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 Massime della sentenza

 

 

T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. I - 10 marzo 2005, n. 1711

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania - Sezione I^ - composto dai Signori: N. 5060-7797-8394-Reg. Ric. ANNO 2003


1) Giancarlo Coraggio - Presidente
2) Paolo Carpentieri - Consigliere - relatore
3) Guglielmo Passarelli Di Napoli - Referendario
ha pronunciato la seguente


SENTENZA


sui ricorsi n. 5060, 7797 e 8394/2003 Reg. Gen., tutti proposti dalla società TIM s.r.l. Industria di Fabbricazione e Commercializzazione Articoli Monouso, con sede legale in Benevento alla zona industriale Pezzapiana, in persona del legale rapp.te p.t. sig. Isidoro Taddeo, rappresentata e difesa dall’avv. Guido Guida, con domicilio eletto in Napoli alla via Calascione 7, presso lo studio dell’avv. Marco Scala,
contro
la Regione Campania, in persona del Presidente della Giunta Regionale p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Rosanna Panariello (nei giudizi nn. 5060 e 7797/03) e dagli avv.ti Rosaria Palma e Maria Vittoria De Gennaro (nel giudizio n. 8394/03), con domicilio eletto in Napoli alla via S. Lucia 81, presso la sede legale dell’ente;
nonché
la Azienda Sanitaria Locale Benevento 1, in persona del legale rapp.te p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Ottavio e Antonio Lonardo, con domicilio eletto in Napoli alla via Rosaroll 70, presso lo studio dell’avv. Centore;
il Comune di Benevento, in persona del sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avv.ti Massimo Pagano e Luigi Giuliano, con domicilio eletto in Napoli alla via Pigna 98 – anche interventore ad opponendum nel solo ric. 12262/03;
la Prefettura di Benevento, in persona del prefetto p.t., non costituita;
l’Agenzia Regionale Protezione Ambientale Campania (ARPAC), Centro Regionale Inquinamento Atmosferico, con sede in Napoli alla via S. Maria La Nova, non costituita;
la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Benevento, in persona del procuratore capo p.t. , presso il Palazzo di Giustizia in Benevento alla via R. De Caro, non costituita;
e nei confronti
del Responsabile del procedimento relativo alla TIM s.r.l., domiciliato presso la Giunta Regionale della Campania, Area Generale di Coordinamento, Ecologia, Tutela dell’Ambiente, Disinquinamento, Protezione civile, Settore Provinciale di Benevento, al viale Atlantici 6, non costituito;
del Sindaco del Comune di Benevento p.t., nella qualità di Ufficiale di Governo e di Autorità sanitaria locale, domiciliato per la carica in Benevento alla via Annunziata, Palazzo mosti, non costituito;
e con l’intervento ad opponendum – nel solo ricorso n. 5060/2003 R.G.
di GESESA s.p.a., Gestione Servizi Sannio, in persona del legale rapp.te p.t., avv. Gerardo Giorgine, rappresentato e difeso dall’avv. Massimo Pagano, con domicilio eletto in Napoli alla via Pigna 98;
per l’annullamento, previa sospensiva
quanto al ricorso n. 5060/2003 Reg. Gen.:


<<1) – del provvedimento della Giunta Regionale della Campania, Area Generale di Coordinamento Ecologia, Tutela dell’Ambiente, Disinquinamento, Protezione civile, Settore Provinciale di Benevento, del 9.4.2003 a firma del Dirigente del Servizio e del Dirigente del Settore, conosciuto dalla istante il successivo 11.4.2003, con il quale la Regione Campania, in riferimento alla istanza prodotta dalla ricorrente in data 4.9.2001 e 1.2.2002 ex d.P.R. 203/88 per l’autorizzazione alle emissioni in atmosfera, dichiara di non poter procedere al rilascio della richiesta autorizzazione visto l’allegato provvedimento n. 37 del 27.3.2003 reso dal Sindaco del Comune di Benevento; 2) – del provvedimento del Comune di Benevento, Settore Servizi sociali, n. 37 del 27.3.2003, prot. N. 2003.0048594 a firma del Sindaco p.t. e del Dirigente IV Settore, conosciuto dalla istante il successivo 28.3.2003 con il quale il Sindaco, vista la nota fax del 25.3.2003 prot. N. 1071 del Direttore Responsabile della A.S.L. Benevento 1 con cui si revocano i pareri sanitari espressi, per quanto di competenza, in data 26.11.2001 prot. N. 4583ISP e 8.7.2002 prot. N. 2988ISP, in riferimento all’art. 7 d.P.R. 203/88 revoca i pareri sindacali favorevoli del 4.12.2001 , trasmesso alla Regione Campania Servizio Ecologia BN in data 14.12.2001 prot. gen. n. 78826, e del 15.7.2002 trasmesso alla Regione Campania Servizio Ecologia BN in data 19.7.2002 prot. gen. n. 40987, per il rilascio di autorizzazione alle emissioni in atmosfera a favore della ditta TIM srl per il capannone indicato come TIM 3 sita alla contrada Pezzapiana di Benevento; 3) – del provvedimento della Azienda Sanitaria Locale Benevento 1 del 25.3.2003, prot. n. 1071, a firma del Direttore responsabile, conosciuto dalla istante il successivo 28.3.2003 nella parte in cui, ritenendo non più sussistenti le condizioni di cui agli artt. 15 e 6 d.P.R. 203/88, vengono revocati i pareri sanitari ex art. 7 d..P.R. 203/88 espressi con note n. 4583 del 26.11.2001 e 2988 dell’8.7.2002; 4) – di tutti i provvedimenti ad essi connessi, pregressi e/o conseguenti, nessuno escluso, anche non conosciuti adottati dagli enti sopra indicati (Regione Campania, Comune di Benevento, A.S.L. BN 1).>>;


