Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
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T.A.R. SICILIA, Palermo, Sez. II – 4 febbraio 2005, n. 150
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
PER LA SICILIA - SEDE DI PALERMO
SEZIONE SECONDA
N. 150/05 Reg. Sent.
N. 5427/2004 Reg. Gen.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia, Sede di Palermo, Sezione Seconda, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Ai sensi dell’art. 9 della legge 205/2000
sul ricorso n. 5427/2004, Sezione II, proposto dalla Enel Green Power
s.p.a., in persona del procuratore avv. Maria Cristina Pennini, rappresentato e
difeso dagli avvocati Francesco Schifino e Corrado Giuliano, elettivamente
domiciliato in Palermo, via M. D’Azeglio n. 27/c , presso lo studio dell’avv.
Giuliano
C O N T R O
- Regione Siciliana, in persona del Presidente pro tempore;
- Assessorato Reg.le BB.CC.AA. e P.I., in persona dell’Assessore pro tempore;
- Soprintendenza BB.CC. e AA. di Palermo, in persona del legale rappresentante
pro-tempore;
rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo,
presso i cui uffici, in Palermo, via Alcide De Gasperi n. 81, sono domiciliati
per legge;
PER L’ANNULLAMENTO, PREVIA SOSPENSIONE
del provv. prot. n. 6155/N del 13 ottobre 2004 avente ad oggetto:
autorizzazione del progetto per la realizzazione, esercizio e manutenzione di un
impianto eolico;
Visto il ricorso, con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio delle amministrazioni intimate;
Visti gli atti tutti di causa;
Relatore il Referendario Giovanni Tulumello;
Uditi, all’udienza camerale del 14 gennaio 2005, i procuratori delle parti come
da verbale;
Visto l’art. 21 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, nel testo risultante dalle
modifiche ed integrazioni introdotte dagli artt. 1 e 3 della legge n. 205/2000,
nonché l’art. 9 della stessa legge, che consentono al Giudice amministrativo,
chiamato a pronunciarsi sulla domanda cautelare, di decidere il merito della
causa con sentenza succintamente motivata, ove la stessa sia di agevole
definizione in rito o nel merito;
Ritenuto di potere adottare tale tipologia di sentenza, stante la integrità del
contraddittorio e la superfluità di ulteriore istruzione;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto.
FATTO E DIRITTO
Con il ricorso in esame, la società Enel Green Power ha impugnato il
provvedimento indicato in epigrafe, deducendone l’illegittimità.
In particolare, il ricorso risulta affidato alle seguenti censure:
“Violazione per falsa o omessa applicazione dell’art. 146 capo IV D. Lgs. n.
42/2004 del 24 febbraio 2004 e dell’ex art. 151 D. Lgs. 490/99- eccesso di
potere per difetto e/o erroneità dei presupposti-travisamento dei fatti –
carenza di istruttoria – sviamento della causa tipica – perplessità –
contraddittorietà – illogicità – difetto di motivazione e per ciò violazione
art. 3 L. 241/90 - violazione dell’art. 97 Cost. e di ogni altra norma e
principio in tema di correttezza e razionalità dell’azione amministrativa.
Violazione per falsa o omessa applicazione dell’art. 6 dir. 42/93/CEE art. 1 L.
10/91 violazione o omessa applicazione L. 120/02”.
Il ricorso è fondato in relazione al profilo – assorbente – afferente la dedotta
censura di violazione della norma attributiva del potere (art. 146, d. lgs. 22
gennaio 2004, n. 42), nonché la censura di eccesso di potere per sviamento dalla
causa tipica.
Il provvedimento impugnato, reiettivo di una istanza tendente ad ottenere il
nulla osta per la realizzazione di un impianto per la produzione di energia
eolica, è motivato nel seguente modo:
“Il paesaggio siciliano seppur ormai abbia subito processi evolutivi di
trasformazione territoriale mantiene ancora oggi frammenti a più vaste aree,
come nel caso di specie, in cui l’integrità e l’omogeneità paesaggistica
predominano in modo tale da far gravare su porzioni del territorio l’apposizione
di specifici vincoli territoriali. Ciò al fine di tutelare globalmente o
frammentariamente zone, in cui un inidoneo processo di antropizzazione,
stravolgerebbe definitivamente un equilibrio del paesaggio e uno skyline di
particolare bellezza.
Nello specifico la sequenza di pali e di eliche si porrebbe come elemento
rimarcante di un paesaggio che vive invece di dolci pendenze collinari e di
sfumati sfondi costituiti dalle azzurrate montagne.
