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 Massime della sentenza

 

 

 

T.R.G.A. TRENTINO ALTO ADIGE, Trento - 27 giugno 2005 n. 174

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


 

Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa del Trentino - Alto Adige - Sede di Trento 

 

 

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA


sul ricorso n. 207 del 2004 proposto da CLAN SA SNC di Ioratti Fulvio & C., in persona del legale rappresentante in carica sig. Ioratti Fulvio, rappresentata e difesa dall’avv. Attilio Pecora ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. Lorenzo de Guelmi in Trento, Via S. Croce n. 10;


CONTRO


- l’AGENZIA PROVINCIALE PER LA PROTEZIONE DELL’AMBIENTE DELLA PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO, in persona del Direttore in carica, non costituita in giudizio;


- la PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO, in persona del Presidente in carica, rappresentata e difesa dagli avv.ti Nicolò Pedrazzoli, Giuliana Fozzer e Alessio Falferi, con domicilio eletto presso il Servizio Legale per gli Affari Contenziosi della PAT in Trento, Piazza Dante n. 15;


- il COMUNE DI ANDALO, in persona del Sindaco in carica, non costituito in giudizio;


e nei confronti di
HOTEL GARDEN, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio;


per l’annullamento:
- della nota della Agenzia provinciale per la protezione dell’Ambiente della PAT, Settore Tecnico U.O., tutela dell’aria e agenti fisici, prot. n. 2051/04-U223 del 21.5.2004 a firma degli ispettori ambientali Fabrizio Gerola e Luciano Mattevi, con visto del dirigente ing. Erico Toso;


- del verbale di accertamento della medesima Agenzia del 17.5.2004, a firma degli ispettori ambientali Fabrizio Gerola e Luciano Mattevi, comunicato in uno alla nota prot. 2051/04-U223 del 21.5.2004;


- dei rilevamenti fonometrici effettuati il 16.4.2004, richiamati nel verbale di accertamento suddetto;


- di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente.


Visto il ricorso con i relativi allegati;


Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione provinciale intimata;


Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;


Visti gli atti tutti della causa;


Uditi alla pubblica udienza del 12 maggio 2005 - relatore il consigliere Sergio Conti - l’avv. Lorenzo De Guelmi, in dichiarata sostituzione dell’avv. Attilio Pecora, per la Società ricorrente e l’avv. Giuliana Fozzer per l'Amministrazione resistente;


Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:


F A T T O


Con atto notificato il 7.7.2004 e depositato presso la Segreteria del Tribunale il 20.7.2004 Clan Sa s.n.c. di Ioratti Fulvio & C. (d’ora in poi Clan Sa) impugna i provvedimenti indicati in epigrafe, (nota A.P.P.A. del 21.5.2004, verbale di accertamento A.P.P.A. del 17.5.2004 e i rilievi fonometrici effettuati il 16.4.2004) deducendo:


1) Incompetenza, violazione di legge (legge 21.1.1994 n. 61 art. 3 – legge 26.10.1995 n. 447 artt. 3 e 14 – L.P. Trento 11.9.1995 n. 11 artt. 1, 2, 12 – L.P. Trento 11.9.1998 n. 10 art. 60, comma 5) – Eccesso di potere (carenza dei presupposti, difetto ed erroneità di istruttoria); sostenendo che non rientra fra le competenze dell’Agenzia provinciale dell’ambiente l’adozione dei provvedimenti impositivi di prescrizioni che sono, invece, di esclusiva spettanza del Comune.


2) Violazione di legge (D.P.C.M. 14.11.1997 art. 8, comma 1- legge 26.10.1995 n. 447, art. 6, comma 1 lett. a), art. 4, comma 1 lett. a), art. 7, art. 15 comma 2- D.P.C.M. 1.3.1991 artt. 2 e 6, comma 1 – L.P. Trento 11.9.1998 n. 10, art. 60) – Eccesso di potere (difetto di motivazione, erroneità e carenza dei presupposti e di istruttoria, travisamento); contestando la rilevanza dell’affermato superamento del valore differenziale di immissione, posto che nel Comune di Andalo – nel quale non è stata effettuata la zonizzazione di cui all’art. 6 della l. n. 447/95 - non sono applicabili i limiti differenziali di cui all’art. 4 del D.P.C.M. 14.11.1997 ma solo i limiti assoluti.


