Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
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T.A.R. SICILIA -
CATANIA SEZ I - 20 ottobre 2005, Ordinanza n. 1549
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Reg. Ord: 1549/05
Reg. gen.: 1557/2005
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
PER LA SICILIA
SEZIONE STACCATA DI CATANIA
PRIMA SEZIONE
adunato in Camera di Consiglio con l’intervento dei Signori Magistrati
Dr. VINCENZO ZINGALES Presidente
Dr. ROSALIA MESSINA Cons.
Dr. MARIA STELLA BOSCARINO Ref., relatore
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sulla domanda di sospensione dell’esecuzione del provvedimento che è
stato impugnato - invia giurisdizionale col ricorso 1557/2005 proposto da:
LEGAMBIENTE - COMITATO REGIONALE SICILIANO, rappresentato e difeso da ASERO
MILAZZO AVV. SALVATORE
GIUDICE AVV. NICOLA
CICERO AVV. GIUSEPPE con domicilio eletto in CATANIA VIA VECCHIA OGNINA, 142/B
presso ASERO MILAZZO AVV. SALVATORE
contro
COMMISSARIO DELEGATO PER EMERGENZA RIFIUTI E TUTELA ACQUE
rappresentato e difeso da:
AVVOCATURA DELLO STATO
con domicilio eletto in CATANIA
VIA VECCHIA OGNINA, 149
presso la sua sede
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI - DIPART. PROTEZIONE CIVILE
e nei confronti di
SICIL POWER SPA
rappresentato e difeso da:
BRIGUGLIO AVV. CARMELO
ABBAMONTE AVV. ANDREA
con domicilio eletto in MESSINA
SEGRETERIA
presso
BRIGUGLIO AVV. CARMELO
e nei confronti di
COMUNE ID CATANIA
rappresentato e difeso da:
PATANE’ AVV. PAOLO
con domicilio eletto in CATANIA ***
VIA G. OBERDAN, 141
presso la sua sede
e nei confronti di
COMUNE DI MESSINA
e nei confronti di
COMUNE DI CALATABIANO
e nei confronti di
COMUNE DI ROMETTA (ME)
e nei confronti di
COMUNE DI CARONIA
e nei confronti di
COMUNE DI PATERNO’
e nei confronti di
PROVINCIA REGIONALE DI CATANIA
e nei confronti di
PROVINCIA REGIONALE DI MESSINA
e nei confronti di
ATO CATANIA 1 “IONIA AMBIENTE S.P.A.”
e nei confronti di
ATO CATANIA 2 “ACI AMBIENTE”
e nei confronti di
ATO CATANIA 3 “SIMETO AMBIENTE S.P.A.”
e nei confronti di
ATO MESIINA 1
e nei confronti di
ATO MESSINA 2
e nei confronti di
ATO MESSINA 3
e nei confronti di
ATO MESSINA 4
e nei confronti di
“D.G.I. DANECO GESTIONE IMPIANTI” S.P.A.
e nei confronti di
“WASTE ITALIA” S.P.A.
e nei confronti di
“SIEMENS” S.P.A.
e nei confronti di
“TECHNIPITALY” S.P.A.
e nei confronti di
“L’ALTECOEN” S.R.L.
rappresentato e difeso da:
FAZZI AVV. FULVIA
con domicilio eletto in CATANIA
VIA CROCIFERI, 60
presso PELLEGRINO AVV. BIANCA
e nei confronti di
“D.B. GROUP” S.P.A.
non costituita in giudizio
per l’annnullamento
dell’ordinanza del Commissario Delegato per l’emergenza rifiuti 1.3.2005,
pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 15 dell’8 aprile 2005 numero 15 dell’8
aprile 2005, con la quale il Commissario Delegato per l’emergenza rifiuti e la
tutela delle acque in Sicilia ha:
1) espresso il giudizio positivo di compatibilità ambientale sul progetto
presentato dalla società Sicil Power;
2) approvato il progetto presentato da detta società relativo al sistema di
gestione integrato per l’utilizzazione della frazione residua dei rifiuti urbani
al netto della raccolta differenziata sistema Messina Catania;
3) autorizzato la società alla realizzazione di un polo impiantistico nel comune
di Paternò, c.da Cannizzola;
4) autorizzato la medesima alla realizzazione degli impianti meglio indicati
all’articolo 2 dell’ordinanza impugnata;
5) autorizzato la società alla gestione degli impianti suddetti;
6) nonché di ogni altro atto presupposto, collegato, consequenziale e connesso,
ivi comprese le valutazioni di impatto ambientale di cui al parere 10.6.2004 n.
591 e l’avviso di annuncio di richiesta di pronuncia di compatibilità ambientale
pubblicato sul Giornale di Sicilia del 23 marzo 2004.