Si stravolgerebbe lo straordinario contesto che coniuga le molli colline e le
aspre montagne; inoltre la realizzazione del cavidotto e delle vie di accesso al
cantiere e delle aree relative comporterebbe guasti irreparabili al contesto
paesaggistico”.
L’indicata motivazione è sintomatica di un uso del potere di valutazione della
compatibilità paesaggistica degli interventi sul territorio, contrario al
parametro legislativo e a quello costituzionale, legittimante l’esercizio di
detto potere.
Nella valutazione di siffatta compatibilità, infatti, in un sistema pluralistico
quale quello introdotto dalla Costituzione repubblicana, l’amministrazione
preposta alla tutela dei valori paesaggistici deve valutare la compatibilità
dell’attività autorizzanda rispetto il vincolo, ponendo in comparazione detti
valori con gli interessi antagonisti.
Nel possibile conflitto fra le esigenze correlate all’esercizio dell’attività
imprenditoriale, finalizzata alla produzione (con modalità non inquinanti) di
energia elettrica, e quelle sottese alla tutela di valori non economici (come la
tutela del paesaggio), l’amministrazione deve, in particolare, ricercare non già
il totale sacrificio delle une e la preservazione delle altre secondo una logica
meramente inibitoria, ma deve piuttosto, come indicato dalla sentenza della
Corte costituzionale, 10 luglio 2002, n. 355, ricercare una soluzione
necessariamente comparativa della dialettica fra le esigenze dell’impresa e
quelle afferenti valori non economici, tutte rilevanti in sede di esercizio del
potere amministrativo di autorizzazione alla realizzazione di attività
imprenditoriali.
Il che non esclude che l’esito finale del giudizio comparativo privilegi il
valore paesaggistico: ma solo all’esito di una ragionevole ponderazione, alla
stregua di un canone di proporzionalità (sul quale Consiglio di Stato, V, 18
febbraio 1992, n. 132) fra valore di tutela e intensità del vincolo (e della
conseguente compressione dell’interesse antagonista) rispetto alla specifica
attività considerata, e non già per una scontata prevalenza del primo.
Il provvedimento impugnato, invece, ha del tutto omesso di considerare una
simile prospettiva, limitandosi a riprodurre le caratteristiche morfologiche del
territorio considerato, ed affermandone apoditticamente l’incompatibilità con
l’insediamento di impianti eolici.
Peraltro, poiché le indicate caratteristiche morfologiche sono talmente
generiche, e perciò comuni alla gran parte del territorio siciliano (tanto che,
del tutto coerentemente, la motivazione non propone localizzazioni alternative,
tali da garantire il soddisfacimento di entrambe le contrapposte esigenze), il
riconoscimento della legittimità dell’indicato percorso valutativo, posto a
fondamento del provvedimento impugnato, potrebbe – ove portato alle sue estreme
conseguenze - comportare l’esclusione della produzione di energia elettrica
mediante impianti eolici sulla maggior parte, se non proprio sull’intero
territorio regionale: il che è palesemente contrario al’indicata dialettica
pluralistica che il sistema costituzionale imprime alla logica del procedimento
amministrativo.
Si tenga infatti presente che – in disparte il già esaminato profilo del
bilanciamento fra iniziativa economica e paesaggio - la tutela del paesaggio non
è l’unica forma di tutela territoriale costituzionalmente rilevante,
affiancandosi alla tutela dell’ambiente, alla tutela della salute, al governo
del territorio e ad altre ipotesi di poteri insistenti sul medesimo dato della
realtà fisica, posti a presidio di altrettanti – distinti - interessi pubblici.
L’amministrazione preposta alla tutela del paesaggio non può, in forza di una
concezione totalizzante dell’interesse pubblico primario (di cui è attributaria),
limitarsi ad affermarne la (generica) rilevanza assoluta, paralizzando ogni
altra attività e sacrificando ogni altro interesse.
Questa concezione monosettoriale della tutela dell’interesse pubblico è da
ritenere incompatibile con il disegno costituzionale dell’esercizio del potere
amministrativo nello Stato sociale.
A fronte della limitatezza delle risorse naturali da un lato, e della
contrapposta esigenza di garantire ai più vasti settori della collettività
maggiori livelli di benessere sociale dall’altro, sorge la necessità di regolare
la distribuzione di dette risorse in conseguenza della crescente domanda di beni
e servizi.
Il modello di Stato sociale fatto proprio dalla Costituzione repubblicana è
infatti, come già accennato, un modello pluralista, che individua i vari,
complessi interessi pubblici e privati, ne affida la cura a diversi centri
d’imputazione (in funzione del nesso fra tali figure soggettive e le relative
posizioni d’interesse), e ne disciplina i rapporti in chiave di confronto
dialettico: confronto che non può che essere regolato da un’autorità in grado di
ponderare – non più soltanto in chiave di scrutinio di conformità dell’istanza
rispetto ad un unico parametro normativo (quello relativo allo specifico settore
di attività considerato), come avveniva nella più lineare dialettica
autorità/libertà propria dello Stato liberale - tutte le complesse implicazioni
della scelta.
