Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
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T.A.R. SICILIA, Palermo, Sez. II – 7 maggio 2005, n. 724
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
PER LA SICILIA - SEDE DI PALERMO
SEZIONE SECONDA
N. 724/05 Reg. Sent.
N. 2289-2992-4917/2004 Reg. Gen.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia, Sede di Palermo, Sezione Seconda, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sui ricorsi riuniti n. 2289/2004 R.G., n. 2992/2004 e n. 4917/2004:
il ricorso n. 2289/2004 proposto da Caronia Giovanni, Rossi Ignazio, Saitta Emanuele ed Arcuri Emilio, quest’ultimo nella qualità di consigliere del Comune di Palermo e di presidente dell’associazione politica “Primavera Siciliana”, rappresentati e difesi dagli avv.ti Nadia Spallitta ed Alessandro Scrima, ed elettivamente domiciliati presso lo studio del primo in Palermo, via XX Settembre n. 58; e il ricorso n. 2992/2004 R.G., proposto dall’Associazione “Legambiente”, Comitato Regionale Siciliano, in persona del presidente pro-tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Nadia Spallitta e Nicola Giudice, presso lo studio del primo in Palermo via XX settembre n. 58, elettivamente domiciliato;
contro
l’Assessorato Regionale del
Territorio e dell’Ambiente, in persona dell’Assessore pro-tempore, rappresentato
e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo, domiciliataria ex
lege;
- il commissario ad acta presso il Comune di Palermo, ing. Alessandro scaffidi
Abate, non costituitosi in giudizio,
E nei confronti
- della IACEV s.r.l., in persona del
legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti prof.
Giovanni Pitruzzella e Massimiliano Mangano, presso il cui studio in Palermo,
via N. Morello n. 40, è elettivamente domiciliato;
- del Comune di Palermo, in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e
difeso dagli dagli avv.ti Anna Maria Impinna e Benedetto Raimondo, ed
elettivamente domiciliato presso l’Avvocatura Comunale in piazza Marina n. 39;
PER L’ANNULLAMENTO (previa sospensione):
1) del D.A. n. 223/DRU del 17.5.2002, con cui è stato nominato il
commissario ad acta per provvedere, in via sostitutiva, all’approvazione del
programma costruttivo relativo alla realizzazione di n. 150 alloggi popolari in
area di verde agricolo in Palermo, località “Rocca”;
2) del D.A. n. 246 del 27.2.2003, con cui è stata prorogata detta nomina;
3) della proposta di deliberazione n. 9 del 7.3.2003, trasmessa dal commissario
ad acta al Consiglio Comunale;
4) della deliberazione commissariale n. 108 del 23.4.2003 di approvazione del
programma costruttivo di cui sopra;
5) della nota n. 4764 del 30.1.2004, con cui l’Assessorato Regionale del
Territorio ed Ambiente ha dato atto che sul programma costruttivo si era formato
il silenzio assenso;
6) di ogni altro atto connesso, conseguente e presupposto;
- il ricorso n. 4917/2004 proposto dalla IACEV s.r.l., in persona del legale
rappresentato pro-tempore, come sopra rappresentato e difeso ed elettivamente
domiciliato,
contro
- il Comune di Palermo, in persona
del Sindaco pro-tempore, come sopra rappresentato e difeso ed elettivamente
domiciliato;
- il Consiglio Comunale di Palermo, in persona del presidente pro-tempore, non
costituitosi in giudizio
e nei confronti
- di Baronia Giovanni, come sopra rappresentato, difeso e domiciliato;
- degli intervenienti Rossi Ignazio ed Arcuri Emilio, come sopra rappresentati,
difesi e domiciliati,
Per l’annullamento (previa sospensione)
1) della deliberazione del Consiglio Comunale n. 398 del 6.10.2004 di
rettifica della precedente delibera di annullamento della delibera commissariale
n. 108 del 23.4.2003;
2) di ogni atto presupposto, connesso e consequenziale.
Visti i ricorsi con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti intimate;
Visto l’atto di intervento nel ricorso n. 4917/2004;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti delle cause;
Relatore il Consigliere Filippo Giamportone;
Uditi alla pubblica udienza del 23 marzo 2005 i difensori delle parti, come da
verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto:
FATTO
Con ricorso n. 2289/2004, notificato il 27 marzo 2004 e depositato l’8 del mese
successivo, il sig. Caronia Giovanni e consorti, in epigrafe elencati, hanno
impugnato i provvedimenti nella stessa epigrafe elencati, concernenti
l’approvazione del programma costruttivo redatto dalla società IACEV ai sensi
della L.r. n. 22/1996 per la realizzazione di n. 150 alloggi popolari in area di
verde agricolo in Palermo, località “Rocca”.
Il ricorso è stato affidato alle seguenti censure:
1) Violazione della legge costituzionale 18.10.2001 n. 3 e dei principi generali
dell’ordinamento.
Il controllo sostitutivo è divenuto incompatibile nel nuovo assetto
costituzionale dei rapporti tra gli enti territoriali;
2) Violazione della L.r n. 71/1978.
I decreti di proroga della nomina del commissario ad acta presso il Comune di
Palermo intervengono dopo la prevista scadenza trimestrale;
3) Carenza assoluta di potere e difetto di competenza. Violazione della L.r. n.
10/2000.
La competenza per la nomina dei commissari ad acta spetta ai dirigenti e non
agli Assessori regionali;
4) Eccesso di potere per sviamento.
Al commissario ad acta non è stato conferito alcun potere per l’adozione di un
programma costruttivo da realizzarsi in località diversa da quella iniziale
(Riserva Reale);
5) Violazione della L.r. n. 22/1996 e del P.R.G. approvato con DRU n. 124/2002.
Il Nuovo P.R.G. ha previsto delle aree da destinare ad edilizia sovvenzionata;
6) Difetto di istruttoria e di motivazione.
Il progetto è stato approvato in carenza di adeguata istruttoria ed in presenza
di notevoli e numerose inadempienze progettuali;
7) Violazione degli artt. 8 e ss. ella L.r. 10/1991 e dell’obbligo di comunicare
l’avvio del procedimento.
Il procedimento è incompleto ed inesatto, non contenendo la specifica
individuazione del piano particellare di esproprio;
8) Violazione della L.r. 22/1996. Eccesso di potere e carenza di potere.
Non è sussistente l’inadempimento del consiglio comunale, giustificativo
dell’intervento sostitutivo regionale, in quanto il progetto presentato non era
completo;
9) Eccesso di potere per contraddittorietà manifesta e difetto di motivazione.
Oltre a disattendere i termini entro cui esercitare il potere sostitutivo, il
commissario ad acta, operando come organo del Comune, ha disatteso gli atti di
indirizzo, pareri e provvedimenti amministrativi del Comune medesimo, senza una
valida motivazione.