quanto al ricorso n. 7797/2003 Reg. Gen.:
<<1) –del provvedimento n. 59 del 22.5.2003 (recante in calce la data del 20.5.2003) reso dal Comune di Benevento in persona del sindaco p.t., nonché dallo stesso sindaco nella qualità di Ufficiale di Governo e nella qualità di Autorità sanitaria locale, conosciuto dalla istante il 22.5.2003, nella parte in cui ingiunge alla TIM srl di presentare nel termine di giorni 60 dalla notifica “un progetto di adeguamento delle emissioni in atmosfera corredato da relazione tecnica esplicativa finalizzato alla eliminazione dei paventati pericoli per la salute pubblica, mediante l’adozione dei sistemi di abbattimento dell’inquinamento atmosferico in conformità alle prescrizioni e indicazioni analiticamente individuate dall’ARPAC-CRIA (Centro regionale per l’inquinamento) nella relazione del 19.2.2003 . . . e a mettere in funzione l’impianto progettato entro 90 giorni dalla data di approvazione del progetto” e, nella parte in cui sospende nelle more “ai sensi dell’art. 7 comma 2 legge 241/90 l’esecutività dei pareri favorevoli del 4.12.2001 e del 15.7.2002 in attesa dell’integrale ottemperanza della Soc. TIM alle prescrizioni ingiunte suindicate”; 2) – del provvedimento dell’ARPAC-CRIA Napoli, del 19.2.2003, notificato alla istante in uno alla su indicata ordinanza sindacale n. 59/2003, nei limiti di quanto contrasti con la posizione della ricorrente per quanto innanzi si andrà esponendo; 3) - di tutti i provvedimenti ad essi connessi, pregressi e/o conseguenti, nessuno escluso, anche non conosciuti dall’istante.>>;


nonché per il risarcimento
<<del danno ingiusto derivante dal provvedimento impugnato.>>;


quanto al ricorso 8394/2003 Reg. Gen.:
ricorso introduttivo:
<<1) –del decreto dirigenziale n. 1285 del 16 giugno 2003, a firma del Dirigente dell’Area Generale di Coordinamento Ecologia, Tutela dell’Ambiente, Disinquinamento, Protezione Civile, Settore Provinciale di Benevento, con il quale la Giunta regionale della Campania impone alla TIM srl di dotare “gli opifici autorizzati giusta Decreto P.G.R. n. 14747 dell’11.10.99 – decreto dirigenziale b. 54 del 12.7.2000 – Decreto dirigenziale n. 999 del 15.5.2002 – di idonei accorgimenti come individuati dalla parte II della Delibera di G.R. n. 4102/92; che i suddetti accorgimenti vengano adottati entro 30 gg dalla notifica del presente decreto; che la ditta comunichi, almeno 10 gg. Prima, la data di messa in funzione dei suddetti accorgimenti. . . “; 2) – del provvedimento dell’ARPAC-CRIA Napoli del 19.2.2003, nei limiti di quanto contrasti con la posizione della ricorrente, per quanto innanzi si andrà esponendo; 3) - di tutti i provvedimenti ad essi connessi, pregressi e/o conseguenti, nessuno escluso, anche non conosciuti dall’istante.>>;


quanto al ricorso per motivi aggiunti notificato il 13/14.11.2003:
<<1) – del provvedimento reso in data 16.10.2003 dalla Regione Campania, Giunta Regionale della Campania, Area Generale di Coordinamento, Ecologia, Tutela dell’Ambiente, Disinquinamento, Protezione civile, Settore provinciale di Benevento, a firma del Dirigente del Settore, ricevuto dalla TIM srl, a mezzo racc.ta a.r. il successivo 18.10.2003, con il quale: “Visto il decreto dirigenziale n. 1285/03 con il quale la Giunta regionale della Campania. . . . .In esecuzione della ordinanza del T.A.R. Campania n. 4289/03. . . . .Visti i pareri della Commissione tecnica provinciale. . . .si dispone che le emissioni prodotte dalla ditta TIM srl, relative agli opifici TIM 1 e TIM 2 debbano essere abbattute nella misura non inferiore al 90% in massa del carico inquinante prodotto, giusta delibera di G.R. n. 4102/92, mediante l’installazione di apposito impianto di abbattimento del tipo a carboni attivi o similare nel rispetto di quanto individuato nella parte II punto 2 della suddetta delibera, nel termine di 90 gg. dalla ricezione della presente e che il relativo progetto dovrà essere inoltrato a questo settore entro 30 gg. per le valutazioni di competenza. In mancanza si dispone sin d’ora che la Commissione Tecnica provinciale sarà riconvocata entro i 10 giorni successivi alla scadenza del predetto termine, al fine di assumere le decisioni consequenziali.”.>>;


quanto al ricorso per motivi aggiunti notificato il 20/21.2.2004:
<<1) – del provvedimento reso in data 5.2.2004 dalla Regione Campania, Giunta Regionale della Campania, Area Generale di Coordinamento, Ecologia, Tutela dell’Ambiente, Disinquinamento, Protezione civile, Settore provinciale di Benevento, a firma del Dirigente del Settore, con il quale si ingiunge alla TIM srl la sospensione delle attività lavorative autorizzate ex DPR 203/88; 2) – del provvedimento del 9.1.2004 con cui la Regione Campania diffidava l’Azienda a presentare un ulteriore progetto entro il 18.1.2004 pena la sospensione delle attività lavorative autorizzate ex DPR 203/88.>>;


nonché per il risarcimento
<< dei danni da quantificarsi sia in base all’ammontare della somma dovuta alla installazione degli impianti di abbattimento, maggiorata della somma relativa al mancato guadagno dal febbraio 2004 al maggio 2004, che in base alle somme che l’azienda versa a titolo di stipendi per gli operai tenuti inattivi, e quant’altro il Tribunale riterrà di liquidare in via equitativa.>>;