3) Violazione di legge (legge 7.8.1990, n. 24, artt. 1, 2, 7, 8 e 10) – Eccesso di potere (erroneità e carenza di istruttoria, difetto di motivazione, illogicità; in quanto gli esami fonometrici non sono stati preceduti dall’invio della comunicazione di inizio del procedimento e non sono stati garantiti i principi di partecipazione con l’interessato.


Si è costituita in giudizio l’intimata Amministrazione provinciale, chiedendo la reiezione del gravame di cui contesta ammissibilità e fondamento.


La resistente – sotto un primo profilo - evidenzia che la competenza dell’A.P.P.A. è radicata dall’art. 97 bis del TU delle leggi provinciali in materia di tutela dell’ambiente dagli inquinamenti (D.P.G.P. 26.1.1987 n. 1-41/legisl. come modificato dalla l.p. 19.2.2001 n. 1), con cui è stato introdotto il nuovo istituto denominato “temperamento del regime sanzionatorio”, consistente nel far precedere, alla fase sanzionatoria vera e propria, quella di indicazione delle prescrizioni necessarie per l’eliminazione della violazione alle norme di tutela, con fissazione di un termine per l’adeguamento da parte del soggetto che ha commesso la violazione.


Da tale inquadramento sistematico discende - secondo la Provincia - l‘attuale carenza d’interesse al gravame, posto che l’interesse ad impugnare si verrebbe a configurare solamente nella successiva ed eventuale fase di adozione dei provvedimenti sanzionatori di competenza comunale.


Sotto altro profilo, l’Amministrazione contesta l’affermazione della ricorrente secondo cui non sarebbe applicabile il limite differenziale anche in ipotesi di non ancora intervenuta zonizzazione acustica ad opera del Comune.


Infine, viene affermata la non applicabilità - attese le caratteristiche del controllo posto in essere - degli istituti partecipativi.


Con memoria finale la ricorrente ha ulteriormente illustrato le proprie argomentazioni, insistendo per l’accoglimento del gravame.


Alla pubblica udienza del 12 maggio 2005 il ricorso è stato trattenuto in decisione.


D I R I T T O


Con il ricorso all’esame, Clan Sa – titolare dell’esercizio pubblico “Shuttle - La Flaca” in Comune di Andalo - si grava avverso: a) la nota dell’Agenzia Provinciale per la Protezione dell’Ambiente della Provincia Autonoma di Trento (d’ora in poi A.P.P.A.) del 21.5.2004, b) il verbale di accertamento A.P.P.A. del 17.5.2004 e c) i rilievi fonometrici effettuati il 16.4.2004.


Con il primo motivo la ricorrente contesta la sussistenza della competenza dell’A.P.P.A. all’adozione del provvedimento impositivo di prescrizioni, evidenziando come, in forza della richiamata normativa (legge 21.1.1994 n. 61 art. 3 – legge 26.10.1995 n. 447 artt. 3 e 14 – L.P. Trento 11.9.1995 n. 11 artt. 1, 2, 12 – L.P. Trento 11.9.1998 n. 10 art. 60, comma 5), all’Agenzia dell’Ambiente compete solamente lo svolgimento delle attività tecniche di prevenzione e di vigilanza e di controllo ambientale, mentre l’imposizione delle prescrizioni è espressamente attribuita all’Amministrazione comunale.


La doglianza non coglie nel segno.


Non v’è dubbio che la tesi sovra esposta sia di per sé corretta, in quanto conforme alla legislazione nazionale e provinciale (cfr. la ripartizione di competenze fra Agenzia provinciale e Comune posta dall’art. 60 c. 4 e 5 della l.p. 11.9.1998 n. 10).