Visto il ricorso introduttivo del giudizio;
Visti gli atti e documenti depositati con il ricorso;
Vista la domanda di sospensione della esecuzione del provvedimento impugnato;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di L’Altecoen s.r.l., del Commissario
delegato per l’emergenza rifiuti e la tutela delle acque in Sicilia, del comune
di Catania e della Sicil Power s.p.a.;
Udito nella camera di consiglio dell’11 ottobre 2005 il relatore Ref, Maria
Stella Boscarino;
Uditi gli avvocati della parti come da verbale;
Vista la documentazione tutta in atti;
Visto l’articolo 21 della legge 6 dicembre 1971 numero 1034 e successive
modificazioni;
Ritenuto che l’Associazione ricorrente ha ottemperato all’ordine di integrazione
del contraddittorio disposto con O.C.I. numero 288 del 6 luglio 2005;
I. Ritenuto che la controinteressata Sicil Power ha proposto ricorso per
regolamento di competenza, indicando quale autorità giudiziaria competente il
T.A.R. del Lazio sede di Roma e, con memoria depositata il 14 luglio 2005, ha
chiesto, solo in via subordinata, l’accoglimento dell’eccezioen di incompetenza
territoriale della sede staccata del T.A.R. Sicilia di Catania rispetto alla
competenza della sede capoluogo del T.A.R. Sicilia, Palermo;
Che l’eccezione relativa alla incompetenza della sezione staccata è non solo
formulata subordinatamente ma anche cronologicamente proposta successivamente
alla notifica del regolamento di competenza, e che la proposizione di quest’ultimo
non inibisce al giudice adito la pronuncia sulla richiesta di sospensione
cautelare (tra le più recenti, C.G.A. Regione Siciliana, ordinanza numero 415
del 13 giugno 2005);
II. Ritenuto altresì che, in ordine alla pretesa carenza di legittimazione
processuale del Comitato Regionale Siciliano dell’Associazione Legambiente,
l’eccezione sia infondata, in adesione all’orientamento del T.A.R. Sicilia,
Palermo, sezione seconda, sentenza 7 maggio 2005, n. 724, il quale, con
condivisibili argomentazioni circa il riconoscimento in via generale della
legittimazione in capo alle associazioni ambientalistiche riconosciute (quale
quella in questione, riconosciuta con D.M. del 20 febbraio 1987 del Ministero
dell’Ambiente, ai sensi dell’articolo 13 della legge numero 349 del 1986) senza
distinzioni tra livello nazionale ed articolazioni locali, ha affermato la
legittimazione proprio in capo al Comitato ricorrente; considerato altresì che
lo statuto nazionale (articolo 24) prevede espressamente l’attribuzione della
rappresentanza in giudizio dell’associazione ai presidenti regionali, e d’altra
parte anche lo statuto del Comitato Regionale Siciliano (articolo 22) conferisce
espressamente al presidente regionale la rappresentanza in giudizio
dell’associazione;
ciò posto, ritiene il collegio che sia evidente la sussistenza dello specifico
diretto interesse alla tutela ambientale, minacciata dall’impianto oggetto di
ricorso, e che pertanto dia da respingere l’eccezione di carenza di
legittimazione in capo alla associazione ricorrente;
III. Ritenuto che il ricorso in esame evidenzia sufficienti profili di
fondatezza, avuto riguardo, in particolare, ai motivi quinto (con il
quale si lamenta che in conferenza di servizi non sono stati convocati tutti i
Comuni confinanti), settimo (con il quale si deduce la violazione degli
articolo 6 e 7 dpr numero 203 del 1988 per non essere stata rilasciata la
necessaria precedente autorizzazione alle emissioni), ottavo (relativo
alla carenza degli studi relativi ai siti di interesse comunitario: l’impianto e
le stazioni secondarie interferirebbero tutti con siti di interesse comunitario;
anche se non vi è certezza de danno sarebbe stato necessario osservare il
principio di precauzione; sarebbero stati inoltre inosservati principi di
rilevanza comunitaria come quello delle misure compensative) e decimo
(relativo alla violazione del decreto legislativo numero 37/2003, che vieta tali
tipologie di impianti in aree instabili od alluvionali, come questa, che è
vicinissima all’alveo del Simeto, per cui si tratterebbe di scelta illegittima
ed irresponsabile);
IV. Segnatamente, in ordine al quinto motivo, non viene smentito che alla
conferenza dei servizi non sono stati invitati tutti i Comuni confinanti con il
territorio del Comune ove si impianterà la discarica, e la cui popolazione
quindi potrebbe subire danni dalla installazione dell’impianto; ebbene, osserva
il Collegio che l’art. 27 d.lg. n. 22 del 1997 “Approvazione del progetto e
autorizzazione alla realizzazione di impianti di smaltimento e di recupero dei
rifiuti” stabilisce che:
“1. I soggetti che intendono realizzare nuovi impianti di smaltimento o di
recupero di rifiuti, anche pericolosi, devono presentare apposita domanda alla
Regione competente per territorio, allegando il progetto definitivo
dell’impianto e la documentazione tecnica prevista per la realizzazione del
progetto stesso dalle disposizioni vigenti in materia urbanistica, di tutela
ambientale, di salute e di sicurezza sul lavoro, e di igiene pubblica. Ove
l’impianto debba essere sottoposto alla procedura di valutazione di impatto
ambientale statale ai sensi della normativa vigente, alla domanda è altresì
allegata la comunicazione del progetto all’autorità competente ai predetti fini
e il termine di cui al comma 3 resta sospeso fino all’acquisizione della
pronuncia sulla compatibilità ambientale ai sensi dell’articolo 6, comma 4,
della legge 8 luglio 1986, n. 349, a successive modifiche e integrazioni.
2. Entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di cui al comma 1, la
Regione nomina un responsabile del procedimento e convoca un’apposita conferenza
cui partecipano i responsabili degli uffici regionali competenti, i
rappresentanti degli enti locali interessati. Alla conferenza è invitato a
partecipare anche il richiedente l’autorizzazione o un suo rappresentante al
fine di acquisire informazioni e chiarimenti.
3. Entro novanta giorni dalla sua convocazione, la conferenza:
a) procede alla valutazione dei progetti;
b) Acquisisce e valuta tutti gli elementi relativi alla compatibilità del
progetto con le esigenze ambientali e territoriali;
c) acquisisce, ove previsto dalla normativa vigente, la valutazione di
compatibilità ambientale;
d) trasmette le proprie conclusioni con i relativi atti alla Giunta regionale.
4. Per l’istruttoria tecnica della domanda la Regione può avvalersi degli
organismi individuati ai sensi del decreto legge 4 dicembre 1993, n. 496,
convertito, con modificazioni, dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61.
5. Entro trenta giorni del ricevimento delle conclusioni della conferenza, e
sulla base delle risultanze della stessa, la Giunta regionale approva il
progetto ed autorizza la realizzazione dell’impianto. L’approvazione sostituisce
ad ogni effetto visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi regionali,
provinciali e comunali. L’approvazione stessa costituisce, ove occorra, variante
allo strumento urbanistico comunale, e comporta la dichiarazione di pubblica
utilità, urgenza e indifferibilità dei lavori.
6. Nel caso in cui il progetto approvato riguardi aree vincolate ai sensi della
legge 29 giugno 1939, n. 1497, e del decreto legge 27 giugno 1985, n. 312,
convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431, si applicano
le disposizioni di cui al comma 9 dell’articolo 82, del Decreto del Presidente
della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, come modificato dal decreto legge 27
giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni , dalla legge 8 1985, n. 431.
7. Le Regioni emanano le norme necessarie per disciplinare l’intervento
sostitutivo in caso di mancato rispetto del termine complessivo di cui ai commi
2, 3 e 5.
8. Le procedure di cui al presente articolo si applicano anche per la
realizzazione di varianti sostanziali in corso di esercizio, che comportano
modifiche a seguito delle quali gli impianti non sono più conformi
all’autorizzazione rilasciata.
9. Contestualmente alla domanda di cui al comma 1 può essere presentata la
domanda di autorizzazione all’esercizio delle operazioni di smaltimento e di
recupero di cui all’articolo 28. In tal caso la Regione autorizza le operazioni
di smaltimento e di recupero contestualmente all’adozione del provvedimento che
autorizza la realizzazione dell’impianto.”
Come si ricava dalle superiori disposizioni, la partecipazione alla conferenza
dei servizi dei rappresentanti degli enti locali interessati è finalizzata
all’acquisizione delle relative valutazioni circa la compatibilità del progetto
con le esigenze locali ed ambientali nel corso della istruttoria in sede di
conferenza dei servizi, delle cui risultanze l’autorità che procede al rilascio
dell’autorizzazione deve tener conto;
Interpretando la predetta disposizione, la giurisprudenza, con orientamento che
il collegio condivide, ritiene illegittima la conferenza dei servizi,indetta ai
sensi dell’art. 27 d.lg. n. 22 del 1997 per l’autorizzazione e la gestione di un
impianto di smaltimento di rifiuti speciali, nel caso in cui non siano stati
convocati tutti i comuni limitrofi e confinanti con il territorio del Comune
sede della discarica (Consiglio di Stato, sez. V, 28 maggio 2004, n. 3451) in
quanto gli “enti locali interessati” di cui all’art. 27 d.lg. cit. sono quelli i
cui interessi vengono coinvolti dalla decisione della Regione e quindi, non solo
quelli nel cui territorio viene ubicato l’impianto, ma anche quelli la cui
popolazione potrebbe subire danni dall’attuazione delle scelte delle aree
interessate (T.A.R Lombardia Brescia, 19 settembre 2000, numero 696).