Con altro ricorso n. 2992/2002, notificato l’11 maggio 2004 e depositato il 17
successivo, l’Associazione “Legambiente”, Comitato Regionale Siciliano, ha
impugnato i medesimi provvedimenti di cui al primo ricorso, deducendo, le
medesime censure prospettate con il primo ricorso nonché il seguente ulteriore
motivo:
- Violazione del D.L.vo 20.10.1999 n. 490 e del D.P.R. 127/1996.
Il progetto, in relazione al contesto di inserimento, avrebbe dovuto essere
approvato anche dalla competente Soprintendenza ai BB.CC. ed essere soggetto a
preventiva valutazione di impatto ambientale.
In conclusione, i ricorrenti per entrambi i ricorsi di cui sopra hanno chiesto,
previa sospensione, l'annullamento dei provvedimenti impugnati, col favore delle
spese.
In ordine agli stessi ricorsi si è costituito in giudizio il Comune intimato, il
quale con memorie depositate nei termini ha chiesto adesivamente l’accoglimento
dei ricorsi medesimi, vinte le spese.
Per l’intimato Assessorato Regionale si è parimenti costituita in giudizio
l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo, la quale però non ha
depositato scritti difensivi.
Si è pure costituita in giudizio la società IACEV controinteressata intimata, la
quale con memorie, ha chiesto il rigetto dei due ricorsi, con vittoria delle
spese.
Preliminarmente, però, ha eccepito l’inammissibilità, l’irricevibilità e l’improcedibilità
del primo ricorso e l’inammissibilità e l’irricevibilità del secondo ricorso.
In ordine ai due ricorsi di cui sopra con ordinanze –rispettivamente- nn. 1340 e
1338 del 31 maggio 2004 le domande incidentali di sospensione dell’efficacia dei
provvedimenti impugnati sono state respinte; viceversa, sono state accolte le
successive riproposte domande cautelari con ordinanza nn. 1934 e 1935 dell’8
ottobre 2004.
Con ulteriore ricorso n. 4917/2004, notificato il 5 novembre 2004 e depositato
il 9 successivo la società IACEV ha segnatamente impugnato la deliberazione del
Consiglio Comunale n. 398 del 6.10.2004 di rettifica della delibera consiliare
n. 12/2004 di annullamento della predetta delibera commissariale n. 108/2003
approvativa del programma costruttivo in argomento, per i seguenti motivi di
censura:
1) Eccesso di potere per violazione dei principi generali in materia di
rettifica e per sviamento della causa tipica: Violazione e falsa applicazione
della L.r. n. 28/1991.
L’atto impugnato costituisce un nuovo annullamento della delibera commissariale
n. 108/2004 e non una rettifica della precedente delibera n. 12/2004;
2) Violazione e falsa applicazione della L.r. n. 28/1991 sotto ulteriore
profilo. Violazione e falsa applicazione dell’art. 25 della L.r. n. 22/1996.
Carenza assoluta di potere.
Essendosi concluso il procedimento di approvazione del programma costruttivo,
rientrante tra gli strumenti urbanistici generali ed attuativi, il consiglio
comunale non può procedere ad alcun annullamento, la cui competenza spetta
soltanto alla Regione;
3) Violazione dei principi generali in materia di atti di secondo grado e
dell’art. 8 della legge n. 241 del 1990, come recepita in Sicilia.
Non solo il Comune non ha ritenuto necessaria la preventiva comunicazione
dell’avvio del procedimento, ma non sussisteva più alcun interesse pubblico al
nuovo annullamento della delibera commissariale, stante che la società
ricorrente era divenuta proprietaria delle aree interessate al programma
costruttivo;
4) Violazione e falsa applicazione dell’art. 4 della L.r. 21.8.1984 n. 66.
Il Consiglio Comunale non avrebbe potuto revocare il provvedimento sostitutivo
adottato dal commissario ad acta;
5) Violazione e falsa applicazione dell’art. 4 della L.r. 21.8.1984 n. 66 sotto
ulteriore profilo.
Gli atti concernenti gli interventi commissariali possono essere impugnati in
sede giurisdizionale, ma non annullati;
6) Violazione e falsa applicazione della legge cost. n. 3/2001 e dell’art. 14
dello Statuto della Regione Siciliana.
La modifica operata dalla legge calendata non opera nella Regione Siciliana;
7) Eccesso di potere per erroneità dei presupposti e travisamento dei fatti.
Il programma costruttivo approvato non è diverso da quello originariamente
predisposto, in quanto le variazioni apportate sono limitate ad un miglioramento
dell’organizzazione urbanistica dell’intervento;
8) Violazione e falsa applicazione del decreto n. 223/DRU del 17.5.2002
dell’Assessorato Regionale del Territorio e dell’Ambiente.
Il Consiglio Comunale non si è pronunciato sulla proposta commissariale entro 45
giorni dalla sua trasmissione, per cui la delibera commissariale è stata assunta
in modo legittimo;
9) Violazione e falsa applicazione dell’art. 15 della L.r. n. 25 del 24.7.1997
in combinato disposto con l’art. 2 della L.r. n. 86 del 6.5.1981 come sostituito
dall’art. 25 della L.r. n. 22 del 6.4.1996. Violazione e falsa applicazione
dell’art. 3 della legge n. 241/1990 come recepita in Sicilia dalla L.r. n.
10/1991. Eccesso di potere per insufficienza ed inadeguatezza della motivazione.
La normativa vigente non inibisce la realizzazione del programma costruttivo su
verde agricolo, in assenza di aree disponibili nei piani P.E.E.P.;
10) Violazione e falsa applicazione dell’art. 15 della L.r. n. 25 del 24.7.1997
in combinato disposto con l’art. 2 della L.r. n. 86 del 6.5.1981 come sostituito
dall’art. 25 della L.r. n. 22 del 6.4.1996 sotto ulteriore profilo. Violazione e
falsa applicazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990 come recepita in Sicilia
dalla L.r. n. 10/1991. Eccesso di potere per insufficienza ed inadeguatezza
della motivazione.
Le deliberazioni consiliari nn. 187/96, 232/97 e 225/99, in quanto limitative
del diritto di accesso alla proprietà di un alloggio, sono illegittime;
11) Violazione e falsa applicazione dell’art. 2 della L.r. n. 86 del 6.5.1981
come sostituito dall’art. 25 della L.r. n. 22 del 6.4.1996 sotto ulteriore
profilo. Violazione dell’art. 9, punto 6), della legge n. 457/1978 come
richiamato dalla lettera dell’Assessorato regionale dei Lavori Pubblici n. 5405
del 10.10.2001. Eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento di potere.
Il Comune non poteva comunque sospendere l’esame del programma costruttivo
presentato, in assenza del piano di settore, dovendo procedere alla
individuazione dell’area per consentire la realizzazione dell’intervento
edilizio;
12) Eccesso di potere per erroneità dei presupposti, travisamento dei fatti e
difetto di istruttoria. Violazione dell’art. 3 della L.r. n. 241 del 1990, come
recepita in Sicilia dalla L.r. n. 10/1991.