VISTI i ricorsi con i relativi allegati;
VISTO l’atto di costituzione in giudizio delle amministrazioni resistenti, nonché l’atto di intervento ad opponendum della società GESESA s.p.a, nel ricorso n. 5060/2003 Reg. Gen. e l’intervento ad opponendum del comune di Benevento nel ricorso n. 12262/2003 Reg. Gen., con le annesse produzioni;
VISTO l’atto di motivi aggiunti al ricorso n. 8394/2003 Reg. Gen., notificato dalla difesa di parte ricorrente in data 13/14 novembre 2003 e depositato presso la segreteria il successivo giorno 26 novembre;
VISTO l’ulteriore atto di motivi aggiunti al medesimo ricorso, notificato dalla difesa di parte ricorrente in data 20/21 febbraio 2004 e depositato presso la segreteria del Tribunale il successivo 24 febbraio 2004;
VISTA l’ordinanza collegiale n. 3881/2003 del 29 luglio 2003 emessa nel giudizio n. 7797/2003, con la quale la Sezione ha accolto la domanda di sospensione del provvedimento impugnato;
VISTA l’ordinanza del Consiglio di Stato, Sezione Quinta, n. 597/2004 del 3 febbraio 2004, con la quale è stato accolto in parte l’appello avverso la suindicata ordinanza di primo grado n. 3881/2003;
VISTA l’ordinanza collegiale n. 4289/2003 del 10 settembre 2003 emessa nel giudizio n. 8394/2003, con la quale la Sezione ha accolto in parte la domanda di sospensione del provvedimento impugnato con ricorso introduttivo;
VISTA la successiva ordinanza collegiale n. 6057/2003 del 10 dicembre 2003, emessa nel medesimo giudizio, con la quale la Sezione ha respinto la domanda di sospensione del provvedimento impugnato con motivi aggiunti notificati il 13/14 novembre 2003;
VISTA altresì la successiva ordinanza collegiale n. 1535/2004 del 10 marzo 2004, con la quale la Sezione ha respinto la domanda di sospensione del provvedimento impugnato con motivi aggiunti notificati il 20/21 febbraio 2004;
VISTA l’ordinanza collegiale n. 717/2004 del 16 settembre 2004, con la quale la Sezione, previa riunione dei presenti giudizi, ha disposto incombenti istruttori;
VISTE le memorie depositate dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
VISTI gli atti tutti di causa;
UDITI alla camera di consiglio dell’1 dicembre 2004 - relatore il Magistrato Dr. Carpentieri - gli avv.ti indicati nel verbale;
CONSIDERATO in fatto e diritto quanto segue:


FATTO


La società TIM s.r.l. svolge attività di produzione e commercializzazione di prodotti in plastica monouso (piatti, bicchieri etc.) con stabilimento in Benevento, contrada Pezzapiana, zona industriale.


Essa è in possesso di autorizzazioni provvisorie regionali per i seguenti impianti, ubicati negli opifici denominati TIM1 e TIM2 (camini di emissione denominati con la sigla P1, P2, P3 etc.): camini P1, P2 e P3 (con emissione di 142, 103 e 89 g/h di stirene ciascuno), giusta decreto del Presidente della giunta regionale della Campania n. 14747 dell’11 ottobre 1999; camini P7, P9, P10 e P11 (con emissione di 97,47, 177,44, 177,44 e 97,47 g/h di stirene ciascuno), giusta decreto dirigenziale n. 999 del 15 maggio 2002; camini P4, P5 e P6 (con emissione di 99,77, 117,44 e 117,44 g/h di stirene ciascuno), giusta decreto dirigenziale n. 54 del 12 luglio 2000.


In data 4 settembre 2001, “dovendo ampliare gli impianti” (mediante introduzione di una nuova linea di produzione piatti, denominata TIM 3), la TIM s.r.l. ha chiesto l’autorizzazione alle emissioni in atmosfera, ai sensi dell’articolo 15 del d.P.R. n. 203 del 1988 (modifica sostanziale dell'impianto che comporti variazioni qualitative e/o quantitative delle emissioni inquinanti).


Con atto del 30 gennaio 2002 (presentato l’1, il 7 e il 12 febbraio 2002) la TIM s.p.a. ha chiesto un’ulteriore autorizzazione, sempre ai sensi dell’articolo 15 del d.P.R. 203 del 1988 (ampliamento), relativamente ad un’altra linea per la produzione di bicchieri (anche qui, opificio TIM3), allegando una relazione tecnica in data 24 gennaio 2002, sostanzialmente identica alla prima, con l’indicazione di emissioni di stirene per 39 mg/metro cubo (concentrazione) e di 97,47 g/h (flusso di massa) e una tabella riassuntiva relativa alle emissioni delle linee bicchieri (camini P11, P14 e P15).


