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 Massime della sentenza

 

 

T.A.R. PUGLIA, Lecce, Sez. II - 8 febbraio 2005, n. 484

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia, Sezione Prima, ha pronunciato la seguente
 

S E N T E N Z A


sul ricorso n. 3702/93 Sezione Prima, proposto da MIGLIORE Michele e PASSARE Graziella, rappresentati e difesi dall’avv. Michele Lupo, elettivamente domiciliati in Palermo presso lo studio dell’avv. Michele Costa, via Dante n. 166;
CONTRO
- la Soprintendenza ai Beni culturali e ambientali di Caltanisetta, in persona del Soprintendente pro-tempore;
- l’Assessorato regionale per i beni culturali ed ambientali della Regione siciliana, in persona dell’Assessore pro tempore, entrambe difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo, presso la quale sono domiciliati;
e nei confronti del
- Comune di Serradifalco, in persona del Sindaco pro- tempore, non costituitosi in giudizio,
PER L’ANNULLAMENTO
previa sospensione del parere negativo sulla richiesta di concessione in sanatoria relativa alla ristrutturazione, in parziale difformità dalla concessione, di un fabbricato rurale sito in c.da Pirito del Comune di Serradifalco, espresso, ai sensi dell’art. 23 della Legge regionale 37/85, dalla Soprintendenza per i beni culturali ed ambientali di Caltanisetta con nota n. BN/1 207 - Sez. II per i Beni paesaggisti, architettonici ed urbanistici – d.d. 2 giugno 1993.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio;
Designato relatore alla pubblica udienza del 28 gennaio 2005 il Referendario dott.ssa Mara Bertagnolli;
Uditi in udienza gli avv.ti M. Lupo, per i ricorrenti, e G.M. Pollara, per l’Avvocatura Distrettuale dello Stato;
 

FATTO


In data 23 giugno 1983 gli attuali ricorrenti, proprietari del terreno sito in c.da Pirito del Comune di Serradifalco, contraddistinto nel catasto rustico con le particelle 184 e 185 del foglio 12 e sul quale era già stato edificato un piano terra, ottenevano il rilascio di una concessione edilizia per realizzare un primo piano in sopraelevazione.


Nel corso dei lavori venivano però realizzate delle opere in parziale difformità dalla concessione assentita consistenti, tra l’altro, nella sopraelevazione a secondo piano che risulta completata prima del 1 ottobre 1983.


Proprio quest’ultima circostanza consentiva, a seguito dell’entrata in vigore della legge 28 febbraio 1985, n. 47, successivamente recepita dalla Regione siciliana con la legge regionale 10 agosto 1985, n. 37, la presentazione di un’istanza di rilascio di una concessione in sanatoria con riferimento a dette opere, abusivamente realizzate.


La concessione edilizia in sanatoria veniva rilasciata con provvedimento n. 2120 del 16 marzo 1990.


A seguito della circolare di chiarimento prot. n. 5065 di data 8 ottobre 1992, diramata dall’Assessorato dei beni culturali ed ambientali e della pubblica istruzione della Regione siciliana ed avente ad oggetto la corretta interpretazione della formulazione dell’art. 32 della L. 47/85, così come modificato dalla L.R. 37/85, il Comune di Serradifalco provvedeva, nonostante fosse stata, come già detto, rilasciata la concessione in sanatoria, a richiedere, ancorché postumo, il parere della Soprintendenza per i beni culturali ed ambientali di Caltanissetta, reso necessario dalla presenza sul terreno oggetto dell’edificazione di un vincolo paesaggistico apposto successivamente alla realizzazione dell’opera.


La Sopraintendenza esprimeva parere sostanzialmente negativo ed imponeva talune prescrizioni.


Con ricorso notificato il 27 luglio 1993 e depositato il 20 agosto 1993, il ricorrente richiedeva, quindi, previa sospensione del citato parere negativo, l’annullamento del medesimo e di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali.


L’istanza di sospensione degli effetti del provvedimento impugnato veniva quindi rigettata con ordinanza n. 1050 d.d. 3 settembre 1993.


All’udienza pubblica fissata per la trattazione del merito le parti hanno richiesto che la causa fosse trattenuta in decisione.


