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CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 23/03/2006 (Ud 18/01/2006), Sentenza n. 10205
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 23/03/2006 (Ud 18/01/2006), Sentenza n. 10205
(Pres. Vitalone Est. Franco Ric. Solis)
UDIENZA PUBBLICA
DEL 18/01/2006
SENTENZA
N. 69REGISTRO GENERALE
N. 12528/2005
Composta dagli Ill.mi Sigg.:
Dott. Claudio Vitalone
1. Dott. Amedeo Postiglione
2. Dott. Ciro Petti
3. Dott. Amedeo Franco (est.)
4. Dott. Giulio Sarno
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sui ricorsi proposti da Solis Elisabeth, nata a Sergues (Francia) il 3 agosto 1963, e da Gervasutti Giusto, nato a Pavia di Udine il 22 giugno 1947;
avverso la sentenza emessa il 7 dicembre 2004 dal giudice del tribunale di Porde
none;
udita nella pubblica udienza del 18 gennaio 2006 la relazione fatta dal Consigliere Amedeo Franco;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Gioacchino Izzo, che ha concluso per l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata;
Svolgimento del processo
Solis Elisabeth, quale legale rappresentante della ditta committente e di quella esecutrice dei lavori, e Gervasutti Giusto, quale direttore dei lavori, vennero rinviati a giudizio per rispondere dei reati di cui: a) all'art. 44, lett. b), D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, per avere realizzato su un immobile il rifacimento delle coperture con struttura portante in travi di legno lamellate rialzate di cm. 15-30 rispetto al progetto assentito nonché tramezzature interne e modifiche esterne all'edificio costituenti intervento di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire; b) all'art. 95 d.p.R. 6 giugno 2001, n. 380, per avere svolto la suddetta attività in zona sismica senza aver previamente depositato la denuncia scritta al competente ufficio regionale e quindi senza autorizzazione; e la sola Sotis anche del reato di cui: c) all'art. 72 d.p.R. 6 giugno 2001, n. 380, per avere eseguito le dette opere aventi rilevanza strutturale senza la preventiva denunzia al competente ufficio regionale e quindi senza autorizzazione (accertati il 18 aprile 2003).
Il giudice del tribunale di Pordenone, con sentenza del 3 dicembre 2004, dichiarò estinto il reato di cui all'art. 44, lett. b), d.p.R. 6 giugno 2001, n. 380, per intervenuto permesso di costruire in sanatoria. Dichiarò invece la Solis colpevole dei reati di cui ai capi B) e C) ed il Gervasutti del reato di cui al capo B), che non potevano ritenersi sa nati dal permesso di costruire in sanatoria, e li condannò alla pena pecuniaria ritenuta di giustizia.
Gli imputati propongono distinti, ma identici, ricorsi per cassazione deducendo:
a) in relazione al capo B), inosservanza ed erronea applicazione della legge penale ed insussistenza del fatto. In particolare lamentano violazione del principio di tipicità del fatto reato e di quello di legalità, perché l'art. 65 del d.p.R. 6 giugno 2001, n. 380, riguarda le sole opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso, ed a struttura metallica, mentre le opere in questione concernono esclusivamente strutture in legno. La decisione di condanna, quindi, dipende da una inammissibile operazione analogica in malam partem.
b) inosservanza ed erronea applicazione della legge penale ed estinzione dei reati. Osservano che il rilascio della concessione edilizia in sanatoria ha determinato anche la estinzione dei reati di cui ai capi B) e C). In ogni caso l'esercizio dell'azione penale è iniziata con palese violazione di legge, in quanto ai sensi dell'art. 45 d.p.R. 6 giugno 2001, n. 380, l'azione penale per i reati ivi previsti non può aver inizio finché non siano esauriti i procedimenti in sanatoria ex art. 36, e l'art. 108 della legge reg. 52/91 dispone che la richiesta di concessione in sanatoria sospende l'avvio delle procedure previste per la applicazione delle sanzioni.
c) la Solis osserva che le considerazioni svolte in relazione al reato di cui al capo B) valgono anche per il reato di cui al capo C).
d) inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione allo elemento psicologico del reato e mancanza di motivazione in relazione alla eccezione relativa alla assenza dello elemento psicologico. Ricordano che il teste del pubblico ministero ha riferito che l'orientamento della pubblica amministrazione competente in materia è quello di ritenere che le norme in materia di denuncia del cemento armato ed in materia antisismica non si applicano per le strutture in legno. Tale orientamento, costante e noto soprattutto a coloro che come gli imputati svolgono professionalmente attività di imprenditore edile e di professionista del settore, ha indotto negli imputati la convinzione che il loro comportamento fosse legittimo. Manca quindi lo elemento psicologico dei reati.