L’area interessata al programma costruttivo non presenta alcun pregio sotto il
profilo botanico-floreale. Inoltre, i rilievi formulati (sulla viabilità, sulla
crescita disarmonica, sui distacchi) sono inconsistenti;
13) Violazione e falsa applicazione della legge n. 241 del 1990. Eccesso di
potere per erroneità dei presupposti.
La delibera commissariale di approvazione si è perfezionata successivamente alla
fase di partecipazione procedimentale.
In definitiva, la società ricorrente ha chiesto, previa sospensione,
l’annullamento del provvedimento impugnato, con vittoria delle spese.
Per resistere all’impugnativa si è costituito in giudizio il Comune intimato, il
quale con memorie nei termini, ne ha chiesto il rigetto, vinte le spese.
Non si è invece costituito in giudizio il Consiglio Comunale di Palermo.
Si è invece costituito in giudizio il controinteressato intimato, unitamente ad
altri due soggetti, i quali, eccependo preliminarmente l’inammissibilità e l’irricevibilità
del ricorso, ne hanno chiesto comunque il rigetto, col favore delle spese.
Con ordinanza n. 2136 del 2 dicembre 2004 la domanda incidentale di sospensione
dell’efficacia dei provvedimenti impugnati è stata respinta.
In prossimità dell’udienza pubblica, in ordine ai tre ricorsi di cui sopra, i
rispettivi ricorrenti, con memorie, hanno ulteriormente illustrato i profili di
censura dedotti con gli atti introduttivi dei giudizi.
Con gli stessi mezzi processuali i ricorrenti dei primi due ricorsi hanno anche
dedotto nuovi motivi di censura.
Alla pubblica udienza del 23 marzo 2005 i ricorsi, chiamati congiuntamente e
discussi dai difensori delle parti, sono stati posti in decisione.
DIRITTO
Preliminarmente, i tre ricorsi, stante l’evidente connessione soggettiva ed
oggettiva, vanno riuniti per essere decisi con unica pronuncia.
Passando all’esame del primo ricorso (n. 2289/2004), va in via preliminare dato
atto della rituale rinuncia al ricorso di uno dei ricorrenti, sig. Saitta
Emanuele.
Ancora in via preliminare, vanno esaminate e disattese le eccezioni di
inammissibilità, irricevibilità ed improcedibilità del ricorso, sollevate dalla
società controinteressata intimata.
Quanto alla prima eccezione, sotto un primo profilo si assume che i ricorrenti
non sono titolari di una posizione giuridica legittimante, dal momento che tutte
le aree su cui è stato localizzato il programma costruttivo sono state
acquistate dalla resistente società IACEV.
Al riguardo, è sufficiente rilevare che il programma costruttivo presentato
dalla predetta società è stato adottato dal commissario ad acta con l’impugnata
delibera n. 108 del 23.4.2003, ed a tale data la menzionata società non aveva
sicuramente la totale disponibilità dell’area di impianto, stante che, a tacere
per il momento della appartenenza di altre aree agli altri ricorrenti, la
disponibilità dell’area di proprietà del sig. Saitta è stata acquisita il
20.4.2004.
Peraltro, non può non sottacersi che i ricorrenti sono anche proprietari di
altre aree limitrofe (su cui insistono manufatti presso i quali risiedono) a
quelle oggetto del programma costruttivo, la cui approvazione costituisce
presupposto preliminare e necessario per il rilascio della concessione edilizia.
Ne discende la posizione differenziata dei ricorrenti e quindi la loro
legittimazione al ricorso avverso l’impugnato provvedimento presupposto,
ritenuto illegittimo.
Sotto un secondo profilo si sostiene che le censure sono dedotte nei confronti
della delibera commissariale in via derivata, essendo essenzialmente dirette
avverso gli atti presupposti, e cioè avverso il decreto regionale di nomina del
commissario ad acta. Conseguentemente, poiché il Comune di Palermo ha impugnato
tale decreto con ricorso straordinario, in ossequio al principio dell’alternatività,
il ricorso giurisdizionale in esame sarebbe inammissibile.
Sul punto appare agevole rilevare che l’invocato principio opera nei riguardi
della stessa parte ricorrente, e non quando, come nella fattispecie, il ricorso
giurisdizionale, avverso lo stesso provvedimento, viene proposto da soggetto
diverso da quello che ha avanzato il ricorso straordinario.
In ordine all’eccezione di irricevibilità del ricorso, si assume che la delibera
commissariale di adozione del programma costruttivo è stata impugnata oltre il
termine di sessanta giorni decorrente dall’ultimo giorno di pubblicazione della
stessa all’albo pretorio.
Va, in proposito, evidenziato che è ormai orientamento consolidato della
giurisprudenza amministrativa che nel procedimento di formazione degli strumenti
urbanistici, caratterizzato dalla fase di adozione e da quello della
approvazione, le stesse fasi si pongono su un piano di distinta autonomia, in
cui l’atto di adozione può essere oggetto di immediata impugnazione qualora
immediatamente lesivo nello stesso modo ed alle stesse condizioni del piano
approvato (C.S., A.P., 7 febbraio 1983 n. 1). A sua volta, l’approvazione del
piano dà vita ad un atto formalmente e sostanzialmente nuovo rispetto al piano
adottato, per cui configurandosi l’atto di adozione e quello di approvazione
come due provvedimenti ben distinti, essi possono essere impugnati autonomamente
e distintamente, senza che la mancata impugnazione del primo comporti
preclusione o decadenza del diritto di ricorso contro il piano approvato o che
la mancata impugnazione del secondo comporti automaticamente il venir meno
dell’interesse al ricorso già eventualmente presentato contro il primo (C. S.,
Sez. IV, 14 settembre 2004 n. 6055, 6 maggio 2003 n. 2386 e 15 marzo 1986 n.
170; Sez. II, 21.1.1998 n. 2907).
Quanto poi, all’eccezione di improcedibilità del ricorso, si afferma che
comunque le aree oggetto dell’intervento edilizio, nelle more, sono divenute
tutte di proprietà della società resistente, per cui l’intervento risulta
conforme a quanto previsto dalle deliberazioni consiliari nn. 187/96, 232/97 e
225/99, che consentono, sebbene in via eccezionale, gli interventi in verde
agricolo ove le aree siano integralmente in proprietà delle cooperative.
In proposito, va rilevato, a parte la circostanza che nelle diverse elaborazioni
del programma costruttivo “de quo” la relativa area viene identificata con
numeri di particelle e fogli di mappa non sempre coincidenti, si rileva, da
ultimo, che dalla comunicazione di inizio di attività tra le particelle
interessate all’intervento vengono indicate anche quelle contraddistinte con i
numeri 358 e 486 (stradella privata), appartenenti in comproprietà al ricorrente
Rossi.
Peraltro, ai fini, della persistenza dell’interesse a ricorrere, come avanti
evidenziato, i ricorrenti possono vantare una posizione qualificata per essere
anche proprietari di altre aree limitrofe a quelle oggetto del programma
costruttivo.
Venendo, ora, all’esame di merito del ricorso, appare a tal fine utile
premettere in punto di fatto i momenti più salienti della complessa vicenda.