La pluralità dei valori e degl’interessi assunti come primari dallo Stato
(paesaggio, ambiente, salute, impresa, telecomunicazioni, urbanistica, ecc.),
determina una complessità della regolazione giuridica nei rapporti interessati
dal regime amministrativo.
La singola amministrazione non è più semplicemente un centro d’imputazione
attributario della cura di uno specifico e ben definito interesse, ma è sempre
più spesso una figura soggettiva chiamata ad operare scelte dispositive
(distributive) di risorse limitate, dopo aver condotto una propedeutica
valutazione di compatibilità fra – plurimi - interessi pubblici, e fra questi e
quelli dei privati, in relazione ai vari, possibili usi di tali risorse,
ciascuno corrispondete ad un dato interesse.
Esemplificativamente, è di palese evidenza che l’adozione di una logica
valutativa quale quella posta a fondamento del provvedimento impugnato,
escludendo genericamente da ogni area montuosa o collinare la possibilità di
produrre energia elettrica mediante impianti eolici, determinerebbe, stante la
primarietà del bene in questione e la conseguente necessità di produrlo
altrimenti, la realizzazione di impianti produttivi che, oltre ad insistere
comunque sul paesaggio (anche se in modo meno invasivo), risulterebbero
sicuramente più inquinanti di quelli eolici, e dunque realizzerebbero la lesione
delle ricordate forme di tutela territoriale (l’ambiente e la salute, su tutte),
pure dotate di copertura costituzionale almeno pari a quella di cui gode la
tutela paesaggistica.
Si tratterebbe allora di valutare in che misura una ridotta incidenza sul
paesaggio sia complessivamente compatibile con una maggiore produzione di
esternalità ambientali e sanitarie.
Un simile bilanciamento, alla stregua di una consapevole istruttoria, è del
tutto estraneo al provvedimento impugnato.
Il quale, inoltre, tralascia di considerare che la tutela paesaggistica, siccome
garantita dall’art. 9 della Costituzione, si giustifica non per il dato fisico
in sé, ma per i valori estetico-culturali di cui esso è portatore: e tra i
fattori che incidono sulla evoluzione in tal senso assunta come rilevante dal
testo costituzionale rientra, almeno a partire dal Congresso di geografia di
Amsterdam del 1938, anche l’intervento umano.
Proprio il richiamo, nella riportata motivazione, al sostantivo inglese “skyline”,
impone di rammentare come la migliore dottrina giuridica, che già nella metà
degli anni ottanta del secolo scorso ha indagato sulla evoluzione del concetto
di amministrazione per la tutela dei beni culturali, abbia indicato, come
esempio didascalico di evoluzione del paesaggio ad opera dell’uomo, il caso dei
grattacieli statunitensi, divenuti emblema dell’identità estetico-culturale
delle rispettive comunità territoriali.
Quello “skyline” oggi non esisterebbe, se fosse stata inibita all’uomo, che lo
ha plasmato, ogni forma di intervento modificativo del dato fisico-territoriale.
Invero la motivazione in esame sembra ammettere esclusivamente “processi di
antropizzazione” compatibili con l’attuale forma territoriale, ma non anche, sia
pure per mera ipotesi, processi evolutivi dei valori estetico-culturali di cui
si compone la tutela paesaggistica.
In ogni caso, anche a voler accettare tale prospettiva, detta motivazione
qualifica come “inidoneo”, sotto il profilo della compatibilità, l’intervento in
questione, perché “stravolgerebbe definitivamente un equilibrio del paesaggio ed
uno skyline di particolare bellezza”: ciò che appare come un giudizio soggettivo
e meramente assertivo, piuttosto che una valutazione tecnico-discrezionale
ancorata a precisi parametri, obiettivi e verificabili.
Le superiori valutazioni, ancorate al dato costituzional ed alla sua pacifica
intepretazione giurisprudenziale, risultano altresì confermate dalla evoluzione
della normativa primaria regolante l’attribuzione all’amministrazione del potere
di che trattasi.
Come è stato osservato in dottrina, l’evoluzione di tale istituto, dalla
normativa di tutela del 1939 (concepita in epoca pre-costituzionale), al
successivo T.U. del 1999, fino all’attuale disciplina posta dal citato art. 146
del d. lgs. 42/2004, si segnala per il fatto di avere inciso sui contenuti e
sulle funzioni dell’autorizzazione paesaggistica (in senso conforme all’indicato
mutamento del ruolo dell’amministrazione indotto dalla trasformazione della
forma di Stato).