Motivi della decisione
Premesso che i ricorrenti hanno fatto una certa confusione nei riferimenti ai capi di imputazione, va preliminarmente rilevato che il secondo motivo dei ricorsi è manifestamente infondato.
Difatti, secondo la costante giurisprudenza di questa Suprema Corte, il rilascio della concessione edilizia in sanatoria (ora, accertamento di conformità), effettuato ai sensi degli artt. 13 e 22 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (ora, ai sensi degli artt. 36 e 45 del d.p.R. 6 giugno 2001, n. 380), come espressamente previsto al terzo comma del citato art. 22 (ora, art. 45 del testo unico dell'edilizia), determina l'estinzione dei soli "reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti" e quindi si riferisce esclusivamente alle contravvenzioni concernenti la materia che disciplina l'assetto del territorio sotto il profilo edilizio, ossia alle violazioni della stessa legge, in cui sono contemplate le ipotesi tipiche suscettibili di sanatoria (opere eseguite in assenza di concessione o in totale difformità o con variazioni essenziali, ecc.). Ne deriva l'inapplicabilità della causa estintiva agli altri reati che riguardino altri aspetti delle costruzioni ed aventi oggettività giuridica diversa rispetto a quella della mera tutela urbanistica del territorio, come i reati relativi a violazioni di disposizioni dettate dalla legge 2 febbraio 1974, n. 64, in materia di costruzioni in zona sismica, o dalla legge 5 novembre 1971, n. 1086, in materia di opere in conglomerato cementizio, ovvero dall'art. 1 sexies del d.l. 27 giugno 1985, n. 312, introdotto dalla legge di conversione 8 agosto 1985, n. 431, in materia di tutela delle zone di particolare interesse ambientale. Ciò trova conferma nell'art. 39, undicesimo comma, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, il quale prevede l'ipotesi di conversione dell'istanza di sanatoria presentata a norma dell'art. 13 legge n. 47 del 1985 in istanza da considerarsi prodotta a mente del successivo art. 31 ed, all'uopo, richiede che venga avanzata al comune apposita domanda, corredata dal pagamento all'erario degli oneri dovuti" (Sez. III, 1 dicembre 1997, Agnesse, m. 209.571; Sez. III, 15 febbraio 2002, Menna, m. 221.439; Sez. III, 26 novembre 2002, Caruso, m. 223.256; Sez. III, 10 marzo 2004, Di Muzio; Sez. III, 12 luglio 2005, Strazzeri).
Per quanto concerne la pretesa improcedibilità dell'azione penale fino all'esaurimento del procedimento in sanatoria ai sensi dell'art. 36 testo unico dell'edilizia, è sufficiente ricordare che l'art, 36, terzo comma, prevede che, decorso inutilmente il periodo di giorni sessanta dalla data di presentazione della domanda di sanatoria, la stessa si intende respinta, mentre il successivo art. 45 stabilisce che l'azione penale relativa alle violazioni edilizie rimanga sospesa fino all'esaurimento dei procedimenti amministrativi.
Dalla combinata esegesi delle due disposizioni, si desume che la sospensione è limitata al periodo di sessanta giorni in esito al quale la procedura si intende esaurita per silenzio rifiuto. Il termine assolve ad una duplice funzione: da un lato, conferisce certezza alla aspettativa del privato consentendogli le opportune iniziative di tutela e, dall'altro, evita la sospensione del processo sine die.
Poiché il termine non comporta l'esaurirsi della potestà di decidere da parte della pubblica amministrazione sulla domanda di sanatoria, il procedimento amministrativo può proseguire oltre il sessantesimo giorno, ma tale situazione è irrilevante ai fini della sospensione del processo penale che non può estendersi oltre il ricordato periodo.
Per quanto concerne il reato di cui al capo 13) (art. 95 del testo unico dell'edilizia), ossia la violazione della normativa antisismica, va ricordato che l'obbligo di denuncia e di presentazione dei progetti previsto dall'art. 93 e quello di preventiva autorizzazione previsto dall'art. 94 riguardano tutte le opere realizzate nelle zone sismiche e precisamente, come prevede l'art. 83, "tutte le costruzioni la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumità, da realizzarsi in zone dichiarate sismiche".