Con istanza del 31.7.2001 la società IACEV chiedeva al Comune di Palermo, a
norma degli artt. 9 e 16 della L.r. n. 25/1997, l’assegnazione di un’area per la
realizzazione di un programma costruttivo di n. 150 alloggi sociali, in quanto
destinataria di finanziamento ai sensi della legge n. 457/1978. Tale istanza
veniva esitata negativamente, poiché nel territorio non era operante alcun piano
specifico che avesse potuto consentire l’assegnazione di aree.
Con successiva istanza del 12.12.2001 detta società chiedeva, ai sensi della
L.r. n. 22/1996, l’approvazione del menzionato programma costruttivo in località
“Rocca” (Riserva Reale). Anche tale istanza non trovava accoglimento per
svariate ragioni (perché: in contrasto con le direttive contenute nella delibera
consiliare d’indirizzo n. 225/99, che esclude la possibilità di realizzare
alloggi di edilizia sociale in aree destinate a zone di verde agricolo,
limitando la realizzazione di programmi costruttivi ad interventi di recupero
del patrimonio edilizio esistente; la destinazione urbanistica di buona parte
dell’area interessata dall’intervento era “caserma esistente”; parte dell’area è
di proprietà del demanio statale, destinata alla realizzazione di una caserma
dei Carabinieri).
Di seguito al suddetto esito negativo, con istanza del 28.1.2002 la società
IACEV avanzava istanza all’Assessorato Regionale del Territorio e dell’Ambiente,
chiedendo la nomina di un commissario ad acta per l’approvazione, in via
sostitutiva, del citato programma costruttivo e per l’assegnazione dell’area di
impianto in località “Rocca”.
Con nota n. 9059 del 13.2.2002 detto Assessorato chiedeva al Comune notizie al
riguardo, il quale con note nn. 1428 del 22.3.2002 e 1611 dell’8.4.2002 forniva
chiarimenti in ordine alla specifica situazione dell’area che non consentiva la
localizzazione del programma costruttivo.
Con D.A. n. 223/TDRU del 17.5.2002 il predetto Assessorato Regionale nominava
l’ing. Scaffidi Abbate, quale commissario ad acta presso il Comune di Palermo,
per provvedere alla formulazione della proposta di deliberazione, da sottoporre
all’approvazione del Consiglio Comunale, per l’assegnazione dell’area necessaria
alla realizzazione di n. 150 alloggi in località “Rocca”, in relazione
all’istanza della società IACEV. Tale nomina veniva poi prorogata con decreti
successivi nn. 674 del 30.8.2002, 1058 del 26.11.2002 e 246 del 27.2.2003.
Successivamente alla suddetta nomina la società IACEV, in data 30.8.2002,
trasmetteva al Comune un nuovo programma costruttivo, allocato in un’altra area,
priva dei vincoli demaniali, ma limitrofa alla precedente, ricadente in massima
parte in zona “E1” (verde agricolo), in minima parte in zona “F1” e
marginalmente in zona “B1”.
In data 31.10.2002 detta società trasmetteva, in sostituzione di quello sopra
indicato, un altro progetto, insistente soltanto sulla parte di area destinata a
verde agricolo.
In ordine a quest’ultimo progetto il commissario ad acta predisponeva la
proposta n. 9 del 7.3.2003 per l’approvazione da parte del Consiglio Comunale,
in variante allo strumento urbanistico, trasmessa al Comune il 7.3.2003.
Con l’impugnata delibera n. 108 del 23.4.2003 il commissario ad acta, ritenuto
scaduto il termine assegnato all’Organo comunale, approvava il programma
costruttivo in argomento.
In pari data il consiglio comunale con delibera n. 115 respingeva la proposta di
deliberazione inviata dal commissario ad acta.
Con nota n. 3152 del 17.9.2003 il Comune trasmetteva all’Assessorato Regionale
resistente la delibera commissariale per l’approvazione.
Con nota n. 4764 del 30.1.2004 detto Assessorato comunicava al Comune che la
predetta delibera non era stata oggetto di formale provvedimento, in quanto a
causa della decorrenza dei termini prescritti dall’art. 25, comma 2, della L.r.
n. 22/1996 la stessa deve intendersi efficace in virtù del silenzio assenso
previsto dalla norma stessa.
Ciò premesso, con il primo motivo di censura i ricorrenti, deducendo la
violazione della legge costituzionale n. 3/2001 e dei principi generali
dell’ordinamento, sostengono che il controllo sostitutivo sia divenuto
incompatibile nel nuovo assetto costituzionale dei rapporti tra gli enti
territoriali.
La censura è parzialmente fondata.
Ed invero, l’art. 120, comma 2, della Costituzione, come riscritto dall’art. 6
della legge cost. n. 3/2001, ha sostanzialmente ridisegnato i limiti, i modi ed
i presupposti per l’esercizio della funzione di controllo sostitutivo dello
Stato sulle Regioni e sugli altri enti locali territoriali.
Ora, tali principi, espressamente dettati per regolare i rapporti tra lo Stato e
tutti gli altri enti locali (comprese le Regioni), non possono non valere, ed a
maggior ragione, anche nei rapporti tra le Regioni e gli enti minori, tanto più
che il nuovo testo dell’art. 114 Cost. riconosce ai Comuni una più spiccata
autonomia sia rispetto alla Stato sia rispetto alle Regioni (Corte Cost., 27
gennaio 2004 n. 43).
Ciò significa che, pur non ravvisandosi nel nuovo testo del titolo V Cost.
elementi decisivi per potere escludere “in toto” il controllo sostitutivo delle
Regioni sugli organi degli enti locali (cfr., in tal senso, Corte Cost., 21
ottobre 2003 n. n. 313), non di meno, tale forma di controllo, allorché sia
prevista e disciplinata da preesistenti norme di legge, deve essere
interpretativamente adeguata ai principi di “sussidiarietà, differenziazione ed
adeguatezza” ex art. 118 Cost, nonché di “leale collaborazione” ex art. 120
Cost.
E’ da ritenere, allora, con riguardo al caso che occupa, che una lettura delle
norme della Regione Siciliana relative all’approvazione dei programmi
costruttivi che postulasse l’obbligo del Comune di approvarli comunque senza
nemmeno valutare l’incidenza degli interventi proposti su di una pianificazione
appena approvata, finirebbe per conculcare inammissibilmente l’autonomia
politica ed amministrativa del Comune medesimo e le sue prerogative in tema di
programmazione urbanistica, in violazione dei principi costituzionali come sopra
richiamati.
Ne discende che il commissariamento regionale relativo all’approvazione dei
programmi costruttivi ex art. 25 della L.r. n. 22/1996 non può spogliare i
Comuni siciliani dei poteri propri in tema di programmazione urbanistica fino al
punto da rendere irrilevante il contrasto di tali programmi con gli strumenti
urbanistici vigenti e, come nella fattispecie, con le delibere consiliari nn.