In data 26 marzo 2002 la TIM ha presentato all’amministrazione regionale un “quadro riepilogativo per l’opificio denominato TIM 3” (camini P8, P12, P13, P14 e P15, con emissioni di stirene monomero rispettivamente di 117,44 g/h per ciascuno dei primi tre e di 97,47 g/h per ciascuno degli ultimi due).


In allegato alla predetta documentazione, relativa alla seconda domanda di autorizzazione, la ricorrente ha altresì prodotto copia del parere favorevole espresso dal Sindaco del comune di Benevento, ai sensi dell’articolo 7 del d.P.R. 203 del 1988, con nota 8798 del 15 luglio 2002.


Con istanza recapitata il 2 dicembre 2002, stante la mancata pronuncia regionale, la TIM s.r.l. ha chiesto l’intervento sostitutorio del Ministero dell’ambiente, ai sensi dell’articolo 7 del d.P.R. 203 del 1988.(La regione si pronuncia sulla domanda, sentito il comune o i comuni ove è localizzato l'impianto, entro sessanta giorni dalla presentazione della domanda stessa, ovvero, nel caso in cui ritenga di invitare il richiedente ad apportare modifiche al progetto, entro trenta giorni dalla presentazione di dette modifiche; decorsi inutilmente tali termini, l'interessato, entro i successivi sessanta giorni, ha facoltà di richiedere al Ministro dell'ambiente di provvedere sulla domanda, notificando tale istanza alla regione. Il Ministro dell'ambiente, di concerto con i Ministri della sanità e dell'industria, del commercio e dell'artigianato, provvede entro i successivi trenta giorni).


A seguito di “tavolo tecnico” svoltosi presso il Ministero dell’ambiente in data 29 gennaio 2003, le parti stabilivano che la TIM avrebbe fornito le ulteriori informazioni richieste e la Regione Campania avrebbe concluso il procedimento entro i sessanta giorni successivi a tale adempimento.


In data 3 febbraio 2003 la TIM ha provveduto a presentare alla Regione la nuova documentazione.


Sennonché in data 19 febbraio 2003 l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente della Campania ha presentato all’amministrazione regionale i risultati di un suo accertamento su presunti fenomeni di inquinamento da stirene nella località Pezzapiana di Benevento, ove è ubicato lo stabilimento della società ricorrente, provocato da esposti e denunce della cittadinanza (nonché dalla GESESA s.p.a., Gestione Servizi Sannio, che ha i propri uffici in prossimità degli impianti TIM), nonché da iniziative degli enti locali.


In data 21 marzo 2003 si è dunque riunita la commissione tecnica regionale. Il 24 marzo 2003 la Regione ha chiesto alla TIM s.r.l. ulteriori integrazioni documentali, non ritenendo esaustive quelle fatte pervenire.


La TIM, con nota del 7 aprile 2003, ha chiesto nuovamente l’intervento sostitutorio statale.


La predetta istanza contiene una descrizione analitica del complesso procedimento avviato e delle diverse interlocuzioni regionali. Da questi atti si evince in particolare che la Regione ha richiesto (con note 5 marzo 2002, 18 settembre 2002 e 21 novembre 2002) che le domande di autorizzazione relative ai camini P8, P12, P13, P14 e P15 dell’opificio TIM 3 (consistente in un diverso capannone rispetto a quelli che ospitano gli impianti TIM 1 e TIM2, già autorizzati) fossero distinte da quelle relative all’ampliamento dei precedenti opifici e fossero presentate ex articolo 6 del d.P.R. 203 del 1988, come domande di nuovi impianti, e non come domande di ampliamento, nonché che fossero indicati i quantitativi totali annui di polistirene e le schede tecniche di tutti i tipi di polistirolo lavorato da cui risultassero espressamente le percentuali in essi contenute di stirene monomero, nonché ulteriori elementi istruttori (relativi all’altezza del punto di prelievo, alla percentuale dei diversi tipi di polistirolo usati per la miscelazione della materia prima, al numero di giorni e di ore lavorati nell’anno). Emerge che la TIM s.r.l. avrebbe corrisposto a tutte queste richieste istruttorie, salvo che per il punto relativo alla quantità di stirene monomero contenuto nel materiale utilizzato e alle schede tecniche di tutti i tipi di polistirolo componenti la miscela dei prodotti finiti, riguardo al quale si dichiarava nell’impossibilità di fornire una risposta opponendo il segreto industriale delle ditte produttrici, “avendo la TIM a disposizione solo le schede di sicurezza dei prodotti”.


Il 26 marzo 2003 il Sindaco del Comune di Benevento ha revocato i pareri favorevoli espressi il 4 dicembre 2001 e il 15 luglio 2002.


Con nota del 9 aprile 2003 l’amministrazione regionale, preso atto della revoca dei pareri comunali, ha comunicato alla TIM di non poter procedere al rilascio dell’autorizzazione.


La TIM s.r.l. ha dunque impugnato dinanzi a questo Tar la predetta nota regionale (si tratta del primo dei ricorsi in esame, iscritto al n. 5060/2003 Reg. Gen.).


Con ordinanza contingibile e urgente n. 59 del 22 maggio 2003 il Comune di Benevento ha autoannullato la precedente ordinanza di revoca dei propri pareri favorevoli, ha ingiunto alla TIM la presentazione di un progetto di adeguamento delle emissioni in atmosfera ed ha sospeso nelle more l’esecutività dei predetti pareri ex articolo 7 d.P.R. 203 del 1988.


La TIM s.r.l. ha impugnato dinanzi a questo TAR anche tale atto di autotutela comunale (con il secondo dei ricorsi in trattazione: ric. n. 7797/2003) ed ha ottenuto la sospensiva (ord. di questa Sezione n. 3881 del 29 luglio 2003).