Peraltro, la fattispecie all’esame non risulta sussumibile in siffatte previsioni normative, atteso che il verbale di accertamento A.P.P.A. del 17.5.2004 (trasmesso alla ricorrente con la nota A.P.P.A. del 21.5.2004) non costituisce – come è stato posto in luce dalla difesa della P.A.T. – provvedimento impositivo di prescrizioni e diffida ad adeguarsi.


Tale atto costituisce, invece, applicazione - come evidenziato nell’epigrafe del medesimo - del disposto dell’art. 97 bis del T.U. delle leggi provinciali in materia di tutela dell’ambiente dagli inquinamenti (D.P.G.P. 26.1.1987 n. 1-41/legisl. come modificato dalla l.p. 19.2.2001 n. 1).


Con tale norma è stato introdotto il nuovo istituto denominato “temperamento del regime sanzionatorio”, consistente nel far precedere, alla fase sanzionatoria vera e propria, quella di indicazione delle prescrizioni necessarie per l’eliminazione della violazione alle norme di tutela, con la fissazione di un termine per l’adeguamento da parte del soggetto che ha commesso la violazione.


In particolare, l’art. 97 bis prevede che, attraverso uno specifico regolamento attuativo, si provveda all’individuazione delle fattispecie di violazioni della normativa in materia di tutela dell’ambiente che non danno luogo a danni irreversibili per l’ambiente o per la salute pubblica, per le quali l’addetto al controllo dovrà indicare nel verbale di accertamento le carenze riscontrate e le prescrizioni e i tempi di adeguamento necessari per assicurare il rispetto delle norme violate.


Il verbale di accertamento non costituisce (cfr. c. 3°) attivazione del procedimento di irrogazione della sanzione amministrativa.


Una volta decorso infruttuosamente il termine per l’adeguamento, l’autorità competente all’emanazione dei provvedimenti conseguenti a controllo dà corso all’irrogazione della sanzione amministrativa (cfr. c. 4°).


Con il D.P.P. 13.1.2003 n. 1-122/leg - recante “disposizioni regolamentari concernenti il temperamento del regime sanzionatorio in materia di tutela dell’ambiente dagli inquinamenti” - sono state individuate le fattispecie di violazioni amministrative assoggettate a tale disciplina e determinate le procedure per l’esecuzione degli accertamenti, la determinazione delle prescrizioni e la verifica sull’ottemperanza.


Da tale regolamento, per quanto in questa sede interessa, emerge che:


- la fattispecie “superamento nell’esercizio o nell’impiego di una sorgente fissa o mobile di emissioni sonore, dei valori limite di emissione o di immissione” risulta individuata come assoggettata a temperamento sanzionatorio (cfr. l’allegato A - n. V Violazioni in materia di inquinamento acustico lett. a);


- per addetto al controllo si intende (cfr. art. 1 c. 5) “il personale incaricato dei compito di vigilanza e controllo sull’applicazione della normativa provinciale in materia di tutela dell’ambiente dagli inquinamenti”.


Da quanto esposto discende, quindi, l’inconferenza delle ragioni di censura articolate con il primo motivo alla fattispecie all’esame.


Peraltro, non risulta condivisibile l’eccezione, di carenza d’interesse a contestare gli impugnati provvedimenti, sollevata dalla resistente, secondo la quale l’interesse ad impugnare si verrebbe a configurare solamente nella successiva ed eventuale fase di adozione dei provvedimenti sanzionatori di competenza comunale.


Invero, non può negarsi che già in questa fase (per c.d. preliminare) si configuri l’interesse da parte del ricorrente ad attivare la tutela giurisdizionale, posto che l’atto impugnato (verbale di accertamento ai sensi dell’art. 97 bis del T.U. 26.1.1987 n. 1-legisl.) non può essere qualificato come meramente endoprocedimentale, in quanto costituisce l’atto terminale della procedura di temperamento del regime sanzionatorio, al quale solo eventualmente succede – per l’ipotesi di accertata inosservanza delle prescrizioni - la fase di emanazione dei provvedimenti conseguenti al controllo e a quella di irrogazione della sanzione amministrativa da parte dell’autorità competente.