Il potere autorizzatorio, il cui esercizio costituisce l’atto di gestione del
vincolo (sotto il profilo della richiamata valutazione di compatibilità rispetto
ad esso dell’attività autorizzanda: Consiglio di Stato, A.P., 14 dicembre 2001,
n. 9), va infatti esercitato, alla stregua della citata norma attributiva (art.
146, quinto comma, d.lgs. 42/2004), non soltanto avuto riguardo a tale
accertamento di compatibilità, bensì con riferimento anche al profilo della
congruità con i criteri di gestione dell’immobile considerato.
Si tratta dunque di una valutazione complessa, coerente con il disegno
costituzionale delle tutele territoriali e delle libertà economiche, non
legittimamente riducibile al mero riscontro delle caratteristiche morfologiche
della realtà fisica.
Il ricorso è pertanto, in relazione ai segnalati profili di censura, fondato, e
come tale va accolto, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato.
Vanno fatte salve, ovviamente, le ulteriori determinazioni di competenza
dell’Amministrazione.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia, Sezione seconda,
definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso in epigrafe, e per l’effetto
annulla il provvedimento impugnato, salvi gli ulteriori provvedimenti.-----------------------------------------------
Condanna la Soprintendenza BB.CC. e AA. di Palermo alla rifusione delle spese
del giudizio in favore della società ricorrente, che liquida in complessivi €
1.500 (diconsi euro millecinquecento/00), oltre I.V.A. e C.P.A. come per legge.---------
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.-------------------------------------------------------------
Così deciso in Palermo, nella camera di consiglio del 14 gennaio 2005, con
l’intervento dei signori magistrati:--------------
- Calogero Adamo, Presidente
- Calogero Ferlisi, Consigliere
- Giovanni Tulumello, Referendario, estensore.
Depositato in Segreteria il 4.2.2005
Il Direttore
Maria Rosa Leanza
1) Beni culturali e ambientali – Vincolo paesaggistico – Valutazione di compatibilità paesaggistica – Comparazione con gli altri interessi costituzionalmente rilevanti – Necessità – Fattispecie: impianto eolico. Nella valutazione della compatibilità paesaggistica degli interventi sul territorio l’amministrazione preposta alla tutela dei valori paesaggistici deve valutare la compatibilità dell’attività autorizzanda rispetto il vincolo, ponendo in comparazione detti valori con gli interessi antagonisti. La tutela del paesaggio non è l’unica forma di tutela territoriale costituzionalmente rilevante, affiancandosi alla tutela dell’ambiente, alla tutela della salute, al governo del territorio e ad altre ipotesi di poteri insistenti sul medesimo dato della realtà fisica, posti a presidio di altrettanti – distinti - interessi pubblici, a fronte dei quali, l’amministrazione preposta alla tutela del paesaggio non può, in forza di una concezione totalizzante dell’interesse pubblico primario (di cui è attributaria), limitarsi ad affermarne la rilevanza assoluta, paralizzando ogni altra attività e sacrificando ogni altro interesse. Pertanto, nel possibile conflitto fra le esigenze correlate all’esercizio dell’attività imprenditoriale, finalizzata alla produzione (con modalità non inquinanti) di energia elettrica da impianto eolico, e quelle sottese alla tutela di valori non economici (come la tutela del paesaggio), l’amministrazione deve ricercare non già il totale sacrificio delle une e la preservazione delle altre secondo una logica meramente inibitoria, ma deve piuttosto, (cfr. Corte cost. 10 luglio 2002, n. 355), ricercare una soluzione necessariamente comparativa della dialettica fra le esigenze dell’impresa e quelle afferenti valori non economici, tutte rilevanti in sede di esercizio del potere amministrativo di autorizzazione alla realizzazione di attività imprenditoriali. Il che non esclude che l’esito finale del giudizio comparativo privilegi il valore paesaggistico: ma solo all’esito di una ragionevole ponderazione, alla stregua di un canone di proporzionalità fra valore di tutela e intensità del vincolo (e della conseguente compressione dell’interesse antagonista) rispetto alla specifica attività considerata, e non già per una scontata prevalenza del primo. Pres. Adamo, Est. Tulumello – Enel Green Power s.p.a. (Avv.ti Schifino e Giuliano) c. Regioen Siciliana, Assessorato BB.CC. e AA. e Soprintendenza BB.CC. e AA. (Avv. Stato) - T.A.R. SICILIA, Palermo, Sez. II – 4 febbraio 2005, n. 150
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