187/96, 232/97 e 225/99 che prevedono l’allocazione di detti programmi
costruttivi nel centro storico, stante già la riduzione oltre ogni limite del
verde agricolo previsto dal P.R.G.
Pertanto, l’impugnato decreto assessoriale di nomina del commissario ad acta al
fine di proporre al Consiglio Comunale l’approvazione del programma costruttivo
della società IACEV in area di verde agricolo, o di approvare esso stesso il
programma in caso di omessa pronuncia dell’organo comunale, si appalesa
illegittimo, laddove si evince l’obbligo di approvare in ogni caso detto
programma nell’area scelta dalla nominata società secondo proprie soggettive
valutazioni, ritenute dal Consiglio Comunale non compatibili con le previsioni
del P.R.G. e delle diverse linee programmatiche contenute nelle delibere avanti
citate nonché nella delibera n. 293/92, con cui è stato previsto la redazione di
un piano di settore compatibile con le risorse del territorio nel rispetto di un
equilibrio tra aree verdi ed eventuali nuove aree di espansione edilizia.
Con il secondo motivo di censura i ricorrenti denunciano la violazione della L.r
n. 71/1978, in quanto i decreti assessoriali di proroga della nomina del
commissario ad acta presso il Comune di Palermo sarebbero intervenuti dopo la
prevista scadenza trimestrale.
La doglianza è fondata.
L’art. 27 della citata legge regionale stabilisce che la durata in carica del
commissario ad acta non può eccedere il termine di tre mesi, salvo proroga fino
a dodici mesi per giustificati motivi in rapporto alla complessità degli atti da
compiere.
Nella fattispecie, il commissario ad acta è stato nominato con D.A. n. 223 del
17.5.2002, nomina poi prorogata con D.A. n. 674 del 28.8.2002 e,
successivamente, con altri DD.AA. nn. 1058 del 26.11.2002 e 246 del 27.2.2003.
Risulta, pertanto, evidente che il decreto di proroga del 28.8.2002 sia
intervento dopo la scadenza dei tre mesi dalla prima nomina.
Ora, è pacifico che la proroga, quale atto avente l’effetto di estendere il
termine di efficacia di un atto amministrativo, deve a questo collegarsi senza
vuoti temporali ed intervenire, dunque, nella vigenza ed efficacia dell’atto su
cui si salda, costituendo, con questo, un unicum temporale; onde non è
configurabile una proroga che intervenga su un atto ormai scaduto di efficacia,
producendosi, in tal caso, proprio lo iato temporale che la proroga ha la
finalità di evitare (C.S., Sez. IV, 5 luglio 1977 n. 677; C.G.A. 25 gennaio 1990
n. 2; T.A.R. Abbruzzo.L’Aquila 4 dicembre 2003 n. 1000, T.A.R. Puglia-Bari, Sez.
II, 21 agosto 2001 n. 3243).
Ne deriva, quindi, l’illegittimità del D.A. n. 674/2002 e, per derivazione,
anche dei successivi decreti di proroga nonché degli atti adottati sulla base di
tali decreti.
Né, poi, la tardività dell’intervento della proroga può ritenersi insussistente
ove si tenga anche conto che il termine di tre mesi del provvedimento di nomina
del commissario inizi a decorrere dalla data di notifica al Comune del relativo
D.A.
Infatti, considerato che la notifica è avvenuta il 27.5.2002, data di
insediamento del commissario, l’atto di proroga avrebbe dovuto intervenire entro
il 26 agosto 2002, mentre è intervenuto il 28.8.2002 ed è stato notificato il
7.9.2002.
A questo punto la rilevata fondatezza dei motivi primo (seppure parzialmente) e
secondo comporta già –per assorbimento- l’accoglimento del ricorso, tuttavia,
per completezza si esaminano anche le restanti censure.
Con il terzo motivo i ricorrenti deducono la carenza assoluta di potere ed il
difetto di competenza, nonché la violazione della L.r. n. 10/2000, assumendo che
la competenza per la nomina dei commissari ad acta spetti ai dirigenti e non
agli Assessori regionali.
L’assunto non è condivisibile.
Infatti, l’innovato sistema di riparto delle competenze, introdotto in Sicilia
dall’art. 2 della legge sopra citata, non introduce alcuna deroga alla
previsione dell’art. 27 della L.r. n. 71/1978, in base al quale la nomina del
commissario ad acta, per sostituire l’amministrazione locale inadempiente,
compete all’Assessore Regionale al Territorio ed Ambiente. Ciò in considerazione
che la nomina esprime pure funzioni e potestà, anche di natura politica,
dell’organo sovraordinato, che dovrà valutare delicati aspetti, relativi sia
alla effettiva sussistenza dell’inerzia, sia alla assenza di giustificazioni (Cfr.,
C.G.A., Sez. Cons., 10 settembre 2001 n. 544).
Fondato, invece, si appalesa il quarto motivo di ricorso, compendiato
nell’eccesso di potere per sviamento, in quanto al commissario ad acta non
sarebbe stato conferito alcun potere per l’adozione di un programma costruttivo
da realizzarsi in area diversa da quella in relazione alla quale era stato
attivato l’intervento commissariale stesso.
Sul punto è sufficiente rilevare che la nomina del commissario ad acta,
intervenuta con il D.A. n. 223 del 2002, è finalizzata all’approvazione del
programma costruttivo ed all’assegnazione della relativa area di impianto con
riferimento alla domanda del 28.1.2002, avanzata dalla società ricorrente
all’Organo regionale. Di contro, come avanti evidenziato, l’approvazione del
programma costruttivo e l’assegnazione dell’area sono intervenute di seguito a
successive istanze, presentate solo al Comune, di localizzazione del programma
(necessariamente rielaborato) in area diversa, benché insistente nella medesima
località.
Fondato è anche il quinto motivo di ricorso, con cui si deduce la violazione
della L.r. n. 22/1996 e del P.R.G. approvato con DRU n. 124/2002, dal momento
che detto nuovo P.R.G. ha previsto delle aree da destinare ad edilizia
sovvenzionata.
Al riguardo, va rilevato che la variante generale al P.R.G., approvata con D.Dir.
n. 124 del 13.3.2002, ha espressamente individuato nuove aree “C”, residenziali
di nuova espansione, e aree “B2” e “B3” di completamento.
Ne consegue che al 23.4.2003, data di adozione della impugnata delibera
commissariale di localizzazione del programma costruttivo, non sussistevano i
presupposti per l’applicazione della normativa derogatoria, sulla cui base è
consentita l’edificazione in area destinata a verde agricolo.
Rilevante consistenza assume pure il profilo di censura di difetto di
motivazione, prospettato con i motivi sesto e nono –che in quanto omogenei si
esaminano congiuntamente-, laddove si lamenta che il programma è stato approvato
senza fornire alcuna contezza in ordine sia al parere contrario espresso dalla
VI Commissione Consiliare il 15.4.2003 e sia alle osservazioni presentate dai
cittadini e senza alcun riferimento alle scelte politiche e territoriali operate
dal Consiglio Comunale .