Con il secondo motivo di doglianza, viene lamentato che alla ricorrente è stato attribuita la violazione del limite differenziale, mentre nel Comune di Andalo – nel quale non è stata effettuata la zonizzazione di cui all’art. 6 della l. n. 447/95 - non sono applicabili i limiti differenziali di cui all’art. 4 del D.P.C.M. 14.11.1997 ma solo i limiti assoluti.


La censura non risulta fondata.


Il Collegio ritiene, infatti, di dover disattendere l’invocato insegnamento del Consiglio di Stato (cfr. Sez. IV, 18 febbraio 2003, n. 880), fatto proprio dalla giurisprudenza di numerosi TAR, secondo il quale il limite differenziale non è applicabile nei Comuni che non hanno ancora provveduto a predisporre il piano di zonizzazione.


Nella predetta sentenza il Consiglio di Stato ha, invero, osservato che: Il sistema previsto dall'art. 6 della l. n. 447 del 1995 (legge quadro sull'inquinamento acustico) presuppone il preventivo azzonamento acustico del territorio comunale ed è onere del Comune predisporre i c.d. piani di zonizzazione, evidenziando come questi costituiscano strumento necessario ad individuare sia quelle aree sulle quali possono essere consentiti più elevati strumenti di rumorosità ovvero gli spazi necessari a garantire un adeguato abbattimento del rumore stesso, in relazione alle sorgenti sonore presenti ed ai livelli di rumorosità da esse prodotte, sia le eventuali "fasce- cuscinetto" tra zone diversamente classificate.


La questione merita un approfondimento sistematico.


La normativa cardine del settore è costituita dalla legge 26.10.1995 n. 447 “Legge quadro sull’inquinamento acustico”, dal D.P.C.M. 14.11.1997 “determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore” e residualmente dal D.P.C.M. 1.3.1991 “limiti massimi di esposizione al rumore negli ambienti abitativi e all’ambiente esterno”.


Sotto un profilo storico, va rammentato che la prima normativa specifica che è intervenuta a disciplinare il fenomeno dell’inquinamento acustico è rappresentata dal D.P.C.M. 1.3.1991, emanato in attuazione dell’art. 2, 14° comma della l. 8.7.1986 n. 349 (istitutiva del ministero dell’Ambiente), con cui sono stati fissati i limiti massimi di esposizione al rumore negli ambienti abitativi e nell’ambiente esterno.


A seguito di conflitto di attribuzioni sollevato dalla Provincia autonoma di Trento, la Corte costituzionale, con la sentenza 30.12.1991 n. 517, ha ritenuto lesivi delle competenze che lo Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige assegna alle Province autonome l'art. 3, primo comma, seconda e terza proposizione, nonché gli artt. 4 e 5 del predetto decreto, in quanto prevedono principi organizzativi e indirizzi nei confronti delle funzioni legislative e amministrative delle regioni e delle province autonome, nonché oneri alle imprese, i quali sono posti nell'esercizio di poteri statali incidenti su potestà regionali o provinciali in totale mancanza del richiesto fondamento legislativo.


La rimanente parte del decreto, ritenuta dalla Corte non lesiva delle competenze statutarie, è rimasta in vigore.


In particolare, il decreto prevede una disciplina “a regime” ed una disciplina transitoria. L’applicazione della disciplina “a regime” è subordinata alla classificazione da parte dei Comuni del proprio territorio in zone, sulla base della classificazione d’uso.


La tabella 1 allegata al D.P.C.M. identifica 6 classi, per ciascuna delle quali la tabella 2 stabilisce limiti massimi del livello sonoro, distinti tra periodo diurno e notturno.


E’ introdotto il concetto di valore differenziale, determinato dalla differenza tra il livello di rumore ambientale (comprendente tutte le sorgenti di rumore presenti) e il livello di rumore residuo (rilevato escludendo la sorgente sonora soggetta a valutazione).