La giurisprudenza da ultimo citata giustamente precisa che il D. lgs. 5.12.1997
n. 22 “ha inteso sostituire un organo consultivo (la conferenza) proprio per
acquisire l’avviso di tutti gli enti locali i cui interessi possono essere
coinvolti dall’impianto di trattamento e di stoccaggio dei rifiuti e , quindi,
non solo di quelli nel cui territorio avviene la localizzazione dell’impianto,
ma anche quelli la cui popolazione potrebbe subire danni dell’attuazione delle
scelte dell’autorità competente in ordine all’individuazione delle aree” e che
“la prospettiva adottata dl legislatore nell’istituire la conferenza è stata
quella di consentire la partecipazione di più soggetti interessati, i quali
esprimano, nella fase istruttoria del procedimento, proprie autonome
valutazioni, volte ad arricchire la visione e la ponderazione della scelta
finale, che viene però affidata, nel momento deliberativo, alla Regione. In
sostanza, è parso opportuno che tale coinvolgimento fosse confinato nella
partecipazione istruttoria, escluso ogni concorso volitivo alla fase
deliberativa e costitutiva del provvedimento finale, in modo che, ponderate e
amalgamate ragionatamente le differenti opzioni settoriali, rimanesse poi
all’ente Regione, quale curatore dell’interesse generale, la mediazione delle
istanze locali contrapposte.”
Risulta pertanto sussistente la violazione dell’articolo 27 citato, senza che
possa invocarsi, in contrario,la deroga al procedimento amministrativo
disciplinato dagli articolo 27 e 28, considerato che l’esecuzione dei compiti
affidati al commissario con ordinanza numero 2983 del 31 maggio 1999 può
avvenire in deroga ad una serie di disposizioni ivi indicate, ove necessario e
nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico, e sotto entrambi
tali profili, da un canto, il modulo della conferenza dei servizi utilizzato
dalla stessa amministrazione ai fini di pervenire all’ordinanza impugnata,
evidentemente necessario per una corretta istruttoria e valutazione degli
interessi in gioco, non poteva essere utilizzato illegittimamente,
pretermettendo cioè una parte dei soggetti istituzionali ritenuti dalla
normativa parte necessaria del procedimento; sotto tale aspetto, nessuna ragione
di necessità della deroga al giusto procedimento, prescelto ed attuato
dall’amministrazione resistente, può individuarsi.
Per altro verso, deve ritenersi che il modulo della conferenza dei servizi
finalizzato all’approvazione dei progetti e all’autorizzazione all’esercizio
degli impianti di recupero e smaltimento di cui agli articoli 27 e 28 decreto
legislativo numero 22 del 1997 non possa intendersi derogabile, dovendosi
ritenere principio generale dell’ordinamento e comunque di rilievo
costituzionale (in relazione ai principi di buona andamento ed imparzialità, di
cui la partecipazione e le esigenze di trasparenza ad essa sottese costituiscono
corollario: art. 97 Cost.) quello partecipativo nell’ambito del predetto
procedimento, attesa la rilevanza degli interessi sottesi, la circostanza che
l’approvazione del progetto costituisce variante allo strumento urbanistico
comunale e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza e d
indifferibilità dei lavori, e, in definitiva, dato l’impatto ambientale e socio
economico dell’opera, suscettibile di incidere pesantemente sulla vita delle
popolazioni interessate.
L’ordinanza del commissario delegato per l’emergenza rifiuti, come, più in
generale, le ordinanze di necessità aventi come presupposto la necessità di far
fronte a situazioni di gravi emergenze con tempestività ed efficienza sono
caratterizzate dal loro possibile contenuto derogatorio delle norme di legge,
incontrando limiti soltanto nelle esigenze del rispetto dei precetti della
Costituzione e dei principi generali dell’ordinamento giuridico.
Ebbene, la violazione delle disposizioni in materia dei conferenza dei servizi
di cui all’articolo 27 decreto legislativo numero 22 del 1997, mediante
pretermissione di alcuni soggetti necessari, comporta la lesione, oltre che
dell’art. 97 Cost., anche dei principi di sussidiarietà (che informa gli artt.
114, 117 e 118 Cost.) e leale collaborazione (che ispira l’art. 120 Cost.).
La normativa richiamata, infatti, ha, nel rispetto di tali principi
costituzionali, previsto la partecipazione in sede procedimentale dei
rappresentanti degli Enti locali direttamente interessati dalla costruzione
dell’impianto , Enti che, nel disegno del Legislatore costituzionale, sono
portatori di interessi o valori sicuramente diversi da quelli di cui è portatore
il commissario delegato.
Vero è che il principio di sussidiarietà va contemperato con i principi di
unitarietà ed indivisibilità, tuttavia a tutela di tali ultime esigenze non
potrebbe legittimamente svolgersi un procedimento ove venissero del tutto
pretermessi alcuni degli enti locali, in presenza di indici normativi di rango
costituzionale che assicurano pari dignità agli enti stessi nei procedimenti
relativi alla gestione del territorio.