Con raccomandata del 30 luglio 2003 la TIM s.r.l. ha diffidato la Regione Campania a rilasciare le chieste autorizzazioni, a seguito della predetta ordinanza cautelare che, secondo la prospettazione di parte ricorrente, avrebbe fatto rivivere i pareri favorevoli comunali.


E’ seguito un ulteriore scambio di corrispondenza tra le parti, nel quale la Regione ha dapprima chiesto di conoscere la posizione del Comune di Benevento (che avrebbe potuto riproporre gli atti sospesi in sede giurisdizionale), ed ha poi chiesto ulteriori indicazioni istruttorie non ritenendo ancora esauriti gli accertamenti necessari alla decisione amministrativa. La Regione Campania, quindi, con provvedimento n. 1285 del 16 giugno 2003, ha ordinato alla TIM s.r.l. di dotare gli opifici da essa gestiti (TIM1 e TIM2) di idonei impianti di depurazione delle emissioni in atmosfera, ai sensi della parte II della dGRC 4102 del 1992, entro 30 giorni dalla notifica del decreto.


La TIM ha impugnato questo provvedimento (con il terzo dei ricorsi qui riuniti, il n. 8394/2003 Reg. Gen.). Con ordinanza 4289 del 10 settembre 2003 questo giudice ha sospeso il provvedimento, nei limiti della dilazione del termine (giudicato incongruo), previa specificazione della tipologia di impianto di depurazione da installare.


La Regione, con decreto dirigenziale del 16 ottobre 2003, in attuazione della predetta ordinanza cautelare di questa Sezione, ha provveduto a precisare la tipologia dell’impianto di depurazione da adottare (filtri a carboni attivi con abbattimento del 90% delle emissioni) ed ha concesso l’ulteriore termine di 90 giorni per la relativa installazione.


La TIM s.r.l. ha impugnato questo nuovo atto con motivi aggiunti proposti in seno al ricorso n. 8394/2003 Reg. Gen., notificati il 13/14 novembre 2003. La Sezione ha respinto la nuova domanda cautelare proposta dalla società ricorrente (ord. n. 6057/2003 del 10 dicembre 2003).


Il 13 novembre 2003 la TIM s.r.l. ha dunque notificato un ulteriore ricorso, iscritto al n. 12262/2003, depositato in segreteria il successivo giorno 20 novembre 2003, proposto ex articolo 21-bis legge Tar avverso il silenzio formatosi sulle sue domande di autorizzazione in principio indicate. Questo ricorso è stato già deciso e respinto con separata sentenza di questa Sezione n. 13599 del 7 ottobre 2004.


Con atto del 9 gennaio 2004 la Regione ha giudicato inadeguato il progetto TIM di depurazione dei fumi emessi dagli impianti TIM1 e TIM2 ed ha diffidato la società ricorrente a presentare un ulteriore progetto entro il 18 gennaio 2004. Il successivo 5 febbraio 2004 la Regione ha quindi sospeso le attività TIM1 e TIM2 già autorizzate (provvedimento n. 141 del 5 febbraio 2004). Entrambi questi ulteriori atti sono stati impugnati con atto di motivi aggiunti proposto in seno al ricorso n. 8394/2003 Reg. Gen., notificato il 20/21 febbraio 2004.


La TIM s.r.l. ha quindi provveduto a installare filtri a carboni attivi, conformi alle indicazioni regionali e, esperiti taluni accertamenti, che avrebbero indicato percentuali di abbattimento anche superiori al 90%, ha ottenuto autorizzazioni provvisorie alla ripresa dell’attività negli opifici TIM1 e TIM2.


Si sono costituite ed hanno resistito in giudizio le amministrazioni intimate, che hanno concluso per il rigetto dei ricorsi avversari sostenendo la sussistenza di tutti i presupposti di legge per l’adozione delle misure antinquinamento imposte.


Nel corso dei giudizi sono state adottate le pronunce cautelari e interlocutorie indicate in epigrafe.


In particolare con l’ordinanza collegiale n. 717/2004 del 16 settembre 2004 la Sezione, previa riunione dei presenti giudizi, ha disposto incombenti istruttori richiedendo una documentata relazione che, previa definizione dei limiti di emissione – e della connessa unità di misura – per il composto “stirene” vigenti nella Regione Campania, illustrasse: a) i valori delle emissioni per tale composto – espressi distintamente in flusso di massa e in concentrazione – registrati presso ciascuno degli impianti della ricorrente nei monitoraggi effettuati dall’A.R.P.A.C. (di cui alla nota n. 781 del 19 febbraio 2003), nonché il valore complessivo, riferibile allo stabilimento, come somma dei valori registrati presso i singoli punti di emissione; b) i medesimi valori registrati in eventuali precedenti controlli eseguiti dalla predetta A.R.P.A.C. o da altre autorità e soggetti istituzionali (ricompresi in un arco di tempo significativo, non superiore all’anno anteriore al febbraio 2003); c) gli stessi valori registrati nel corso degli ulteriori controlli del 2 marzo 2004; d) ancora infine i medesimi valori “a monte” dei depuratori nelle more installati, registrati sempre dall’A.R.P.A. della Campania nei controlli riportati nella nota del 29 luglio 2004; e) una tabella comparativa che consentisse un agevole e immediato raffronto tra i valori riportati nei documenti citati nei punti precedenti; f) un’analisi dell’efficacia dei sistemi di depurazione introdotti nello stabilimento della ricorrente, g) ogni ulteriore informazione utile ai fini della definizione della controversia.