Nei riguardi della singola sorgente sonora, si dispone che il rumore “differenziale” dalla stessa prodotto deve essere non superiore a 5 dB nel periodo diurno e 3 dB nel periodo notturno.


In attesa della classificazione del territorio da parte dei Comuni, l’art. 6 prevede in via transitoria l’attribuzione di limiti di accettabilità del rumore, sulla base della classificazione urbanistica delle aree in quattro tipologie: zona A e B di cui al D.M. 1444/68, tutto il territorio nazionale, zone esclusivamente industriali.


Il secondo comma dell’art. 6 specifica che “per le zone non esclusivamente industriali indicate in precedenza, oltre ai limiti massimi in assoluto per il rumore, sono stabilite anche le seguenti differenze da non superare tra il livello equivalente del rumore ambientale e quello del rumore residuo (criterio differenziale: 5 dB (A) per il Leq (A) durante il periodo diurno; 3 dB (A) per il Leq (A) durante il periodo notturno).


Con la legge 26.10.1995 n. 447, legge quadro sull’inquinamento acustico, si è dispiegato un intervento globale sulla materia, finalizzato ad un generale risanamento acustico


L'architettura della legge quadro è composta da norme che definiscono i principi generali, le competenze istituzionali, la tutela dall'inquinamento acustico, il sistema sanzionatorio e le disposizioni transitorie e finali.


La legge ha ridefinito il concetto di inquinamento acustico qualificandolo come “l’introduzione di rumore nell’ambiente abitativo o nell’ambiente esterno tale da provocare fastidio o disturbo al riposo ed alle attività umane, pericolo per la salute umana, deterioramento degli ecosistemi, dei beni materiali, dei monumenti, dell’ambiente abitativo o dell’ambiente esterno o tale da interferire con le legittime funzioni degli ambienti stessi“ (art. 2 comma 1, lett. a).


In attuazione dei principi posti dalla legge quadro sono stati varati numerosi provvedimenti attuativi: il D.M. 11 dicembre 1996 contenente norme per l'applicazione del criterio differenziale per gli impianti a ciclo produttivo continuo, il D.M. 31 ottobre 1997 che predispone la metodologia di misura del rumore aeroportuale, il D.P.C.M. 14 novembre 1997 in tema di determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore, il D.P.R. 11 dicembre 1997, n. 496, recante norme per la riduzione dell'inquinamento acustico prodotto da aeromobili civili, il D.P.R. 18 novembre 1998, n. 459, recante norme di esecuzione in materia di inquinamento acustico derivante dal traffico ferroviario, D.M. 3 dicembre 1999 contenente le procedure antirumore e zone di rispetto negli aeroporti, D.P.C.M. 16 aprile 1999, n. 215, per la determinazione dei requisiti delle sorgenti sonore nei luoghi di trattenimento danzante, D.M. 29 novembre 2000 che stabilisce i criteri per la predisposizione dei piani di intervento di contenimento e abbattimento del rumore da parte delle società ed enti gestori dei servizi pubblici di trasporto e delle relative infrastrutture, il D.P.R. 3 aprile 2001, n. 304, recante la disciplina delle emissioni sonore prodotte nello svolgimento di attività motoristiche.


La natura di legge quadro della 447/95 e la previsione di numerose norme secondarie di attuazione hanno comportato la predisposizione di un regime transitorio, che ha trovato disciplina nell’art. 15 della cit. l. n. 447/95, in forza del quale è stato previsto che, sino all’adozione dei provvedimenti e dei regolamenti attuativi, trovano applicazione le disposizioni di cui al D.P.C.M. 1.3.1991.


Il principale strumento attuativo della legge quadro è stato adottato con il D.P.C.M. 14.11.1997, che contiene la determinazione dei valori limite, sulla base di una classificazione del territorio dei comuni in sei classi.


Con riguardo al limite differenziale si conferma il limite di 5 dB per il periodo diurno e di 3 dB per quello notturno, stabilendo che detti valori non si applicano alle aree esclusivamente industriali.