D’altra parte, con ‘entrata in vigore del nuovo testo dell’art. 116 della
Costituzione, la sfera di competenza amministrativa degli Enti locali ha
ricevuto una “garanzia” costituzionale finalizzata, tra l’altro, a preservare i
predetti Enti locali dall’accentramento sia statale che regionale. Ma il
congegno di cui al provvedimento censurato permette di decidere l’allocazione e
la realizzazione di un’opera di rilevantissimo impatto per il tramite di una
decisione da parte del commissario delegato previa istruttoria alla quale hanno
partecipato solo alcuni degli enti locali esponenziali delle collettività
interessate dal progetto.
V. Ancora, questo Tribunale ritiene fondata la settima censura, con la quale si
deduce l’illegittimità dell’ordinanza impugnata sotto il profilo della mancata
autorizzazione preventiva all’impianto ex artt. 6 e 7 del DPR 24.05.1988 n. 203;
autorizzazione che non è assorbita dall’art. 27 del D.L.vo 22/97 e dal relativo
provvedimento commissariale.
In proposito, ricordato che l’art. 6 citato stabilisce che
………………………autorizzazioni da parte dello Stato, delle regioni e degli enti locali,
e fatte salve le attuali competenze in materia, per la costruzione di un nuovo
impianto dovrà essere presentata domanda di autorizzazione alla regione o alla
provincia autonoma competente, corredata da progetto nel quale sono comunque
indicati il ciclo produttivo, le tecnologie adottate per prevenire
l’inquinamento, la quantità e la qualità delle emissioni, nonché il termine per
la messa a regime degli impianti.
2. Copia della domanda di cui al comma 1 deve essere trasmessa al Ministro
dell’ambiente, nonché allegata alla domanda di concessione edilizia rivolta al
sindaco”, ritiene il Collegio che, come dedotto dall’associazione ricorrente,
tale autorizzazione andasse resa preventivamente all’approvazione del progetto,
trattandosi, come risalta all’articolo 2 dell’ordinanza impugnata, di progetto
definitivo per il quale gli impianti vengono dichiarati di pubblica utilità,
indifferibilità e d’ urgenza, e considerato altresì che ai sensi dell’articolo 3
dell’ordinanza stessa viene contestualmente autorizzata ai sensi dell’articolo
28 del decreto 22 del 1997 la gestione degli impianti.
Quanto detto in linea con la giurisprudenza che ritiene che il d.P.R. 24 maggio
1988, n. 203, sottoponga a preventivo controllo nella forma di una
autorizzazione espressa e specifica l’inizio della “costruzione” di un nuovo
impianto distinguendo tale momento da quello dell’attivazione dell’”esercizio”
egualmente soggetto a controllo regionale (Cassazione penale, sez. III, 15
giugno 1994), precisando che la legge non solo distingue nettamente la fase
della “costruzione” da quella di “esercizio”, ma esige che l’autorizzazione per
entrambe queste fasi sia anticipata dall’effettivo “inizio”, onde assicurare un
controllo di compatibilità ambientale serio (Cassazione penale, sez. IV, 15
giugno 1994).
VI. Ritenuti altresì sussistenti i vizi dedotti con l’ottavo motivo di ricorso.
Va ricordato che il d.p.r. 8 settembre 1997 numero 357, all’articolo 5 come
sostituito dall’articolo 6 del D.P.R. 12 marzo 2003, n. 120, stabilisce che
“1. Nella pianificazione e programmazione territoriale si deve tener contro
della valenza naturalistico-ambientale dei proposti siti di importanza
comunitaria, dei siti di importanza comunitaria e delle zone speciali di
conservazione.
2. I proponenti di piani territoriali, urbanistici e di settore, ivi compresi i
piani agricoli e faunistico-venatori e le loro varianti, predispongono, secondo
i contenuti di cui all’allegato G, uno studio per individuare e valutare gli
effetti che il piano può avere sul sito, tento conto degli obiettivi di
conservazione del medesimo. Gli atti di pianificazione territoriale da
sottoporre alla valutazione di incidenza sono presentati, nel caso di piani di
rilevanza nazionale, al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e,
nel caso di piani di rilevanza regionale, interregionale , provinciale e
comunale, alle regioni e alle province competenti.
3. I proponenti di interventi non direttamente connessi e necessari al
mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente delle specie e degli
habitat presenti nel sito, ma che possono avere incidenze significative sul sito
stesso, singolarmente o congiuntamente ad altri interventi, presentano, ai fini
della valutazione di incidenza, uno studio volto ad individuare e valutare,
secondo gli indirizzi espressi nell’allegato 6, i principali effetti che detti
interventi possono avere sul proposto sito di importanza comunitaria, sul sito
di importanza comunitaria o sulla zona speciale di conservazione dei medesimi.