L’Agenzia regionale per l’ambiente ha provveduto all’incombente istruttorio depositando relazione prot. C.R.I.A. n. 6277 del 26 ottobre 2004 in data 29 ottobre 2004.


Alla pubblica udienza del 1° dicembre 2004 le cause riunite sono state chiamate, discusse e introitate in decisione.


DIRITTO


Con il primo ricorso la società TIM ha impugnato l’atto regionale del 9 aprile 2003 di rigetto della domanda di autorizzazione (per l’impianto TIM 3) ai sensi del d.P.R. 203 del 1988 presentata il 4 settembre 2001 e il 1° febbraio 2002. Rispetto a questo ricorso, ancorché in sostanza superato dal successivo contenzioso instauratosi avverso il (preteso) silenzio serbato dall’amministrazione regionale, permane un interesse della parte ricorrente a conseguire una pronuncia di merito. Il suo esito è tuttavia dipendente dalla decisione sul ricorso n. 8394/2003, nel quale si pone la questione centrale della definizione del livello di emissioni di stirene in atmosfera dagli impianti già esistenti (TIM 1 e TIM 2), questione da cui dipende l’accertamento della sussistenza dei presupposti legittimanti tutti gli atti restrittivi e sfavorevoli emanati dalle autorità intimate e impugnati dalla società ricorrente. Donde la pregiudizialità logica e la proprietà di esame del ricorso 8394/2003.


Analogo discorso deve svolgersi circa il secondo ricorso in esame, con il quale la società TIM impugna il provvedimento n. 59 del 22 maggio 2003, reso dal Sindaco di Benevento con l’uso dei poteri contingibili e urgenti a tutela della salute, con cui si era ingiunto alla società deducente di presentare entro sessanta giorni un progetto per l’adeguamento dell’impianto di depurazione in conformità alle prescrizioni date dall’ARPA della Campania nel parere del 19 febbraio 2003, nonché di mettere in funzione l’impianto progettato entro novanta giorni dall’approvazione del progetto, con sospensione nelle more dei pareri sanitari del 4 dicembre 2001 e del 15 luglio 2002. Anche questo gravame appare superato dai successivi provvedimenti regionali (impugnati con il terzo ricorso), ma parte ricorrente ha dichiarato di conservare interesse a una decisione di merito anche riguardo a tale atto e la Sezione non ha motivo di escludere a priori tale prospettazione, salva la già rimarcata priorità logica dell’esame e della decisione del terzo ricorso.


Più in generale, la decisione di tutti e tre i ricorsi è strettamente dipendente dalla soluzione di una sola questione, risolutiva dell’intera controversia in esame: stabilire se, alla data degli atti gravati (e a monte degli impianti di depurazione poi installati) le emissioni in atmosfera di stirene monomero dagli impianti TIM fossero o non tali da giustificare gli atti oggetto di contestazione.


Al riguardo la citata relazione C.R.I.A. port. 6277 del 26 ottobre 2004, acquisita all’esito della disposta istruttoria, ha fornito tutti i dati richiesti, con riferimento agli impianti oggetto di causa, ma non ha chiarito le due questioni centrali, dalle quali dipende la soluzione della causa: quale sia esattamente il limite di riferimento per lo stirene; se questo limite vada riferito solo ai singoli punti di emissione o alla somma di tali emissioni. Si tratta di questioni interpretative della lettera e del senso della normativa vigente, che non spetta peraltro all’organo tecnico, ma a questo giudice risolvere.


Il d.m. 12 luglio 1990 (recante le Linee guida per il contenimento delle emissioni inquinanti degli impianti industriali e la fissazione dei valori minimi di emissione) prevede (articolo 3), al fine di stabilire i valori limite di emissione, che le emissioni possono essere caratterizzate a) per concentrazione [rapporto tra massa di sostanza inquinante emessa e volume dell'effluente gassoso (es. mg/m3)] o b) per flusso di massa [massa di sostanza inquinante emessa per unità di tempo (es. g/h)]. L’articolo 2 del decreto, al comma 3, stabilisce che Nei casi in cui negli allegati 1 e 2 siano indicati valori di flusso di massa, i valori limite di emissione devono essere rispettati se i valori di flusso di massa stessi sono raggiunti o superati. Il flusso di massa costituisce, dunque, di regola, un criterio aggiuntivo, nel senso che i limiti espressi in concentrazione devono essere rispettati solo se la massa totale dell’inquinante emesso supera determinate entità (in presenza di piccoli flussi di massa non è necessario il controllo della concentrazione).


La delibera regionale n. 4182 del 5 agosto 1992, attuativa dell’articolo 4, comma 1, lettera d) del d.P.R. 203 del 1988, al punto 4 della parte 3 dell’allegato (limiti e prescrizioni per ciascun settore produttivo – settore della gomma, plastica, materiali sintetici), al punto d, prevede che Le emissioni di stirene non devono superare il limite in flusso di massa di 500 grammi/ora. E’ vero altresì che nei singoli atti autorizzatori – per gli impianti TIM1 e TIM2 – peraltro non disponibili nel fascicolo, devono essere indicati i limiti in concentrazione.


Ne consegue che il limite rilevante è quello espresso in concentrazione rispetto al singolo impianto; limite che potrebbe peraltro essere superato se, per il singolo impianto, non sia raggiunto il limite posto in termini di flusso di massa.


La previsione regionale di un flusso di massa per lo stirene di 500 grammi per ora si collega, però, alla ulteriore questione se debba farsi riferimento al singolo punto di emissione o se, invece, debba prendersi in considerazione la somma dei singoli camini terminali delle diverse linee di produzione dello stabilimento.