In effetti, la delibera impugnata, in violazione dell’obbligo discendente dalle
norme di legge, non contiene alcuna menzione dei predetti atti né tantomeno
alcuna valutazione.
Inammissibili per genericità sono, infine, i motivi settimo ed ottavo, con cui,
con riferimento a talune norme di legge, si lamentano carenze procedimentali e
documentali riguardanti l’approvazione del programma costruttivo.
I vari rilievi vengono difatti prospettati o in forma estremamente generica o
non supportati da idonei principi di prova.
Da ultimo, vanno dichiarate inammissibili, perché dedotte con atto non
notificato, le nuove censure introdotte con memoria depositata il 12.3.2005,
riguardanti le circostanze che la società IACEV non risulta destinataria del
conclamato finanziamento regionale e che la stessa supererà per la realizzazione
degli alloggi i parametri di spesa previsti dalla legge.
Passando, ora, all’esame del secondo ricorso n. 2992/2002, proposto
dall’Associazione “Legambiente” –Comitato Regionale Siciliano-, vanno, in via
preliminare prese in considerazioni le eccezioni di inammissibilità e di
irricevibilità dello stesso, sollevate dalla controinteressata società IACEV.
Con riguardo alla prima eccezione, prospettata sotto un duplice profilo, si
sostiene:
a) la carenza di legittimazione processuale del Comitato Regionale Siciliano
dell’Associazione Legambiente sulla scorta di un’interpretazione del combinato
disposto degli artt. 18, comma quinto, 13 della legge n. 349/86 e 17, comma
quarantasei, della legge n. 127/97, secondo cui la speciale legittimazione
processuale riconosciuta alle associazioni di protezione ambientale non spetta
alle articolazioni locali delle predette associazioni, ancorché individuate a
livello nazionale dal Ministro dell’Ambiente: in altri termini, tale
riconoscimento nazionale non può comportare ex se l’esistenza di un’autonoma
legittimazione in capo all’articolazione locale;
b) la mancanza di vincoli di protezione ambientale sull’area interessata dal
programma costruttivo.
Le delineate prospettazioni sono infondate.
Sul primo aspetto va rilevato che la giurisprudenza risulta divisa: da un lato,
si registra un orientamento restrittivo tendente ad escludere la legittimazione
processuale delle articolazioni territoriali delle associazioni ambientalistiche,
essenzialmente sulla base del carattere eccezionale della speciale
legittimazione di cui agli artt. 13 e 18 L. nr. 349/86 (come tale insuscettibile
di applicazione analogica), nonché della mancanza di esplicito riconoscimento
statale alle predette articolazioni locali (cfr. C. S., Sez. IV, 11 luglio 2001
n. 3878 ).
Dall’altro lato, è però diffusa anche l’opposta opinione, secondo cui non vi è
alcun valido motivo per negare la legittimazione alle sezioni locali delle
associazioni di tutela ambientale, giacché le disposizioni innanzi richiamate
riconoscono in via generale tale legittimazione senza distinguere tra le varie
articolazioni dell’associazione, che deve pertanto ritenersi facultata a
regolamentare in concreto la propria capacità di stare in giudizio (cfr. C. S.,
Sez. VI, 17 marzo 2000 n. 1414; T.A.R. Veneto, Sez. III, 1 marzo 2003 n. 1629;
T.A.R. Marche, 30 agosto 2001 n. 987).
Il Collegio reputa di aderire a quest’ultimo orientamento, ritenendolo più
rispettoso della lettera e della ratio delle disposizioni degli artt. 13 e 18
della legge n. 349/86, che effettivamente si limitano a riconoscere alle
associazioni ambientalistiche riconosciute in via generale la legittimazione
processuale, senza porre distinzioni fra livello nazionale ed articolazioni
locali: con la conseguenza che sarebbe ingiustificatamente restrittiva
un’interpretazione che, imponendo all’associazione limiti non previsti dal
dettato normativo quanto alla facoltà statutaria di organizzarsi sul territorio,
richiedesse sempre e comunque l’intervento degli organi centrali per l’esercizio
in concreto di tale legittimazione.
L’orientamento indicato, peraltro, appare anche più in linea con l’altro
insegnamento giurisprudenziale, secondo cui in tema di legittimazione ex art. 18
legge n. 349/86 non è precluso al giudice, al di là del requisito formale del
riconoscimento ministeriale, il potere di accertare caso per caso la sussistenza
della legittimazione della singola associazione, in quanto rappresentativa di
interessi diffusi sul territorio di riferimento (cfr. C. S., Sez. VI, 7 febbraio
1996 n. 182; T.A.R. Lombardia-Brescia, 19.9.2000 n. 696).
Nel caso di specie, risulta in maniera pacifica:
a) che l’associazione Legambiente risulta riconosciuta a livello nazionale con
D.M. 20.2.1987 del Ministero dell’Ambiente, ai sensi dell’art. 13 della legge n.
349/86;
b) che lo Statuto nazionale, dopo aver attribuito la rappresentanza in giudizio
al Presidente nazionale, prevede espressamente che “la rappresentanza in
giudizio dell’associazione è altresì attribuita ai Presidenti regionali” (art.
24, comma secondo);
c) lo Statuto della Legambiente Comitato Regionale Siciliano, a conferma di ciò,
conferisce espressamente al Presidente Regionale la rappresentanza in giudizio
dell’associazione (art. 22).
Deve pertanto concludersi per la sussistenza della legittimazione attiva in capo
alla ricorrente, risultando il ricorso in epigrafe proposto correttamente
dall’organo cui l’associazione, nell’esercizio della propria autonomia
statutaria, ha attribuito la rappresentanza giudiziale.
Sul secondo aspetto, con cui si eccepisce l’inesistenza di legittimazione attiva
in capo all’associazione ricorrente, in quanto il ricorso in oggetto atterrebbe
a mere questioni urbanistiche, si rileva che è noto al Collegio il consolidato
orientamento giurisprudenziale che impone una rigorosa delimitazione dell’ambito
di operatività della speciale legittimazione ex art. 18 della legge n. 349/86,
escludendo ogni interpretazione estensiva basata sul mero rilievo fattuale per
cui ogni intervento urbanistico può essere idoneo a provocare riflessi in
materia ambientale; tuttavia, si ritiene non seriamente contestabile la
sussistenza, nel caso di specie, di uno specifico e diretto interesse alla
tutela ambientale, tale da giustificare la legittimazione della ricorrente
Legambiente.
Difatti, non vi è dubbio ormai che la destinazione di un’area a zona agricola
rivesta una finalità di tutela a valenza conservativa dei valori urbanistici,
venendo a costituire il polmone dell’insediamento urbano, assumendo per tale via
la funzione decongestionante e di contenimento dell’espansione dell’aggregato
urbano (Cfr., tra le tante, C.S., Sez. IV, 19 gennaio 2000 n. 245 e 8 maggio
2000 n. 2639).