Così ricostruito il complessivo regime normativo, va osservato che il problema ermeneutico all’esame discende dal fatto che l’art. 8 del D.P.C.M. 14.11.1997, nel regolare il regime transitorio, richiama solo il 1° comma dell’art. 6 del D.P.C.M. 1991 e non fa cenno al contenuto del 2°, che disciplina il rispetto del limite differenziale, in tal modo accreditando, sotto il profilo meramente letterale, l’interpretazione prevalente, secondo cui siffatto limite non deve essere rispettato sino a quando non sia intervenuta la classificazione acustica del territorio comunale.


Va rilevato che tale opzione ermeneutica si scontra però con l’inquadramento sistematico, posto che:


1) opera un arretramento della tutela rispetto alla normativa a suo tempo posta dal D.P.C.M. 1.3.1991;


2) non tiene conto del fatto che l’applicazione del limite differenziale è espressamente prevista dalle sopra richiamate disposizioni della l. n. 447/95;


3) la norma di rango legislativo che disciplina il regime transitorio (l’art. 15 della l. n. 447/95) non opera alcun riferimento alla dilazione dell’utilizzo del criterio differenziale;


4) che il D.P.C.M. - in quanto avente natura regolamentare - non ha il potere di introdurre modifiche al regime previsto dalla norma primaria.


Pertanto, reputa il Collegio che è la norma di rango secondario che deve essere interpretata alla luce di quella di rango primario.


Va soggiunto che già in precedenza era stato osservato dalla giurisprudenza (cfr. TAR Umbria 23.4.2001 n. 236 ) che sia il decreto del 1991, sia quello successivo del 1997 rendono ben chiara l’idea che per le aree non esclusivamente industriali (come quella di specie) non è stata affatto delineata una soluzione di continuità in ordine al cumulo dei due criteri di valutazione di cui si discute (“criterio differenziale” e “criterio assoluto”).


Infatti, a parte la perfetta corrispondenza letterale delle due norme in rassegna (2° co. dell’art. 6 del decreto del 1991 e 1° co. dell’art. 4 del decreto del 1997) che già chiaramente fa propendere per la delimitazione del divieto di cumulo dei due criteri solo per le aree industriali (e, quindi, non per le altre), vi è da dire che sotto il profilo logico e teleologico è del tutto irragionevole pensare che il “criterio differenziale” già operante in base al decreto del 1991 possa essere stato congelato durante il periodo transitorio (di carenza di zonizzazione), pur in presenza di una situazione urbanistica e (soprattutto) di una esigenza di tutela della salute pubblica, assolutamente identiche durante il periodo di riferimento (e cioè dal 1991 al 1998).


Riassuntivamente, il Collegio reputa che ancorché l'art. 8 del D.P.C.M. 14 novembre 1997 stabilisca che «in attesa che i comuni provvedano agli adempimenti previsti dall'art. 6, comma 1, lettera a) della legge n. 447 del 1995 (legge quadro), si applicano i limiti di cui all'art. 6, comma 1 del D.P.C.M. 1 marzo 1991». deve essere affermato che il richiamo ai soli limiti assoluti (previsti dal citato art. 6, comma 1, del D.P.C.M. 1 marzo 1991) non esclude l'applicabilità dei limiti differenziali di cui al comma 2, che non è stato esplicitamente abrogato, in quanto questi rispondono ad una ratio normativa specifica cautelativa, anche in conformità a quanto disposto nell'art. 15, comma 1 della legge n. 447 del 1995.


Venendo ora alla disamina della fattispecie all’esame il Collegio osserva che, pur prendendo atto della circostanza che il Comune di Andalo non ha effettuato la zonizzazione acustica, risulta decisiva l’ulteriore considerazione che, non essendo l’area dove insiste il pubblico esercizio gestito dalla ricorrente urbanisticamente classificata di tipo esclusivamente industriale, la stessa non poteva ragionevolmente sottrarsi al regime dei “valori limite differenziali”.