4. Per i progetti assoggettati a procedura di valutazione di impatto ambientale,
ai sensi dell’articolo 6 della legge 8 luglio 1986, n. 349, e del decreto del
Presidente della repubblica 12 aprile 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
n. 210 del 7 settembre 1996, e successive modificazioni ed integrazioni, che
interessano proposti siti di importanza comunitaria, siti di importanza
comunitaria e zone speciali di conservazione, come definiti dal presente
regolamento, la valutazione di incidenza è ricompressa nell’ambito della
predetta procedura che, in tal caso, considera anche gli effetti diretti ed
indiretti dei progetti sugli habitat e sulle specie per i quali detti siti e
zone sono stati individuati. A tal fine lo studio di impatto ambientale
predisposto dal proponente deve contenere gli elementi relativi alla
compatibilità del progetto con le finalità conservative previste dal presente
regolamento, facendo riferimento agli indirizzi di cui all’allegato G.
5. Ai fini della valutazione di incidenza dei piani e degli interventi di cui ai
commi da 1 a 4, le regioni e le province autonome, per quanto di propria
competenza, definiscono le modalità di presentazione dei relativi studi,
individuano le autorità competenti alla verifica degli stessi, da effettuarsi
secondo gli indirizzi di cui all’allegato G, i tempi per l’effettuazione della
medesima verifica, nonchè le modalità di partecipazione alle procedure nel caso
di piani interregionali.
6. Fino alla individuazione dei tempi per l’effettuazione della verifica di cui
al comma 5, le autorità di cui ai commi 2 e 5 effettuano la verifica stessa
entro sessanta giorni dal ricevimento dello studio di cui ai commi 2, 3 e 4 e
possono chiedere una sola volta integrazioni dello stesso ovvero possono
indicare prescrizioni alle quali il proponente deve attenersi. Nel caso in cui
le predette autorità chiedano integrazioni dello studio, il termine per la
valutazione di incidenza decorre nuovamente dalla data in cui le integrazioni
pervengono alle autorità medesime.
7. La valutazione di incidenza di piani o di interventi che interessano proposti
siti di importanza comunitaria, siti di importanza comunitaria e zone speciali
di conservazioni ricadenti, interamente o parzialmente, in un’area naturale
protetta nazionale, come definita dalla legge 6 dicembre 1991, n. 394, è
effettuata sentito l’ente di gestione dell’area stessa.
8. L’autorità competente al rilascio dell’approvazione definitiva del piano e
dell’intervento acquisisce preventivamente la valutazione di incidenza,
eventualmente individuando modalità di consultazione del pubblico interessato
dalla realizzazione degli stessi.
9. Qualora, nonostante le conclusioni negative della valutazione di incidenza
sul sito ed in mancanza di soluzioni alternative possibili, il piano o
l’intervento debba essere realizzato per motivi imperativi di rilevante
interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale ed economica, le
amministrazione competenti adottano ogni misura compensativa necessarie per
garantire la coerenza globale della rete “Natura 200” e ne danno comunicazione
al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio per le finalità di cui
all’articolo 13.
10. Qualora nei siti ricadano tipi di habitat naturali e specie prioritari, il
piano o l’intervento di cui sia stata valutata l’incidenza negativa sul sito di
importanza comunitaria, può essere realizzato soltanto con riferimento ad
esigenze connesse alla salute dell’uomo e alla sicurezza pubblica o ad esigenze
di primaria importanza per l’ambiente, ovvero, previo parere della Commissione
europea, per altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico.”
Ebbene, risulta incontestato tra tutte le parti in giudizio, ed espressamente
riportato nella nota 23 dicembre 2004 del presidente della Commissione Via, come
l’impianto di termovalorizzazione ricada all’interno del SIC Contrada Valanghe,
tuttavia come lamentato in ricorso, in particolare a pagina 24, le opere
previste appaiono, (dal tenore del parere impugnato) essere state localizzate
estesamente alle aree protette, sennonché dalla documentazione prodotta nella
camera di consiglio dell’11 ottobre del 2005 si evince che erroneamente
l’amministrazione ai fini dell’emissione del parere ha ritenuto che l’impianto
di termovalorizzazione si trovasse al confine della zona protetta, salvo poi con
successiva nota datata 23 dicembre 2004 ammettere che in effetti l’impianto di
termovalorizzazione ricade all’interno del SIC Contrada Valanghe; risulta
pertanto sussistente il vizio di eccesso di potere per difetto di istruttoria e
travisamento dei fatti. Sotto tale profilo, la stessa giurisprudenza prodotta
dalla società controinteressata ritiene che l’attività della commissione
nell’ambito della procedura VIA sia sindacabile dal giudice amministrativo nel
caso in cui l’amministrazione non abbia avuto un’esatta rappresentazione dello
stato dei luoghi e si sia determinata a ritenere insussistente il rischio di
compromissione dei siti sulla base di una inappropriata rappresentazione delle
circostanze di fatto (Consiglio di Stato, sez quarta 22 luglio 2005 numero 3917)
. E nel caso in questione risulta espressamente al punto 3.1.1. del parere
numero 591 del 10 giugno 2004 come sia stata fata valutazione di incidenza con
risultati negativi sul confinante PSIC dalla zona Valanghe.