E sempre sotto il medesimo aspetto la giurisprudenza ha avuto modo di precisare
che, avuto riguardo al valore costituzionale del paesaggio ai sensi dell’art. 9
Cost., l’amministrazione comunale, nell’ambito dei poteri di governo del
territorio che le appartengono, può tutelare il valore ambientale, imprimendo,
in sede di pianificazione urbanistica, ad un’area il connotato di area agricola
o verde privato o pubblico, senza alcuna necessità di una diffusa analisi
argomentativa con riguardo al valore del paesaggio (C.S., Sez. VI, 1 febbraio
2001 n. 420).
Coerentemente, si è affermato che le associazioni ambientalistiche devono
ritenersi legittimate ad impugnare provvedimenti amministrativi i quali, seppur
presentando aspetti urbanistici, siano suscettibili di pregiudicare, come nella
fattispecie, il bene dell’ambiente, compromettendone l’adeguata tutela (T.A.R.
Liguria, Sez. I, 3 febbraio 2003 n. 129).
Quanto, infine, all’eccezione di irricevibilità del ricorso, in considerazione
che la delibera commissariale di adozione del programma costruttivo è stata
impugnata oltre il termine di sessanta giorni decorrenti dall’ultimo giorno di
pubblicazione della stessa all’albo pretorio, si richiamano, a supporto della
infondatezza di tale eccezione, le argomentazioni già svolte nel primo ricorso
relativamente all’analoga eccezione sollevata dalla stessa società IACEV.
Nel merito, il ricorso, che muove avverso gli stessi provvedimenti impugnati con
il primo ricorso, è fondato.
Con i primi nove mezzi di gravame l’Associazione ricorrente deduce gli stessi
profili di censura prospettati con il primo ricorso n. (n. 2889/04), per cui, in
ossequio al principio di economia dei mezzi processuali, si richiama
espressamente quanto all’uopo esposto.
Con il decimo ed ultimo motivo si lamenta la violazione del D.L.vo n. 490/1999 e
del D.P.R. n. 127/1996, ritenendo che il programma, in relazione al contesto di
inserimento, avrebbe dovuto essere approvato anche dalla competente
Soprintendenza ai BB.CC. ed essere soggetto a preventiva valutazione di impatto
ambientale.
La doglianza è priva di consistenza, atteso che sull’area interessata non sono
stati costituiti autonomi vincoli in virtù di leggi speciali e che l’area stessa
(5 ha. circa) è di molto inferiore rispetto a quella minima prevista dal D.P.R.
n. 127/1996 (almeno superiore a 10 ha.).
Conclusivamente, entrambi i ricorsi sopra esaminati vanno accolti nei sensi
specificati, con conseguente annullamento, per quanto di ragione, dei
provvedimenti impugnati.
Esaminando, ora, il terzo ricorso (n. 4917/2004), proposto dalla società IACEV e
diretto segnatamente avverso la deliberazione del Consiglio Comunale n. 398/2004
di rettifica della precedente delibera n. 12/2004 di annullamento della delibera
commissariale n. 108/2003, approvativa del programma costruttivo in argomento,
vanno prioritariamente risolte le questioni di rito.
Anzitutto, vanno estromessi dal giudizio gli intervenienti ad opponendum Rossi
Ignazio ed Arcuri Emilio, stante che il loro ingresso in giudizio è avvenuto con
memoria non notificata.
Vanno poi esaminate e disattese le eccezioni di inammissibilità e di
irricevibilità del ricorso, sollevate dal controinteressato resistente, Comune
di Palermo.
Quanto alla prima, si sostiene che la proposizione del ricorso straordinario al
Presidente della Regione Siciliana da parte della stessa società ricorrente
precluda la proposizione del presente ricorso.
L’eccezione si appalesa priva di fondamento, tenuto conto che, contrariamente
all’assunto del controinteressato, la società ricorrente con il ricorso in esame
impugna formalmente la delibera comunale n. 398/2004 e non la delibera n.
12/2004, oggetto del ricorso straordinario menzionato.
Quanto all’eccezione di tardività del ricorso, che correttamente si sostanzia in
una ulteriore eccezione di inammissibilità del ricorso, si assume che è stato
impugnato solo l’atto finale e non anche tutti gli atti presupposti (note di
rigetto del programma costruttivo, delibere di indirizzo del Consiglio Comunale,
ordini del giorno, ecc.).
Al riguardo, è sufficiente rilevare, oltre alla considerazione che taluni atti
presupposti sono stati già impugnati con ricorso straordinario, che –in via
generale- il ricorso deve comunque ritenersi ammissibile qualora l’atto finale,
come nella fattispecie, venga impugnato anche per vizi propri.
Venendo al merito, con il primo motivo la società ricorrente, deducendo
l’eccesso di potere per violazione dei principi generali in materia di rettifica
e per sviamento della causa tipica, nonché la violazione e falsa applicazione
della L.r. n. 28/1991, sostiene che l’atto impugnato costituisca in effetti un
nuovo annullamento della predetta delibera commissariale e non una mera
rettifica della precedente delibera consiliare di annullamento.
L’assunto non appare condivisibile.
Ed invero, la rettifica di un provvedimento amministrativo è l’atto conclusivo
di un procedimento, instaurato d’ufficio o su iniziativa del destinatario del
provvedimento stesso e rivolto alla eliminazione dell’errore materiale nel quale
è incorsa l’autorità emanante nella determinazione del suo contenuto.
Presupposto di tale procedimento è, pertanto, un errore materiale compiuto
dall’amministrazione che si intende eliminare affinché il contenuto del
provvedimento risulti conforme alla reale volontà di chi lo ha adottato.
In particolare, si verte nell’ambito dell’errore materiale allorquando sia
riscontrabile un evidente contrasto tra quanto disposto con il provvedimento e
la disciplina normativa di riferimento.
Ebbene, nel caso che occupa, l’Amministrazione comunale resistente, con la
delibera impugnata ha espunto dalla delibera n. 12/2004 il richiamo dell’art. 3
della L.r. n. 28/1991, in quanto non pertinente alla procedura di annullamento
posta in essere, poichè riguardante gli strumenti urbanistici generali ed
attuativi e non gli strumenti modificativi, come i programmi costruttivi ancora
in itinere.
In buona sostanza, trattasi di un erroneo richiamo normativo, facilmente
riconoscibile, la cui emendazione è riconducibile al paradigma della rettifica e
non alla riforma del precedente atto, non introducendo elementi in alcun modo
diversi da quelli originari.
Ora, la rilevata infondatezza del primo motivo conduce pure alla infondatezza
dei motivi secondo e terzo, a presupposto dei quali viene posta appunto la
circostanza che sia stato operato un nuovo annullamento della delibera n.
12/2004 e non la sua semplice rettifica.
Quanto, infine, ai restanti motivi di ricorso (dal quarto al tredicesimo), che
sono diretti avverso l’annullamento della delibera commissariale n. 108/2004,
devono ritenersi inammissibili sotto un duplice profilo.