Conformemente alla finalità perseguita dal legislatore, quindi, le disposizioni relative alla disciplina antisismica hanno una portata più ampia di quelle relative alle opere in conglomerato cementizio armato in quanto pongono norme che, coerentemente alle esigenze di più rigorosa tutela dell'incolumità pubblica nelle zone dichiarate sismiche, si applicano, omnicomprensivamente a "tutte le costruzioni la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumità", a nulla rilevando la natura dei materiali impiegati e delle relative strutture. Anzi, proprio l'impiego di elementi strutturali meno solidi e duraturi rende ancor più necessari i controlli e le cautele prescritte ai fini preventivi in questione (cfr. Sez. III, sent. 26 settembre 2001, Tucci, m. 220.269; Sez. III, sent. 29 maggio 2002, Bianchini, m. 222.254; Sez. III, 27 aprile 2004, Chisari).
Ne deriva che anche le opere realizzate con strutture in legno, come quelle di cui al presente processo, quando siano realizzate in una zona dichiarata sismica sono assoggettate alle prescrizioni della normativa antisismica.
Il quarto motivo è infondato. Gli stessi ricorrenti affermano di svolgere professionalmente attività di imprenditore edile e di professionista nel settore. Ne consegue che essi non possono comunque invocare una ignoranza incolpevole della legge penale. E difatti, la nota sentenza n. 364 del 1988 della Corte costituzionale, che dichiarò incostituzionale l'art. 5 cod. pen. nella parte in cui non esclude dall'inescusabilità dell'ignoranza della legge penale l'ignoranza inevitabile, ebbe a mettere in evidenza come sicuramente "in evitabile, rimproverabile ignoranza della legge penale versa chi, professionalmente inserito in un determinato campo d'attività, non s'informa sulle leggi penali disciplinanti lo stesso campo". Del resto, sulla portata della normativa antisismica la giurisprudenza è sempre stata costante, sicché i ricorrenti non potrebbero neppure invocare un "gravemente caotico atteggiamento interpretativo degli organi giudiziari", mentre, qualora nonostante l'adempimento dell'obbligo di informazione che su loro incombeva, fossero ancora rimasti in uno stato soggettivo di incertezza, poiché era oggettivamente rappresentabile la possibilità che la condotta fosse antigiuridica, gli stessi avrebbero avuto comunque l'obbligo di "astenersi dall'azione" (cfr. sent. n. 364 del 1988, cit., punto 28).
E' invece fondato il primo motivo relativo al reato - ascritto soltanto alla Solis - di cui al capo C) (art. 72 d.p.R. 6 giugno 2001, n. 380), ossia alla violazione delle norme sul conglomerato cementizio armato.
Le disposizioni di cui agli artt. 64 segg. del testo unico dell'edilizia, infatti, si applicano alle "opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso, ed a struttura metallica".
Nel caso in esame, invece, si trattava di una copertura "con struttura portante in travi di legno", ossia di opere che non erano realizzate in conglomerato cementizio armato e non erano a struttura metallica e che, pertanto, non erano sottoposte alla normativa relativa ai lavori in cemento armato.
Erroneamente, quindi, il giudice di primo grado ha ritenuto applicabile la normativa in questione solo perché si trattava di "opere aventi rilevanza strutturale". La rilevanza strutturale, infatti, non è di per sé decisiva perché, ai fini della applicabilità della normativa in esame, occorre che si tratti di opere aventi "struttura metallica", circostanza questa che evidentemente non si realizza nel caso di opere, sia pure con rilevanza strutturale, realizzate in legno.
La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata limitatamente al reato di cui all'art. 72 del d.p.R. 6 giugno 2001, n. 380, ascritto alla sola Solis, perché il fatto non sussiste. Di conseguenza va eliminata la relativa pena di € 150,00 di ammenda.
Nel resto i ricorsi devono essere rigettati, mentre il Gervasutti va condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.La Corte Suprema di Cassazione
annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui all'art. 72 del d.p.R. 6 giugno 2001, n. 380, ascritto alla Solis, perché il fatto non sussiste ed elimina la relativa pena di € 150,00 di ammenda.
Rigetta nel resto i ricorsi e condanna Gervasutti Giusto al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, il 18 gennaio 2006.