Avverso il provvedimento sono stati dedotti i seguenti vizi:
violazione e falsa applicazione dell’art. 23 della L.R. 10 agosto 1985, n. 37, anche sotto il profilo della mancata considerazione delle risultanze dell’istruttoria, poichè il vincolo sarebbe stato apposto dopo la realizzazione delle opere oggetto di sanatoria;
eccesso di potere per carenza di motivazione ed errore nei presupposti di diritto.


DIRITTO


Il ricorso è infondato e va quindi respinto.


Esso si basa su di una delle due tesi interpretative sviluppatesi a seguito dell’entrata in vigore della disposizione contenuta nel decimo comma dell’art. 23 della legge regionale 10 agosto 1985, n. 37, la cui ambigua formulazione ha determinato tante e tali difficoltà nell’individuazione del suo reale significato da indurre il legislatore siciliano all’adozione di una norma di interpretazione autentica rappresentata dall’art. 5, comma 3 della legge regionale 31 maggio 1994, n. 17.


L’originaria formulazione dell’articolo in parola disponeva, infatti: “per le costruzioni che ricadono in zone vincolate da leggi statali o regionali per la tutela di interessi storici, architettonici, paesistici, ambientali, igienici, idrogeologici, delle coste marine, lacuali o fluviali, le concessioni in sanatoria sono subordinate al nulla-osta rilasciato dagli enti di tutela sempre che il vincolo, posto antecedentemente alle esecuzione delle opere, non comporti inedificabilità e le costruzioni non costituiscano grave pregiudizio per la tutela medesima…”.


La giurisprudenza, però, aveva evidenziato come la ratio stessa della norma imponesse all’autorità preposta alla tutela del vincolo, seppur con una parziale forzatura del dato letterale, di vagliare la compatibilità dei manufatti realizzati abusivamente con il vincolo stesso, efficace al momento del rilascio della concessione in sanatoria, prescindendo dall’epoca di introduzione di quest’ultimo e, quindi, dalla sua eventuale apposizione anche dopo l’edificazione.


Sulla scorta di tale orientamento del giudice amministrativo (divenuto costante ed uniforme, con riferimento all’analoga disposizione statale, solo ben dopo l’intervento normativo regionale con Cons. Stato, Ad. Plen. n. 20 del 22.07.1999), il già citato comma 3, art. 5 della L.R. 17/94 ha inequivocabilmente affermato l’irrilevanza del momento impositivo del vincolo di tutela, prevedendo che “il nulla osta dell’autorità preposta alla gestione del vincolo è richiesto, ai fini della concessione in sanatoria anche quando il vincolo sia stato apposto successivamente all’ultimazione dell’opera abusiva”.


A tale norma, volta esplicitamente a dirimere i dubbi interpretativi di cui già si è dato conto, è stata per ciò stesso riconosciuta natura retroattiva (C.G.A. sez. riun. n. 587 del 16.01.96, sez. giur. n. 210 del 22.04.02), con conseguente applicazione anche a fattispecie anteriori alla sua approvazione e quindi anche a quella che ci occupa con il presente ricorso.


Né può venire a sostegno della tesi esposta dal ricorrente – e quindi dell’irrilevanza del vincolo apposto successivamente - la sopravvenienza della modifica dell’art. 23, c. 10, L.R. 37/85 ad opera dell’art. 17, comma 11 della legge regionale 16 aprile 2003, n. 4, dalla quale discende che in tutti i casi in cui gli abusi siano stati compiuti in zone vincolate successivamente alla commissione dell’abuso, la sanatoria rimane assoggettata alla sola valutazione degli aspetti urbanistici e di sanabilità dell’abuso che competono al Comune, ma non anche all’assunzione del parere positivo delle autorità preposte alla tutela. Se, infatti, alla disposizione del 1994 poteva essere effettivamente riconosciuta, al di là di ogni autoqualificazione, la natura di norma di interpretazione autentica, non altrettanto può dirsi con riferimento all’ultima modifica del 2003.


