni legislative, la portata della deroga di cui alla citata disposizione è stata praticamente generalizzata, in quanto l’allocazione delle iniziative imprenditoriali private in zone diverse da quelle a ciò destinate per volontà della legge (urbanistica) e degli strumenti urbanistici non presuppone più neppure un finanziamento pubblico, requisito che evidentemente selezionava il novero delle iniziative autorizzabili e, presumibilmente, aveva costituito per il Legislatore Regionale elemento decisivo, in un equo contemperamento (che deve supporsi sotteso alle scelte del legislatore) della ragioni di tutela del privato imprenditore a realizzare iniziative (peraltro con fondi pubblici) meritevoli di alleviare la cronica mancanza di lavoro nel Meridione senza subire il pregiudizio dell’abnorme ritardo dei Comuni nella formazione ed aggiornamento dei necessari strumenti urbanistici, da una parte, e della moltitudine dei cittadini ad un ordinato assetto del territorio, deciso nella competente sede della pianificazione urbanistica comunale in osservanza di precise disposizioni di legge in merito (fra l’altro) ai presupposti per la zonizzazione.


Ebbene, per effetto delle modifiche introdotte sul testo originario dell’art. 89 della L.R. 3-5-2001 n. 6, dall’art. 30, comma 1, L.R. 26 marzo 2002, n. 2, a decorrere dal 1° gennaio 2002, come prevede l’art. 131, comma 2, della stessa legge (vedi anche il comma 3 del suddetto art. 30), poi modificato dall’art. 38, L.R. 19 maggio 2003, n. 7 come modificato dall’art. 76, comma 22, L.R. 3 dicembre 2003, n. 20, il testo vigente dell’art. 89 così recita:
3. Le disposizioni previste dall’articolo 35 della legge regionale 7 agosto 197, n. 30, relative agli insediamenti produttivi in verde agricolo, si applicano a tutti gli interventi inseriti oltre che nei contratti d’area ed in altri analoghi strumenti di programmazione negoziata approvati dal CIPE o relativi ad interventi finanziati dallo Stato con la legge 19 dicembre 1992, n. 488, o concernenti interventi finanziati dall’Unione europea, anche a singole iniziative imprenditoriali private da realizzarsi con fondi propri, nell’ipotesi in cui non siano disponibili aree per insediamenti produttivi previste dagli strumenti urbanistici comunali né aree attrezzate dagli strumenti urbanistici comunali né aree attrezzate artigianali e industriali o su porzioni dell’area interessata insistano precedenti insediamenti produttivi”.


Come ben si comprende da un agevole confronto tra la originaria e l’attuale formulazione della norma, allo stato alla programmazione urbanistica comunale si può sovrapporre la scelta di investitori privati di allocare, nelle zone meno adatte del territorio comunale, e destinate per legge ad offrire (fra l’altro) un polmone verde alla popolazione, le più eterogenee iniziative economiche, tali da stravolgere qualunque assetto e pianificazione del territorio.


In tale contesto, già di per sé di dubbia resistenza ad un attento vaglio di costituzionalità dell’assetto degli interessi che ne deriva, il Collegio è chiamato ad interpretare la disposizione di cui sopra, chiarendo se possa seguirsi la tesi del ricorrente, non senza tener conto del fatto che tale tesi, condotta alla sue estreme conseguenze logiche comporterebbe, in buona sostanza, per il combinato disposto delle norma fin qui richiamate, che non solo in verde agricolo potrebbe essere allocato qualunque (anche la più inadatta ed impropria sotto il profilo urbanistico e ambientale) iniziativa imprenditoriale, ma addirittura che la stesa non incontrerebbe alcun limite di cubatura, distacchi, distanze, altezze; aprendo la porta ad una inevitabile cementificazione selvaggia e ad uno scempio ambientale senza precedenti e senza rimedio, anche per le future generazioni.


Ebbene, ritiene il Collegio che, considerata la ratio della disposizione, risulti evidente come il Legislatore stesso non possa che essere incorso in un errore materiale nel riferire il rispetto delle condizioni al comma 2 dell’art. 6 L.R. 17/94 anziché dell’art.22 della L.R. 71/78, errore presumibilmente ingenerato dal richiamo contestuale delle due norme.


D’altra parte, sarebbe assolutamente fuori da ogni logica, in contrasto con valori costituzionalmente preminenti oltre che senza alcun precedente legislativo nella disciplina del settore, che venga consentito di edificare insediamenti industriali in verde agricolo senza dover rispettare alcuno standard.


Ritiene il collegio che a tale interpretazione non potrebbe che seguire la rimessione al Giudice delle Leggi, stante l’evidente, macroscopica e ingiustificata lesione di valori costituzionalmente preminenti; ciò che impone prioritariamente al Collegio di ricercare una lettura costituzionalmente orientata, che non può essere diversa da quella proposta, secondo la quale, premesso che l’articolo 22 della legge regionale numero 71 del 1978 ha previsto la possibilità di allocare impianti produttivi collegati allo sfruttamento di risorse naturali nel verde agricolo, nel rispetto però di una serie di standards, e che l’articolo 35 della legge regionale numero 30 del 1997 ha ampliato tale possibilità in favore di impianti produttivi anche in deroga a quanto previsto dall’articolo 22, in primo luogo il significato di questa deroga non possa essere riferito a tutte le limitazioni previste dall’articolo 22 della legge regionale numero 71 (consentendo quindi a chi costruisce in verde agricolo di essere esentato da ogni sorta di limiti), ma unicamente alle tipologie edilizie allocabili secondo il primo comma dell’art. 22 L.R. 71/78 , (che erano) in qualche modo legate alla natura e alla destinazione dei luoghi.