1) Urbanistica e edilizia - Sanatoria e sospensione dell’azione penale - Limiti - Artt. 36 e 45 T.U. edilizia - Pendenza di istanza di sanatoria - Termine - Funzione. Dal combinato disposto degli articoli 36 e 45 T.U. edilizia si desume che la sospensione dell’azione penale in pendenza di istanza di sanatoria è limitata al periodo di 60 giorni in esito al quale la procedura si intende esaurita per silenzio rifiuto. Il termine assolve una duplice funzione: da un lato conferisce certezza all’aspettativa del provato consentendogli le opportune iniziative di tutela e, dall’altro, evita la sospensione del processo sine die. Poiché il termine non comporta l'esaurirsi della potestà di decidere da parte della pubblica amministrazione sulla domanda di sanatoria, il procedimento amministrativo può proseguire oltre il sessantesimo giorno, ma tale situazione è irrilevante ai fini della sospensione del processo penale che non può estendersi oltre il ricordato periodo. Pres. Vitalone, Est. Franco, Ric. Solis. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 23/03/2006 (Ud 18/01/2006), Sentenza n. 10205
2) Urbanistica e edilizia - Rilascio della concessione edilizia in sanatoria - Inapplicabilità della causa estintiva - D.P.R. n. 380/2001 testo unico dell'edilizia - L. n. 457/1985. Il rilascio della concessione edilizia in sanatoria (ora, accertamento di conformità), effettuato ai sensi degli artt. 13 e 22 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (ora, ai sensi degli artt. 36 e 45 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380), come espressamente previsto al terzo comma del citato art. 22 (ora, art. 45 del testo unico dell'edilizia), determina l'estinzione dei soli "reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti" e quindi si riferisce esclusivamente alle contravvenzioni concernenti la materia che disciplina l'assetto del territorio sotto il profilo edilizio, ossia alle violazioni della stessa legge, in cui sono contemplate le ipotesi tipiche suscettibili di sanatoria (opere eseguite in assenza di concessione o in totale difformità o con variazioni essenziali, ecc.). Ne deriva l'inapplicabilità della causa estintiva agli altri reati che riguardino altri aspetti delle costruzioni ed aventi oggettività giuridica diversa rispetto a quella della mera tutela urbanistica del territorio, come i reati relativi a violazioni di disposizioni dettate dalla legge 2 febbraio 1974, n. 64, in materia di costruzioni in zona sismica, o dalla legge 5 novembre 1971, n. 1086, in materia di opere in conglomerato cementizio, ovvero dall'art. 1 sexies del d.l. 27 giugno 1985, n. 312, introdotto dalla legge di conversione 8 agosto 1985, n. 431, in materia di tutela delle zone di particolare interesse ambientale. Ciò trova conferma nell'art. 39, undicesimo comma, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, il quale prevede l'ipotesi di conversione dell'istanza di sanatoria presentata a norma dell'art. 13 legge n. 47 del 1985 in istanza da considerarsi prodotta a mente del successivo art. 31 ed, all'uopo, richiede che venga avanzata al comune apposita domanda, corredata dal pagamento all'erario degli oneri dovuti" (Sez. III, 1 dicembre 1997, Agnesse, m. 209.571; Sez. III, 15 febbraio 2002, Menna, m. 221.439; Sez. III, 26 novembre 2002, Caruso, m. 223.256; Sez. III, 10 marzo 2004, Di Muzio; Sez. III, 12 luglio 2005, Strazzeri). Pres. Vitalone, Est. Franco, Ric. Solis. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 23/03/2006 (Ud 18/01/2006), Sentenza n. 10205
3) Urbanistica e edilizia - Disciplina antisismica - Opere realizzate con strutture in legno - Assoggettamento. Le disposizioni relative alla disciplina antisismica hanno una portata più ampia di quelle relative alle opere in conglomerato cementizio armato in quanto pongono norme che, coerentemente alle esigenze di più rigorosa tutela dell'incolumità pubblica nelle zone dichiarate sismiche, si applicano, omnicomprensivamente a "tutte le costruzioni la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumità", a nulla rilevando la natura dei materiali impiegati e delle relative strutture. Anzi, proprio l'impiego di elementi strutturali meno solidi e duraturi rende ancor più necessari i controlli e le cautele prescritte ai fini preventivi in questione (cfr. Sez. III, sent. 26 settembre 2001, Tucci, m. 220.269; Sez. III, sent. 29 maggio 2002, Bianchini, m. 222.254; Sez. III, 27 aprile 2004, Chisari). Ne deriva che anche le opere realizzate con strutture in legno, come quelle di cui al presente processo, quando siano realizzate in una zona dichiarata sismica sono assoggettate alle prescrizioni della normativa antisismica. Pres. Vitalone, Est. Franco, Ric. Solis. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 23/03/2006 (Ud 18/01/2006), Sentenza n. 10205
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