VII. Ritenuti altresì sussistenti i vizi dedotti con il decimo motivo (relativo
alla violazione del decreto legislativo numero 37/2003, che vieta tali tipologie
di impianti in aree instabili ed alluvionali, come questa, che è vicinissima
all’alveo del Simeto), in quanto l’autorizzazione alla realizzazione di impianti
di cui all’articolo 9 del decreto legislativo numero 36 del 2003 non può di
norma essere rilasciata in aree instabili od alluvionali, come riportato
nell’allegato 1, sub 2.1, alla stessa legge: orbene, nel parere numero 591 de
2004 era stato espressamente riportato (SUB 1.4.3. Quadro normativo) tra i
vincoli escludenti “aree soggette ad esondazioni”; nella parte del parere
relativo al Quadro ambientale (SUB 3), d’altra parte, viene affermato che il
sito in cui sorgerà l’impianto ricade all’interno di una zona definita a rischio
idraulico potenziale elevato, ove è presente una falda superficiale che
interagisce con il fiume Simeto con interscambi idrici non quantificabili, la
zona vista la vicinanza con il predetto fiume è soggetta ad esondazione, infine
è presente una pericolosità ecologica legata ad eventi sismici amplificata dalle
caratteristiche geomeccaniche scadenti dei terreni.
Tale situazione avrebbe dovuto indurre,come giustamente osservato dalla
ricorrente , ad osservare (anziché derogare) il divieto legislativo di allocare
tale tipologia di impianto nella zona vietata, senza che al riguardo possono
ritenersi conducenti le prescrizioni di individuare in sede di progettazione
esecutiva misure ingegneristiche e gestionali di salvaguardia dal pericolo di
esondazione da sottoporre all’approvazione dell’autorità competente, dal momento
che viene sostanzialmente rinviato ad un momento successivo all’approvazione del
progetto e per di più rimesso alla buona volontà dell’impresa proponente quanto
avrebbe dovuto costituire, invece, oggetto di attento studio e valutazione già
in sede di VIA.
VIII. Ritenuto, in merito al periculum in mora, che non può convenirsi
con le argomentazioni della difesa erariale (che, oltre a contestare nel merito
le censure, insistendo sui poteri speciali e derogatori del commissario per
l’emergenza, pone l’accento sulla comparazione degli interessi o sul danno
ambientale che si avrebbe se non si potesse avviare la gestione integrata dei
rifiuti), data la rilevanza dei vizi e la prospettazione dei gravi rischi per
l’ambiente operata dalla ricorrente, senza che le difese avverse abbiano potuto
convincentemente smentire le preoccupazioni per la devastazione ambientale in un
sito di rilevanza comunitaria oltre ai rischi per l’incolumità pubblica
scaturenti dalla particolarità idrogeologica del suolo.
Né può sottacerci, sotto il profilo della comparazione e del bilanciamento tra
contrapposti interessi, quanto sostenuto dalla difesa del Comune di Catania,
intervenuto ad adiuvandum, con argomentazioni che, neppure possono
trovare ingresso sotto il profilo impugnatorio, in carenza di autonomo ricorso
che avrebbe dovuto essere tempestivamente proposto dallo stesso Comune, tuttavia
aggiungono spunti di riflessione, specie sotto i profili, oggettivamente
riscontrabili, sottolineati dal Comune, in ordine alla circostanza che la
localizzazione degli impianti e del termovalorizzatore viene scelta dal
Commissario in funzione della proprietà o disponibilità dei suoli in capo ai
privati partecipanti alla selezione per la predisposizione di progetti dei
sistemi integrati conformati alle esigenze del territorio regionale, e da tale
pregiudiziale appare originare l’irrazionalità delle scelte (come per esempio la
circostanza che da Catania i rifiuti debbano essere trasportati ad Augusta,
mentre quelli prodotti dalla provincia di Messina giungono a Paternò,
vicinissimo a Catania, in violazione del principio di derivazione comunitaria
della prossimità o vicinanza dell’impianto di smaltimento al sito di produzione,
articolo 5, comma 3 , lettera b) del decreto legislativo 22 del 1997 e
successive modificazioni; art. 130 k, n. 2 del Trattato dell’Unione Europea),
che si aggiunge alle illegittimità lamentate in ricorso con riferimento alla
inidoneità del sito per le ragioni sopra evidenziate;
ritenuto pertanto che sussiste il danno grave ed irreparabile attesa la
compromissione di valori pubblicistici prevalenti, per cui va accolta la domanda
di sospensione dell’esecuzione degli atti impugnati, e fissato il merito, ai
sensi dell’art. 23 bis L. 1034/1971, per la prima udienza nel mese di Giugno
2006, subordinatamente alla reiezione delle eccezioni di incompetenza
territoriale sollevate col regolamento di competenza proposto dalla
controinteressata Sicil Power;
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale della Sicilia Sezione staccata di Catania
PRIMA SEZIONE accoglie la domanda di sospensione dell’esecuzione del
provvedimento impugnato con il ricorso descritto in epigrafe e fissa il ricorso
per la trattazione del merito per la prima udienza del mese di giugno 2006, nei
sensi e limiti di cui in motivazione.