Con riferimento al primo, ove riferiti alla delibera n. 398/2004, in quanto
questa, come già evidenziato, non opera alcun annullamento, bensì una mera
rettifica della precedente delibera di annullamento (n. 12/2004).
Con riferimento al secondo profilo, ove riferiti a quest’ultima delibera di
annullamento, in quanto già dedotti nel ricorso straordinario al Presidente
della Regione Siciliana, proposto dalla stessa società ricorrente il 24.5.2004
avverso appunto detta delibera. Ciò, evidentemente, alla stregua del principio
di alternatività di cui all’art. 8 del D.P.R. n. 1199/1971 e dell’art. 34, comma
secondo, del R.D. n. 1054/1924, ai sensi dei quali la proposizione del ricorso
straordinario preclude allo stesso soggetto (per lo stesso atto impugnato) la
proposizione di quello giurisdizionale.
In definitiva, quindi, il ricorso è infondato e va perciò respinto.
Quanto alle spese di lite in ordine ai tre ricorsi sopra esaminati, si
ravvisano, sufficienti motivi per compensarle tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia, Sezion e Seconda, riuniti i
ricorsi in epigrafe:-----------------------------------
- dà atto della rinuncia al ricorso
n. 2289/2004 da parte del ricorrente Saitta Emanuele;----------------------------------------------
- accoglie i ricorsi nn. 2289/2004 e n. 2992/20004 nei sensi indicati in
motivazione ed annulla, per quanto di ragione, i provvedimenti impugnati;-------------------------------------------------
- respinge il ricorso 4917/2004.------------------------------------------
Spese compensate.---------------------------------------------------
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.-----------------------------------------------------------
Così deciso in Palermo, nella Camera di Consiglio del 23 marzo 2005, con
l'intervento dei sigg. magistrati:
- Calogero Adamo, Presidente,
- Filippo Giamportone, consigliere, estensore,
- Gianmario Palliggiano, Referendario.
Depositato in Segreteria il 9.5.2005
Il Direttore
Maria Rosa Leanza
1) Pubblica
amministrazione – Rapporti regione/enti locali – Principi ex art. 118 e 120
Cost. – Trovano applicazione – Commissariamento per l’approvazione dei programmi
costruttivi – Limiti. I principi delineati dall’art. 120 della Costituzione,
come riscritto dall’art. 6 della legge cost. n. 3/2001, espressamente dettati
per i rapporti tra lo Stato e le Regioni, trovano applicazione anche nei
rapporti tra le Regioni e gli enti minori: il controllo sostitutivo delle
regioni sugli organi degli enti locali, deve pertanto essere adeguato ai
principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza ex art. 118 Cost.
nonché di leale collaborazione ex art. 120 Cost. Ne deriva che il
commissariamento regionale relativo all’approvazione dei programmi costruttivi
ex art. 25 della L.r. n. 22/1996 non può spogliare i Comuni siciliani dei poteri
propri in tema di programmazione urbanistica fino al punto da rendere
irrilevante il contrasto di tali programmi con gli strumenti urbanistici vigenti
e con le delibere consiliari. Pres. Adamo, Est. Giamportone - C. e altri e
Legambiente com. reg. siciliano (Avv.ti Spallitta e Scrima) c. Assessorato
Regionale Territorio e Ambiente (Avv. Stato) e altro (n.c.) riun. ad altro -
T.A.R. SICILIA, Palermo, Sez. II – 9 maggio 2005, n. 724
2) Pubblica amministrazione – Nomina commissario ad acta – Atto a valenza
politica - Competenza – Assessore regionale – Sussistenza – L.r. Sicilia n.
71/1978. La nomina del commissario ad acta per sostituire l’amministrazione
locale inadempiente, si sensi della l.r. n. 71/1978, non compete ai dirigenti,
ma agli assessori regionali, atteso che la nomina esprime funzioni e potestà,
anche di natura politica, dell’organo sovraordinato. Il riparto di competenze
introdotto in Sicilia dalla l.r. n. 10/2000 non introduce alcuna deroga a detto
principio. Pres. Adamo, Est. Giamportone - C. e altri e Legambiente com. reg.
siciliano (Avv.ti Spallitta e Scrima) c. Assessorato Regionale Territorio e
Ambiente (Avv. Stato) e altro (n.c.) riun. ad altro - T.A.R. SICILIA,
Palermo, Sez. II – 9 maggio 2005, n. 724
3) Associazioni e comitati – Associazioni ambientaliste – Articolazioni
locali – Legittimazione processuale – Sussistenza – Artt. 13 e18 L. n. 349/86.
Le sezioni locali delle associazioni di tutela ambientale sono legittimate
ad agire in giudizio, giacchè le disposizioni di cui agli artt. 13 e 18 della L.
n. 349/86 riconoscono in via generale tale legittimazione senza distinguere tra
le varie articolazioni dell’associazione, che deve pertanto ritenersi facultata
a regolamentare in concreto la propria capacità di stare in giudizio; sarebbe
ingiustificatamente restrittiva un’interpretazione che, imponendo
all’associazione limiti non previsti dal dettato normativo quanto alla facoltà
statutaria di organizzarsi sul territorio, richiedesse sempre e comunque
l’intervento degli organi centrali per l’esercizio in concreto di tale
legittimazione. Pres. Adamo, Est. Giamportone - C. e altri e Legambiente com.
reg. siciliano (Avv.ti Spallitta e Scrima) c. Assessorato Regionale Territorio e
Ambiente (Avv. Stato) e altro (n.c.) riun. ad altro - T.A.R. SICILIA,
Palermo, Sez. II – 9 maggio 2005, n. 724
4) Urbanistica – Area agricola – Perseguimento di tutela di valori ambientali
e paesistici – Configurabilità – Provvedimenti amministrativi di natura
urbanistica suscettibili di pregiudicare l’ambiente – Impugnazione –
Associazioni ambientaliste – Legittimazione – Sussistenza. La destinazione
di un’area a zona agricola riveste una finalità di tutela a valenza conservativa
dei valori urbanistici, venendo a costituire il polmone dell’insediamento
urbano, assumendo per tale via la funzione decongestionante e di contenimento
dell’espansione dell’aggregato urbano: l’amministrazione comunale, avuto
riguardo al valore costituzionale del paesaggio ai sensi dell’art. 9 Cost., può
tutelare il valore ambientale, imprimendo, in sede di pianificazione
urbanistica, ad un’area il connotato di area agricola o di verde privato o
pubblico. Le associazioni ambientalistiche, coerentemente, sono legittimate ad
impugnare provvedimenti amministrativi che, seppur presentando aspetti
urbanistici, siano suscettibili di pregiudicare il bene dell’ambiente,
compromettendone l’adeguata tutela. Pres. Adamo, Est. Giamportone - C. e altri e
Legambiente com. reg. siciliano (Avv.ti Spallitta e Scrima) c. Assessorato
Regionale Territorio e Ambiente (Avv. Stato) e altro (n.c.) riun. ad altro -
T.A.R. SICILIA, Palermo, Sez. II – 9 maggio 2005, n. 724
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