Al riguardo emerge dall’allegato 1 della suddetta relazione ARPA che, alla data del primo sopralluogo e dei primi accertamenti ARPA, riversati nella relazione del 19 febbraio 2003, i valori totali registrati in emissione ai camini P1, P3, P4, P5, P6, P7, P9 e P10, ammontavano a 586,192 grammi per ora di stirene monomero (mentre il flusso di massa di stirene registrato al singolo camino non superava i 200,408 g/h – camino P10, con un minimo di 11,07 g/h registrato al camino P3).


Parte ricorrente ritiene che il dato che conta sia solo quello relativo al singolo camino. E poiché è provato che nessun singolo camino emetteva più di 500 grammi di stirene per ora (il massimo raggiunto, come detto, e di circa 200 grammi per ora), allora tutti gli impianti sarebbero “a norma” e gli atti sfavorevoli adottati dalle amministrazioni intimate sarebbero d conseguenza tutti illegittimi per violazione delle norme di settore e per difetto di presupposti. Analogamente, nessuno dei camini già autorizzati avrebbe fatto registrare alcun superamento dei limiti in concentrazione.


Secondo le amministrazioni resistenti, invece, non può negarsi rilievo al dato complessivo della sommatoria delle emissioni dei singoli camini, sicché ben sussistevano, alla luce dei primi accertamenti dell’ARPA, i presupposti di legge per non autorizzare nuove emissioni e per approfondire l’indagine su quelle esistenti, nonché per imporre prescrizioni a tutela della salute e dell’ambiente mediante installazione di idonei impianti depurativi.


Residuano, dunque, due questioni giuridiche da risolvere, sintetizzabili nei seguenti due punti:


1) quale sia il tempo rilevante ai fini del giudizio della rilevazione dei valori di emissione riferiti dall’Arpa della Campania;


2) se il limite di flusso di massa per lo stirene vada riferito al singolo camino o alla sommatoria dei camini (punti di emissione) degli impianti (o linee di produzione).


Sul primo punto il Collegio ritiene che il dato rilevante ai fini della decisione circa la legittimità degli atti impugnati sia quello della prima rilevazione dell’Arpa, poiché è su quella che si sono fondati tutti gli atti oggetto di impugnazione, a nulla rilevando in contrario il successivo miglioramento del livello di emissioni dipendente sia dalla maggiore cautela e attenzione prestata dall’impresa nel miscelare e dosare l’alimentazione e il funzionamento dei forni, sia dalla progressiva installazione, sotto la pressione degli atti impugnati, di idonee misure antinquinamento.


Sul secondo punto – giuridicamente più complesso – occorre muovere dall’esame della normativa speciale di settore.


Il d.P.R. 24 maggio 1988, n. 203, all’articolo 2, punto 9, definisce, come “Impianto”, lo stabilimento o altro impianto fisso che serva per usi industriali o di pubblica utilità e possa provocare inquinamento atmosferico, ad esclusione di quelli destinati alla difesa nazionale.


La definizione è confermata dal d.P.C.M. 21 luglio 1989 (Atto di indirizzo e coordinamento alle regioni, ai sensi dell'art. 9 della legge 8 luglio 1986, n. 349, per l'attuazione e l'interpretazione del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203).


A questa definizione fa espresso rinvio il d.m. 12 luglio 1990 recante le Linee guida per il contenimento delle emissioni inquinanti degli impianti industriali e la fissazione dei valori minimi di emissione fa riferimento agli impianti esistenti”.


La normativa specifica sull’inquinamento atmosferico non fornisce dunque elementi chiarificatori univoci riguardo al dubbio applicativo prospettato. Essa reca in sé l’ambiguità non risolta tra le nozioni di stabilimento (che può includere una pluralità di impianti, anche con ciclo produttivo diverso) e impianto (che tendenzialmente deve riferirsi a un complesso tecnologico unitario per tipologia di ciclo produttivo impiegato).


Si osserva tuttavia che la stessa nozione di emissione, nonché le prescrizioni riguardanti i controlli di dette emissioni, postulano (in contrapposizione alla nozione di immissione) un riferimento diretto al singolo punto di uscita dei fumi in atmosfera e, quindi, al singolo impianto inteso in senso stretto.


Nondimeno una lettura della normativa che non tenga in alcun modo conto della sommatoria delle singole emissioni (dei singoli camini delle diverse linee produttive) finirebbe paradossalmente per vanificare e contraddire la stessa ragion d’essere della normativa speciale della materia, finalizzata alla riduzione e al controllo delle emissioni inquinanti in atmosfera a tutela della salute e dell’ambiente.


Se è dunque vero che, di regola, i valori limite di emissione devono essere riferiti al singolo impianto, è altresì vero che per “impianto” non può considerarsi il singolo punto di uscita dei fumi in atmosfera, ma l’insieme delle linee produttive omogenee per tipologia di ciclo produttivo (materia prima impiegata, trattamento effettuato, prodotto del ciclo produttivo). Il limite di emissione dovrà dunque riguardare i singoli punti di fuoriuscita dei fumi in atmosfera allorquando si tratti di impianti diversi per funzione e ciclo produttivo adottato; dovrà riguardare, invece, la sommatoria dei diversi punti di emissione se si tratti di linee produttive identiche (od omogenee) per ciclo produttivo applicato.