Alle spese anche per la presente fase cautelare si provvederà in sede di merito.
La presente ordinanza sarà eseguita dalla Amministrazione ed è depositata presso
la segreteria che provvederà a darne comunicazione alle parti.
CATANIA, lì 11-10-2005
L’Estensore
f.to Maria Stella Boscarino
Il Presidente
f.to Vincenzo Zingales
Il Segretario
Depositata in segreteria il 20 ott. 2005-10-22
Il Segretario
Rifiuti - Impianto di smaltimento
di rifiuti speciali - Autorizzazione - Conferenza dei servizi ex art. 27 D. Lgs.
22/97 - Enti locali interessati - Individuazione - Mancata convocazione di tutti
i comuni confinanti con il territorio del Comune interessato all’impianto -
Illegittimità. E’ illegittima la conferenza dei servizi, indetta ai sensi
dell’art. 27 d.lg. n. 22 del 1997 per l’autorizzazione e la gestione di un
impianto di smaltimento di rifiuti speciali, nel caso in cui non siano stati
convocati tutti i comuni limitrofi e confinanti con il territorio del Comune
sede dell’impianto; gli “enti locali interessati” di cui all’art. 27 d.lg. cit.
sono infatti quelli i cui interessi vengono coinvolti dalla decisione della
Regione e quindi, non solo quelli nel cui territorio viene ubicato l’impianto,
ma anche quelli la cui popolazione potrebbe subire danni dall’attuazione delle
scelte delle aree interessate. Non può invocarsi in contrario, la possibilità di
deroga al procedimento amministrativo in virtù dei poteri extra ordinem
attribuiti al commissario straordinario per l’emergenza rifiuti, atteso che il
modulo della conferenza dei servizi ex artt. 27 e 28 D. Lgs. 22/97 non può
intendersi derogabile, dovendosi ritenere principio generale dell’ordinamento e
comunque di rilievo costituzionale. Pres. Zingales, Est. Boscarino - Legambiente,
Comitato Regionale Siciliana (Avv.ti Asero Milazzo, Giudice e Cicero) c.
Commissario delegato per emergenza rifiuti e tutela acque (Avv. Stato) e
Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipart. Prot. Civ. (n.c.) - T.A.R.
CATANIA, Sez. I - 20 ottobre 2005, ordinanza n. 1549
Rifiuti - Inquinamento atmosferico - Autorizzazione ex artt. 6 e 7 DPR
203/1988 - Non è assorbita dall’autorizzazione ex art. 27 D. Lgs. 22/97 - Fase
di costruzione e fase di esercizio - Distinzione. L’autorizzazione
preventiva all’impianto ex artt. 6 e 7 del DPR 24 maggio 1988, n. 203 non è
assorbita dall’articolo 27 del D. Lgs. 22/97: il d.P.R. 24 maggio 1988, n. 203,
sottopone a preventivo controllo nella forma di una autorizzazione espressa e
specifica l’inizio della “costruzione” di un nuovo impianto distinguendo tale
momento da quello dell’attivazione dell’”esercizio” egualmente soggetto a
controllo regionale; la legge non solo distingue nettamente la fase della
“costruzione” da quella di “esercizio”, ma esige che l’autorizzazione per
entrambe queste fasi sia anticipata dall’effettivo “inizio”, onde assicurare un
controllo di compatibilità ambientale serio (Cassazione penale, sez. IV, 15
giugno 1994). Pres. Zingales, Est. Boscarino - Legambiente, Comitato Regionale
Siciliana (Avv.ti Asero Milazzo, Giudice e Cicero) c. Commissario delegato per
emergenza rifiuti e tutela acque (Avv. Stato) e Presidenza del Consiglio dei
Ministri, Dipart. Prot. Civ. (n.c.) - T.A.R. CATANIA, Sez. I - 20 ottobre
2005, ordinanza n. 1549
Rifiuti - Impianti di smaltimento - Autorizzazione - Aree instabili ed
alluvionali - Esclusione - D. Lgs. 36/2003. L’autorizzazione alla
realizzazione di impianti di cui all’articolo 9 del decreto legislativo numero
36 del 2003 non può di norma essere rilasciata in aree instabili od alluvionali,
come riportato nell’allegato 1, sub 2.1, alla stessa legge. Pres. Zingales, Est.
Boscarino - Legambiente, Comitato Regionale Siciliana (Avv.ti Asero Milazzo,
Giudice e Cicero) c. Commissario delegato per emergenza rifiuti e tutela acque
(Avv. Stato) e Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipart. Prot. Civ. (n.c.)
- T.A.R. CATANIA, Sez. I - 20 ottobre 2005, ordinanza n. 1549
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