In secondo luogo, ritenere che i limiti il cui rispetto sia comunque necessario siano quelli di cui al secondo coma dell’art, 6 l.r. 17/94, anziché quelli di cui al comma 2 dell’art.22 l.r. 71/78, priverebbe di senso logico l’operato del Legislatore.


Infatti, l’art. 6 comma 2 della L.R. 31-5-1994, n. 17 stabilisce che:
2. Per gli immobili già ultimati alla data di entrata in vigore della presente legge, in base a regolare concessione edilizia rilasciata a norma del previdente testo dell’articolo 22 della legge regionale 27 dicembre 1978, n. 71, o comunque realizzati in zona agricola secondo le previsioni del piano regolatore generale e che non possono più essere utilmente destinati alle finalità economiche originarie, è facoltà dei comuni consentire il cambio di destinazione d’uso con riferimento ad altre attività, ancorché diversa da quella originaria, nel rispetto della cubatura esistente e purchè la nova destinazione non sia in contrasto con rilevanti interessi urbanistici o ambientali. E’ in ogni caso esclusa l’autorizzazione per il cambio della destinazione in uso abitativo
 

In poche parole, a seguire la tesi del ricorrente, il Legislatore avrebbe inteso consentire di edificare insediamenti produttivi in verde agricolo senza dover rispettare alcuno standard, qualora la costruzione sia nuova; dovendo invece attenersi alla cubatura preesistente, e per di più lasciando facoltà ai comuni di negare la concessione in presenza della incompatibilità urbanistica ed ambientale dell’intervento proposto, qualora la costruzione sia preesistente.


E quindi si avrebbe una edificazione svincolata da ogni limite, se l’intervento è nuovo, e cioè più invasivo, mentre si incontrerebbero pesanti limitazioni quando l’intervento è di minore impatto, trattandosi di cambio di destinazione d’uso di edifici preesistenti.


L’assoluta irrazionalità della soluzione prospettata contribuisce a convincere dell’erroneità di tale tesi e, conseguentemente, della svista nella quale è incorso il Legislatore regionale nella formulazione della disposizione in questione.


A conforto di quanto fin qui ritenuto, va rilevato che il Consiglio di Giustizia Amministrativa pare appunto aver ritenuto, anche se incidentalmente, che vi sia un errore nella formulazione della norma, con il parere (n. 649/2002) riportato a supporto del diniego impugnato e depositato dal comune.


Il ricorso pertanto, alla luce dei superiori rilievi, non appare fondato.


Ritenuto che pertanto non va accolta la domanda di sospensione dell’esecuzione sopradescritta.


P.Q.M.


Il Tribunale amministrativo regionale della Sicilia – sezione staccata di Catania PRIMA SEZIONE rigetta la domanda di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato con il ricorso descritto in epigrafe.


Alle spese anche per la presente fase cautelare si provvederà in sede di merito.


La presente ordinanza sarà eseguita dalla Amministrazione ed è depositata presso la Segreteria che provvederà a darne comunicazione alle parti.


CATANIA, lì 21 giugno 2005

L’estensore
Maria Stella Boscarino

Il Presidente
Vincenzo Zingales

Il segretario

Depositata in Segreteria il 30giu 2005
Il segretario

 

M A S S I M E

Sentenza per esteso 

Urbanistica - Aree agricole - Insediamenti produttivi previsti dai patti territoriali - Art. 35 L.R. Sicilia n. 30/1997 - Deroga alle disposizioni di cui all'art. 22 L.R. 71/78 - Interpretazione costituzionalmente orientata - Errore materiale del legislatore nel riportare il comma 2 dell'art. 6 L.R. 17/94, piuttosto che il comma 2 dell'art. 22 L. 71/78. Con riferimento all'art. 35 della legge regionale 7 agosto 1997, n. 30 (che ammette gli insediamenti produttivi - previsti dai patti territoriali - in aree a verde agricolo), deve escludersi che l'inciso "anche in deroga a quanto previsto dall’art. 22 della legge regionale 27 dicembre 1978, n. 71 così come sostituito dall’articolo 6 della legge regionale 31 maggio 1994, n. 17, fermo restando il rispetto delle condizioni previste dal comma 2 dello stesso articolo 6", consenta ogni sorta di insediamento produttivo in zone destinate a verde agricolo, esentandoli dal rispetto di ogni standard. Siffatta interpretazione sarebbe infatti gravemente e ingiustificatamente lesiva di valori preminenti quali la tutela dell'ambiente e del paesaggio (art. 9 Cost.), della salute dei cittadini (Art. 32) e del rispetto delle competenze pianificatorie degli enti locali. Un'interpretazione costituzionalmente orientata impone piuttosto di ritenere che il Legislatore regionale sia incorso in un errore materiale nel riferire il rispetto delle condizioni al comma 2 dell'art. 6 L.R. 17/94 anziché dell'art. 22 della L.R. 71/78: ne deriva che la deroga in questione attiene unicamente alle tipologie edilizie allocabili secondo il primo comma dell'art. 22 (impianti o manufatti edilizi destinati alla lavorazione o trasformazione di prodotti agricoli o zootecnici locali ovvero allo sfruttamento a carattere artigianale di risorse naturali locali), ferma restando l'applicabilità degli standard di cui al comma 2. Pres. Zingales, Est. Boscarino - E. s.r.l. (Avv.ti Raimondi, Starvaggi e Bonfiglio) c. Comune di Naso (Avv. Tommasini) - T.A.R. SICILIA, Catania, Sez. I, ord. 30 giugno 2005, n. 1029
 

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