Nel caso di specie in esame sarebbe invero irrazionale e contraddittorio rispetto alla finalità della legge (contenimento dell’inquinamento atmosferico) se si consentisse a un’azienda (quale quella della società ricorrente) che produce esattamente lo stesso prodotto, con la medesima tecnologia, di poter frazionare il limite di emissione da rispettare moltiplicando il numero delle linee produttive impiegate (ancorché identiche per ciclo produttivo).


Viene allo scopo in rilievo il limite espresso in flusso di massa previsto dalla normativa regionale attuativa. Esso significa, in sostanza, che non deve essere superata una determinata massa di prodotto inquinante entro una determinata unità di tempo. Se si applicasse in modo meccanico il concetto di limite di emissione e si facesse riferimento al singolo punto di fuoriuscita dei gas in atmosfera, si potrebbe pervenire all’assurdo per cui sarebbe fuori legge un impianto di produzione di stoviglie di plastica (del tipo di quello della società ricorrente) che avesse un solo camino ed emettesse 501 grammi di stirene in un’ora, mentre dovrebbe considerarsi rispettoso della normativa un impianto che emettesse 4.000 grammi di stirene in un’ora (non già da un unico camino, ma) da dieci punti di emissione corrispondenti a dieci linee produttive identiche per ciclo produttivo, ma fisicamente diverse, benché concentrate all’interno dello stesso stabilimento. In altri termini, se la società ricorrente avesse in funzione non dieci, ma venti linee produttive, pur nello stesso stabilimento, il raddoppio della massa di stirene emessa in atmosfera (e immessa nell’ambiente) finirebbe, secondo questa linea di pensiero, per essere del tutto irrilevante, bastando al rispetto della legge il solo fatto che i singoli camini non emettano più di 500 grammi di stirene per ora.


Ritiene invece il Collegio che questo ordine di idee non possa essere condiviso e che debba ricercarsi un’interpretazione della (pur non perspicua) normativa di settore che conduca a conclusioni meno illogiche.


Una conclusione più razionale è infatti possibile ove si consideri il flusso di massa come limite di immissione, ovvero come limite riferibile alla sommatoria dei punti di emissione, e il limite in concentrazione (mg/m3) come riferito al singolo camino.


Sostiene questa interpretazione più fedele alla funzione della norma anche il rilievo del principio di precauzione (articolo 174 TCE), che impone di accordare preferenza a una lettura della normativa più cautelativa e garantista per l’ambiente e la salute, rispetto a un’interpretazione capace di ridurre o vanificare l’effetto utile della orma di protezione ambientale.


Da questo diverso angolo visuale deve dunque pervenirsi alla conclusione della legittimità dell’operato delle amministrazioni intimate, che, alla luce delle risultanze degli accertamenti dell’Arpac, hanno sottoposto a doveroso riesame i pareri sanitari precedentemente espressi ed hanno (l’amministrazione regionale) imposto idonee prescrizioni atte – come inconfutabilmente dimostrato dai successivi esami compiuti – a drasticamente ridurre l’entità delle emissioni di stirene in atmosfera.


Il valore in flusso di massa ben superiore al limite di 500 grammi per ora registrato ai punti di emissione (nella loro sommatoria) della società ricorrente nello stabilimento di località Pezzapiana di Benevento ben poteva giustificare l’adozione degli atti oggetto d lite.


Mette conto infine di rilevare che l’assetto degli interessi scaturente dai provvedimenti impugnati – riduzione del 90% delle emissioni inquinanti con aggravio di costi non insostenibile per l’impresa ricorrente – si palesa essere in tutta evidenza quello più aderente alla giusta gerarchia dei valori e degli interessi in conflitto nella fattispecie esaminata.


Per tutti gli esposti motivi i riuniti ricorsi e annessi atti di motivi aggiunti devono giudicarsi infondati e andranno come tali rigettati, ivi inclusa la proposta domanda di risarcimento del danno.


Sussistono giusti motivi per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese di lite.


P.Q.M.


IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DELLA CAMPANIA, SEZIONE I^, definitivamente pronunciando sui ricorsi riuniti in epigrafe indicati, nonché sui pedissequi atti di proposizione di motivi aggiunti, li respinge.


Respinge la domanda risarcitoria.
Spese compensate.
Così deciso in Napoli nella Camera di Consiglio dell’1 dicembre 2004.

Il Presidente

Il Relatore
 

M A S S I M E

Sentenza per esteso

 

1) Inquinamento – Inquinamento atmosferico – Valori limite – D.P.R. 203/98, D.M. 12 luglio 1990 - Impianto – Nozione. La nozione di “impianto”, cui vanno riferiti i valori limite di emissione nell’atmosfera ai sensi del d.P.R. 203 del 1988, del d.P.C.M. 21 luglio 1989, d.m. 12 luglio 1990 e della delibera regionale n. 4182 del 5 agosto 1992, non definisce il singolo punto di uscita dei fumi in atmosfera, ma l’insieme delle linee produttive omogenee per tipologia di ciclo produttivo (materia prima impiegata, trattamento effettuato, prodotto del ciclo produttivo). Il limite di emissione dovrà dunque riguardare i singoli punti di fuoriuscita dei fumi in atmosfera allorquando si tratti di impianti diversi per funzione e ciclo produttivo adottato; dovrà riguardare, invece, la sommatoria dei diversi punti di emissione se si tratti di linee produttive identiche (od omogenee) per ciclo produttivo applicato. Pres. Coraggio, Est. Carpentieri - T. s.r.l. (Avv. Guida) c. Regione Campania (Avv.ti Panariello, Palma e De Gennaro) – T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez. I - 10 marzo 2005, n. 1711

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