Con il terzo motivo, si deduce violazione di varie disposizioni della l. 7.8.1990 n. 241 evidenziando che gli esami fonometrici non sono stati preceduti dall’invio della comunicazione di inizio del procedimento e prima dell’adozione del provvedimento finale non sono stati garantiti i principi di partecipazione procedimentale del soggetto sottoposto agli accertamenti.


La doglianza va disattesa.


La tipologia di accertamenti di cui trattasi (rilievi fonometrici), presuppone necessariamente il fatto che essi siano eseguiti almeno una volta senza preavviso, al fine di monitorare le normali condizioni di funzionamento ed emissione, che potrebbero essere alterate laddove l'interessato fosse preventivamente avvisato.


La stessa ratio della disciplina sulla partecipazione al procedimento (anche quello di irrogazione delle sanzioni amministrative di cui alla l. n. 689/1981), non esclude affatto che l'avvio del procedimento possa essere preceduto o supportato da controlli, accertamenti, ispezioni svolti senza la partecipazione del diretto interessato, che sarà edotto di queste attività con una successiva comunicazione e sarà, pertanto, messo nella condizione di intervenire nella procedura e di verificare e, se del caso, contestare la veridicità o esattezza degli accertamenti compiuti e la stessa idoneità degli strumenti tecnici utilizzati (cfr., in termini, Cons. St., Sez. V, 5 marzo 2003, n. 1224, TAR Puglia, Bari Sez. I 26.9.2003 n. 3591).


Del resto questo Tribunale (cfr. TRGA Trento 8.5.1999 n. 158) ha già avuto modo di osservare che la vigilanza ed il controllo in materia di inquinamento sono regolate dalla l. 24.11.1981 n. 689 (modifiche del codice penale), e non può soggiacere alla disciplina generale del procedimento amministrativo, quale codificata dalla l. n. 241/90, dalla l.r. n. 13/93 e dalla l.p. n. 23/92.


Conclusivamente il gravame deve essere respinto, ma sussistono giusti motivi per la compensazione, fra le parti, delle spese di giudizio.


P.Q.M.


il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa del Trentino - Alto Adige, sede di Trento, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 207/2004, lo respinge.


Spese del giudizio compensate.


Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.


Così deciso in Trento, nella Camera di Consiglio del 12 maggio 2005, con l’intervento dei Magistrati:


dott. Paolo Numerico Presidente
dott. Sergio Conti Consigliere estensore
dott. Stelio Iuni Consigliere


Pubblicata nei modi di legge, mediante deposito in Segreteria, il giorno 27 giugno 2005.

Il Segretario Generale
dott. Giovanni Tanel

 

M A S S I M E

Sentenza per esteso

 

 

1) Inquinamento acustico – Regime transitorio – Comuni che non abbiano provveduto alla zonizzazione – Limiti differenziali – Applicabilità. In materia di inquinamento acustico, ancorché l'art. 8 del D.P.C.M. 14 novembre 1997 stabilisca che «in attesa che i comuni provvedano agli adempimenti previsti dall'art. 6, comma 1, lettera a) della legge n. 447 del 1995 (legge quadro), si applicano i limiti di cui all'art. 6, comma 1 del D.P.C.M. 1 marzo 1991», il richiamo ai soli limiti assoluti (previsti dal citato art. 6, comma 1, del D.P.C.M. 1 marzo 1991) non esclude l'applicabilità dei limiti differenziali di cui al comma 2, che non è stato esplicitamente abrogato, in quanto questi rispondono ad una ratio normativa specifica cautelativa, anche in conformità a quanto disposto nell'art. 15, comma 1 della legge n. 447 del 1995. Pres. Numerico, Est. Conti – C. s.n.c. (Avv. Pecora) c. A.P.P.A. della Provincia Autonoma di Trento (n.c.), Provincia Autonoma di Trento (Avv.ti Pedrazzoli, Fozzer e Falferi) e Comune di Andalo (n.c.) - TRGA Trentino Alto Adige, Trento – 27 giugno 2005, n. 174

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