Basti considerare che mentre la L.R. 17/94 veniva ad incidere sulla situazione di obiettiva difficoltà interpretativa di cui si è già detto, la L.R. 4/03 è intervenuta in un panorama normativo assolutamente ormai chiaro e definito, introducendo una riformulazione della norma in aperto contrasto con quella che è l’interpretazione ormai costante che è stata data alla stessa fuori dall’ambito della regione siciliana.


Se ne deve inferire, in aderenza all’orientamento già espresso da questo Tribunale (T.A.R. Palermo, sez. I, n. 1251 del 20 agosto 2003), che all’art. 17 della L.R. 4/03 non può essere riconosciuta quella natura di norma di interpretazione autentica che esso stesso formalmente reclama, dovendo, invece, tale disposizione essere qualificata come di carattere innovativo e quindi priva di efficacia retroattiva.


Dovendosi, per tutto quanto sin qui detto, ritenere che la fattispecie in esame debba essere regolamentata sulla scorta di quanto disposto dal comma 10, dell’art. 23 della L.R. 37/85, così come modificato dal comma 3, dell’art. 5, della L.R. 17/94, non può che essere affermata la legittimità dell’operato dell’amministrazione comunale che, correttamente, ha richiesto, ancorché postumo e con riferimento, come emerge dalla documentazione in atti, ad un vincolo imposto successivamente alla realizzazione delle opere abusive, il parere dell’autorità di tutela.


Nemmeno l’ulteriore vizio eccepito dai ricorrenti, i quali lamentano una carenza e genericità di motivazione del parere negativo, sintomatiche di un eccesso di potere, appare al Collegio meritevole di accoglimento.


Il provvedimento oggetto di impugnazione, infatti, non solo risulta essere corredato da una congrua motivazione, ma pare coerente con il precedente operato dell’amministrazione imponendo, in particolare, delle prescrizioni destinate al rispetto di quelle caratteristiche costruttive che l’opera avrebbe dovuto presentare in base al progetto originario in relazione al quale era stata rilasciata regolare concessione edilizia.


Sussistono comunque i presupposti per la compensazione delle spese, considerata la notevole incertezza interpretativa che ha caratterizzato l’applicazione dell’art. 23 della L.R. 37/85 fino al sopravvenire, nelle more del giudizio, dell’interpretazione autentica di cui si è detto.


P. Q. M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sezione prima, respinge il ricorso in epigrafe.------------------------
Spese compensate.------------------------------------------------
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.-----------------------------------------------------------
 

Così deciso in Palermo, nella Camera di Consiglio del 9 febbraio 2005, con l'intervento dei Sigg.ri Magistrati:
- SALVATORE VENEZIANO - Presidente f.f.
- FABIO TAORMINA - Referendario
- MARA BERTAGNOLLI - Referendario -est.
Angelo Pirrone, Segretario.
 

Depositata in Segreteria il 14/03/2005
Il Segretario
I.B.
 

M A S S I M E

Sentenza per esteso

 

1) Beni culturali e ambientali - Vincolo paesaggistico - Abuso edilizio - Zona assoggettata a vincolo in epoca successiva alla commissione dell’abuso - Regione Siciliana - Art. 17 L.R. 4/03 - Sanatoria - Parere dell’autorità preposta al vincolo - Necessità - Esclusione - Carattere di norma di interpretazione autentica - Va escluso - Efficacia retroattiva della norma - Esclusione. All’art. 17 della L.R. 4/03, dal quale discende che in tutti i casi in cui gli abusi siano stati compiuti in zone vincolate successivamente alla commissione dell’abuso, la sanatoria rimane assoggettata alla sola valutazione degli aspetti urbanistici e di sanabilità dell’abuso che competono al Comune, ma non anche all’assunzione del parere positivo delle autorità preposte alla tutela, non può essere riconosciuta la natura di norma di interpretazione autentica che esso stesso formalmente reclama, dovendo, invece, tale disposizione essere qualificata come di carattere innovativo, come tale priva di efficacia retroattiva. Pres.f.f. Veneziano, Est. Bertagnolli - M.M. e altro (Avv. Lupo) c. Soprintendenza dei Beni Culturali e Ambientali di Caltanissetta e altro (Avv. Stato) - T.A.R. SICILIA, Palermo, Sez. I - 14 marzo 2005, n. 394

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